Zitella

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  1. maria rossi
     
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    in riferimento alla riflesione fatta sul dare vita ad un gruppo di problematiche maschili (cosa che Angela,coordinatrice di quello femminile, ha suggerito e auspica dal primo incontro) rimando a dei siti che, secondo me, rispondono un pò ad alcune cose scritte e accennate da davide:

    www.maschileplurale.it

    http://www.maschioperobbligo.it/progetto.htm
    interessante in quetso sito il lavoro di monitoraggio dei messaggi culturali che pervadono riviste, letteratura, movimenti maschili dei nostri giorni!

    http://www.uominicasalinghi.it

    buona navigazione a tutt@!

    e siccome, nessuno (fra uomini e donne) è più salvo di qualcun'altro...traggo queste righe sempre dal sito maschioperobbligo.it:

    "Forte, muscoloso, peloso/glabro, conquistatore,virile, coraggioso, intraprendente, cacciatore, resistente al dolore, alla fatica, alla guerra, allo sport, all'alcool, alle superprestazioni erotiche: troppo spesso nelle società occidentali il maschio è condannato, sin dalla più tenera infanzia, ad essere un arrogante prevaricatore.
    La famiglia, la scuola, la chiesa, l'esercito, la pubblicità, l'arte e la letteratura gli ripetono che egli ha il dovere di essere un maschio di questo tipo, ossessivamente diverso dalle femmine: si afferma che nel maschio è innata l'aggressività, fino ad assegnarli quasi una inevitabile "biologia" dell'amore per la violenza.

    E' fatale che per contraccolpo la stessa società condanni le donne a subire l'approccio violento del maschio fino ad esserne vittime predestinate. E dunque la battaglia per la liberazione del maschio dal ruolo fittizio a cui è stato condannato è solo un'altra faccia della battaglia per la liberazione della donna e la sua protezione dalla violenza. Ma il processo deve investire entrambi i ruoli, altrimenti è destinato all'insuccesso.
    Se noi assimiliamo a "malattia" questo stereotipo di violenza assegnato al maschio, come tale dobbiamo affrontarla su più versanti, privilegiando quello della prevenzione.
    Lavorare per denunciare, rimuovere, mettere in discussione gli stereotipi culturali di formazione del maschio è contribuire alla prevenzione della violenza alle donne."

    Edited by maria rossi - 28/4/2008, 12:49
     
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  2. Koenig4
     
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    Alla fobia per la mia introversione si somma la fobia per la mia condizione di celibe senza figli. Se da un lato sono sbagliato e difettoso dall'altro ho la colpa di essermi sottratto al "destino" di tutti. Se teoricamente un uomo potrebbe non sapere di essere padre, per una donna la certezza di essere madre è assoluta. Un collega celibe si "salvava" dicendo che "non poteva escludere" di avere dei figli di quà o di là. Forse è per questo che lo stigma sociale per la donna "non riproduttrice" è più forte. Se esiste questo stigma non credo dipenda soltanto dal fatto che chi non si uniforma è out. Oltre questo io credo che l'istinto più forte che ci domina sia quello di conservazione. Ma l'istinto di conservazione credo che non si limiti a proteggerci dal pericolo della morte. Secondo me và oltre. Un'individuo che non si riproduce uomo o donna nega l'istinto di conservazione della specie. Credo che incosciamente sia questa non-conservazione ad essere stigmatizzata. Una coppia lesbica che alleva il figlio naturale di una delle due donne non và bene perchè è andata sempre in un'altro modo e quindi a non essere conservata è la tradizione. Una coppia etero che ha solo figli adottivi è comunque ( per il senso comune ) una famiglia malriuscita perchè non conserva discendenti di "sangue" ( non conserva il patrimonio genetico ). I programmi della selezione naturale nell'uomo tecnologico sono più vivi che mai. La donna che non genera viene stigmatizzata di più dell'uomo che non genera. E la persona introversa che non genera viene stigmatizzata di più della persona introversa che genera.
     
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16 replies since 21/3/2008, 16:43   863 views
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