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lanepeta.
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Le variazioni climatiche di sicuro hanno un impatto psicosomatico in quanto impegnano l’organismo a cercare nuovi equilibri adattivi. Si danno differenze nel potere adattivo tra diversi individui, ma non molto rilevanti sul piano fisiologico perché l’organismo umano è stato lungamente sperimentato.
Le fluttuazioni dello stato d’animo e dell’umore che sopravvengono in rapporto ai cambiamenti climatici fanno di solito riferimento al modo in cui essi sono vissuti e interpretati soggettivamente, quasi sempre inconsciamente. Il nodo, a questo riguardo, è che c’è in ciascuno di noi una sorta di confusione/identificazione tra mondo interno e mondo esterno.
I nessi soggettivi tra i due mondi sono tali e tanti che occorrerebbe scrivere un lungo articolo. Mi limito ad un solo aspetto, tra i più significativi. Coloro che hanno un elevato bisogno di controllo sul loro mondo interiore, o perché pervaso da emozioni troppo turbolente o semplicemente perché incomprensibile nelle sue fluttuazioni, di solito risentono profondamente dei “capricci” dei fenomeni atmosferici perché leggono in essi l’incontrollabilità e l’imprevedibilità del loro mondo interiore.
Sperimentano, insomma, in rapporto al clima la frustrazione della loro esigenza di controllo sulla loro vita emozionale.
Il clima è davvero incontrollabile, tanto più che gli esseri umani hanno deciso di farlo impazzire sovraccaricando l’atmosfera dei loro rifiuti.
Il mondo interno non è mai incontrollabile, poiché fluttua in nome di dinamiche che possono essere comprese ed elaborate. Il controllo cui si può pervenire è, però, comunque relativo. E’ quello del timoniere che riesce a mantenere la sua rotta anche se i venti e le correnti fanno ciò che vogliono.
Le difficoltà a volte derivano da un’esigenza di controllo fuori misura che, soggettivamente, è giustificata dall’ampiezza delle fluttuazioni, ma in realtà ne è la causa. L’ipercontrollo significa che un soggetto non vorrebbe avere nulla a che fare con alcuni aspetti significativi del suo modo di essere, della sua storia personale e del suo mondo interiore. A noi è concesso metabolizzare i contenuti psichici, non rimuoverli o tentare di estirparli.
Il ricorso alla “disintossicazione” può essere transitoriamente utile. I problemi di dipendenza “patologica” (da persone, farmaci, droghe o non sostanze) si possono risolvere solo sul piano psicoterapeutico.
Luigi Anepeta.