Testo della conferenza "Mistificazione e Demistificazione"

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  1. d0b
     
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    Vede dr Anepeta, l'uso che lei fa della parola "normale/i", così come quel comicissimo termine della psichiatrologia classica, "normodotato", ormai per me risultano offensivi: io sono introverso, sono anche normale. Gli estroversi sono normali. Cade ogni base per l'uso di questo termine. Il fatto che ancora lo si usa è sintomatico: non ho mai visto gli estroversi, con tutte le loro mistificazioni e i loro lati negativi, come anormali, ma per converso, noi veniamo visti come anormali. Stesso discorso si può fare per i malati mentali: non si vede la loro umanità, cioè la loro normalità. Questo dovrebbe essere ovvio, ma non lo è. Per lo stesso motivo posso dire che non ho mai conosciuto una persona normale, neanche fra coloro che si occupano di salute mentale. Sembrano banali generalizzazioni e lo sono, ma non sono per niente scontate. I problemi che io pongo sono problemi concreti, non teorici, problemi che nessuna associazione può risolvere (e non lo scrivo per disfattismo), problemi legati alla quotidianità sia interiore ma sorattutto esteriore. Sapere che si mistifica, farsene una ragione, è utile moralmente, intellettualmente, ma non cambia niente. Non sono molto ottmista in questo, forse sarà per troppa coscienza (che per inciso, io non vedrei come un male, dato che c'è fin troppa incoscienza). Solidarizzare? Gli introversi sono per natura lupi mannari, anche per questo non vengono visti di buon occhio. Il solidarizzare, anche se attuato, sarà sempre relativo, parziale. Il problema non è la solitudine, il bisogno di affiliazione o di individuazione, il problema è una realtà ostile che non si può cambiare, il problema è il pregiudizio e la disumanizzazione, la nostra ingenuità che dovremmo uccidere per sopravvivere, anche se non possiamo farlo. Non so se ci sono rimedi, ma sicuramente ci sono palliativi: uno di questi è lasciare gli introversi nell'inconcretezza, di cui abbiamo anche bisogno purtroppo.

    Koening anch'io vivo in quel bellissimo posto che è la Sicilia (un inferno, togliendo le bellezze naturali, o almeno quel che ne resta). Come avrai già capito sono della provincia di Catania. Se vuoi possiamo anche vederci, conoscere persone mi piace ancora, ma ti anticipo che non sono più propenso ad affiliazioni.

     
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  2. Koenig4
     
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    No non ci posso credere, un Siciliano! Evviva! :) Ma certo che mi piacerebbe conoscerti visto che viviamo così vicini. No, ma dai, che m'importa delle affiliazioni ognuno deve essere libero di fare ciò che crede e come crede. Sai dob sono un fanatico della Sicilia ho visitato oltre 190 città. Della provincia di Catania ho visitato Adrano Paternò Motta S.Anastasia Acireale Acicastello Caltagirone e Catania. Che bella la nostra terra, dovrebbe essere uno stato a sè e senza il ponte sullo stretto! :) Anche a me però non piacciono i Siciliani ma solo la Sicilia! :)
     
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  3. Koenig4
     
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    Tornando alla mistificazione e alla demistificazione, ho seguito la conferenza in sede e in parte letto nilalienum. Stavo pensando all'attuale processo storico che stà portando ad una società multietnica e multiculturale, con i modelli del passato come il matrimonio religioso a vita per tutti che non esiste più, con la richiesta dei diritti da parte degli omosessuali che, questione di tempo, verranno ottenuti. Pensando a tutto questo credo che una volta tanto la storia stà procedendo nel verso di favorire la non omologazione e quindi mi aspetto che favorisca anche la demistificazione. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate e cosa ne pensa lei Dott. Anepeta. Un saluto generale.
     
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  4. francescoburich
     
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    Quando ci scrive il dottore, sento ripercorrere ogni fase, ogni periodo..Spero sempre che sono solo ricordi, se pur mi squotono ancora..è proprio il tentativo conscio e inconscio di promuovere uno standard normalizzante che rallenta i processi che portano adivenire più autentico. Ma ce la vi...come dicono i francesi
     
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  5. francescoburich
     
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    mi viene da riflettere sull'aggroviglio che vi è in ogni animo introverso...prodotto da una spinta micidiale dis ensi di colpa, che fanno riferimento alla lunga stagione in cui, crescendo e essendo colmi di codici culturali e mentali, ogni introverso è o ha corso il rischio di uscire fuori dalle proprie corde. c'è mancato poco che diventassi malato. ed oggi provo ancora una forte amarezza dentro di me, perchè comprendo quanto tempo della mia vita l'ho consumato per essereaccettato da tutti. quando cio nn è possibile. ed oggi un po' più di ieri accetto la mia diversità genetica.
     
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  6. senzanome70
     
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    ho letto un po'.
    mi interesserebbe soffermarmi sulle contraddizioni.

    Che cos’è una contraddizione? E’ l’emergenza nell’esperienza interiore e nel comportamento quotidiano di modi di vedere, di sentire, di pensare e di agire antitetici, i quali sono l’indizio che la nostra personalità a livello profondo per qualche aspetto non è integrata e sottesa da una scissione.
    La nostra tendenza spontanea è di reprimere, rimuovere, negare, giustificare, razionalizzare le contraddizioni del nostro essere. Se si riesce a sormontare questa tendenza spontanea, le contraddizioni diventano un fattore potente di evoluzione della personalità. Occorre, però, avere un po’ di coraggio

    E' vero, gli introversi hanno una particolare capacità di cogliere intuitivamente le contraddizioni degli altri e del mondo.
    A volte, lo percepisci solo, anora non hai la consapevolezza di saper dire cosa ti stona, ma qualcosa ti stona. A me accade spesso quando conosco le persone. Sono però completamente disabituata a fidarmi del mio intuito, a dare credito al mio intuito.

    Quel che mi interesserebbe però fare è rilevare le mie contraddizioni proprio perché esse sono un fattore potente di evoluzione della personalità.

    Come fare però? un indicatore è lo stare male, il disagio. so che quando sto male c'è uno scollamento dentro di me, qualcosa di me non mi torna ma non sempre riesco a mettere insieme i pezzi. Non è semplice, ci vuole coraggio sì, ma anche allenamento.
    Si può andare nella vita per prove ed errori e scoprire solo vivendo cosa è autentico e cosa non lo è, cosa mi appartiene e cosa non mi appartiene. Non è facile, ci si fa male il più delle volte.
    non so se mi sono spiegata.
    A voi capita?
     
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  7. senzanome70
     
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    fermo restando che ci sono contraddizioni all'interno della società che, se non fossero reali e concrete, farebbero ridere.
    - il conflitto di interessi
    - la carfagna ministra delle pari opportunità
    - i comunisti che continuano a dividersi con l'obiettivo di raggiungere il 4%
    - casini che si fa annullare i matrimoni dalla sacra rota
    - la binetti all'interno del partito democratico
    - il Vaticano che si fonda su qualcuno che ha detto "lascia tutti i tuoi averi e seguimi"
    - l'emacipazione femminile oramai conquistata e il numero delle donne in politica, nonché la loro qualità, nonché i motivi per cui vengono scelte dai capi di partito (vedi sempre carfagna, ma volendo anche Gelmini)
    - gli incentivi a comprare le auto e i limiti alla circolazione in città, la mancanza cronica di parcheggi e l'inquinamento
    - gli incentivi all'acquisto delle biciclette e la contemporanea pubblicazione su tutti i quotidiani di un articolo in cui si rende noto che la bicicletta è il mezzo di trasporto più pericoloso in assoluto (per la cronaca io mi sono rotta un polso cadendo da ferma con la bici e in ospedale era pieno di gente caduta in tutti i modi possibili)
    - chi si lamenta che in italia i figli sono mammoni e poi allunga l'università di un anno
    - chi parla di sè come di una persona sensibile e quando vede un bambino zingaro che ruba un portafogli lo vorrebbe mandare alle camere a gas
    - chi si proclama nopn razzista, ma i rumeno sono una razza a parte, ce l'hanno nel sangue la cattiveria (loro, noi italiani invece siamo tutti santi)

    queste le prime cose che mi vengono in mente, ma ce ne ne sarebbero a bizzeffe, pure divertenti
     
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  8. francescoburich
     
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    penso che la "contraddizione" è insita nell'essere umano, dal momento che vi è un'orientamento che fa riferimento al volere proprio ed un'altro, in egual misura, che fa riferimento al volere altrui. L'esempio più lampante che mi viene da pormi è per esempio, la contraddizione che vi è tra il "bisogno di relazione " e il "bisogno di libertà". Entrambi, a livello profondo, implicano che i due "bisogni" sono intrinsechi in quanto ogni essere umano ha bisogno di relazioni, quanto ha bisogno di sentirsi libero. La contraddizione, credo che nasca dal disquilibrio che si verifica all'interno dei due orientamenti. Una persona ha, sente, un bisogno umano di avere una qualche persona cara con cui condividersi da tutti i punti di vista: amicale, amoroso, intimo,
    ma poi..vi è una parte respingente che veicpla il "soggetto" stesso verso una profonda e angosciosa solitudine. Da dove parte la contraddizione?? NN è difficile darmi una risposta, dal momento che ho per lungo tempo riflettuto sulle dinamiche "oggettive" e le dinamiche "soggettive". Le prime (quelle oggettive) partono da un presupposto di cui il soggetto è in "parte" consapevole, del bisogno d'accudimento e di essere accudito, e nn da meno, del bisogno di sormontare la famiglia d'origine e il desiderio di costituirne una propria...fondata sulla volontà, sul bene reciproco, sui valori propri...
    Ma la "soggettività" che prevede i vissuti di ogniuno di noi, i drammi contenuti nell'animo, le forme d'assoggettamento che hanno influito pesantemente durante e dopo lle fasi evolutive, ed altro... fanno si che si dia forma ad una contraddizione. Credo, che l'essere umano è pregno di contraddizioni di ogni tipo (a me riesce semplice comprenderlo con l'esempio che ho posto), dal perchè esistono i 10 comandamenti, tra i quali, uno specifico "nn rubare" ne è un'esempio lampante! chi può rubare nella vita, se nn chi nn ha mai avuto nulla, a differenza di chi ha sempre avuto tutto: potere politico, potere economico, potere sociale ecc . NN desiderare la donna altrui... Ma a chi nn è scattato il grilletto di avere accanto una donna bella, quando nel lato soggettivo la stessa persona nn ha mai creduto di poterla meritare?? Di fatto, le "leggi"sono l'esempio classico delle contraddizioni, appunto, esse vengono stipulate per essere contraddette. Credo che la risposta vada ricercata, in parte dentro di noi, accettando che lo stesso "apparato mentale" è predisposto da lla natura per renderci contardditori, la cultura...quella con la c minuscola, ha contribuito in larga misura ad aumentare questo dislivello. Percepiamo un qualcosa che ci fa o ci farebbe un immenso piacere..ma poi spesso ci releghiamo alla contraddizione. E' molto bella la "discussione che hai aperto. Ciao
     
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    CITAZIONE (senzanome70 @ 15/6/2009, 09:23)
    queste le prime cose che mi vengono in mente, ma ce ne ne sarebbero a bizzeffe, pure divertenti

    A bizzeffe, sia dentro sia fuori di noi. Restando al fuori, la prima che mi viene in mente è questa: le donne che seppur tacendo la loro avversione nei confronti di un certo maschilismo (casalingo, in primis) soffrono un grande disagio quotidiano e tuttavia educano i propri figli seguendo proprio il calco del modello che (non esplicitamente) avversano.
     
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  10. senzanome70
     
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    condivido, non potrei non condividere. specialmente per ciò che riguarda quello che tu chiami "bisogno di libertà" e "bisogno di relazione".
    mi fa riflettere la terminologia che hai utilizzato
    il contrario di libertà è soggezione, servitú, obbligo, non relazione.
    il contrario di relazione non riesco a trovarlo.
    io ho un problema nell'accordare questa coppia di estremi, dipendenza e indipendenza. a volte mi chiedo chi non ne abbia di problemi in tal senso.
    credo che l'essere umano sia fatto di coppie di opposti e che la vita sia tutto un modo di superare dialetticamente il conflitto tra gli oppposti. cercare di raggiungere una sintesi. ma non si dà mai una sintesi una volta per tutte, la vita è un flusso costante di sintesi tra opposti. alcune persone neanche se ne accorgono di vivere interiormente di opposti, altri invece soffrono quasi dialaniati senza riuscire ad arrivare a nulla, oscillando tra un estremo e l'altro.
    le contraddizioni rivelano questo oscillare sofferto tra un estremo e l'altro e rivelano l'incapacità di arrivare a una sintesi che non si dà mai una volta per tutte.
    così, nel mio oscillare tra dipendenza e indipendenza instauro relazioni affettive con persone che so, inconsapevolmente all'inizio, non essere in grado di provare affetto come io vorrei. questo mi permette di sentirmi parata, già difesa in partenza nella relazione affettiva. La mia dipendenza dall'altro non sarà mai totale poiché l'altro so già che non è in grado di appagare il mio bisogno. la dipendenza dell'altro da me non sarà mai tale da farmi sentire in trappola. alla fine quel che resta è davvero poco, solo un dispendio enorme di energie e sofferenza che logora.
    dipendenza e indipendenza sono due estremi che esistono?
    forse, i poli estremi di qualunque coppia nella realtà non esistono, esistono solo nella nostra testa come fantasmi o ideali. non esiste la totale dipendenza (un'eccezione potrebbe essere lo stato neonatale o quello della vita intrauterina, ma bisognerebbe discuterne) e neanche la totale indipendenza (forse un eremita è totalmente indipendente dalla relazioni umane ma avrà altre dipendenze). Eppure spesso ci si muove con lo spauracchio di questi due estremi e si combinano casini.
    un po' come navigare in un mare aperto cercando a nord o a sud una costa verso la quale dirigersi, poi quando sei vicina a una costa senti che stai per affogare e nuoti nella direzione contraria. il risultato è che non si gode del dolce naufragar, si annaspa soltanto.

    e per rimanere in tema donne...
    - l'islam nega la libertà alle donne mentre il cattolicesimo no. non si denuncia ma e poi mai che alle donne nella religione cattolica è vietata la carriera ecclesiastica. non è cosa di poco conto. perché???? Eppre non saremmo tutti figli di Dio? O il fatto che il Dio si sia incarnato nel genere maschile non è un caso??????????
     
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  11. francescoburich
     
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    gli estremi sono sempre pericolosi e sintomo di un qualcosa che fatica a uscire.... Vi è chi nn rinuncerebbe mai alla propria "libertà", come chi nn rinuncerebbe a stare a contatto con sè stesso, in nome dela "relazione". Ma dal momento che la coscienza è mistificata, viene semplice da intuire che intrambi gli estremi sono dei strumenti che vanno a parare, a schermare delle "fobie" profonde. La fobia stessa si enstaura nell'inconscio e per ciò si diffrenzia dalla paura. mediare tra 2 estremi che fanno tanto soffrire è, secondo il mio punto di vista,l'equazione tra la libertà più la relazione, senza perdere l'autonomia. Quest'ultima è un prodotto umano che con il tempo è divenuto un processo culturale che si codifica all'interno dell'apparenza. si pensa che divenire autonomi vuole dire contraddire, diversificare, respingere tutto ciò che l'altro o l'altrui propongono come modello. Ma nella realtà dei fatti nn sono i codici che stanno agendo al posto del "soggetto", esplicitando la mancanza di libertà che ha agito per lunghi e lunghi anni?? Credo di si. Dipendere, nn fa forse riferimento all'aspettativa che la "felicità", "l'amore" e altro siano dei diritti costitutivi per ogni essere umano? Credo di si. Ma proprio cio che scorre nell'animo umano nn è comparabile con la realtà dell'adulto!! La felicità nn esiste in quanto nn è che una sensazione (piacevolissima) ma estempporanea che nn può nn tenere conto che mentre io sono felice, qualcun'altro...neanche ne conosce l'esistenza... Il diritto di essere amato nnn è che il diritto che dovrevve avere ogni bimbo che viene al mondo. M ain età adulta permane tale aspettativa, essa da in seguito origine ai due estremi: la libertà intesa come l'anaffettività (quindi il mantenere sempre un margine , dei paletti nelle relazioni in particolare se sono intime..) la dipendenza è il promuovere (erroneamente e inconsapervolmente il più delle volte) i simboli del passato in cui pur dis entirsi amati ci si sottometteva alle dipendenze genitoriali...

    ma forse, il divenire autonomi, è la soggiunta capacità dell'individuo di potersi relazionare e quindi "rilasciarsi" all'interno dela relazione stessa, senza subire più di tanto le contraddizioni che la mente stessa ci propone. Un processo tortuoso sicuramente. Ma proprio tale tortuosità è l'indicatore immediato per cui un po' tutti tendiamo a renderci liberi e anaffettivi, in virtù però di altre forme di dipendenza: il medico di fiducia, i farmaci, i rituali, il prete, il rapporto infinito con i propri genitori(fino all'esaurirsi l'uno verso l'altro), riempirsi casa di digitali terrestri, skai, pleststation, internet e via dicendo...tutte convenzioni che fanno sentire liberi e in relazione...Ma è vero??
     
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  12. francescoburich
     
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    l'indipendenza per noi umani è una pura utopia che si è riflettuta pesantemente dalla fine del 700 in poi. Nel periodo precedente, per nn parlare delle prime tracce che si hanno della specie umana, be...sembra che nata nel centro dell'africa, si sia costituita rapidamente dando luogo alle prime forme di aggregazione e di cooperazione. Le tribù, erano più o meno formate da 30 ai 70 membri che occupavano specifici ruoli compensativi l'uni verso gli altri. Si viveva all'interno di una scala gerarchica ben definita, dove gli anziani (che oggi sono relegati ai bar o agli spizza) erano i capo stipide della tribù stessa, si occupavano dell'ordine e delle regole morali e quotidiane a cui tutti, nessuno escluso, era svincolato. Le donne, esplicitavano le valenze che al natura stessa le aveva consegnato: la femminilità più dentro che fuori, era indispensabile per l'armonia della tribù stessa, i bimbi, i piccini, erano protetti e pregni del giusto affetto di cui ogni nascituro ne ha il "diritto". Gli uomini, dotati della mascolinità naturale, si occupavano della caccia, della protezione verso le avversità che la "grande natura" trasmetteva, delle belve feroci che incutevano terrore in quanto, soggiunta la "stazione eretta" l'uomo neotenico, nn può che aver pensato e agito di ingegnarsi per lo scopo unico della sopravvivenza. Lo scarto impressionante che la "storia" ha prodotto è incredibile! L'accenno che facevo sul periodo della fine 700 inizio 800 riguarda le sovrastrutture: da li in poi con l'espansione borghese, si da luogo all'abbellimento delle belle arti, delle strutture di servizio, delle abitazioni, di un po'di tutto, e per fare un'esempio che mi semplifica il pensiero...proprio gli ospedali diventano sempre più belli da un punto di vista estetico, ma perdono di riflesso il potenziale umano, quindi di soccorso.... tempo fa, lavorando con gli anziani, mi è capitata una cosa curiosa che racconto: una vecchietta circa di 90anni gli andavo aprestare servizio per qualche sosytituzione di un mio collega ed è una vecchietta che nn ha nulla se nn l'età. Be...parlando, mi disse che da un po' la notte sentiva una forma di malessere che la svegliava di colpo. Quindi, pensando che stava arrivando il suo momento...che fa?? Si andava a fare il bidè, s'infilava la mutandina-pannolone, e si metteva il suo più bel vestito (di raso rosso) e le scarpe lucde e le più belle. Tutt'oggi è viva e vegeta....Il dover a tutti mi costi essere e sentirsi "indipendenti" è un cancro della società moderna. Dove tutto filtra nella mancanza del riconoscimento della precarietà , in primis, del bisogno dell'uno verso l'altro, del riconoscere che un momento di felicità, di amore, di quiete, nn è che un'aspirazione...ma nn può essere ne divenire un diritto a discapito di un'altro. Il mondo invece va così..

    la mancanza del riconoscimento del bisogno di dipendenza, da luogo prima o poi ad una dipendenza-patologica. il nn accettare che oggi si e belli...mentre un giorno si diventerà malati e brutti...fa si che vorremmo essere indipendenti a tutto e verso di tutto. Talvolta, sento mio padre parlare e mi vengono i brividi...noi del 42 eravamo forti...la gioventù di oggi è debole...prima si risolveva tutto da soli...oggi si va dallo psicologo... be...io con questa vergogna inculcatami a martello...ci sono nato e rischio di morirci...
     
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  13. ldaniela
     
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    secondo me è molto importante il confronto con chi ci può capire.
    in passato la mia dipendenza affettiva mi ha fatto mendicare una risposta che serviva soltanto a far gongolare il narcisismo del mio ormai ex compagno, dopo questa fase sono passata al "nn ho bisogno di niente e di nessuno" esibendomi nei miei meravigliosi 38 kg. e vedendomi ancora grassa, volevo sparire, incazzata com'ero con me stessa, dalla faccia della terra..e quasi ci sono riuscita, oggi mi accingo a percorrere una nuova vita, dietro la guida del ns maestro, consapevole della ricerca di un equilibrio (?) o comunque la ricerca di nn commettere gli stessi vecchi errori. oggi provo, a fatica, per via del mio orgoglio, ormai quasi messo a tacere, ad espormi ad aprirmi al rapporto reciproco con te franc o con chiunque sia in grado di potermi capire profondamente. ho imparato a scegliere oggi finalmente, ho bisogno si ammetto di aver bisogno di rapporti umani per poter imparare, ascoltare, e capire. cose accadute ad altre persone permettono di capire davvero quanto siamo fragili e precari ed esposti alla vita, che se presa da soli, diventa davvero più difficile di quello che effettivamente è. giusto pensarlo, sbagliato affrontarla con la convinzione di essere "forti"... un abbraccio...grazie per le tue belle parole, grazie perchè nn sai quanto mi stai aiutando
     
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  14. francescoburich
     
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    il primo conflitto "dipendenza-indipendenza" ogni bambino lo sperimenta nella fase definita "autarchica"dove Egli è totalmente dipendente dalla madre ma vuole l'indipendenza. Questa fase evolutiva che è consegiuenziale alla fase pre-natale in primis dove sembra che la prole oltre a respirare e nutrirsi tramuite i vasi sanguigni, percepisce anche un flusso emozionale, be...poi vi è quella separazxione puramente simbolica che avviene venendoa l mondo che si definisce in "megalomania-infantile". Nele fasi "narcisistiche, siano esse individuali (inizoialmente) che di gruppo (successivamente), è facile che si arriva in età adulta, dipendenti dal punto di vista affettivo, morale edel modo in cuio s'intende avviare la propruiia esistenza. Per noi introversi è ancora piu dura...in quanto avendo quell'adulazione profonda e naturale verso le figure adulte, ci succede ancor di piu di vivere rapporti sotto forma di dipendenza o di masochismo. Ma se riflettiamo...riusciamo acomprendere che di "colpe" specifiche nn ne abbaimo quasi per nulla...solo che in età adulta ...dopo gia aver sofferto abbastanza..dobbiamo fare i conti con "il tribunale degli introversi" che è peggio di un nazista alcolizzato...quindi...distruzione, sensi di colpa a gogò... alcool droga bulemmia anoressia disturbi della personalità e via dicendo...Come dici tu, credo anche io che il confronto possa in qualche modo aiutare a comprendere che nn avendo specifiche colpe, possiamo finalmente se pur con dura fatica, da adulti ritagliarci il nostro angolino di felicità umana.... :P
     
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28 replies since 26/5/2009, 22:49   769 views
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