Eccessiva empatia? Eccessiva fantasia? Patologia?

Quando "sentire" fa male

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  1. yukino76
     
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    CITAZIONE (Yorick75 @ 17/11/2012, 15:50) 
    Secondo me, lasciando passare del tempo ti dovrebbe passare. Ma la cosa però si potrebbe riproporre in futuro, all' improvviso e anche più intensamente. Perché il conflitto rimane latente. Una bomba inesplosa.
    Io quando non voglio affrontare qualcosa e la evito, passato il senso di 'averla fatta franca', poi subentra un profondo senso di insoddisfazione, di frustrazione. Sento che c' è qualcosa non va.

    Non puoi cancellare ciò che produce la tua mente. Nemmeno evitare. Cerca di accettare le cose.Uno bravo ti direbbe che siamo fatti di contraddizioni e dobbiamo imparare a farle coesistere.Leggi, e cerca di avere fiducia nella storia. Se è una buona storia non può essere così negativa. Leggere o scrivere è sempre un atto di speranza.

    Poi mi fai sapere.

    Per spiegarmi meglio forse dovrei entrare nello specifico della storia e spiegare COSA mi ha fatto letteralmente scappare via.
    Dunque: di cosa parla la storia?
    Il personaggio principale, un poliziotto ONESTO, viene accusato (incastrato, sarebbe meglio dire) di un omicidio che non ha commesso e viene per questo arrestato e processato. Già per me, questo, è abbastanza, perché unisce l'ingiustizia e l'umiliazione (cosa ci può essere di più umiliante e di più ingiusto per un poliziotto ONESTO che subire l'onta, e la violenza, del carcere e di un processo?). Come ho accennato in un precedente post, i film basati su questo tipo di trama mi provocano angoscia; sicuramente per la mia intolleranza verso l'umiliazione e l'ingiustizia, in parte, devo ammetterlo, perchè sono un pò agorafobica :fisch.gif: (l'ho detto): ho paura di trovarmi in situazioni/luoghi da cui è difficile uscire, fuori dal mio controllo.
    Avevo già espresso all'autrice la mia intenzione di smettere la storia stante le premesse, ma lei mi ha chiesto di continuare a leggere perché ci teneva al mio parere (avevo già letto altre sue storie in passato e lei letto le mie, scambiandoci pareri/opinioni/sensazioni), e mi ha, privatamente, spifferato tutta la trama ancora a venire, presentandomela come una storia dal super-super-super-happy-ending.
    Il SUO concetto di happy-ending è: processare il protagonista, CONDANNARLO :yikes.gif: , mandarlo in un carcere di massima sicurezza in cella di isolamento per un tempo indefinito (deve ancora decidere) in attesa della sentenza finale (ergastolo VS pena di morte) con tutti gli annessi e connessi di sofferenza fisica e psicologica, e, finalmente, liberarlo il giorno della sentenza grazie ad un'evasione pianificata dalla sua amata (che FINALMENTE ha capito di amarlo.... non poteva capirlo un pò prima?) e quindi, i due, in una sorta di road-movie vanno alla ricerca e stanano il vero colpevole. Ottimo.
    Ottimo... dal punto di vista estetico/esteriore (l'innocente è alla fine salvo, e ha ritrovato il suo amore), MA... non dal mio punto di vista basato prevalentemente su una questione interiore: che happy-ending può essere se, prima, il protagonista è stato distrutto psicologicamente? Dopo che hai tolto ad un uomo libertà, dignità e FIDUCIA in un Sistema per cui ha sempre lavorato (un uomo che lavora per la Giustizia che viene tradito dalla Giustizia e deve farsi giustizia da solo andando contro la Legge)?
    Quindi, è una storia che IO non posso tollerare, perché non vedo un "bilanciamento" tra la parte angosciosa/drammatica e la parte che dovrebbe essere "di risoluzione". Penso che, quando, come autore, hai spinto i tuoi personaggi verso il loro limite, nella profondità dell'abisso umano, riducendoli a "larve", NULLA può rendere la tua storia un qualcosa che possa definirsi una storia a lieto fine, ma lascia invece l'amaro in bocca. Io non voglio una storia che mi lasci l'amaro in bocca perché non bilanciata nel rapporto angoscia/conforto, voglio un VERO happy-ending, che non passi dalla distruzione totale e programmatica del mio personaggio preferito (verso cui ho un'empatia, sì, esagerata/patologica).
    Sto leggendo questa storia da Agosto, per oltre 20 capitoli. E a che punto siamo? Ancora al processo!!!! Non c'è ancora l'esito del processo (la condanna) e il peggio deve ancora arrivare. E io immagino e immagino cosa sta per accadere nella mente del protagonista e alle umiliazioni/ingiustizie che ancora deve subire, e sono consapevole che NIENTE potrà bilanciare questo ECCESSO di violenza (fisica e psicologica) e umiliazione, e che quello che l'autrice (peraltro di grande talento e che stimo) chiama super-sper-super-happy-ending NON lo è, di fatto, perché per arrivare lì deve passare per una distruzione psicologica, da cui non ci può essere ritorno/salvezza.
    Per cui, poche settimane fa, le ho espresso privatamente questo mio parere (in maniera educata e analitica) e ho deciso di abbandonare la storia. Peccato che la storia non abbia abbandonato me, quindi devo SFORZARMI di non pensarci più. O forse la storia ha toccato un tasto dentro di me... che non ho ancora individuato. :hmm.gif:
    Un altro punto da analizzare è la mia DELUSIONE: come ho detto prima, ho letto già altre storie di questa autrice, e mi sono veramente piaciute, per cui mi ero avvicinata a questa storia sperando che mi desse sensazioni piacevoli come le altre, invece è subentrata la delusione, e la delusione va a braccetto con la rabbia.

    Quello che la maggior parte delle persone fatica a capire, e io fatico a far capire, è che si può REALMENTE soffrire per una storia di fantasia. Le sofferenze immaginarie possono essere REALI, per alcune persone. Ed è QUESTO che mi spaventa.
    Quindi combatto queste sofferenze immaginarie con la fantasia, immaginandomi (e scrivendo) storie per me più confortevoli.

    Edited by yukino76 - 17/11/2012, 18:40
     
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