Vita

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  1. DavideProietti
     
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    Si limitava a spiccicare poche parole, ma buone.

    Si può correre stando fermi? Un divano è il suo campo da corsa. Un soffitto il suo traguardo. E pensa. Al passato disturbante. Presente da buttare. Futuro, solita speranza. Viva?

    Le sentiva da anni. In bocca ai genitori. Poi preti. Catechisti. Maestre. Professori. Rimbombavano nella sua mente. Creavano corazze:

    - Svegliati!

    - Non combinerai mai niente nella vita…

    Le sentiva. E si era stufata. Sospirò per l’ennesima volta, quel pomeriggio. Si stropicciò l’occhio destro, nocciola. Quasi rosso. Sbadigliò.

    Poi si decise. Fece click nella sua testa e accese la scritta luminosa libertà che iniziò a lampeggiare, illuminando le sue intenzioni. E si alzò. Intorno a lei la solita stanza della solita casa in cui la vita solita l’aveva resa triste.

    Si toccò i capelli: lunghi, castani. Pensò che sarebbe stata ora di lavarli. Chi aveva voglia? Lei no. Lavarsi non ne parliamo. “Faticoso e anti-economico”, pensò, e smise anche di pensare. In un momento piccolo.

    Talmente alta che per salire le scale che la portavano in camera doveva curvarsi.

    Quattro stracci nello zaino. Due libri. Il netbook. Una penna? Ma sì!

    Scende gli scalini con quel viso che si nasconde un po’. A vederlo fa troppo effetto. E’ bellissima.

    Esce dalla sua casa rurale del paese rurale nell’area rurale in cui, nata, ha vissuto finora. In mezzo ad altri spazi rurali e industriali. In quel nord che sprigiona freddo e pulizia. Irrealtà. Da ogni centimetro che pavimenta il suo suolo padano di strani ambienti, mentalità, corse.

    Freddo. Umidità. Alba. Non c’è nessuno. Cammina a passo svelto. Si perde nei pensieri e aziona il pilota automatico. Abbassa le percezioni. Crea silenzi. E pensa alla velocità del suono. In una lingua che le spacca le sinapsi e si fa pensiero.

    “Basta, non ce la faccio più. Non potevo più. Non posso. I miei genitori soffriranno, sì, certo. E mi dovrei sentire in colpa? No, so che non dovrei ma una morsa mi stringe comunque la gola. Il petto. Tutto accartocciato. Dovrei essere felice. Domani sarà nuovo. Già ora è nuovo. Io no. La figlia sbagliata finisce di mandarvi in tilt con i sui errori, trasgressioni. La studentessa sbagliata non ha imparato la lezione. Stare zitti, abbassare la testa, tirare a campare. Tirate voi a campare, io voglio viver…”

    Che rumore fa la vita quando pensa alla velocità del suono e viene spenta da una macchina che va sopra i limiti di velocità? Come rimbalza sull’asfalto un corpo giovane, spezzato nel momento in cui gioiva?

    Forse non l’aveva vista.
     
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  2. crox
     
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    Ciao Davide,
    emozionante il tuo racconto... sai scrivere bene (beato te! Purtroppo la scrittura è il mio tallone d'Achille).

    Il fatto che la storia sia ambientata al nord mi ha suscitato delle associazioni di pensiero particolari, dato che abito in Lombardia.
    La mentalità lombarda è peculiare: un mix di tradizione cattolica e 'imprenditorialismo' (miscela pericolosa e contriddittoria). Il pensiero di Comunione e Liberazione incarna perfettamente questo tipo di mentalità (non so se conosci, è un movimento politico potentissimo che muove i fili in Lombardia). Purtroppo, da quando ho iniziato il tirocinio in ASL, ho a che fare quotidianamente con questi soggetti :doh.gif:

    Mi ha colpito la descrizione dell'ambiente di provincia del nord, così misero e reale, con la parrocchia come punto di riferimento e le industrie che fanno da corollario. Un ambiente del genere, così privo di stimoli, così intriso di mentalità 'ciellina' (sono il peggio dei cattolici), provocherebbe inquietudine a qualsiasi essere umano dotato di un minimo di intelligenza e sensibilità.
     
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  3. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    Conosci il sito padania classics? raccoglie foto della nostra "macroregione".
     
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  4. crox
     
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    No, non lo conoscevo.

    Tra le foto c'è anche la mia ex-città! :mf_megaphone.gif: Che strano effetto.

    Rileggendo quello che ho scritto nel messaggio precedente mi accorgo di essere stata estremista: certi aspetti della mentalità lombarda hanno una lettura duplice, non solo negativa.
    Ad esempio l'accento sull'iniziativa personale e sul 'darsi da fare' per modificare la propria situazione è un messaggio di per sé positivo. Il problema sorge nel momento in cui questo concetto viene enfatizzato e interpretato in modo conformista, perché porta alla rimozione della responsabilità sociale.

    A riguardo sto leggendo un libro illuminante: L'insicurezza sociale di Robert Castel. E' un bel libro, scritto in modo semplice, lo consiglio a tutti.

    Oddio, mi blocco qui perché sto andando fuori tema...scusate. Volevo scrivere qualcosa di positivo sulla mentalità lombarda..ma come al solito sono partita per la tangente.. è più forte di me :emoticon-0102-bigsmile.gif:
     
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3 replies since 15/5/2014, 05:34   165 views
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