La malattia di Nietzsche?

l'introversione di Nietzsche sfociata in malattia?

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  1. davidthered
     
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    NIETZSCHE CENTO ANNI DOPO

    LA FILOSOFIA COME MALATTIA

    LA FILOSOFIA SENZA LA FILOSOFIA

    La malattia di Nietzsche

    di Alfredo Fallica
    Presidente della Associazione Internazionale
    di Studi e Ricerche F. Nietzsche - Palermo
    la malattia è degna di venerazione perché
    serve ad affinare l'uomo e renderlo intelligente
    ed eccezionale (Thomas Mann)

    Commemorare oggi Nietzsche, a cento anni dalla morte, dopo tutto quello che è stato scritto su di Lui in un secolo, non è facile, non perché Nietzsche sia difficile ma perché noi non riusciamo ad essere semplici e sinceri con noi stessi.

    Si fraintendono i suoi pensieri quando vengono presi alla lettera, oppure se ne scelgono alcuni trascurando gli altri che dicono l'opposto.

    Il suo, come ha osservato Karl Jaspers, è un linguaggio immediato, non impoverito dalla mediazione del pensiero (1).

    Anche per questo, forse, Nietzsche non si può e non si deve spiegare, né imparare né, tanto meno, criticare, ma semplicemente ascoltare: "sempre che si abbiamo orecchie per intendere". Si può essere autentici nietzschiani o prima di leggere Nietzsche o dopo averlo dimenticato.

    Come scrisse lo studioso palermitano Andrea Lo Forte Randi nel 1905: "… I libri di Nietzsche non sono che sogni. Leggere questi suoi libri è come peregrinare per l'infinito; essi sfuggono ad ogni esame e ad ogni critica perché non entrano in nessuna delle solite classificazioni. Sono libri sui generis, senza compagni, anche'essi solitari come il loro autore e come tutte le cose di immensurabile prezzo" (2).

    Nietzsche attacca le proprie convinzioni prima ancora di attaccare le convinzioni degli altri, smascherandone la falsità. Si contraddice per restare fedele agli stati d'animo alla Terra ed alla vita. La Vita è per lui il più grande capolavoro d'arte, ed egli è un filosofo "artista della vita": è una metafora della vita.

    Nega per affermare. Distrugge per creare. Parla per non parlare. Quando egli dice che "la vita non è un argomento" e che "non può essere giudicata da nessuno", parla di se stesso. Per lui non vi è nulla di definitivo e di determinato.

    Le sue idee nascono dagli "stati d'animo che si susseguono e si superano in un circolo eterno" e che solo lui può analizzare.

    Nietzsche è il "campo di battaglia", è l'enigma, è la tragedia. Enigma e tragedia, siamo tutti noi! Nietzsche sa di essere un enigma, attratto com'è dal fascino della X, mentre la maggior parte dei filosofi e dei non filosofi crede che tutto sia chiaro e spiegabile. La sua è una superfilosofia. E' la filosofia che supera se stessa, che si nega per affermarsi nella sua autenticità. E' Nietzsche contro se stesso. Nietzsche senza Nietzsche.

    E' la filosofia senza la filosofia. E' l'autentico imparentato con l'inautentico. E' la vita stessa.

    E tuttavia anche se Nietzsche non si spiega, noi siamo qui riuniti a parlare di lui, per interpretarlo. Non è una obiezione, una contraddizione … è il rovesciamento della prospettiva da Nietzsche stesso voluto. Noi parliamo di Nietzsche, ma guardiamo altrove (3) Nietzsche avrebbe preferito non scrivere la propria vita, ma viverla.

    Scrivere gli diventò necessario per sopportarla. Scrivere divenne una forma di autoterapia come rivela nella lettera a Rodhe: "Caro vecchio amico, mi pare che per quanto riguardi la vita tu te ne intenda meglio di me. Infatti, hai saputo inserirti in essa, mentre io la vedo sempre più da lontano: forse per questo la scorgo sempre più evidente, sempre più terribile, sempre più vasta ed affascinante. Ma guai a me se un giorno non potessi più reggere così straniato da tutti". (1886) (4). In queste parole si sente il profondo dramma della solitudine ed il presentimento di quello che gli accadrà due anni dopo.

    Aveva ben detto Jung che " Nietzsche visse il no e disse di si alla vita". I filosofi sono tutti "falsari inconsci", va ripetendo Nietzsche; essi non sanno che la filosofia riguarda soprattutto se stessi, è il "fraintendimento del proprio corpo". Tutte le filosofie sono un prodotto della malattia" (5). Per Nietzsche tutti i sistemi filosofici sono "falsi e disonesti" quindi sono "filosofie colpevoli", perché si fondano sulla morale ed in particolare sulla morale cristiana. Sono filosofie pretesche: preteschi sono anche quei filosofi che pur criticando la morale cristiana, non si accorgono di essere rimasti legali ad essa ed inseguono l'ideale ascetico.

    Si salva solo Eraclito che Nietzsche considera suo unico precursore. Alla filosofia colpevole e pretesca, Nietzsche contrappone la filosofia extramorale, "innocente", senza colpa, simboleggiata dal fanciullo, la filosofia che non è al servizio della conoscenza. Ritornare ad essere eternamente fanciullo è il vero significato del divenire ciò che si è. "Dal punto di vista morale tutta la filosofia è menzogna, mentre dal punto di vista extramorale, la menzogna diventa la capacità dell'uomo di creare i valori antitetici a quelli tradizionali: la veridicità", così si esprimeva lo studioso Luigi Rustichelli (6).

    La conoscenza deve essere al servizio della vita e non il contrario: egli esalta, in un certo senso, la figura dell'ignorante … Egli stesso ignorava molti classici della storia della filosofia, di cui aveva una conoscenza di seconda e di terza mano. Gli bastava intuire quel che volevano o non volevano dire: riteneva i filosofi insinceri, si rifiutava di leggerli perché pensava non ne valesse la pena: li trovava freddi e senza pathos e, da creativo, non riusciva a seguirne i ragionamenti. A volte si vergognava di ignorare tante cose, ma poi si vergognava della vergogna.

    E' attraverso la nuova filosofia del sospetto e del tentativo, che consiste nello sperimentare, ovvero distruggere per creare, che egli attacca tutte quelle filosofie colpevoli di avere impoverito l'uomo e la vita. Perché l'atto creativo non venga inibito, Nietzsche raccomanda di leggere il meno possibile (7).

    Egli è tutta passionalità: scrivere è come dipingere col sangue "…Io parlo soltanto di cose vissute e non presento soltanto processi del cervello" (Aforisma 84). "…Tutte le mie opere sono scritte con la mia anima e con il mio corpo. Io ignoro quelli che sono i problemi intellettuali …" (frammento dell'88).

    Come Emerson non analizza ma vede, non dimostra ma intuisce. Sente e vede l'eternità. La sua filosofia riflette una moltitudine di stati d'animo che oscillano tra l'umore gaio e l'umore nero, sottoposti a continue analisi introspettive.

    Il senso tragico dell'esistenza, il prospettivismo, la dialettica tra Apollineo e Dionisiaco, tra malattia e salute, l'eterno ritorno, la volontà di potenza, il superuomo sono un prodotto dei suoi stati d'animo, come lascia intendere egli stesso.

    Lo psichiatra Borgna, nel suo recente libro sulla melanconia, fa derivare dalla melanconia, il dionisiaco e dice: "la saggezza tragica si conquista con la malattia" e ancora citando Romano Guardini "la persona melanconica ha certo la più profonda relazione con la pienezza dell'esistenza (8).

    Il grandedolore ci fa profondi e ci insegna l'arte del grande sospetto" (9). E' la filosofia come malattia, o meglio è Nietzsche come malattia e la malattia come filosofia.

    I continui cambiamenti d'umore lo costringevano, durante le sue passeggiate, al bar o a casa, ad annotare continuamente in foglietti di carta le idee che gli si accavallavano nella mente, i cosiddetti pensieri rapidi: in psichiatria questo fenomeno viene chiamato "fuga delle idee"; ciò può spiegare il suo ricorso all'aforisma. Scrive Eugene Breuler "il pensiero del maniaco-depressivo si impronta alla fuga delle idee… Le idee affluiscono con grande facilità indipendentemente dalla volontà del malato" (10).

    "La malattia maniaco-depressiva, -scrive ancora Giovanni Cassano- nella maggioranza dei casi rappresenta il motore di una attività febbrile e creativa, la fonte di esperienze luminose, un tribunale per giudizi severi ed inflessibili su di sé e sul mondo" (11).

    Non si può parlare di Nietzsche senza parlare della sua malattia e della concezione filosofica che egli aveva della stessa. Per Jaspers: "la malattia di Nietzsche non ha solo interrotto in modo rovinoso la sua vita, ma nella sua lenta evoluzione, gli è talmente connaturata, che senza la malattia non potremmo immaginarci né la sua vita né la sua opera". (Jaspers. op. cit., pag.118).

    E' la malattia che gli apre – come dice Nietzsche stesso – la via a molti ed opposti modi di pensare. "La salute dello spirito si misura da quanto esso è in grado di sopportare e superare e cioè risanare. La malattia è un sintomo della grande salute".

    Secondo Jaspers a partire dal 1880 Nietzsche vive "una profonda trasformazione mai conosciuta prima nel corso della sua vita: nuove atmosfere, tonalità diverse, nuove disposizioni d'animo, lo pervadono in modo così ampio ed intenso" che egli chiama fattore biologico e talvolta patologico. Come mai Jaspers non si accorge che questi possono essere i sintomi della malattia maniaco-depressiva, preesistenti al 1880 e che dopo il 1880 si sono evoluti. Parlando della malattia di Nietzsche, Jaspers scive "in assenza di una diagnosi precisa, si deve parlare di un fattore biologico che in futuro potrà essere chiarito, grazie ai progressi della psichiatria". (Jaspers, op. cit., pag. 101).

    E allora Jaspers o ignorava il trattato di Kraepelin pare diffickile (12), edi conseguenza il fenomeno della malattia maniaco-depressiva, o era prevenuto riguardo alla possibilità di fare una diagnosi diversa dalla paralisi progressiva (da lui ritenuta quasi certa).

    Pur avendo ammesso l'esistenza di un fattore biologico, Jaspers temeva probabilmente di mettere in discussione il valore delle opere di Nietzsche, che invece resta inalterato anzi viene accresciuto dal momento cbe è caratteristica di questa malattia stimolare la creatività del genio.

    Nel 1883 esce il libro di Kraepelin "La follia maniaco-depressiva". Nel 1899 appare la sesta edizione ed il termine maniaco-depressivo viene usato per la prima volta. "Esso comprendeva le psicosi particolari e le manie semplici. Kraepelin non escludeva dalla malattia i fattori biologici, i fattori psicologici e sociali; infatti fu tra i primi a sottolineare che cause psicologiche possono fare precipitare i singoli episodi". Questo potrebbe essere stato il caso di Nietzsche).

    Scrive Nietzsche a Peter Gast (1880): "gli ultimi tempi ero sempre in uno stato d'animo molto elevato. Sono andato molto al di là di me stesso".

    Stati elevati dell'esperienza creativa dell'essere e la terribile melanconia delle settimane e dei mesi di depressione si alternavano.

    A Fuchs nel 1887: "La veemenza delle mie vibrazioni ulteriori è stata spaventosa nel corso degli ultimi anni".

    Negli anni 1882-1883 Nietzsche vive oltre a giorni di ispirazione creativa esperienze dell'essere di una terribile abissalità: "Mi fermo. Improvvisamente sono stanco. In avanti … Tutt'intorno è l'abisso … Dietro di me la montagna ,… Mi aggrappo tremante ad un sostegno … Qui, gli arbusti mi si spezzano tra le mani. Rabbrividisco, chiudo gli occhi. Dove sono? Guardo dentro a una notte di porpora, essa mi attrae e mi fa cenno. Che cosa mi succede? Che cosa è accaduto da farti improvvisamente mancare la voce e sentire come sopraffatto da un peso di sentimenti ebbri ed opachi? Di che soffro ora? Sì, soffrire è la parola giusta! Qual tarlo mi rode il cuore?"

    Scrive a Overbech nell'83: "la mia sensibilità ha esplosioni così violente che un solo attimo è sufficiente a farmi ammalare completamente a causa di un semplice cambiamento …" Nel 1886, subito dopo la pubblicazione di "Al di là del Bene e del Male", scrive da Venezia ad una sua amica, alla quale aveva spedito una copia dell'opera: "Sarei anch'io al di là del bene e del male, ma non dalla nausea, dalla noia, dalla melanconia". Nietzsche era un melanconico, ne aveva tutti i caratteri (13). Sulla melanconia si raccomanda l'interessantissimo libro di .Borgna già per Aristotele tutti i filosofi di genio sono melanconici: Empedocle, Socrate e Platone erano melanconici. Nell'86 alla sorella: "Mi faccio coraggio quanto posso, ma una melanconia senza pari si impossessa ogni giorno di me, specialmente la sera … A che serve? … La vita è un esperimento, ma si ha un bel dire e un bel fare, lo si paga sempre a troppo caro prezzo" ("Epistolario" a cura di Barbara Allason, pag. 238, lettera alla sorella Feb. 1886).

    Gli psichiatri tedeschi e italiani che visitarono Nietzsche, si sono arrampicati sugli specchi per giustificare tali diagnosi. Si è fatta confusione probabilmente tra i sintomi della paralisi progressiva e quelli della malattia maniaco-depressiva, che per certi aspetti sono simili. Alla stessa maniera ancor oggi si continua a confondere la schizofrenia con la malattia maniaco-depressiva.

    La diagnosi di paralisi progressiva – scrive Anacleto Verrecchia in "La catastrofe di Nietzsche" – è una leggenda … e contro le leggende non ci sono antibiotici(13).

    Si sarebbe potuto parlare di depressione secondaria se Nietzsche avesse cominciato a mostrare i sintomi dopo il 1880 come dice Jaspers; solo che Nietzsche sin dall'infanzia ha accusato quei malesseri psichici che sono tipici di quella che oggi si chiama depressione bipolare come dimostrato dalla moderna psichiatria. Jaspers parla della presenza di un fattore biologico e patologico a partire dall'80 e di "malattie" dal 73, ma tralascia di considerare che Nietzsche già durante l'adolescenza e forse ancor prima presentava disturbi dell'umore.

    Spesso una sindrome maniaco-depressiva mal diagnosticata è fuorviante, infatti Nietzsche dava segni di melanconia probabilmente clinica ancora prima dei vent'anni, cioè prima del famoso episodio narrato da Paul Deussen della visita di Nietzsche al bordello di Colonia, dove avrebbe contratto la sifilide, tornandovi anche due anni dopo. Inoltre la testimonianza della sorella che Nietzsche durante la giovinezza è stato completamente sano, è stata da Janz confutata con testimonianze inoppugnabili (Janz op. cit., pag.50).

    All'età di quattro anni, infatti, egli subisce il trauma della morte del padre, trauma che non riuscirà più a superare. Nietzsche dava nell'occhio ai compagni e rimase estraneo tra di loro fin dall'età di sei anni. "In quest'ambiente Nietzsche era un bambino solitario e tale doveva rimanere. Fin da allora lo circondava l'aura protettrice quanto pericolosa e dolorosa della singolarità, che per tutta la vita lo tenne lontano da qualunque legame sociale. Ciò ovviamente non gli impedì di farsi degli amici" (vedi Kurt Paul Janz, Vita di Nietzsche, vol. 1°, pag.37).

    A sette anni scrive di avere perduto l'infanzia. Nietzsche cominciò a scrivere sui suoi stati melanconici all'età di dodici anni e vi ritornò a diciotto. Ciò concorda con quanto si sa della malattia maniaco-depressiva i cui primi sintomi tendono appunto a manifestarsi nell'adolescenza e perfino nell'infanzia.

    A dodici anni medita sugli stati d'animo: "la melanconia mi riporta alla casa paterna, lontano;" "i nostri stati d'animo si approfondiscono sempre di più, nessuno assomiglia con precisione ad un altro, bensì ciascuno è infinitamente giovane, è il parto dell'attimo… Vi saluto o stati d'animo, mirabili alternanze di un'anima impetuosa, vari come la natura, ma di essa più grandi, perché vi superate di continuo, guardate sempre in alto, mentre la pianta profuma oggi come profumava nel giorno della Creazione.

    Io non amo più come amavo qualche settimana fa; in questo momento non sono più dello stesso umore di quando ho incominciato a scrivere (14). Così descrive il carattere di Nietzsche bambino e adolescente il suo amico Pinder: "il tratto fondamentale del suo carattere era una certa malinconia, che si esprimeva in tutta la sua natura. Fin dalla primissima infanzia amava la solitudine per abbandonarsi ai propri pensieri, evitava in certo modo la compagnia degli uomini e frequentava invece i paesaggi che la natura ha dotato di sublime bellezza. Aveva animo molto fervido e pio, e già da bambino rifletteva su cose delle quali gli altri della sua età non si occupano…" (Janz, op. cit., pag. 46).

    Pinder parla di una certa timidezza soprattutto tra persone estranee, tra le quali si sentiva decisamente a disagio… "In realtà l'introversione, - prosegue Pinder – l'ombrosa tendenza all'isolamento del carattere di Nietzsche ragazzo sono l'espressione di un giovane dominato dalla sua singolare vocazione … E' proprio tale singolarità di simili ragazzi che fa sempre un effetto singolare ai loro compagni; i più normali reagiscono con le canzonature, perché a loro essa fa l'effetto di boria e presunzione, mentre i più fini avvertono l'aura dell'eletto, che però li mette a disagio ovvero la considerano con timida venerazione" (Janz, op. cit., pag.47).

    All'età di quindici anni dalla scuola di Pforta: "quando giunsi a Pforta il mio cuore era oscurato dalle nuvole della tristezza e solo il lieto ricordo delle vacanze lasciava filtrare un po' di luce gioiosa, ma era solo quel sentimento tra lieto e doloroso della melanconia". (dall'Epistolario, col. 1°, 1976). Era un solitario che amava la solitudine.

    Era solito passeggiare per le strade senza meta. A diciotto anni: "Nella mia stanza è un silenzio di morte. Davanti a me un calamaio per annegarvi il mio nero cuore". Infatti a diciotto anni fu colpito da una crisi probabilmente di natura maniaco-depressiva che ha sconvolto il suo sentimento vitale nl modo più violento e lo fa vacillare tra l'adorazione e la ribellione, tra la più orgogliosa autocoscienza e la più profonda nausea di se stesso. Scrive Janz: "il medesimo giovane che, attingendo alla forza più profonda del suo essere, venga con sicurezza da sonnambulo quei pensieri su Fato e Storia, e nello stesso tempo ossessionato da sogni angosciosi, e soffre non solo per l'angustia della scuola e della routine quotidiana, davanti alle quali, come confida alla sorella, vorrebbe fuggire nella foresta vergine e diventare taglialegna, non sa che fare delle sue giornate e il mondo gli appare guasto: Non so che cosa amare, Non c'è più pace in me, non so che cosa credere, perché vivo? Perché? L'assurdità della vita lo tormenta e gli strappa toni alla Heine" (15). Nietzsche soffriva di instabilità emotiva, di repentini e violenti cambiamenti di umore. A diciannove anni: "Confessiamolo, io scrivo su stati d'animo, in quanto appunto ho uno stato d'animo, ed è una fortuna che sia proprio nello stato d'animo di descrivere stati d'animo. Tali stati d'animo, ospiti della nostra anima, vengono non perché lo vogliamo, e non vengono in quanto sono tali, bensì vengono quegli ospiti che necessariamente devono venire e appunto solo quelli". In questa descrizione degli stati d'animo è anticipata la concezione dell'amor fati e dell'eterno ritorno e la concezione dell'esistenza.

    La personalità maniaco-depressiva – secondo Alexander, 1984, pag. 152 – tende al prevalere delle emozioni sulla ragione. Nietzsche guardava alla vita pensando anche, di tanto in tanto, al suicidio e ciò gli faceva scoprire angoli nuovi e prospettive sconfinate. Egli inoltre avrebbe voluto sperimentare anche la pazzia, tanto che alcuni suoi amici, quando hanno ricevuto i cosiddetti biglietti della follia, avevano pensato al suo solito gioco del mascheramento.

    Nietzsche ha sempre sofferto profondamente la solitudine, anche quando diceva di amarla: sempre alla ricerca di qualcuno che sentisse come lui, che provasse gli stessi sentimenti che provava lui. Nella nota lettera dell'85 indirizzata alla sorella fa il rendiconto della sua vita: "… Dalla mia infanzia non ho mai trovato nessuno che avesse in comune con me le angosciose istanze del sentimento e della coscienza … La malattia mi porta, sempre più, al più spaventevole scoraggiamento. Non invano sono stato tanto profondamente ammalato e non invano lo sono in genere tuttora.

    Tutto quanto ho scritto finora è pura facciata, per me stesso nulla incomincia se non dai puntini di sospensione. Esistono cose di pericolosissima natura con le quali ho da occuparmi.

    Se nel frattempo io do vita a Zaratustra questi non sono per me che dei divertimenti o meglio paraventi dietro i quali possa per un po' starmene rimpiattato…". E' ben strano che Binswager, Mobius e gli altri psichiatri che visitarono Nietzsche non siano riusciti ad individuare quei sintomi (pur evidenti) per formulare la diagnosi di malattia maniaco-depressiva, che tuttavia era stata già scoperta. Probabilmente Binswager e Mobius non hanno avuto modo di conoscere bene la vita e le opere di Nietzsche, mentre Hildebrandt, che aveva letto Nietzsche e scritto un libro su di lui, parla di nevrosi da conflitti psichici. Alla luce di quanto sin qui affermato, risulta ancor più strano che Jaspers, grande filosofo e psichiatra, nel suo famoso libro su Nietzsche del 1936, che è forse il più profondo e chiaro libro che sia stato scritto su Nietzsche, parlando della sua malattia, non abbia preso in considerazione la sindrome maniaco-depressiva nel momento in cui l'altro grande psichiatra tedesco Kraepelin, che insegnava a Heidelberg, in un voluminoso trattato pubblicato nel 1883, faceva conoscere al pubblico i primi risultati di una interessantissima ricerca sulla malattia maniaco-depressiva.

    Il libro, come è noto è arrivato alla ottava edizione nel 1928, un anno dopo la morte di Kraepelin, ebbe un grande successo presso gli psichiatri americani, fino a quando non prevalse l'indirizzo psicanalitico. Kraepelin, che è la massima autorità su questa malattia, ha descritto come, in assenza di cure, essa può portare alla pazzia.

    Da quanto è emerso mi pare checi siano elementi sufficienti per potere affermare che non fu la paralisi progressiva a fare impazzire Nietzsche, ma una grave forma di psicosi maniaco-depressiva, causata da fattori biologici, psichici ed ambientali che interagivano fra di loro. - BIOLOGICI (si consideri l'anamnesi familiare dal lato materno: secondo Mobius una sorella della madre si sarebbe suicidata, un'altra sarebbe impazzita e alcuni fratelli avrebbero accusato disturbi psichici; anche il padre ha sofferto di esaurimento nervoso, come risulta dal verbale redatto dal sovrintendente del luogo (Janz, op. cit. pag.32). - PSICHICI (era timido, insicuro, spesso inibito, "intuitivo con tendenza alla introversione come la maggior parte degli ammalati maniaco-depressivi: i suoi scritti per aforismi sono caratteristici di un atteggiamento intellettuale introverso" (16). - AMBIENTALI (la morte del padre, la delusione amorosa, l'incomprensione e la stupidità degli altri).

    Nietzsche è arrivato a pensare ciò che non è stato mai pensato da alcuno.

    Ha processato, smascherato, condannato l'insincerità dei filosofi e non filosofi verso sé stessi. Sarà sempre un gigante del pensiero … Il più profondo e sincero pensatore di tutti i tempi.

    Palermo, maggio 2000
    NOTE BIBLIOGRAFICHE

    1. Karl Jaspers, Introduzione alla comprensione del suo filosofare, Mursia, 1996 – Traduzione di Luigi Rustichelli pag.10
    2. Andrea Lo Forte Randi, La psiche di Friedrich , Reber, Palermo, 1905pag. 214
    3. Cfr. Alexander Nehamas, Nietzsche – la vita come letteratura, Armando 1989
    4. F. Nietzsche, Epistolario 1865-1900, a cura di Barbara Allason, Einaudi 1962 Einaudi pag.241
    5. F. Nietzsche, La Gaia Scienza, a cura di Colli e Montinari, Adelphi 1965 Vol. V tomo II pagg. 15, 16, 17 pref. alla 2° ed.
    6. Luigi Rustichelli, La profondità della superficie, Mursia 1992 pag.54
    7. Alfredo Fallica, L'importanza di non sapere, Atti del XX° congresso nazionale di filosofia Perugia 1965 pag. 225
    8. Eugenio Borgna, Malinconia, Feltrinelli 1992
    9. Emil Kraepelin in Kay Redfield Jamison, Toccato dal fuoco, Longanesi 1993 pag.118
    10. Giovanni Cassano, Pref. a Jamison, Toccato dal fuoco, Longanesi 1993
    11. Emil Kraepelin in Frederik Goodwin, Kay Redfield Jamison, Malattia maniaco-depressiva, ed. it. a cura di A. Carlo Altamura. Mc. Graw Hill 1994 pp.61-63-69-163 e segg.
    12. Anacleto Verrecchia, La catastrofe di Nietzsche, Einaudi 1978 pag.269
    13. F. Nietzsche, La mia vita, Adelphi, 1877 pag. 141
    14. Kurt Paul Janz, Vita di Nietzsche, Laterza, 1980 Vol. 1 pp.93-95 e pp. da 22 a 50
    15. K. Gustav Jung. Tipi psicologici, Newton Copton, 1974, pp.151-152
     
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  2. trux
     
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    Mi chiedo, se in Nietzsche non prevale né il bisogno oppositivo né quello comprensivo, perchè vedere questo travaglio anche nel superuomo? Non potrebbe invece essere quest'ultimo ad affrancarsi dalla contraddizione per perseguire i suoi ideali? In sostanza, dobbiamo considerare Nietzsche già esso stesso il superuomo?
     
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  3. maria rossi
     
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    hai letto nel sito la psicobiografia di nietzsche scritta da ldott.Anepeta?

    http://www.legaintroversi.it/is_Nietzsche.asp
     
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  4. trux
     
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    si
     
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