Timidezza

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  1. Sara.c
     
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    Vorrei raccontarvi un episodio che testimonia il pregiudizio sociale nei confronti della timidezza.
    Esponendomi agli altri,durante le attività della mia vita quotidiana,non posso fare a meno di mostrarmi nella mia naturale emotività e tendenza ad arrossire,che in me è visibile e qualche volta imbarazzante.
    Quando ho annunciato alla mia insegnante di danza (che mi conosce bene,vedendomi frequentemente) che avrei studiato psicologia all'università,lei mi ha risposto (in buona fede e con affetto): "allora chissà come ti troverò il prossimo anno...tu che hai questi frequenti rossori,questa timidezza..." intendendo dire,almeno credo,che gli studi in materia di psicologia mi avrebbero aiutato a vincere questi aspetti del mio carattere che sembrano sopraffarmi e che mi distinguono dagli altri.
    Io non desidero affatto rinunciare alla mia timidezza,non è un errore della natura ma è la mia natura.
     
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  2. lanepeta
     
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    Il libro di Manara l’ho letto. E’ un testo garbato, non allineato, denso di storie interpretate con una qualche sottigliezza. Dà l’idea di una brava persona, che sa il fatto suo (come terapeuta) ed ha una grande umanità e saggezza. Data la media piuttosto sconfortante della corporazione, è già qualcosa.
    Sul piano della teorizzazione, il saggio è piuttosto debole. Ma la teorizzazione in ambito psicologico e psicoanalitico è rara, e va al di là dell’empatia e dell’umanità: queste servono a comprendere l’altro (qualità essenziale in ambito psicoterapeutico), quella a capire la tipologia e la struttura dell’esperienza dell’altro, che va al di là della sua concreta individualità…
    Tiro ovviamente l’acqua al mio mulino perché personalmente preferisco essere apprezzato per le capacità teoriche piuttosto che per il tasso di umanità.
    Riguardo alla timidezza, ritengo per esempio che essa sia costitutiva dell’introversione solo come riservatezza e senso di privacy riferito alla propria intimità, che sono valori. Quella che comunemente si definisce timidezza è uno sviluppo (ahimé frequente) dell’introversione: è il vergognarsi di essere come si è, di come (spesso impropriamente) si pensa di essere o, al limite, di come si desidererebbe coscientemente o inconsciamente essere (tutt’altro che introversi).
    Il confine tra l’introversione come modo di essere naturale e l’introversione come sviluppo negativo dovuto all’interazione con l’ambiente: this is the problem.
     
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  3. titan03
     
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    Ciao Sara

    A quanto pare il muro della tua timidezza non è poi così compatto ed impenetrabile: il fatto che riesca a trovare la forza di scrivere in questo forum a me sembra una cosa positiva. Non mollare, magari questo piccolo seme di coraggio fiorirà, con il passare del tempo...

    ciao
    Francesco
     
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  4. maria rossi
     
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    verecondo= lat. VERECUNDUS composto col tema di VERERI "aver riguardo,provar riverenza alla vista di qualche cosa" e indi "peritarsi,temere" e suffisso proprio di aggettivi verbali -CUNDUS. propr. "riguardoso,che si vergogna innanzi algi altri"
    VERERI riconnettesi alla rad. VAR "guardare" e propr. "proteggere", onde sscr. varatur "difensore", varutha "difesa", a. a. ted. var "intento", warten "guardare", wara /= gr. ora per Fora/ "riguardo",considerazione,cura", warto "guardia,custode", ant. sud. ted. waron "osservare,accorgersi", got. varas "cauto", varjan/mod.ted. wahren / "aver cura", a.slav. var-ovati "guardarsi" nonche il gr. orao per Forao "guardo,miro,osservo"

    quanto le nostre pene elaborano percorsi racchiusi già nel significato delle parole che li rappresentano?

    m'aria

    Edited by maria rossi - 11/9/2007, 13:27
     
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  5. lanepeta
     
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    "Chi chiami cattivo? Chi mira soltanto a creare vergogna. Che cos'è per te la cosa più umana? Risparmiare vergogna a qualcuno. Che cos'è il sigillo della raggiunta libertà? Non provare più vergogna davanti a se stessi." (F. Nietzsche, La gaia scienza, p. 152).
    Emozioni e sentimenti li viviamo con un'immediatezza tale per cui essi sembrano venire dalle viscere (della mente) ed essere costitutivi della nostra esperienza. In realtà, al di là di come funzionano nella nostra soggettività, ciascuno di essi ha una storia naturale, sociale e culturale che, alla fine, viene incorporata nel comune sentire. Educare le emozioni, che è un momento essenziale dell'individuazione, significa andare al di là di questo.
    Il narcisismo della nostra epoca, in conseguenza del quale ogni soggetto s'immedesima con la propria esperienza, induce a dimenticare che una capacità elettiva dell'Io umano, quella che ci rende autoconsapevoli, consiste nell'oggettivare i contenuti della propria esperienza.
    In breve, le emozioni, i sentimenti, i pensieri sono un flusso. Se un Io vuole, però, può sempre chiedersi perché sento o penso questo? che significa quello che sento e penso? e via dicendo.
    La storia naturale, sociale e culturale delle emozioni e dei sentimenti è un capitolo obliterato delle scienze umane e sociali. Quella storia, dunque, c'influenza senza che ce ne rendiamo conto...
    Luigi Anepeta
     
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  6. maria rossi
     
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    allora ho pensato: ma a cosa serve la vergogna? perchè ce l'abbiamo in dotazione?
    la prima cosa che ho pensato è stata siamo animali sociali e ai nostri primordi dovevamo convivere e "volerci bene" restare compatti uniti,(non credo che un uomo fuori dal gruppo avesse molte chances di sopravvivere ma magari mi sbaglio!) e allora quale migliore arma ben più efficace della coercizione e della violenza poteva affinarsi se non quella dell'interiorizzazione delle prescrizioni e dei divieti?dell'inscriversi da soli ciò che è bene per la collettività ed è brutto cattivo fare a suo scapito, prima ancora che gli altri ce lo facciano notare?ancora di più giù solo l'idea di poter essere mal giudicati(e quindi allontanati!)dal gruppo bastava per inibire il comportamento lesivo edllo stesso. può essere no? che ad un certo punto della vita di gruppo si sia affinato questo meccanismo di autodisciplinazione per il bene comune? perchè la sensazione della vergogna è proprio forte forte e assolutizzante dopo c'è il buio la morte net nisba nada! sembra una emozione senza ritorno quindi legata visceralmente alla sopravvivenza o no? sono cavolate?
    e così si poteva andare avanti a ragionare perchè altre cose mi erano venute in mente.poi però mi son chiesta: qualcuno avrà scritto qualcosa sull'argomento andiamo a vedere....e così sono incappata in un testo edito dalla franco angeli che però non sembra rispondere efficacemente alla mia curiosità. però vi edito la presentazione ugualmente nella sezione ricerca scientifica e psicologica.
    arrivedorci
    m'aria

    c'è da dire poi che forse anche nell'apprendimento una emozione del genere fa perdere molto meno tempo e ottimizza le capacità e i tempi di assorbimento del come si fa e come si vuole che sia...insomma c'entra la dipendenza forte dell'uomo verso gli altri per sopravvivere! che da solo muore!!
     
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  7. titan03
     
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    Una rapida ricerca su Google mi presenta in prima posizione questo articoletto sulla vergogna secondo Sartre:

    http://www.riflessioni.it/angolo_filosofic...ogna_sartre.htm

    Qualche indizio utile si trova anche su www.etimo.it, cercando i termini pudore, vergogna e verecondia.

    Magari può essere un punto di partenza per rifletterci su (vale anche per me).

    Francesco
     
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  8. maria rossi
     
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    se scorri su più in alto, avevo messo il significato etimologico di vergogna. ho leggiugghiato anche io l'articolo che riporta la riflessione di sartre sulla questione e andrò a cercarmi direttamente la fonte senza intermediazione,non si sa mai! anche perchè gli esistenzialisti (un tempo-all'età di 16 anni!- miei "adorati") ora non riescono a convincermi più di tanto...

    m'aria

     
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  9. titan03
     
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    CITAZIONE (maria rossi @ 27/9/2007, 09:33)
    se scorri su più in alto, avevo messo il significato etimologico di vergogna. ho leggiugghiato anche io [...]

    Sì, l'ho visto anche io il tuo post precedente. In effetti mi sono limitato --da profano-- ad aggiungere una piccola estensione: su www.etimo.it mi sembrava interessante la spiegazione che dà della voce vergogna, e proprio per questo ho deciso di cercare anche gli altri termini.

    Sull'articoletto di riflessioni.it c'è secondo me qualche buono spunto per ragionarci su (almeno per quel che mi riguarda) senza dovermi spulciare l'opera omnia di Sartre, che peraltro conosco poco più che per il suo nome. Penso che sia utile anche a chi ci legge.

    Francesco

    PS: ma per un ignorante di filosofia come il sottoscritto che volesse accostarsi all'argomento, quale potrebbe essere un buon punto di partenza? Devo immergermi nell'Abbagnano o c'è qualche altro riferimento?
     
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  10. maria rossi
     
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    all'argomento esistenzialismo? l'abbagnano va benissimo. non foss'altro che è stato tra gli introduttori dell'esistenzialismo in italia (un italia chiusa dal fascismo e dal crocianesimo imperanti) prima e dopo seconda guerra mondiale. e che molto ha scritto a riguardo. poi se ne è discostato. abbagnano è serio, puntuale e chiaro area laica liberale neopositivista.
    quindi va più che bene. ero curiosa di andare direttamente alla fonte perchè non ho mai finito "l'essere e il nulla". ma ho letto "esistenzialismo come umanesimo" e "la nausea" ma qualche tempo fa!sono piccoli e si leggono facilmente quindi potresti farlo...

    se mi venisse in mente qualcos'altro da leggere non mancherò...non mi ricordo più niente.
    la mia claustrofobia mi fa rimuovere tutto o quasi!

    allora, a rincontrarci sulle vie della vergogna "esistenziale" o meno!
    m'aria
     
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  11. titan03
     
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    CITAZIONE (maria rossi @ 27/9/2007, 14:01)
    all'argomento esistenzialismo?

    No, no, la mia ignoranza in filosofia è cosmica!! Grazie anche ad una cattiva professoressa di liceo, ho odiato la filosofia e la storia per lungo tempo... :(

    Ho nominato Abbagnano riferendomi non al suo pensiero ma al suo trattato di storia della filosofia, che però mi spaventa un po', dato che non ho pretese di fare studi accademici. Onestamente cercherei qualcosa di un po' più sintetico.

    CITAZIONE
    "l'essere e il nulla". [...] "esistenzialismo come umanesimo" e "la nausea" [...] sono piccoli e si leggono facilmente quindi potresti farlo...

    Certamente, me li leggerò volentieri.

    CITAZIONE
    allora, a rincontrarci sulle vie della vergogna "esistenziale" o meno!

    Be', io da quelle vie cerco di allontanarmi il più possibile, dopo averle percorse per una vita! ;)

    A presto
    Francesco
     
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  12. maria rossi
     
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    la sua storia della filosofia,si avevo capito!

    "l'essere e il nulla" non lo leggere! aiuto!!!
    è un mattone che io non sono mai riuscita a finire. mi intorcina il cervello dopo poche pagine senza appassionarmi....

    si,va bene, anche io cerco di non passare da quelle parti (è una zonaccia!!) ma andarci con qualcun'altro o rivedere il posto da altri punti di vista che allarghino il respiro dalle proprie vicende personali fa diventare tutto un'altra cosa!

    ciao
    m'aria



     
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  13. tandream
     
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    La timidezza, fonte inesauribile di disgrazie nella vita pratica, è la causa diretta, anzi unica, di ogni ricchezza interiore.

    Emil Cioran
     
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  14. Sara.c
     
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    Ciao tandream,grazie per questo bel pensiero...
     
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  15. houccisotoniocartonio
     
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    TANDREAM ISTITUIAMO UN FAN CLUB DEDICATO A CIORAN TI SUPPLICO
     
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50 replies since 20/7/2007, 17:12   2166 views
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