La felicità altrui

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  1. Koenig43
     
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    "La miseria è multiforme. L'infelicità della terra è molteplice. Contemplando il vasto orizzonte al pari dell'arcobaleno, le sue sfumature sono infinite come le tinte di quell'arco, altrettanto distinte, e insieme altrettanto intimamente fuse. Contemplando il vasto orizzonte al pari dell'arcobaleno! Come avvenne che dalla bellezza io abbia derivato il suo contrario? Da una promessa di pace una parabola di dolore? Ma, come nell'etica, il male è una conseguenza del bene, così in verità dalla gioia è nato il dolore. O la memoria della felicità passata è l'angoscia dell'oggi, o gli struggimenti che sono hanno origine dalle estasi che avrebbero potuto essere."

    Con queste parole inizia il racconto "Berenice" di Edgar Allan Poe. Almeno da una sua biografia che ho letto in Internet risulterebbe che lo scrittore fosse introverso. Non dico che noi Introversi dobbiamo essere tutti così funerei, ma dimenticare per un attimo il proprio disagio e riflettere su quello del prossimo potrebbe avere un effetto terapeutico. Non mi riferisco di certo al fatto di trovare soddisfazione nel pensare che in fondo "c'è chi stà peggio di noi". Si tratta invece di riflettere sul fatto che, anche in condizioni notevolmente più svantaggiose della nostra e sopratutto senza vie di uscita, c'è chi ci insegna quotidianamente che si può trovare la forza per costruire una vita ancora dignitosa e, almeno in parte, soddisfacente. Come mi insegna un mio ex compagno di scuola che ha perso totalmente la vista. E come mi insegna una mia collega di lavoro che ha perso totalmente l'uso delle gambe. Anche se loro di sicuro non mi rivelano le loro sofferenze più intime. Pensando a loro mi sveglio dal mio panico e mi rendo conto che il mio disagio introverso non è nè così insopportabile e nè così irrisolvibile come credevo.

    Edited by Koenig4 - 31/10/2009, 07:53
     
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  2. Diogene W
     
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    Ah ma qui si entra in un discorso molto complesso. pipe1 Si può davvero misurare il dolore? Si può davvero dire che qualcuno soffra di più e qualcuno soffra di meno?

    E per piacere, lasciate perdere i giudizi puramente riferiti ai fatti. Sì, perdere l'uso delle gambe è un evento incredibilmente più doloroso di separarsi dal fidanzato, su questo non c'è dubbio. Ma possiamo davvero giudicare la sofferenza di una persona semplicemente giudicando l'evento che ha scatenato quella sofferenza?
    CITAZIONE
    Pensando a loro mi sveglio dal mio panico e mi rendo conto che il mio disagio introverso non è nè così insopportabile e nè così irrisolvibile come credevo.

    Chi decide cosa è sopportabile e cosa no?

     
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  3. tandream
     
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    Ci sono uomini che perdono le gambe e hanno più voglia di vivere di gente che può camminare e possiede palazzi. Questo è poco ma sicuro.
     
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2 replies since 20/7/2008, 23:52   336 views
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