Donna perfetta

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  1. maria rossi
     
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    http://it.youtube.com/watch?v=wxWOGaEOoww
     
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  2. Koenig4
     
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    Suppongo che per una donna Introversa essere perfetta sia ancora più gravoso visto che deve essere costretta a socializzare di più e ad isolarsi di meno.

    Nel film "Atmosfera zero" degli astronauti minatori assumono, a loro insaputa, una droga letale per rendere di più a vantaggio della compagnia mineraria. Ciao.

    Edited by Koenig4 - 14/12/2008, 13:28
     
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  3. imperia69
     
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    Inserisco qui il link ad un articolo apparso su Nature, dal titolo Towards responsible use of cognitive-enhancing drugs by the healthy, in cui gli autori discutono sulla possibilità, entro certi limiti, di usare stimolanti come il Ritalin nei soggetti sani per migliorare le loro prestazioni.
    Ne avevo sentito parlare stamattina alla radio (con parere favorevole del commentatore) e me lo sono andato a cercare.
    Per quanto l'articolo cerchi di essere equilibrato, il fatto che non menzioni minimamente il rischio (certezza?) che le case farmaceutiche approfittino della situazione per (continuare a) fare profitti d'oro, ma parli solo della necessità per i medici di darsi un codice di autoregolamentazione, mi sembra assolutamente ingenuo (o in malafede?).
    Invece di cambiare le regole del gioco e creare un mondo più a misura d'uomo non sappiamo fare altro che trovare altri sistemi per estendere ulteriormente le prestazioni (a tutto vantaggio dei datori di lavoro)?
     
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  4. titan03
     
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    Ho letto l'articolo e un brivido mi ha percorso la schiena: che razza di contorcimento mentale ha potuto produrre certe affermazioni?! Sembra di sentir parlare Carcarlo Pravettoni. E ci si sono messi pure in sette, questi grandi studiosi, per partorire un tale capolavoro...

    Meditate, gente, meditate...

    saluti
    Francesco

    PS: da notare che quell'articolo compare su una rivista che si chiama "Nature"... :sick: Bah...
     
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  5. star***
     
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    Questa cosa mi fa pensare a scenari avverinistici. Quando la società comincia ad andare verso un senso, noi singoli che scelte abbiamo? Non posso pensare ad un futuro in cui le persone debbano essere sempre più efficienti ed efficaci. Non so perchè ma il cervello mi si contorce e mi torna alla mente MATRIX il film. Il singolo in questo modo è sempre più isolato e impossibilitato a scegliere una vita diversa. Da qui rifletto sempre più sull'importanza di appartenere ad un gruppo, ci si sente meno soli e forse si riescono a trovare soluzioni migliori.

    Un abbraccio
     
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  6. imperia69
     
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    Inserisco un altro articolo, questa volta da La Repubblica, sui dati ISTAT sulla disparità uomo-donna in Italia dal titolo Lavorare stanca

    Premetto che non sono affatto convinta che la soluzione al problema sia estendere all'infinito orari di scuola/asilo per permettere alle madri (ma anche i padri) di stare in ufficio o in fabbrica, resta inquietante il fatto che una buona parte degli uomini non collabori in casa.
    A volte siamo noi donne, almeno le perfezioniste, a fare in modo che lui non partecipi alle faccende domestiche perché "non lo fa bene", ma dobbiamo ammettere che da parte di molti di loro un piccolo sforzo non guasterebbe... e certo, è molto più gratificante giocare o fare il bagnetto al bambino, piuttosto che stirare :wacko:
    Mi chiedo anche come fa una donna, non particolarmente perfezionista, a non ammalarsi di testa quando la vita quotidiana è in realtà una tabella di marcia, con una serie di attività OBBLIGATORIE (non autoimposte da un Super-IO rigido) come lavoro, scuola, spesa, cucinare....non c'è il rischio altissimo di esplodere prima o poi? O è solo il perfezionismo che fa vivere con ansia questi obblighi e questi ritmi?
    Penso ad una mia cugina, di qualche anno più grande di me, sposata e con due bambine: come osservatore esterno non posso non provare orrore quando racconta che per anni si è fatta bastare 4 ore di sonno per notte, che ogni tanto per lo stress aveva i brividi freddi, la tachicardia e magari la mattina usciva con due scarpe diverse! Sempre lei racconta che "al lavoro si riposava" :unsure: e che ha ricominciato a ritrovare se stessa quando le figlie hanno cominciato ad andare alla scuola elementare :wacko: :wacko:
    E' questo il prezzo da pagare per lavorare e avere famiglia? Ha veramente senso tutto questo?
     
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  7. elisabet
     
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    Grazie per i contributi sempre interessanti. Ma l'hai letta la prima risposta di pollong all'articolo?Forse basta da sola a capire in quale melma culturale siamo mediamente immerse.
    Elisabetta
     
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  8. maria rossi
     
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    no, non credo abbia senso. E a me viene molta rabbia forse perchè inevitabilmente e con tutte le mie ambivalenze sento di essere "schiacciata" dai ruoli e dalle funzioni non in quanto tali ma per come sono concepiti e congeniati socialmente.
    Io sono una perfezionista che da tempo ha abdicato e vive in un limbo di oppositivismo che da una parte mi ha liberata dalla schiavitù della perfezione del dare sempre e solo il massimo e l'ottimo in tutto ma che dall'altra non mi permette di chiudere, finire molte cose. Diciamo che elaborare una sintesi, un'integrazione dei miei bisogni è un lavoro che ancora non si può dire ne risolto ne concluso. Ma so di essere privilegiata per molti altri apsetti, so di avere una consapevolezza di me maggiore rispetto alla media, di aver attivato un percorso che -tutt'altro che lineare- mi sta facendo andare avanti e che posso lavorare sulla mia condizione con minori mistificazioni di un tempo eppure sono qui a fare i conti con una serie di problemi che pensavo potessero essere solo fantascienza per me e la mia vita di madre e compagna. e le ragioni non sono tanto e solo individuali e specifiche ma generali, sociali, storiche.
    Il poter vivere delle stagioni della vita liberamente con tempi e ritmi diversi, appropriati e più vicini a se stessi può diventare un incubo, un'ossessione da cui diventa difficile uscire se non si hanno grandi garanzie economiche,qualche anestetizzazione a portata di mano o un senso di se e dei propri diritti benr adicato e saldo.
    Alle volte me lo chiedo: come fanno tutte le donne a sopportare, a farsi fare fisicamente e psicologicamente ancora di tutto? come si fa a stare così sole, isolate, oberate, dipendenti, mascherate, scarasamente considerate o alienate da se? come si fa a vivere secondo leggi altrui, disegni altrui, aspettative altrui senza dire niente, ubbidendo, portandosi addosso dei carichi non loro, macigni invisibili che spengono lo sguardo, opacizzano il sorriso, segnano dolorosamente l'espressione del volto? e quando mi chiedo questo non lo faccio in riferimento ai casi più dramamtici o eclatanti ma alla pura e semplice normalità, a donne anche giovani, forti, lavorarici che fanno filgi come fosse dare esami che nulla le cambia, combinando il taglio cesareo del parto e lo svezzameto dei figli come un impegno di lavoro o un appuntamento dal parrcuhiere. oppure donne normalissime meno convinte di se ma curiose che cercano di difendere la loro maternità non come una condizione invalidante e invasiva, assolutizzante ma come occasione per vivere una fase della vita che regali e porti con se anche altro a livello personale, umano e sociale che piano piano arrancano e si trovano a doversi appaittire ai ritmi generali per non ritrovarsi all'imporvviso tagliate fuori dal mondo "che conta", che gira, che fa e decide.

    La condizione della maternità è patogena perchè può far scattare delle dissociazioni, delle laceraioni e degli stress inauditi (nel senso di non ascoltati e riconosciuti). e pure io, nel mio piccolo, sto vivendo una condizione di privazione e di stress che il mio compagno (aperto e amorevole senz'altro) non sta conoscendo e -penso- non conoscerà mai.

    Edited by maria rossi - 27/1/2009, 20:18
     
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  9. l.daniela
     
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    ommammamia, m'aria!
    ti sono proprio tanto vicina........oh che pasticcio, e che confusione! ti capisco sai? tieni duro! io ti ripeto che ti voglio tanto bene, ma ora devi volertene tanto anche tu!
    se riesci a cambiare prospettiva e riuscire a nn far scorgere nulla al tuo compagno vuol dire che sei una persona veramente forte e speciale. io nn lo conosco così come nn conosco bene te, ma quando proprio nn ce la fai ti consiglio di nn irrigidirti in mille ragionamenti e nel tuo antico perfezionismo, prova a lasciarti un po' andare, coccolati, confidati con lui consapevole di quello che ti accade, sicuramente ne trarrà vantaggio la vostra intimità! se vuoi ti puoi fidare di me ho una quindicina d'anni + di te, un matrimonio di venticinque, 2 figli, e tutto quello che hai raccontato nel mio passato, una volta ero anche grafica......ahahahahah!
    con tanta amicizia, ti capisco e rimango qui per te.......;)
    daniela
     
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  10. maria rossi
     
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    Grazie!

    Devo dire che molti passi e compromessi li ho fatti proprio perchè ne parlo e mi confronto, diciamo. Il mio problema,però, più che di coppia in quanto tale è di "sistema". Sento che per spostare l'asse e gli equilibri interni devo smuovere macigni più grandi di me, del mio compagno e dei nostri retaggi familiari messi insieme. La realtà culturale che sottende gran parte delle storture e aberrazioni (dalla realtà lavorativa ai piani regolatori per le città, dall'assistenza pubblica all'individualismo privato) economiche, politiche e sociali sono dentro i nostri immagiari, navigano nei nostri mondi interiori più di quanto non ci piaccia sapere...

    Io non sono affatto una donna perfetta e non aspiro ad esserlo da tanto, tanto tempo; non cerco soddisfazione e realizzazione in questo perchè ho già dato, sono stata male personalmente, ho “tiltato” e mi è bastato. In più non mi riconosco minimamente nel "sistema", nei suoi ingranaggi, sono completamente inadeguata e quindi fluidificarli e contribuire alacremente a farli andare avanti mi resta difficile, davvero! Non sono un angelo del focolare, non sono una terminator gestionale precisa e attenta, non sono la grande chioccia che organizza la vita di tutti e si prende cura di ogni cosa, solo l'idea mi fa svenire! Chiunque mi conosca sa che sono un pò svampita, che non ho un eccessivo senso pratico -o che comunque non mi esalta usarlo particolarmente!- che sono scorderella e pasticciona e da quando mi vivo tutto questo serenamente sono più contenta, vivo meglio. Il soprannome che ho da tempo è "Flash" nel senso di "flashata", strana, spostata! Non ho un fare particolarmente materno e ho sempre avuto problemi e repulsa per molti ruoli/ stereotipi femminili; sono stata sempre un pò forastica, non "addomesticata", come modi in generale e nei confronti dell'altro sesso...però sono una PERSONA SENSIBILE e mi identifico subito con l'altro, non mi è difficile mettermi nei suoi panni e immedesimarmi, come farmi carico dei problemi altrui e aiutare, spendermi per risolverli; in più sento, intercetto, facilmente i bisogni di chi mi è intorno e questo, spesso, mi frega! La condizione in cui mi ritrovo adesso è quella di avere tutta la mia sensiilità, le mie risorse vitali spostate fuori da me e connesse, sintonizzate sulle difficoltà esterne, degli altri. Questo avviene perchè io sono particolarmente sensibile e perchè c'è un vuoto che la mia sensibilità sente di dover colmare, perchè altrimenti non lo fa nessun'altro, nei confronti del mio compagno, nei confronti di mio figlio, del nostro modi di essere ecc.ec.. ma non solo in quanto tali, con le nostre deolezze e vulnerabilità personali, ma proprio come categorie: un giovane capace, generoso e bravo non ha vita facile in questo paese; nessuno si preoccupa di questa benedetta realtà giovanile lavorativa: si è da soli, si cerca di mettersi "in proprio" per bypassare tutta una serie di ingiustizie e di impedimenti esterni, per fare le cose secondo la propria sensibilità e immaginazione ma è dura, molto dura (se da una parte non ti schiavizzano per pochi euro dall'altra hai a che fare con banche e con lo spettro della fallibilità in continuazione); i giovani lavoratori? guadagnamo poco e siamo completamente abbandonati a noi stessi e alle reti di protezione parentale; non c’è vero investimento, non c’è incentivazione ad attivare energie nuove e nuove idee; e i bambini? chi si occupa dei bambini, chi? le città sono labirinti deprimenti di smog, cemento e lamiere, le strade? parcheggi selvaggi dove non si può ne correre ne giocare; le scuole? posti tristi e grigi dove stare rinchiusi 8 ore tra dinamiche del cazzo, coetanei spesso già alienati, adulti scoglionati...ma che vita è, che infanzia è? stare in appartamento tutto il giorno, vivere di aspettative genitoriali private sempre più ansiogene e patogene e di contesti culturali inesistenti? si dice che il genere umano si sia ingentilito, arricchito e evoluto proprio in virtù del fatto che la cura dei cuccioli molto lunga obbligava gli adulti a stare in contatto con i bambini più di qualsiasi altro animale...beh, ora dove sono i bambini? in posti isolati, adatti e a loro esclusivamente dedicati e deputati, come se la formazione, l'educazione non passassero dal contatto con la realtà vera, con la vita, con il contatto e la trasmissione dei saperi da parte degli adulti nel vivere fattivo e quotidiano, nell'esplorare gli spazi adulti, starci in mezzo...di chi sono i bambini? solo proprietà private dei genitori o patrimonio collettivo, bene comune da tutelare, curare e condividere tutti ma proprio tutti?
    E' questa assenza, questo vuoto culturale ed emozionale, questo non riconoscere e rimuovere sistematicamente il bisogno (a livello sociale) del compito e del ruolo del farsi carico, del prendersi cura degli altri, di accorgersi, considerare e tendersi la mano ogni tanto come cosa importante, fondamentale rilevante e di "prestigio" che mi agghiaccia e mi fa scattare in avanti e poi montare la rabbia. E' vvio che sbaglio ma di fondo, sento questo. Non solo perchè crea delle disuguaglianze, delle ingiustizie pesanti e massacranti ma anche perchè, poi, quelle che ne pagano le conseguenze, quelle su cui tutto questo LAVORO ricade senza che venga riconosciuto, ripagato, premiato a livello sociale, ufficiale ma anzi degradato, declassato e confinato a bassa manovalanza silenziosa negli angusti spazi dell'ambito privato, domestico e interfamiliare, sono proprio le donne in quanto madri, figlie, sorelle, mogli, compagne.
    Ora, che le donne si trovino a doversi sobbarcare questo compito "ingrato" più per destino e obbligo che per altro può esser vero però credo che la cosa che ci freghi di più sia che siamo state educate (o forse siamo proprio portate? bho!) alla sensibilità, all'attenzione per l'altro e al farsene carico e anche se ci hanno trasmesso il messaggio che farlo è nostro compito e dovere perché inferiori e incapaci di far altro comunque è una qualità che ci ritroviamo addosso, nostro malgrado. E dico nostro malgrado perché frutto spesso di una non scelta, appunto, o perché -anche se lo è- viene sistematicamente declassata, poco considerata o inserita in una logica cristiana massacrante. Le donne fanno da sempre un lavorio di recupero e di riconoscimento della dignità anche nelle situazioni più al limite che pochi vedono (curare una stanza in una baracca, far trovare la cena pronta,un piatto caldo, un letto preparato, l’acqua calda per lavarsi al mattino sono gesti che riescono a restituire la cura e la dignità di se anche nelle condizioni più disagiate e difficili ma nessuno lo riconosce!!
    Molte donne oggi non si riconoscono nei vecchi ruoli ma per farlo operano una amputazione che le fa rinnegare o strappare di dosso qualità che andrebbero non solo coltivate (anche se in altra maniera e riversandole prima di tutto su se stesse) ma anche travasate al mondo maschile come "patrimonio dell'umanità". perchè l'empatia non deve essere sacrificale per nessuno ma un valore, una enorme potenzialità umana di tutti! e bisogna rivendicare e pretendere che venga riconosciuta come valore sociale, economico e politico fondamentale, prestigioso e imprescindibile.
    Le donne reggono sulle loro spalle l’”integrità” di collettività intere. Se macchie di non alienazione, di autenticità e di individuazione si danno ancora molto spesso è perché un presidio femminile riesce ancora ad essere vissuto umanamente.
    È la rete, il collante che fare da mangiare, prendere in braccio, fare compagnia, accompagnare, riprendere crea intorno al senso di se di una persona!
    E’ fondamentale eppure viene considerata roba da colf, da povera gente, da casalinghe frustrate o da “assistente sociale”. Io mi incazzo, scusate. Il carico sta diventando troppo pesante e denigrante e molte donne giustamente se ne sottraggono... ma chi resterà, chi? mentre tutti schivano sempre più questi compiti questi ruoli, queste relazioni come fossero una jattura e una sfiga tremende,quali esseri umani si fermeranno a pensare e sentire che ci dobbiamo fare carico il più possibile gli uni degli altri, creando piccole e grandi reti di soidarietà basate sulla reciprocità? solo i professionisti, solo i medici, i dottori, gli spicologi e gli educatori (come se non tiltassero o non stessero belli ailenati pure loro!) in una gerarchia unilaterale sempre più fissa,sterile e fittizia? o chi è obbligato dalle necessità economiche o da vissuti sacrificali e di devozione divina?
    e la pura e semplice empatia, cazzo!? il semplice riconoscersi uomini fra uomini?

    Edited by maria rossi - 29/1/2009, 12:27
     
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  11. l.daniela
     
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    m'aria questa sono io, fai di questa mia storia quello che preferisci!

    ieri ero di fronte ad un marcantonio di ventun anni circondato dai suoi amici. lo guardavo dritto negli occhi mentre mi implorava di nn rivolgermi alla polizia. mezz'ora prima aveva chiamato col cell. mio figlio che stava andando a giocare a baseball "nn ti dico chi sono, ma se mi denunci io ti rovino!". il giorno prima, all'uscita di scuola, S. ha trovato un biglietto sulla macchina ADESSO LA MACCHINA DOPO TOCCA A TE! PREPARATI" S. e i suoi compagni si sono spaventati. hanno controllato la macchina che, x fortuna, nn aveva niente. "vogliono soltanto spaventarlo nn sanno proprio come passare il tempo" mi sono detta. il motivo: erano un gruppone unito poi qsti hanno deciso di passare il tempo gozzovigliando fumando, bevendo e farsi di nn so che. S. e gli altri si sono separati.
    la notte di capodanno uno di loro è rimasto a piedi perchè nn si erano organizzati bene. e 6 in macchina S. nn ne poteva portare, la polizia lo avrebbe fermato subito! ma ormai avevano superato la dose. erano stati avvertiti da tempo. la cosa ormai andava avanti da tre mesi con messaggi molto più pesanti sul cell. e telefonate alcune delle quali registrate. come promesso, mio marito ed io, abbiamo fatto il giro delle telefonate a casa come avvertimento, avremmo parlato coi genitori. il pretesto è stato chiedere il numero di tel. di alcuni di loro. appena saputo della nuov minaccia sono corsa da loro, sapevo dove trovarli, sono i soliti tre posti.
    A. mi guardava dritto negli occhi dicendomi "ho detto quelle cose a S. perchè se mi denunciate vado davvero nei guai ne ho troppe già!" A. è già stato al Beccaria. stavolta nn mi insultavano. la sera prima al tel uno di loro mi ha passato sua mamma e io le ho prontamente spiegato la motivazione della telefonata rassicurandola che la denuncia era una soluzione estrema. il figlio, D., ha concluso la chiamata dicendomi "vaff... mi hai rotto i.....con qs storia! nn me ne frega un c.... fa' quel c....che vuoi!"
    A. stava di fronte a me D. di fianco gli altri intorno. io ero sola con loro, ma stavolta avevano paura di me! la mia determinzione li ha acquetati una volta per tutte, spero!
    M'aria -mi piace chiamarti così!- se nn avessi scelto qualche anno fa di fare solo la mamma cosa avrebbe fatto S. in un ambiente che basta un niente, e tu nn sai + chi tuo figlio frequenta. come ti dicevo io ne ho due, di figli, spesso li ho controllati di nascosto. e qualche volta ho scoperto che si stavano mettendo nei guai contravvenendo le ns raccomandazioni. qualche volta, sono stati "sgamati"e ricondotti con l'unia persusione possibile, la fuducia unita all'ascolto, l'attenzione e la partecipazione, soprattutto ora, sopprattutto oggi!
    ho fatto la grafica pubbl. per quattro anni ho avuto fortuna sono stata assunta subito e lo stipendio era invidiabile. nn girava come oggi il mondo del lavoro allora era più facile. pubblicità su testate estere. in seguito mi sono arrabattata con lavori a termine, perchè nn volevo cedere alla condizione di casalinga. un giorno S. dopo un sondaggio alle elementari mi ha chiesto "mamma perchè tu fai la casalinga nn lavori come le mamme dei miei compagni?" una fiocinata in pieno cuore. io donna determinata educazione prevalentemente maschile secondo cui stare a casa e far niente sono sinonimi. avvilita da una condizione deprivante, socialmente e storicamente attribuita solo a donne di poca cultura e tanta sottomissione. io identificata con la donna evoluta autonoma indipendente. mi sono trovata con mia grande sorpresa a fare una scelta distante anni luce da me. in cui spesso la situazione più accettabile è stata sentirmi scissa tra quello che avrei voluto continuare ad essere con tutte le etichette stereotipe del caso e quello che, in antitesi, "sentivo di essere". in mezzo c'era quello che in realtà ero, una donna reinventata. con la casa sempre piena di gente, (sai quante famiglie ti mollano i pupetti, cosiderandoti luogo sicuro, creativo-attivo?), mi sono inserita nel mondo della scuola offrendo la mia disponibilità per ogni cosa, le capacità se nn altro nn le avevo perse! quindi disegni, tabelloni, su qualsiasi materiale murales, tromp l'oeil. e ancora contatto umano sempre nuovo e differente. mamme, giardini, tutti i livelli delle scuole. tutti i tipi di famiglie livelli sociali diversi. realtà umane le più disparate. questo vuol dire stare a casa, ma in un modo nuovo. tra due giorni a casa nostra arrivano due ragazze austriache e staranno con noi due settimane. una di loro è rimasta con noi tutta l'estate. parlano soltanto tedesco o inglese e rimangono tutto il giorno con me perchè i miei ragazzi hanno i loro impegni durante il giorno.
    quanto ho imparato come casalinga? nn lo so dire. ma tantissimo. quanto mi sono dimenticata di raccontare? tutto quello che qui nn riesco a dire anche per nn farvi annoiare.
    quando ieri sera mio marito ha saputo che ero sola con quei ragazzi, alcuni dei quali ho visto crescere in condizioni culturali le più umilianti, si è preoccupato. ha avuto paura per me, poi mi ha vista arrivare e mi ha abbracciata, ammirando il mio coraggio. ho litigato spesso con lui (ho un caratteraccio, oppositiva per natura). mi sentivo profondamente ferita dalla mia condizione, in competizione con le sue colleghe fighissime inquadrate a livelli superdirigenziali e considerata da loro "una donna insoddisfatta" questo era il motivo, secondo loro, per cui me la prendevo con lui. mi sono chiesta spesso: dove avrei potuto arrivare con le mie capacità la mia forza e la mia cultura? penso abbastanza in alto. solo che come introversa cronica per me l'elevatura è stare bene con me stessa e provare a tradirmi il meno possibile. ho detto più di una volta che nn so di preciso "dove mi trovo". a volte crollo perchè nn è semplice la mia scelta. mi chiedo spesso chi sono e mi rispondo: sono quella che cerca di stare in mezzo, tra me e me. e che spesso nn ce la fa.
    vi voglio troppo bene teneri compagni di viaggio!
    daniela
     
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  12. maria rossi
     
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    grazie. grazie.
     
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  13. elisabet
     
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    https://www.youtube.com/watch?v=G2Gq6xV0jeg
    Vi invito a guardare alcuni di questi illuminanti filmati di concorsi di bellezza per bambine, non servono commenti purtroppo.
     
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  14. francescoburich
     
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    che schifo.... hai ragione elisabetta, nn servono altri commenti
     
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13 replies since 9/12/2008, 10:42   478 views
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