Pro... e contro della diffusione online

che ne pensate?

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    Poco fa ho deciso di dare un'occhiata alle statistiche delle visite al sito della LIDI. Le statistiche sono un ottimo strumento per monitorare il numero di accessi al sito, ma anche per verificare da dove e come arrivano al nostro sito i visitatori, tramite quali siti e link e attraverso quali motori di ricerca e parole chiave. Si è parlato spesso qui, sul Forum, dei metodi per agevolare la diffusione online della LIDI e mi sembra di aver capito che l'obiettivo non è per nessuno di noi una diffusione su larga scala ma sterile, quanto la possibilità di arrivare a soggetti potenzialmente interessati. Da un punto di vista prettamente tecnico, occupandomi del sito, devo verificare periodicamente che comunque la nostra presenza online non subisca penalizzazioni e che gli obiettivi che ci siamo posti in termini di visibilità siano raggiunti.
    A questo proposito, una piccola ma buona notizia è che nel mese di gennaio abbiamo avuto un incremento delle visite rispetto al mese precedente pari al 40,43% (5.054 visite uniche). Ah, chi tra i Soci volesse visionare di tanto in tanto i dati (non so, magari a qualcuno interessa...) non deve far altro che chiederlo inviandomi una mail.

    Torniamo alle statistiche: visionando l'elenco dei siti che hanno linkato il sito della LIDI, ho scovato questo post pubblicato su un Tumblr.

    Nel post si dice, a proposito della LIDI:

    CITAZIONE
    credo che il più grosso problema dell’odierno mondo moderno mondiale decadente e morente sia la foia di dare un nome ad ogni minimo disagio od affanno, elevandolo a patologia per nobilitarlo; il bisogno compulsivo di trasformare ogni discrepanza sociale, ogni sfumatura non omologa, in minoranza da tutelare

    per quanto mi riguarda, sono comunque troppo chiuso in me per chiedere questa tessera, non fosse che per fedeltà al dettato marxista .-P

    Tempo permettendo, mi riservo di lasciare un commento al post... potete farlo anche voi, se volete.

    La riflessione, elementare mi rendo conto, è questa: essere presenti (e visibili!)... non è questo il problema; il problema, è semmai, capire come sfuggire al tritatutto che caratterizza il web (tanto quanto i media tradizionali). Il problema, per sintetizzare, non è esserci ed essere visibili, ma essere letti (poi, forse, successivamente, si può sperare di essere compresi). Il web, spesse volte, lo si "scorre" soltanto... si tratta, molte volte e per alcuni, sempre di fare zapping, solo in una diversa forma.

    Edited by LIDIadmin - 1/2/2009, 21:14
     
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  2. maria rossi
     
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    ovviamente sono andata a vedere quel post...e ho lasciato un commento, non ho resistito. scusate, in effetti mi sono fatta lo scrupolo se avesse senso o meno farlo e dicendo che csa ma poi la le mie mani hanno preso il via e... vi lascio quel che ho scritto.

    Marxista mi ci considero pure io, e, forse proprio per questo, mi sono iscritta alla Lidi.
    L'introversione non è una patologia, nè un disagio o una discrepanza sociale...può diventarlo, come tutto ciò che umano. L'introversione non è una parola magica per dare un patentino a qualcosa o qualcuno. E la lidi non è nata per questo. Non c'è alcuna esclusività autocompiacente da rivendicare, nessuna risposta consolatoria su cui adagiare.
    C'è solo la voglia di deconolizzare la propria coscienza critica e di de-privatizzare il proprio dolore, socializzarlo, metterlo in circolo e dargli un senso. Dierei sia umano, più che odierno o moderno!
    Un senso e una dignità al proprio dolore perchè spesso anche chi è introverso conosce percorsi di vita penalizzati e penalizzanti che sfociano-ancor più spesso- in disagi psichici più o meno gravi (chi ti scrive, una di queste persone) che vengono risolti e liquidati in ambiti tutti privati. E invece di privato spesso c'è solo quello che di unico e irripetibile ognuno di noi aggiunge e varia nell' eredità di modelli fortemente condolidati e di copioni già scritti da altri.

    «Le circostanze fanno l'uomo non meno di quanto l'uomo faccia le circostanze.».
    Il confine fra oggettivo e soggettivo, fra personale e collettivo, fra natura e cultura, fra appartenenza e individuazione, eredità e innovazione è molto più labile e interdipendente di quanto non ci piaccia pensare. Demistificare il portato dialettico che sottende ogni vicenda umana restituendo coerenza e dignità a ciò che apparentemente sembra solo contraddittorio, discrepante e disfunzionale; credere al parodosso che più l'uomo accetti la sua condizione di prodotto storico più possa acquisire strumenti per scegliere la sua vita liberamente e autenticamente; farsi carico della propria individuazione come unica e vera condizione per una solidarietà aperta, spregiudicata e fra pari non è un grosso problema ma un grosso impegno, laico.
    La storia di molte minoranze storiche insegna che ha senso inscrivere la propria specificità in uno dei tanti modi di essere che appartiene allo spettro umano, che sempre umano -quindi appartenente a tutti noi- è. Nella nostra specificità vogliamo umanizzarci, nessuno si senta escluso!
     
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  3. star***
     
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    Ciao ho letto anche io il post ci devo riflettere!!
    Ciao
     
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    Maria, ho letto la tua risposta al post e la condivido totalmente. Io mi ero riproposta di rispondere (poi non ho avuto tempo e modo) e mi sono fatta la tua stessa domanda, se avesse senso o meno farlo. A volte penso che provare a "spiegare" (non è il termine giusto, perché presuppone già una gerarchia, ma passatemelo) abbia sempre un senso, altre che non lo abbia affatto. In certi casi, il dubbio è meno forte... in questo caso specifico, grazie forse quel "dettato marxista" a cui si fa riferimento in calce al post.
     
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  5. l.daniela
     
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    grazie mille sonia per la segnalazione,
    grazie maria! ;)
    daniela
     
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4 replies since 1/2/2009, 18:40   198 views
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