I mannies

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  1. maria rossi
     
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    le riflessioni da fare su questo fenomeno (diffuso un pò avunque in europa) dei baby-sitter/ tati maschi sarebbero varie, sicuramente.
    una su tutte, scusate, forse un pò polemica, è: ma gli uomini certi lavori li fanno facendosi pagare (e pare pure profumatamente! come se fatti da un uomo diventino più degni e altolocati!) e perchè le donne li fanno da una vita gratis?
    l'assegno di maternità, di cura e presa in carico perchè non viene dato direttamente dallo stato a tutte quelle donne che si occupano di bambini, mariti, genitori e così via? scusate è una provocazione, però...


    da l'inserto di "la Repubblica"

    Mannies
    UOMINI-TATA Amano stare con i bambini e ne hanno fatto un lavoro: un moderno modello di maschilità serena. Diventato business di Barbara Placido

    Sono giovani, aitanti, sportivi e instancabili. Cucinano, fanno il bucato, tengono la casa in ordine, amano i bambini e sanno come trattarli. Mariti ideali? No, mannies. Parola coniata per descrivere una nuova specie di uomini che si aggirano per il mondo anglosassone: maschi (men) che scelgono di essere nannies (tate). Cinque o sei anni fa, l'idea che un uomo potesse guadagnarsi da vivere occupandosi di bambini era assolutamente impensabile. Ora, non più. In America i mannies stanno acquistando sempre più prestigio e c'è persino un website - themanny.com - con tutte le informazioni su come scegliere e cosa aspettarsi da un manny. In Inghilterra, Elisabeth Hurley e Gwyneth Paltrow li hanno scelti per occuparsi dei loro figli. Sarà per via del fatto che donne belle, ricche e famose li prediligono, o perché, come insegna la storia di Jude Law e Sienna Miller, una nanny in casa potrebbe essere pericolosa, sta di fatto che le famiglie inglesi sempre più spesso impiegano un manny. Al punto che, per rispondere a tutte le richieste, a Londra è nata l'agenzia "Supermanny": fondata da due fratelli australiani, Mark and Rick Firth, già conta due succursali a Sydney e Mosca. Soprannominati "Hairy Poppins" (Mary Poppins Barbuti), i fratelli Firth lavorano da anni come mannies per famiglie di ricchi londinesi. Una carriera iniziata per caso e rivelatasi un grande successo. Mark era arrivato a Londra per lavorare come avvocato in uno dei più prestigiosi studi legali della capitale. Nick per fare l'allenatore in una esclusiva scuola di South Kensington. Ma è bastato poco perché scoprissero che non erano quelli i mestieri adatti a loro. Meglio, allora, diventare mannies. Per guadagnare, e divertirsi, di più. Visti i loro datori di lavoro, la cosa non stupisce. Miliardari di origine russa o mediorientale, giunti in città di recente, che non chiedono di meglio che veder trasformati i loro pargoli in perfetti scolaretti britannici: in grado di giocare a rugby e a cricket, di andare un giorno a Eton e poi, magari, a Cambridge o a Oxford. Fargli da manny, rivela Mark Firth in un'intervista, "è come fargli da allenatore, fratello maggiore e amico al tempo stesso". Sebbene dati i costi (un minimo di 500 sterline a settimana, più tasse, più infiniti regali e privilegi) non sia da tutti impiegare un manny, a farlo non sono solamente i ricchi e gli stranieri. Ryan Dalton, 26 anni, anche lui australiano, è un ex istruttore di nuoto e tennis. Oggi lavora come manny presso una famiglia inglese composta da madre e due figli. Se la madre l'ha scelto, è stato proprio perché mancava in famiglia una figura paterna. Altro che timore di essere tradite dal marito: nella maggior parte dei casi il problema è che un marito a casa non c'è affatto. Per un divorzio, o per un lavoro che lo tiene lontano 12 ore al giorno. Così, se diventa sempre più accettabile l'idea che un uomo si occupi dei bambini (persino in casa Blair è sempre stato Tony, si mormora, a svegliarsi di notte per accudire i pargoli), non sempre quest'uomo è loro padre. Compagni ideali I mannies sono allora il compagno ideale per chi non ha un papà abbastanza presente. Per questo Alice, 35 anni, divorziata, ha scelto un manny francese per occuparsi di suo figlio dodicenne. Con vantaggi maggiori di quanto si fosse mai immaginata: "È un modello maschile meraviglioso. Ha reso mio figlio più sicuro di sé. Per un ragazzo è importante vedere che un uomo sa essere materno, affettuoso e, allo stesso tempo, un "duro"". Anche per i mannies i vantaggi sono infiniti. "È come ritrovare una seconda adolescenza", dice Jaro, manny dal 2006 di Harry (12 anni) e Theo (16). Di origini slovacche, Jaro sostiene che nel suo Paese è del tutto normale per un ragazzo occuparsi di bambini. E a lui piace farlo. La sua vera passione è la musica: così insegna a Harry e Theo a suonare la chitarra e il piano. Con il padre, che i ragazzi vedono poco, nessuna competizione: lui, piuttosto, è una sorta di fratello maggiore. Anche Chris non ha dubbi. Neozelandese, ex giocatore di football, è a Londra per occuparsi di Thomas (11 anni) e Ned (5). "I miei amici mi prendono in giro per il mio lavoro. Ma basta pensare alle ore che loro passano chiusi in ufficio, mentre io gioco con i bambini al parco o alla Playstation per capire chi ci guadagna". Non c'è dubbio: in Inghilterra avere, ed essere, un manny va di moda. Tanto che persino il Norland College, luogo di formazione delle tate più tradizionali (e costose) d'Inghilterra, ha accettato per la prima volta un uomo. Più che una scuola il corrispettivo femminile di un'accademia militare, il Norland College offre dal 1892 nannies rinomate per discrezione, professionalità e disciplina. Moderne Mary Poppins, ma più severe e meno fantasiose. Tra loro, ora c'è anche Peter Cummins, robusto ventenne che ama il rugby quanto i bambini. Il suo talento Cummins lo ha scoperto quando, finite le superiori, si è ritrovato, quasi per caso, ad accudire a tempo pieno sei bambini tra i due e i dodici anni. "Leggevo loro le favole, li mettevo a letto, ci giocavo, gli facevo da mangiare. E ho scoperto che mi piaceva moltissimo". Così, dopo aver messo alla prova la sua vocazione lavorando in un asilo e in una scuola elementare, Peter è entrato alla Norland. E da lì è uscito quest'anno: capace di consolare un neonato che piange, di fare una torta, di giocare con un ragazzino, di rammendargli gli abiti: "Il sogno di ogni madre stremata", come lo ha definito un articolo del Telegraph a lui dedicato. Peter crede fermamente che i bambini "traggano vantaggio dall'avere dei modelli maschili. In una famiglia dove il padre è fuori per la maggior parte del tempo e la madre è spesso sola, so di colmare un vuoto". Finalmente il successo Ma essere un manny non sempre è facile. Mark fa questo lavoro dal 1993, e all'inizio le cose non andavano bene. Cresciuto in una fattoria nell'entroterra australiano, Mark ha sempre desiderato occuparsi di bambini. Ma quando lo rivelò al padre, suscitò una reazione inorridita. Alla fine, però, Mark ha seguito la sua vocazione; non senza incorrere in una serie di ostacoli. Qualcuno lo ha ritenuto "strano" (o perverso) per aver scelto questa carriera. Qualcun altro gli ha preferito una nanny. Ma, da quando è stato assunto per la prima volta, Mark ha avuto un lavoro dopo l'altro, e, negli ultimi anni, è stato così impegnato da rifiutare l'offerta di una coppia molto famosa: Jude Law e Sadie Frost. Che, chissà con quali rimpianti, hanno ripiegato su una tata. Malgrado i mannies stiano riscuotendo un enorme successo, la maggior parte delle famiglie finisce ancora per impiegare una tata. Sarà perché i mariti sono sospettosi e gelosi almeno quanto le mogli? Sarà perché l'idea che un uomo desideri occuparsi di bambini ci appare ancora così strana? Il dubbio e il timore si insinuano: e se finissimo per ritrovarci in casa un pedofilo? La verità resta che sono davvero pochi gli uomini che lavorano nel settore dell'infanzia. In Danimarca, che vanta la percentuale più alta di qualsiasi altro Paese europeo, solo l'8 per cento del personale impiegato nella scuola e negli asili è di sesso maschile. In un Paese come l'Inghilterra, dove nel settore c'è un'enorme carenza di lavoratori di entrambi i sessi, gli uomini costituiscono solo il 2 per cento. Il governo si è prefisso di arrivare al 6 per cento nel giro dei prossimi dieci anni. E la spinta per convincere gli uomini a intraprendere questa carriera è enorme: nel 2003 è stata anche lanciata una campagna con lo slogan "He Who Cares Wins". Come dire: "Il vero vincitore è l'uomo che ha cura del più debole". Di questi "veri uomini", attenti, responsabili, domestici, abbiamo bisogno, sostengono gli esperti. A un bambino, maschio o femmina che sia, avere di fronte esempi maschili positivi fa bene. Così la pensa anche Peter Cummins: "Non si tratta semplicemente di saper giocare a pallone, ma di offrire ai bambini una figura maschile rassicurante, buona". Forse, i mannies non sono solamente una moda, ma il sintomo di una silenziosa, significativa, rivoluzione. Forse stiamo imparando che i ruoli e i mestieri associati alle donne e alle madri non sono poi da denigrare. Forse, con il crescere del numero di mannies entusiasti, appagati e felici del mestiere che fanno, potrebbe crescere la percezione che chi lavora con i bambini deve essere valutato - e di conseguenza - pagato quanto è giusto. Come dice Adriano Fanti, ventitreenne brasiliano, manny di Roman, sei anni, Anoushka, quattro, e Wolfang, sei mesi: "I bambini ti danno moltissimo, sempre. Noi ci lasciamo spesso alle spalle momenti preziosi legati alla nostra infanzia, emozioni che dovremmo invece conservare. Quando si lavora con i più piccoli, queste emozioni riemergono. I bambini hanno un qualcosa di veramente magico. Lavorare con loro è certo una fatica, ma soprattutto è un enorme piacere". Forse, adesso che a dirlo è un uomo, qualcuno ci crederà.
     
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0 replies since 24/3/2009, 15:06   146 views
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