Leopardi: i timidi

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  1. orzouei
     
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    Vi riporto alcune pagine tratte da "Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura" (Zibaldone) di Leopardi.
    Spero di non aver fatto troppi errori di trascrizione. I numeri in grassetto sono le pagine del manoscritto di Leopardi.

    [3488]
    …......
    Molti sono i timidi i quali sono insieme coraggiosissimi. Voglio dire che molti si perdono d'animo nella società, i quali nè fuggono nè temono ed anche volontariamente incontrano i pericoli [3489]e i danni e le fatiche e le sofferenze ec.; e non sostengono gli sguardi o le parole amichevoli o indifferenti di tali di cui sosterrebbero facilissimamente l'aspetto minaccioso e l'armi nemiche in battaglia o in duello.
    La timidità spetta per così dire ai mali dell'animo, il coraggio a quelli del corpo. L'una teme de' danni e delle pene interne, l'altro brava i danni e le sofferenze esteriori. L'una s'aggira intorno allo spirituale, l'altro al materiale.
    E tanto è lungi che la timidità escluda il coraggio, che anzi ella piuttosto lo favorisce, e da essa si può dedurre con verisimiglianza che l'uomo che n'è affetto sia coraggioso. Perocchè la timidità è abito di temer la vergogna, la quale assai facilmente e spesso incontra chi teme e fugge i pericoli.
    Onde il temer la vergogna, ch'è male, per così dire, interno e dell'animo, giacchè nulla nuoce al corpo e alle cose esteriori, ed opera sul pensiero solo, ed ai sensi non dà noia; fa che l'uomo non tema
    i danni esteriori, e non fugga e, bisognando, affronti il pericolo e eziandio la certezza di soffrirli, preponendo i mali o i pericoli esterni e materiali agl'interni e spirituali, [3490] e l'anima, per così dire, al corpo; e volendo
    innanzi soffrire ne' sensi, nella roba ec. che nello spirito, e morire piuttosto che patir la pena della vergogna. Chè in questo e non altro consiste quel coraggio che viene da sentimento di onore, e gli effetti del medesimo. Il qual
    coraggio ha origine e fondamento, anzi è esso stesso una spezie di timidità, o certo una spezie di qualità contraria alla sfrontatezza, all'impudenza, all'inverecondia.
    (21 sett. Festa della Beatissima Vergine Addolorata. 1823)
    ….........
    [3491]
    …........
    I timidi (cioè paurosi della vergogna, soggetti alla [qui c'è una parola greca che non sono riuscito a trascrivere], mauvaise honte) non solo sono capaci di non temere né fuggire il pericolo, il danno, il sacrificio, ma eziandio di cercarlo, di desiderarlo, di amarlo, di bramar la morte, di proccurarsela con le proprie mani. Le stesse qualità morali o fisiche che portano sovente alla timidezza (ciò sono fra l'altre, la riflessione, la delicatezza [3492] e profondità di spirito ec. onde Rousseau era strabocchevolmente e invincibilmente timido), portano ancora alla noia della vita, al disinganno, all'infelicità, e quindi alla disperazione. E' veramente mirabile e tristo, non men che vero, come un uomo che non solo non teme né fugge, ma desidera supremamente la morte, un uomo ch'è disperato di se stesso, che conta già la vita e le cose umane per nulla, un uomo ch'è risoluto eziandio di morire, tema ancor tuttavia l'aspetto degli uomini, si perda di coraggio nella società, si spaventi del rischio di essere ridicolo (rischio ch'egli ha sempre davanti agli occhi, e il cui pensiero e timore si è quello che lo rende timido), e non abbia il coraggio di intraprender nulla per migliorare o render meno penosa la sua condizione, e ciò per tema di peggiorar quella vita della quale egli non fa più caso alcuno, della quale ei dispera, che non può parergli possibile a divenir peggiore, odiandola già egli tanto da desiderar sommamente d'esserne liberato, o da volerne determinatamente gittarla via. E' mirabile che un uomo desideroso o [3493] risoluto di morire, un uomo che ripone il suo meglio nel non essere, che non trova per lui miglior cosa che il rinunziare a ogni cosa; stimi ancora di aver qualche cosa a perdere, e cosa tanto importante, ch'egli tema sommamente di perderla; e che questa opinione e questo timore gli renda impossibile la franchezza, e il gittarsi disperatamente nella vita ch'ei nulla stima; ch'egli ami meglio rinunziare decisamente a ogni cosa e perdere ogni cosa, che mettersi, com'ei si crede, al pericolo di perdere quella tal cosa, cioè quella riputazione e quella stima altrui che l'uomo timido teme a ogni momento di perdere, conversando nella società, e ch'egli sa però bene di non avere, o di perderla, mostrandosi timido; ma contuttociò lo rende incapace di franchezza il timore continuo di perdere, e la continua e affannosa cura di conservare, quello ch' ei comprende di non possedere, quello ch' ei ben s' avvede o di perdere necessariamente o di non mai potere acquistare se non deponendo quel continuo ed eccessivo timore, quella continua ed eccessiva cura. Tutte queste misere e strane contraddizioni [3494] e tutti questi accidenti hanno luogo (proporzionatamente più o meno ec.) nelle persone timide, e più quanto elle sono di spirito più delicato ec. delicatezza che bene spesso è la sola o la principal cagione della timidità. Ma quanto al temere ancora la vergogna desiderando la morte o essendo disposto di proccurarsela, si spiega col vedere che quel coraggio il quale non nasce da cause fisiche, nè da atto o abito naturale o acquisto d' irriflessione, ma per lo contrario nasce da riflessione accompagnata dal sentimento d'onore, e delicatezza d'animo (non da grossezza, come quell'altro) preferisce effettivamente la morte alla vergogna, e tanto è più pauroso di questa che di quella, che ad occhi aperti e deliberatamente sceglie in fatto la prima piuttosto che la seconda, e antepone il non vivere alla pena di vergognarsi vivendo. (22 set. 1823)

    Edited by orzouei - 11/4/2009, 15:18
     
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  2. orzouei
     
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    Scusate ma non riesco a formattare meglio il testo
     
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  3. maria rossi
     
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    grazie!

    Leopardi è un sommo. Uomo che ha esplorato se stesso, la vita e gli altri uomini con acume e profondità ancora strabilianti. Aggiungo questo passo ancora attuale in un mondo dove il modello dominante è quello dei vincenti (dei cinici, dei forti, dei furbi o "birbanti" come li denominava Leopardi) a cui aderisce o tenta di aderire la maggioranza delle persone (consapevolmente o meno!) e che agli introversi crea non pochi problemi...
    n.b. non penso che gli introversi siano buoni e che gli estroversi siano cattivi, anzi. però è ancora valida la considerazione che i "buoni", i sensibili, quelli che a fregare l'altro si devono proprio forzare e mettere d'impegno pagando poi in sensi di colpa elevatissimi siano vissuti come alieni, strani e un pò scemi (coglioni?) dal senso comune è ancora una amara verità, checchè se ne dica. scostarsi dalla "generalità", dalla maggioranza è ancora oggi un percorso doloroso e difficile...speriamo vengano tempi più magnanimi per tutti!


    "All’opposto i buoni e i magnanimi, come diversi dalla generalità, sono tenuti dalla medesima quasi creature d’altra specie, e conseguentemente non solo non avuti per consorti né per compagni, ma stimati non partecipi dei diritti sociali, e, come sempre si vede, perseguitati tanto più o meno gravemente, quanto la bassezza d’animo e la malvagità del tempo e del popolo nei quali si abbattono a vivere, sono più o meno insigni; perché come nei corpi degli animali la natura tende sempre a purgarsi di quegli umori e di quei principii che non si confanno con quelli onde propriamente si compongono essi corpi, così nelle aggregazioni di molti uomini la stessa natura porta che chiunque differisce grandemente dall’universale di quelli, massime se tale differenza è anche contrarietà, con ogni sforzo sia cercato distruggere o discacciare. Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina. In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è strascinato in sui patiboli, essendo gli uomini prontissimi a sofferire o dagli altri o dal cielo qualunque cosa, purché in parole ne sieno salvi."
     
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  4. orzouei
     
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    Scusa Maria ma a me pare che questi passi di Leopardi abbiano a che fare profondamente con l'introversione e ne abbia colto i tratti più essenziali e più nobili. Quindi non è che abbia esplorato l'animo magnanimo di un uomo qualunque, ma di un uomo che oggi chiamiamo introverso.
     
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  5. maria rossi
     
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    si lo penso anche io.
     
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  6. Koenig4
     
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    Anch'io penso che Giacomo Leopardi ,
    quello che per i ragazzi di scuola rappresenta l'esempio di ciò "che non bisogna essere" :D ,
    fosse una persona Introversa. :)
     
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5 replies since 11/4/2009, 13:57   388 views
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