Soteria. Come potrebbe essere un centro di accoglienza e di aiuto

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  1. maria rossi
     
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    purtroppo il sito è tutto in iglese ma spero che qualcuno vada a curiosare...

    www.moshersoteria.com

    E' dedicato alle riflessioni e alle esperienze di LOREN R MOSHER, M.D., uno psichiatra critico e anti-psichiatrico che dal 1970 al 1992 aveva partecipato e diretto il progetto Soteria, una comunità alternativa per il trattamento della schizzofrenia in California.
    In questo ruolo sviluppò e sperimentò una pratica innovativa, non farmacologica, non ospedalizzata, domestica e residenziale delle spicosi acute con la quale ha tentato tutta la vita di dimostrare come approcci più umani e semplici al disagio spichico possono essere non solo più efficaci nella cura ma costare molto meno in termini di spesa sanitaria e sociale! Nel dimostrare queste evidenze e nel vederle eluse e ignorate sistematicamente dalla comunità scientifica, istittuzioni e accademia, Mosher ingaggia una dichiarata guerra all'approccio farmacologico e rozzamente organicista della psichiatria vedendo in esso e nell'ideologia che lo sottende il vero nemico della salute mentale americana!!!

    sull'esperienza di Soteria, c'è anche un libro scritto dallo stesso MOSHER acquistabile online ma sempre in inglese.

    link ad articolo di Mosher su Soteria, tratto dal suo sito:

    www.moshersoteria.com/soteri.htm

    ed un piccolo riassunto dello stesso...

    THE JOURNAL OF NERVOUS AND MENTAL DISEASE 187:142-149, 1999

    Soteria and Other Alternatives to Acute Psychiatric Hospitalization

    A Personal and Professional Review

    LOREN R MOSHER, M.D.


    ABSTRACT: The author reviews the clinical and special social environmental data from the Soteria Project and its direct successors. Two random assignment studies of the Soteria model and its modification for long-term system clients reveal that roughly 85% to 90% of acute. and long-term clients deemed in need of acute hospitalization can be returned to the community without use of conventional hospital treatment. Soteria, designed as a drugfree treatment environment, was as successful as anti-psychotic drug treatment in reducing psychotic symptoms in 6 weeks. In its modified form, in facilities called Crossing Place and McAuliffe House where so-called long-term "frequent flyers" were treated, alternative-treated subjects were found to be as clinically improved as hospital-treated patients, at considerably lower cost. Taken as a body of scientific evidence, it is clear that alternatives to acute psychiatric hospitalization are as, or more, effective than traditional hospital care in short-term reduction of psychopathology and longer- social adjustment. Data from the original drug-free, home-like, nonprofessionally staffed Soteria Project and its Bern, Switzerland, replication indicate that persons without extensive hospitalizations (<30 days) are especially responsive to the positive therapeutic effects of the well-defined, replicable Soteria-type special social environments. Reviews of other studies of diversion of persons deemed in need of hospitalization to "alternati-ve" programs have consistently shown equivalent or better program clinical results, at lower cost, from alternatives. Despite these clinical and cost data, alternatives to psychiatric hospitalization have not been widely implemented, indicative of a remarkable gap between available evidence and clinical practice. J Nerv Ment Dis 187:142-149, 1999
     
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  2. _pardo_
     
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    Io ho una domanda da profano che mi sorge leggendo queste cose, ma secondo voi dal punto di vista della spesa e` piu` economico curare coi farmaci o usare strutture come questa?
    Inoltre obiettivamente quanto puo` essere possibile trovare del personale che sia in grado di lavorare nel modo giusto, in un posto del genere? Cioe` trattando veramente bene i pazienti senza incattivirsi ecc.
    Me lo chiedo perche` pur essendo ovvia la connivenza della medicina con le farmaceutiche, mi viene da pensare che comunque questa situazione si sia creata perche` e` un "affare" da entrambe le parti. Lo psicofarmaco alla fine e` una soluzione prevedibile nei risultati e applicabile su larga scala, che non e` poco per una "scienza" che fino a un secolo fa suscitava ilarita` ed era oggetto dei piu` fantasiosi esperimenti.
    Tanto in fondo chi ha interesse a curare veramente un malato psichiatrico? Veniamo da un sistema (i manicomi) che e` stato dichiarato definitivamente disumano ma in fondo il suo rimpiazzo vi somiglia concettualmente: si tratta di trovare un modo per far "sparire" queste persone con tutto il carico di lavoro e stress che comportano per la famiglia, questa volta senza atrocita` visto che vengono rincoglioniti coi farmaci e ciao, ma pur sempre di "sparire" si tratta.
    Se fosse veramente cosi`, e` chiaro che e` una soluzione estremamente comoda e tanta gente e` pronta ad arrampicarsi sugli specchi in tutti i modi per giustificarla scientificamente (magari anche per la paura che lasciando tutto alle "amorevoli cure" dell'uomo si finisca di nuovo per creare delle galere invece che cliniche).
    La soluzione delle case di cura senza farmaci potrebbe essere anche validissima come risultati, io non ho nessuna formazione per giudicarlo, ma ho difficolta` a immaginarne un'applicazione su larga scala: si fa fatica a trovare gia` un posto buono per un anziano (non matto) dove lo trattino bene.
    Tutto questo ragionamento poi mi fa anche riflettere su che cosa faccia la societa` per prevenire la malattia mentale, visto che curare e` cosi` difficile.... niente, non c'e` nessuna educazione di nessun tipo, che fosse di carattere medico o semplicemente umanistico come auspica il presidente nell'Abbecedario.. zero proprio.

    Edited by _pardo_ - 8/6/2010, 15:34
     
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  3. maria rossi
     
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    basterebbero tante piccole "case", non mega strutture, e puntare sulla formazione. una formazione bella, fatta bene, umanizzante,co mpleta e non alienante. che comprenda anche chi non è laurato, chi volontariamente sia disposto a intraprendere un percorso, i familiari che se la sentono di confrontarsi e aiutarsi ecc.ecc.. in termini di costi/benefici non ci arebbe partita, sarebbe un meccanismo molto più snello, semplice, facile da gestire (perchè implicherebbe condivisione partecipata di più "attori") e a costi contenuti. in più potrebbe permettere a quelle situazioi in cui lo stare a casa diventa igestibile, di separarsi dal nucleo familiare senza perdere un senso di sè, di calore e domesticità che sono molto importanti tanto più da giovani.

    quella era una casa a tutti gli effetti non tanto un centro di igiene mentale o una struttura burocratico-sanitaria.era nata proprio per questo, per provare a vedere se in un contesto semplice, modesto, non medicalmente strutturato, le persone tutte (sia i medici che i pazienti) si sarebbero potute muovere "meglio".
    togliere lo stigma, l'etichetta di internato, di matto di pericoloso per se e per gli altri già agevola e cambia i paradigmi di chi sta male e di chi vuole aiutare. siamo tutti persone e chi sta male fa affiorare meccanismi e marchingegni quantitativamente diversi ma che ci appartengono tutti, partire da questo implica un interpretare il lavoro terapeutico non come una somministrazione ma come un aiuto, una com-prensione (prendere con se) dell'umano anche nelle manifestazioni apparentemente più scollate, deliranti o irrazionali.

    in una logica puramente di mercato a breve termine, certo, è più p"rofittevole" medicalizzare tutto e tutti, contenere farmacologicamente e cronicizzare chi sta male di testa così da assicurarsi una catena di servizi e di consumo esponenziale. ma quanto questo sia più redditizio nel pecorso di umanizzazione dell'essere umano?dello stare un pò meglio tutti, di avere meno paure..e soprattutto di raccontarci un pò meno cazzate?
     
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2 replies since 8/6/2010, 08:45   234 views
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