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Miyamoto Musashi.
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Accettate e accettate
e calano le antichissime fronde,
guardiane adattate
di ere profonde
I boscaioli avanzano con mano devastante
con i crini colmi di sudore,
nello spiazo che è tinteggiato rosso vacillante
dove anche le ombre hanno tanto fervore.
Gli spaccalegna non hanno tregua
ma un uomo alto e barbuto
si allontana dalla pira,
verso l'ignoto.
La tundra è austera e bianca,
la fuliggine la inzozza
la notte è ormai stanca,
ma lei volta sfolgorante il tempo mozza.
Il passo arrancato lo porta lontano...
lontano... decelera il tempo, rallenta il vento
alle vicinanze di un impetuosa massa di spoglio ippocastano
qui cade l'ascia e l'uomo si tira verso l'alto.
Cade la neve
In cima il grande disegno limpido
non ha espressione umana conosciuta neppure la più lieve,
al di sopra non vi è più nulla, salvo lo sguardo caldo
di luci dal castello vivo, dal focolaio, dal cielo, dal riflesso della neve.
In lontananza il mare, custode della quiete
mi soffia incontro portandomi via i pensieri.
Dalle recondite mete,
odori disseminano travisando come insetti coleotteri,
che lo riportano a una dimensione temporale quindi
lì di nuovo il mare insegna all'uomo quanto evanescenti siano le sue convinzioni.
Come mio padre anche suo madre
insudiciò queste terre,
visse senza memoria docile,
assuefatta dall'agonia interna e dal fragile
sentimento che ad ogni rituale, come rintocco
assillava i timpani con un rindondante schiocco.
Da quel gesto che nel corpo aveva memoria,
tornava alla sua coscienza l'antico rammarico,
per non aver raggiunto la grande magia,
che l' aveva costretta tutta la vita con il fiato monco.
In attesa... in attesa della sorpresa grande,
la cosa più vitale: la Leggenda e il Mito,
che perseguono tutte le anime
ed appena riescono ad assaporarne il gusto.
Spinti dalla speranza immortale.
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