Depressione post partum

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  1. imperia69
     
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    Vi segnalo questa notizia che era riportata in una newsletter (farmacista 33) che ricevo quotidianamente al lavoro:

    Progetto Rebecca per battere la depressione post-partum

    Con l'attivazione di uno screening, attraverso un questionario da distribuire alle partorienti, la presentazione di un documento sulla depressione perinatale e la creazione di un portale web informativo, prende il via il "Progetto Rebecca", per la prevenzione della depressione perinatale. Il progetto nasce dalla collaborazione di Strade Onlus con i ginecologi della Sigo, (Società italiana di ginecologia), i pediatri della Sip (Società italiana di pediatria) e i medici di famiglia della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) e dal fatto che ogni anno circa 70.000 donne, pari al 13.5% della popolazione partorienti italiane. Il quadro clinico si presenta con una forte componente ansiosa, che può iniziare anche alcuni mesi dopo il parto e può rappresentare il momento iniziale di una patologia depressiva a rischio di cronicizzazione. «La valutazione della depressione» spiega Antonio Picano, psichiatra e presidente di Strade Onlus «diventa una procedura standardizzata di autovalutazione, in cui la donna è protagonista. L'intervento dello psichiatra è limitato ai casi realmente necessari, e l'alleanza tra mamme e medici rende l'effettuazione dello screening un processo gradevole, non stigmatizzante, efficace e ripetibile».

     
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    Grazie, ieri leggevo su internet di alcune mamme famose che ne hanno sofferto, Brooke Shields,
    Gwyneth Paltrow ecc ecc. Il problema secondo me è sempre collegato al fatto che viviamo in una società che ci porta ad avere un'idea distorta della realtà. In cui la nascita di un bambino viene vista come la cosa più bella del mondo, in cui la donna trova la sua massima realizzazione. Mentre la realtà non è proprio così. Come tutte le cose della vita non esiste il tutto bello o il tutto brutto, la nascita di un figlio stravolge tutta la vita, e secondo me, per una persona non più giovanissima, ormai strutturata da tempo è ancora più dura. Unita a questo c'è l'idea che essendo una cosa bellissima, si debba fare tutto da sola, noi donne secondo me abbiamo una tensione verso un massimo perfezionismo, quindi dobbiamo fare tutto e sempre bene, senza chiedere niente a nessuno. E quindi ci auto crocifiggiamo ad una croce che nessuno, a volte ci ha mai chiesto di portare. Più che studiare o spendere soldi in ricerche che portano alla scoperta dello scontato, si dovrebbe investire il tempo e i soldi nell'aiutare le donne che sono sole, e comunque effettuare campagne di conoscenza e approfondimento del tema. Per far capire alle donne, ma anche ai loro compagni, che la nascita di un bimbo non porta alla formazione della famiglia felice, ma aggiunge una valanga di problemi, stress, ansie e stanchezze che nessuno riesce ad immaginare a priori. Quindi serve la massima attenzione verso la mamma e il bambino. Ma io direi più verso la mamma, perché una madre serena è quanto di più importante per il bambino, perchè sicuramente ne influenza la crescita. Io sento di continuo dire: “ce l’hanno fatta tutte le altre ce la farò pure io!!”
    E’ una frase fatta di cui non capisco assolutamente il significato, le altre chi? Ma che ne sappiamo noi di come si organizzano le altre famiglie. Io ho visto che il ruolo dei nonni è una parte importante, per non dire quello delle baby sitter. In questa situazione la visione sacrificale di noi stessi la vedo anche come un puro atto di egoismo, ok io ce la posso fare da sola, ma a che prezzo?
    Chi ne paga le conseguenze? Perché a causa dei miei problemi, della mia necessità ad essere perfetta agli occhi degli altri, devo far soffrire un’altra persona,. Questo secondo me non è molto chiaro. Da quando mettiamo la mondo un altro essere, le nostre decisioni influenzano anche lui e secondo me dobbiamo saper discernere le decisioni che possono in qualche modo influenzare anche lui. Se un bambino potesse parlare ed esprimersi, non penso che chiederebbe di avere vicino una madre stressata, ma penso che vorrebbe avere una madre serena e capace di donargli amore. Se mi guardo intorno invece che cosa vedo, solo giudizio, l’aspettativa di avere donne e madri che sacrifichino la propria vita in totale felicità. Utopia allo stato puro, perché quello che vedo è solo un gruppo di donne nevrotizzate che urlano in continuazione ai proprio figli, che non riescono più ad avere un rapporto sereno con il proprio marito. Ovviamente questi pensieri sono frutto della mia esperienza, ancora molto fresca, ci sono dentro con tutte le scarpe. E in certi momenti è proprio dura, specie quando non si dorme bene per molte notti di seguito a causa di malattie varie. A me non piace la strada che sta percorrendo la nostra società, stiamo andando verso una forma di individualismo che mortifica le fasce più deboli della popolazione: anziani, donne, bambini, malati, che si trovano soli davanti alle loro debolezze. Lo stato non può sobbarcarsi tutto il carico di lavoro, ma dovrebbe essere una diversa organizzazione sociale a promuovere una certa solidarietà quotidiana, che renda il rapporto umano più vivibile. Oggi essere deboli è sempre più complicato, e da qui secondo, me che si innesca la necessità di auto-assicurarci di non aver bisogno di niente e di nessuno. Di fronte a questa debolezza sociale l’uomo, forse risponde barricandosi ancora di più. Se non usciamo da questa spirale, chiunque di noi nei momenti di necessità e debolezza diventa sempre più fragile. Incapace di chiedere aiuto e di mostrare la sua umana fragilità.
     
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  3. tandream
     
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    Non bisogna considerare il nascituro un pezzo appartente a sé. E' da questo che nasce la depressione post-parto. Non considerate il bambino un vostro possesso ma una creatura appartenente al mondo.

    Questo è il mio punto di vista.
     
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    Forse così è un po' troppo semplicistico, nel senso che è vero che non appartiene a te, ma comunque lo devi allattare, cambiare, curare, e starci insieme non è che lo puoi lasciare da solo. E non ultimo lo devi partorire.
    Quindi è facile trovarsi invischiati.
     
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  5. tandream
     
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    Sì è semplicistico. Credo che il problema fondamentale di oggi è che la donna che partorisce è abbandonata a se stessa. Nei tempi addietro la donna veniva aiutata da tante altre donne e amiche, non rimaneva sola, il parto era davvero una gioia e una festa per l'intera comunità. Oggi è diventato un "dovere" che arriva ad essere addirittura frustrante e molto sofferente quando non ci sono certi requisiti fondamentali o quando ci sono altre difficoltà nella famiglia, che diciamolo, è sempre più sola, ma non abbandonata dallo stato, ma, fisicamente e moralmente da coloro che prima erano "amici e parenti", neanche l'eventuale padre può più essere presente come poteva farlo forse un tempo.

    "Partorirai con dolore."
     
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    Ma dietro la depressione post partum, non c'è la depressione, puo essere un momento felice ma anche tragico dove sai che la tua vita cambierà radicalmente per sempre. E' quello che spaventa ma nella stragrande maggioranza dei casi è solo paura per diventare madri e genitori e di avere la responsabilita per una nuova vita. Il padre deve essser presente nella vita del nascituro e nella vita della compagna perche la strada si fa in due, lui deve aiutare nei primi momenti dove non si dorme la notte etc. lasciare che sia solo la donna a fare tutto è sbagliato, le famiglie possono aiutare ma sono i genitori in primis a dover imparare a diventare genitori.
    Inoltre c'è spesso il problema che a lavoro dopo l'assenza per maternità spesso si trovano problemi a rientrare, e a volte ci son casi dove con una scusa o l'altra non ti fanno rientrare.
     
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5 replies since 17/12/2010, 10:01   109 views
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