Tre tragedie

Persiani-Eschilo, Trachinie-Sofocle, Eracle-Euripide

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  1. davideTHEred
     
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    "I Persiani" di Eschilo

    Nei Persiani di Eschilo si narrano in forma di tragedia le imprese dei Persiani e dei Greci che si combatterono per una seconda volta nella prima metà del V secolo. L'impresa fu visuta come un vero e proprio scontro di civiltà: i Persiani, schiavi del Re, sudditi di un impero contro i Greci, liberi, che difendevano sé stessi e le loro pòleis, Oriente vs Occidente. Secondo alcuni storici è proprio in questa fase che i frammentati Greci sviluppano, per contrasto, un'identità comune.

    Serse prepara la guerra, fa costruire un ponte di navi sull'Ellesponto, il mare lo spazza via e lui frusta il mare. E' proprio questa, tra le altre, una delle azioni che gli vale l'accusa di hybris, tracotanza: quando un uomo travalica i limiti imposti dagli dei, grave peccato per i Greci. E Serse perde, per questa colpa, per aver voluto superare i suoi limiti, questo almeno crede il grande poeta Eschilo quando compone per la scena la sua tragedia. L'evento fu l'unico ad unire tutti i greci e, secondo gli studiosi, è proprio per questo che è l'unico avvenimento storico che occupa un'intera tragedia tra quelle rimaste a noi. Gli altri rielaborano il mito, questa tratta di un avvenimento storico.

    E la scena è a Susa, in Persia, in un paese in trepidazione: l'attenzione è sempre rivolta alla Grecia, come una calamita che attrae tutte le menti persiane. La regina attende con angoscia, viene annunciata la disfatta e la disperazione coglie tutti, compare addirittura il fantasma di Dario, padre di Serse, il re che aveva compiuto la prima guerra persiana (i Persiani avevano perso anche la prima), poi compare Serse vestito di stracci, disperato e il tutto viene chiuso da un lungissimo lamento del coro di Persiani che si dispera incitato da Serse. Delitto di un uomo contro gli Dei, castigo di un popolo intero, questo sarebbe, secondo gli studiosi, il messaggio che voleva lanciare Eschilo. La smodata presunzione umana è un male da evitare, l'infinita debolezza umana viene punita dagli dèi.

    Eschilo replicò fuori Atene l'opera.

    All'interno delle selezioni delle tragedie operate ai fini dell'insegnamento dal II secolo dopo Cristo furono selezionate ulteriormente delle triadi che ebbero maggior successo, "I Persiani" fanno parte della triade di Eschilo.

    Una struttura provvisoria era usata sull'orchestra (il palco del teatri greci) per rappresentare il tumulo di Dario.

    Esempio del valore della tragedia per diffondere il consenso intorno ai valori civici è la riflessione dello spettro di Dario nel terzo episodio:

    (...)
    Laggiù li attende il culmine dei mali,
    la punizione della Dismisura
    e dei pensieri ignari degli dèi:
    marciando sulla Grecia, non temettero
    di spogliare le immagini divine,
    di ardere i templi e togliere dagli occhi
    gli altari e le dimore degli dèi,
    sconvolgendole dalle fondamenta.
    Soffriranno del male che hanno fatto
    non meno e tra poco non molto: l'edificio
    dei loro mali non è giunto al termine,
    anzi viene crescendo, ed abbondante
    libagione di sangue verseranno
    sotto le lance doriche a Platea.
    Mucchi di morti indicheranno muti
    agli occhi dei mortali, anche alla terza
    generazione che semineranno,
    che chi muore non deve andare oltre
    col suo pensiero a tutto ciò che muore.
    La colpa cresce ed ha per frutto spiga
    di pena e il suo raccolto è tutto lagrime.
    Guardando ricompense come queste
    ricordatevi di Atene e della Grecia,
    perché sprezzando il bene che possiede
    nessuno, desiderando quello d'altri,
    non rovesci la sua prosperità.
    Zeus sta come forte potatore
    della troppa arroganza, duro giudice.
    (...)

    Alla rappresentazione de "I Persiani" Pericle (il celeberrimo statista dell'Atene classica, V secolo a.C.) fu corego (ossia membro del coro tragico) di Eschilo.

    Per quanto riguarda la distribuzione dei ruoli, degli attori, che all'epoca di Eschilo potevano essere massimo due e dovevano essere solo maschi (Sofocle inserì il terzo attore), il primo sembra che interpretasse Atossa, la regina, madre di Serse, il secondo il messaggero e il fantasma di Dario, non è chiaro chi impersonasse Serse.

    Il testo delle tragedie greche non era destinato primariamente alla lettura ma alla messa in scena, perciò è privo di indicazioni (didascalie) su entrate, uscite, gesti, stati emozionali, movimenti ecc... come invece è nei testi moderni e contemporanei, un esempio lampante di questo è rinvenuto dagli studiosi nel carro della regina Atossa: che il primo ingresso in scena della regina avvenga su di un carro viene specificato verbalmente solo nel secondo episodio, quando la regina entra di nuovo e dice di aver rinunciato al cocchio e al lusso, date le notizie ricevute. L'ingresso sul carro non era stato enfatizzato verbalmente perché doveva apparire naturale agli occhi degli spettatori ateniesi che una regina orientale stesse su un carro. Il secondo ingresso a piedi, marcato verbalmente, sottolinea il passaggio dalla fortuna alla disgrazia, proprio in quanto evento simbolico viene evidenziato dalle parole.

    Nel caso de "I Persiani" il coro è espressione della comunità che abita nel luogo in cui è ambientata la tragedia, nel caso specifico di notabili che rappresentano l'entourage che detiene il potere.

    Il tema della paura costituisce il leit-motiv degli interventi del coro.

    Un altra funzione del coro è quella di integrare nella vicenda elementi del passato utili ad illuminare gli avvenimenti presenti. Emblematica nel terzo stasimo l'esaltazione del regno di Dario e la contrapposizione alla scellerata condotta di Serse:

    (..)
    O grande e bella vita cittadina
    che si viveva quando ci regnava
    l'onnipotente, il senza mali e guerre,
    il pari al divino, Dario
    (...)

    L'assenza del prologo (la maggior parte delle tragedie iniziavano con un prologo, cui seguiva la parodo ossia l'ingresso del coro, cui seguiva il primo episodio con gli attori, poi il primo stasimo con il canto del coro e così via fino all'esodo) costituisce un'eccezione alla regola della "Poetica" di Aristotele nella quale di dice che il prologo è tutta quella parte che precede la parodo, quindi, se nelle altre tragedie (escluse le "Supplici" di Eschilo e il "Reso" pseudoeuripideo) il coro entra dopo il prologo, in questa l'azione inizia con l'ingresso del coro (anche se manca il prologo, nella parodo vengono assorbite le funzioni del proglogo, vengono fornite scarne indicazioni sull'antefatto e sulla vicenda). Come in altre tragedie in questa l'ingresso del coro è scandito dagli anapesti di marcia, forse in recitativo e con l'accompagnamento dell'aulòs, suonato dall'auleta che precedeva il coro durante la marcia.

    Svolgendosi le vicende, che rapiscono l'attenzione dei presenti in scena, in Grecia, fondamentale è la narrazione dell' anghelos (messaggero), che narra gli eventi occupando quasi tutto il primo episodio in un amebeo lirico-epirrematico (ossia uno scambio di battute tra il coro che canta e l'attore che recita) tra lui e il coro e poi la regina, queste interruzioni del coro e della regina servono a spezzare la rhèsis dell'anghelos che, altrimenti, risulterebbe noiosa.
    Nella rhèsis del messaggero poi è inserito il discorso diretto per smuovere i sentimenti patriottici negli spettatori rievocando la battaglia di Salamina.

    Costituendo l'informazione il nucleo più importante della tragedia, la rhèsis anghelikè (discorso del messaggero) è collocata nella parte centrale.

    Per enfatizzare l'ansia del fantasma di Dario nel voler sapere da Atossa il destino di Serse, Eschilo sovrappone due battute nella sticomitia (rapido scambio di battute tra due attori) tra Atossa e Dario nel terzo episodio. La sticomitia è un blocco messo nel testo senza sezioni modulanti soprattutto nelle prime tragedie di Eschilo, questa compresa (nell'Orestea appare più fuso col testo ma un "progresso" nell'integrazione delle sticomitie nel testo avviene con gli altri due grandi tragici).

    Il kommòs è spesso citato come sinonimo di amebeo lirico (scambio di battute cantate), la parola kommòs deriva dal verbo kòptomai (=percuotersi il petto e il capo in segno di lutto), l'esempio più antico nella tragedia è quello tra Serse e il coro nell'esodo dei persiani:

    (...)
    SERSE

    Urlate rispondete al lamento-

    CORO

    Ahi ahi ahi-

    SERSE

    In pianto muovete al Palazzo-

    CORO

    Ahi ahi-

    SERSE

    Il lamento attraverso le vie.

    CORO

    Sì in lamento in lamento

    SERSE

    Gemendo con passo disfatto

    CORO

    O terra persiana dai passi dolenti-

    SERSE

    O morti tra i triplici remi-

    CORO

    O lugubre scorta di pianto-

    distinti tragici saluti :D
    Davide Proietti

    BIBLIOGRAFIA:

    Cinzia Bearzot, Manuale di storia greca, Il mulino editore.

    I tragici greci, Eschilo - Sofocle, Euripide - Newton Compton Editore
    traduzione e prefazione de "I persiani" di Eschilo di Enzo Mandruzzato

    Persiani; Sette contro Tebe; Supplici, Eschilo, introduzione, traduzione e note di Franco Ferrari, Fabbri editore

    La tragedia greca - Forma, gioco scenico, tecniche drammatiche di Massimo Di Marco, Carocci editore

    Poetica, Aristotele, traduzione e introduzione di Guido Paduano, Editori Laterza

    Edited by davideTHEred - 6/2/2011, 16:52
     
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  2. davideTHEred
     
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    Trachinìe di Sofocle


    Deianira è la sposa di Eracle, donna delicata e mite. Attende il suo amato che sta compiendo le sue imprese. Un oracolo diceva che dopo 15 mesi dalla sua partenza Eracle sarebbe tornato a casa e avrebbe finito le sue fatiche. Alla reggia di Deianira Eracle fa inviare delle donne rese schiave nell'ultima città conquistata, tra queste c'è Iole, di cui l'eroe si è innamorato follemente. Deianira decide di usare un espediente per riconquistare Eracle: un centauro le aveva dato del sangue da usare come filtro d'amore su una veste da dare al suo innamorato e così Deianira fa, e manda il figlio a dare la veste imbevuta del filtro ad Eracle. In realtà il centauro le aveva mentito e il filtro si rivela un filtro di morte, cosìcché l'oracolo si avvera, l'eroe torna a casa e cessa le sue fatiche ma non come Deianira e Illo speravano. Deianira si suicida e l'eroe muore.

    Nella tragedia non si fanno mai vedere sulla scena le azioni cruente nel loro compiersi (matricidi, infanticidi, fratricidi, omnicidi, faunicidi, erbicidi) anche se si possono far vedere eventi luttuosi, come la morte di Eracle nelle Trachinìe.

    All'inizio della tragedia si manifesta di nuovo il legame tra questa forma d'arte e la diffusione del consenso intorno ai valori civici, si ribadisce l'idea che la vita di una persona non può essere giudicata prima della sua morte (idea che aveva espresso anche Erodoto).

    Lo stesso attore interpretava Deianira ed Eracle, personaggi opposti non solo per sesso ma anche per carattere.

    Iole è un personaggio muto, gioca un ruolo importante ma non pronuncia una sola battuta.

    Nella prima parte del dramma domina l'attesa verso lo spazio extrascenico. Il dramma si muove nella dialettica tra spazio domestico e infinità degli spazi percorsi da Eracle.
    Deianira è fortemente spaventata dal mondo dell'eroe ma lui trova la sua morte proprio nella casa e dalla moglie. Viene ucciso indirettamente dallo stesso centauro che aveva fatto delle avances a Deianira e che era stato ucciso da Eracle per questo, anche se morto riesce comunque a trascinare Deianira nel suo mondo.
    Eracle viene sconfitto proprio dal mondo che aveva creduto di debellare, troppo iroso, smodato e infedele per appartenere al mondo della mite Deianira.

    E' un esempio di tragedia in cui il coro rappresenta delle figure femminili legate da un vincolo di affetto alla protagonista (le Trachinìe, ossia donne del posto dove dominano lei e l'eroe).
    Una delle funzioni del coro, quella di consigliare il/la protagonista, è rappresentata in questo dramma: il consiglio del coro è fondamentale , dopo averle sentite Deianira decide di madare la veste imbevuta del filtro al'eroe.

    C'è un'iporchema quando si annuncia che Eracle è sulla strada del ritorno. L'iporchema (dal verbo archeomai=danzare) è quel tipo di canto/danza del coro che si ritrova nelle tragedie sofoclee, avviene quando si pensa che la catastrofe sia scongiurata, il coro esulta danzando e cantando ma poco dopo la catastrofe giunge inesorabile. Instaura un singolare mecanismo di ironia tragica. Eracle è sì sulla strada del ritorno, ma sta morendo.

    Il coro rievoca lonatane vicende mitiche legate al tema trattato.

    Nel prologo l'esposizione ha tanta parte (per questo gli studiosi sospettano un influsso euripideo, Euripide è famoso per i suoi prologhi ipertrofici). Deianira traccia un bilancio della sua vita.
    C'è uno strettissimo legame tra prologo e parodo, nel canto della parodo trovano eco le angosce dell'eroina.

    La rhèsis (lunga parte recitata dell'attore, una specie di monologo) dell'eroina nel prologo è un'ecezione: tutte le altre tragedie sofoclee (esclusa l'Eletra) presentano una rhèsis dialogica.

    Il carattere della protagonista si delinea nella sua reazione ad una situazione di grande crisi.

    Una delle tragedie in cui c'è apertura nella parodo al dialogo tra coro e attore. A fine parodo il coro si rivolge a Deianira per consolarla. Nel primo episodio l'eroina risponde conseguentemente al coro.

    Nella rhèsis anghelikè (il "monologo" del messaggero) è inserito il discorso diretto riferendo le parole di Deianira nell'addio al talamo.

    Come in altre tragedie sofoclee dopo la parodo, in una rhèsis, il protagonista espone le sue paure e altre rhèsis riflessive seguono lo svolgersi dell'azione fino alla catastrofe (katastrophè).

    Il fatto che Eracle entri in scena con una monodia ("monologo" cantato) serve a creare un rapporto di sympatheia (simpatia) tra gli spettatori e l'eroe.

    L'eroe intona anche un Todeslied (canto di morte) nella consapevolezza che la sua vita sta per finire
    (vv.983-1043)

    Nella tragedia l'esodo (parte finale del dramma) è di tipo dimostrativo: la catastrofe è già avvenuta e l'esodo serve al poeta a sintetizzare e a rendere più esplicito il significato della tragedia.
    L'esodo serve, attraverso l'agonia di Eracle, a rendere manifeste le conseguenze della scelta di Deianira, attraverso le parole dell'eroe a riprovare l'ineluttabilità del fato e l'imponderabilità delle scelte degli dei.

    Sempre distinti e ubicidi saluti
    Davide Proietti

    BIBLIOGRAFIA

    I tragici greci, Eschilo - Sofocle, Euripide - Newton Compton Editore
    traduzione e prefazione de "Le Trachinie"" di Sofocle di Filippo Maria Pontani

    Aiace, Elettra, Trachinie, Filottete - Sofocle. Garzanti ed. - traduz e cura di Enzo Savino

    La tragedia greca - Forma, gioco scenico, tecniche drammatiche di Massimo Di Marco, Carocci editore

    Poetica, Aristotele, traduzione e introduzione di Guido Paduano, Editori Laterza
     
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  3. davideTHEred
     
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    Eracle di Euripide

    Eracle è impegnato nell'ultima fatica. Magara, la sposa, i figli e il padre "adottivo" Anfitrione (infatti Eracle è stato concepito da Zeus e dalla madre di Eracle, moglie di Anfitrione, anche se lui l'ha cresciuto come un figlio) aspettano a Tebe, dove l'usurpatore del trono minaccia di ucciderli. Ma Eracle torna in tempo (dopo aver completato l'ultima fatica ed aver liberato Teseo dall'Ade) e uccide Lico l'usurpatore ma, proprio quando la situazione sembra risolta, compaiono Iride e Lissa (mandate da Era) sopra il palazzo e fanno impazzire Eracle che uccide la moglie e i figli e si addormenta. Al risveglio vede la strage, il padre lo assiste, l'eroe si dispera, arriva Teseo (uno dei famosi dei ex machina, in questo caso un deus laico, di Euripide) che "salva" l'eroe, lo riporta ad accettare gli effetti del fato, e lo porta con sé ad Atene.

    Dato che il volto dell'attore era coperto da una maschera, bisognava trovare degli espedienti per far capire al pubblico che il personaggio stava piangendo. Ad esempio Anfitrione si copriva gli occhi.

    Il tema della supplica (uno dei motivi ricorrenti della tragedia) domina la prima parte del dramma. Il pattern ricorrente consiste nella persona/gruppo che chiede aiuto ad un eroe perché minacciata da una controparte ostile.

    La vicenda dell'eroe che subisce una catastrofe immeritata è conforme ai canoni della Schick-Saltragoedie (tragedia del destino).

    Il coro rappresenta vecchi compagni d'arme dell'eroe, tipico di Euripide è porre tra coro e protagonista un vincolo di philìa che li leghi.

    Una delle tragedie in cui il coro si contrappone ad un personaggio malvagio (l'usurpatore Lico).

    Il prologo dell'Eracle è ipertrofico come in generale gli altri prologhi delle tragedie euripidee. L'ipertrofia qui è nella presentazione che Anfitrione fa di se stesso, mossa in questo caso dall'esigenza di giustificare versioni rare o evoluzioni inattese del mito (in primis la trasposizione della follia dopo le fatiche).

    L'agone è la parte del dramma euripideo intriso di retorica. E' ad esempio il caso della disputa tra Anfitrione e Lico sul valore dell'arco o della lancia parlando di Eracle (che viene sminuito da Lico che dice che sono buoni tutti a combattere con l'arco come fa Eracle ma che il vero coraggio lo dimostra chi combatte con la lancia).

    Dove i personaggi agiscono isolatamente e tra di essi c'è solo scontro la dimensione della rhesis (specie di monologo) è prevalente. La sticomitia invece (dialogo serrato), è utilizzata da Euripide per sottolineare l'azione comune o la condivisione di uno stato di sofferenza, emblematica da questo punto di vista la sticomitia tra Teseo ed Eracle, quest'ultimo salvato infatti dal celebre re Teseo, che gli offre la sua amicizia proprio nel momento più terribile per Eracle. Emblema dell'amicizia e della solidarietà umana contro l'ostilità degli dei.

    L'esodo è di tipo dimostrativo (gli studiosi dividono l'esodo delle tragedie in due tipi: dimostrativo e d'azione) ma non privo d'azione. E' lungamente preparato dalla rhèsis dell'exanghelos. Eracle si vorrebbe suicidare ma viene dissuaso da Teseo.

    urbietorbi saluti
    Davide Proiet.

    BIBLIOGRAFIA

    I tragici greci, Eschilo - Sofocle, Euripide - Newton Compton Editore
    traduzione e prefazione dell' "Eracle"" di Euripide di Filippo Maria Pontani

    Eracle - Euripide, introduzione e traduzione di Umberto Albini. Garzanti ed.

    La tragedia greca - Forma, gioco scenico, tecniche drammatiche di Massimo Di Marco, Carocci editore

    Poetica, Aristotele, traduzione e introduzione di Guido Paduano, Editori Laterza
     
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  4. marcellodifiore
     
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    Ciao Davide. Io vado in un teatro dove vendono il testo della commedia. Ho comprato talvolta anche il testo integrale. Al solito, avrei dovuto comprarli tutti... :)
     
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  5. davideTHEred
     
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    www.youtube.com/watch?v=PQehGxkH8nQ&feature=related

    VIDEO DEL FINALE DI MEDEA RAPPRESENTATA NEL 2009 AL TEATRO GRECO DI SIRACUSA
     
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4 replies since 6/2/2011, 14:41   896 views
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