Ilaria Capua. Altruismo e apertura mentale!

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  1. maria rossi
     
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    Ecco un esempio virtuoso, nella sua semplicità piccolo ma, allo stesso tempo, grande di una persona che riesce ad essere rivoluzionaria e disubbidiente rispettando semplicemente i propri convincimenti e la propria vocazione.

    Ilaria Capua, 41 anni, ricercatrice al laboratorio di virologia dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), nonché responsabile del Centro di referenza nazionale per l'influenza aviaria nel 2007 ha vinto un premio internazionale molto importante . Ma mentre sappiamo di che colore sono le mutande di Raul Bova o se la Chiatti si è lasciata col suo ultimo fidanzato (perchè anche se non vi interessa in televisione e sui giornali spesso e volentieri vi intrattengono solo su questo!) nessuno ha raccontato la storia della Capua. È lo spettacolo, baby!

    Ilaria Capua è sposata con uno scozzese, e ha una figlia di tre anni. Non sono una super-donna, e mi arrabatto come posso per mettere insieme lavoro e famiglia. In questo mi aiuta molto mio marito. In quanto al successo, una delle cose più belle, forse quella che mi è rimasta più impressa, è quando mia figlia ha detto: "Guarda, c'è mamma sul giornale". In realtà, il mondo è pieno di donne impegnate, che si danno da fare, anche in mestieri assai meno gratificanti".

    Allora, cosa ha combinato Ilaria Capua, per finire in un’ accolita così prestigiosa? Il suo è un premio all’altruismo e all’apertura intellettuale. Tutti sanno, infatti, che nella società degli scienziati la professione è spesso penalizzata da pratiche di segretezza; è un ambiente in cui la competizione e il sistema premiale sono istituzionalizzati. A fronte di ciò, Ilaria Capua se ne è uscita con una proposta destinata ad avere un effetto dirompente; condividere, tramite uno stesso network, tutte le notizie, le conoscenze e le sequenze genetiche del virus dell'aviaria. Apriti cielo! L'appello, inoltrato ad una cinquantina di istituti tramite e-mail, viene ripreso dalla prestigiosa rivista Nature. In una sola settimana un migliaio di ricercatori cercano di contattare il laboratorio della studiosa, e adesso, se uno digita "Ilaria Capua" su Google nota che ci sono più di 20 mila risultati.

    A voi un suo articolo in cui racconta in prima persona la storia.


    Ilaria Capua: La scienza open source
    "Di fronte a un rischio per la saluta pubblica, è eticamente accettabile non condividere i dati e le informazioni?"


    16 March 2009 di Roberto Porchera

    Allora. Parliamone. Ho vinto nel 2007 il premio SciAm50 per la leadership in science policy e nel 2008 sono stata inclusa fra le cinque "Revolutionary Minds" dell'anno dalla rivista americana Seed. Parliamone, per cercare di comprendere i meccanismi dietro questo riconoscimento formale a livello internazionale e in che cosa ciò si può tradurre. Nel 2006, in piena emergenza mediatica da H5N1, cioè l'aviaria, il laboratorio che dirigo è il primo a caratterizzare il primo H5N1 africano.
    Come laboratorio che si occupa di sanità pubblica veterinaria, ci rendiamo conto che l'introduzione di questo virus nel continente africano si tradurrà in grave malattia e morte per alcune persone, milioni di animali morti e riduzione della principale fonte di proteine nobili alle popolazioni più in difficoltà. Lo sapevate che il pollo è l'unica carne che non ha barriere religiose e viene consumata in tutto il mondo? È la prima volta che un virus influenzale con le caratteristiche dell'H5N1 raggiunge l'Africa e la comunità scientifica non può perdere tempo. Ricevo una telefonata da un funzionario dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità, che mi invita a depositare in un database ad accesso limitato (solo 15 laboratori) il codice genetico (l'impronta digitale) del virus; in cambio avrei avuto accesso tramite password al suddetto database. Mi trovo di fronte a un bivio: entrare a far parte degli auto-eletti depositari della scienza, oppure mettere a disposizione della comunità scientifica i nostri dati.
    Così abbiamo fatto e la sequenza è stata scaricata mille volte da GenBank in una settimana, scatenando un dibattito internazionale sull'accessibilità ai dati scientifi ci in tempo reale che sconfi na nell'etica della ricerca. Dove si traccia la linea fra quelli che possono essere considerati dati di un ricercatore o di un gruppo e quelli invece della comunità scientifica intera? Nell'era della comunicazione globale, a fronte di un rischio (reale o percepito) per la salute pubblica, è eticamente accettabile tenersi delle informazioni che possono aiutarci a comprendere meglio l'evolversi di un'epidemia? Non me la sono sentita e ho rotto gli schemi. Sono fi nita in un uragano di consensi ed è arrivata anche qualche dolorosa critica. Le testate internazionali come il Wall Street Journal, il New York Times, il Washington Post e ovviamente Nature e Science hanno cercato di scuotere la comunità scientifica, sorpresi e increduli che potessero anche solo esistere problematiche di questo tipo. Quello che mi ha insegnato l'esperienza è che, se hai cose da dire e il tuo lavoro è solido, bisogna avere il coraggio di andare controcorrente e di sfidare le consuetudini. Certo, è rischioso, si ha paura di fare una figuraccia, di rimanere isolati, ma è solo attraverso un confronto alla pari che possiamo fare il salto di qualità. Ed è giusto che chi lo può fare lo faccia e assuma ruoli rilevanti nella comunità scientifica internazionale. Tutto ciò mi porta a un'ultima riflessione: «Ma tanto qui non cambia niente».
    Ecco. Questo non è vero. Se io, veterinario che lavora presso una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale sono stata in grado di accendere un dibattito internazionale che ha toccato l'Assemblea mondiale della sanità, ha fatto criticare aspramente un sistema poco trasparente (che di fatto rallentava la ricerca) a favore di una raccolta dati e di analisi degli stessi aperta e soprattutto inter-disciplinare, sono sicura che in altre discipline ci sono colleghi preparatissimi, con idee innovative, che possono rompere gli argini e far prendere alla ricerca una direzione che ci porti a essere partner e leader della scienza che conta.

    Fonte: http://mag.wired.it/rivista/storie/ilaria-...ce.html#content
     
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