Ospedali psichiatrici giudiziari

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  1. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    ho sentito ora al telegiornale, un po' vagamente in verità, che vogliono chiudere 6 ospedali psichiatrici giudiziari su cui c'era stata un'inchiesta e avevano visto che i pazienti vivevano nel lerciume, erano legati, maltrattati... insomma erano in condizioni disumane.

    non ho ben capito quando verranno chiusi e che destino avranno queste persone.

    voi ne sapete qualcosa? che ne pensate?

    avete letto foucault? sorvegliare e punire, nascita della clinica? che ne pensate?

    io spesso penso alla situazione delle persone in carcere o in ospedale giudiziario, però non riesco mai a inventarmi soluzioni pratiche che potrebbero migliorare la situazione, perchè da una parte mi sembra sbagliato il principio su cui si basano queste istituzioni, dall'altra appunto non mi viene in mente niente di preciso in alternativa.
    voi ci pensate mai? secondo me un sacco di persone in carcere sono introverse. una volta avevo sentito la storia di uno che si era dedicato a vari tipi di criminalità ladresca e rissesca, un giorno era capitato che questo aveva incontrato un altro tizio, una specie di piccolo boss locale, che gestiva un piccolo racket di prostituzione, lui si era arrabbiato e gli aveva detto che quello che faceva non gli piaceva, era scattata la rissa e il microboss viene ucciso.
    a me però aveva colpito il discorso di quest'uomo che aveva appunto ucciso il boss per un motivo che secondo le sue stesse parole era un atto di giustizia.
    io lì ho pensato che fosse introverso, sommato anche a quello che aveva raccontato della sua infanzia e di sè che ora purtroppo non ricordo.
    mi sono detta "ecco il grande senso di giustizia degli introversi che per i casi della vita diventa deviante".

    mi è venuta una grande tristezza e mi sono messa a pensare a tutte queste cose.

    cosa potremmo fare?

     
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  2. star***
     
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    Ciao a proposito di questo volevo mettere questa recensione che ho trovato su internet del libro:
    SCENE DA UN MANICOMIO - Storia e storie del Santa Maria della Pietà
    di Bruno Tagliacozzi, Adriano Pallotta
    Qualcuno conosce l'autore?
    Ciao


    "... Il vero dramma quotidiano è psicologico. Gli infermieri si trovano completamente soli con le loro responsabilità, da un lato, e con l'assurda gestione manicomiale dall'altro... In manicomio se un infermiere vuole alleggerire le dure condizioni di vita di un paziente lo fa a proprio rischio e pericolo, assumendosene tutta la responsabilità giuridica. Chi tenta di reagire a questa disagiata condizione di malessere psicologico cozza contro il muro che protegge l'istituzione disumanizzante, che produce violenza a catena: di fronte alla violenza dei pazienti, l'infermiere paradossalmente diventa aguzzino....".


    Storia e storie del manicomio più grande e il più antico d'Europa, il Santa Maria della Pietà di Roma, raccontate attraverso testimonianze dirette e documentazioni storiche, è quello che ci offrono Bruno Tagliacozzi e Adriano Pallotta in questo libro. Un libro apparso nel 1998, in esso s'intrecciano tre storie: la storia dell'istituzione manicomiale, la storia di Adriano Pallotta infermiere psichiatrico e autore del libro e la storia di un paziente, Alberto.
    Con gli uomini anche il manicomio Santa Maria della Pietà parla di se, dalla sua nascita verso il 1550 come ricovero per i poveri forestieri, trasformato dopo in ospedale per i poveri pazzerelli, fino all'abbattimento delle reti mettaliche di recinzione, al sorgere delle prime comunità terapeutiche e delle case famiglia nel XX secolo. Quattro secoli e mezzo di esistenza ripercorsi seguendo le tappe e gli eventi più significativi, con un particolare approfondimento sugli ultimi cinquant'anni che sono rivisitati e analizzati attraverso i racconti dei diretti protagonisti.
    Dalla stessa mano di Adriano Pallotta, infermierie psichiatrico che per quant'anni ha lavorato in questo stesso manicomio, percorreremo e attraverseremo non solo le sale dell’istituto ma conosceremo i pazienti, la vita manicomiale, il lavoro svolto dagli infermieri, le vicissitudini vissute, e scopriremo anche l’evoluzione di Pallotta come infermiere.

    "Ho narrato fatti, personaggi e situazioni immergendomi mentalmente ed emotivamente nei tempi e nei luoghi dove questi si sono verificati, abbandonandomi al fluire del ricordo e rivivendo in qualche caso le stesse emozioni del momento...".

    Un infermiere come pochi nella storia più recente dell'infermieristica psichiatrica italiana.

    Pallotta oggi è in pensione ma continua ad offrire le sue conoscenze prendendosi cura del Museo della Mente.
    "Scene da un manicomio" è una lettura ingombrante, dove si ha la percezione dei pazienti, ricoverati in strutture segreganti e spersonalizzanti nelle quali era facile entrare e impossibile uscire. Così anche la storia di Alberto, il "bambino dell'elettroshock", non ci lascerà indifferenti. Orfano, ricoverato dai suoi "benefattori" all'età di quindici anni perché era un bimbo dal carattere taciturno e poco vivace, rimarrà rinchiuso per più di quaranta anni soffrendo per tanti accadimenti.
    Citazioni storiche, stralci di norme e regolamenti, raccolta di leggi riguardanti il manicomio, e un glossario di termini tecnici e gergali accompagnano il lettore in tutte queste pagine.
    “Scene da un manicomio” è raccomandato a tutti quelli che vogliono affacciarsi e approfondire una realtà sconosciuta ma che fa parte della nostra storia come infermieri. Insomma, un libro la cui lettura è da raccomandare poichè permette, tra l'altro, di comprendere come un tempo si poteva soffrire per poco, e che ancora oggi si potrebbe fare molto per migliorare... Un libro che si presenta di facile e avvincente lettura fa sprofondare il lettore in un mondo da molti sconosciuto e che vuole essere portato alla luce nei suoi aspetti più tragici come monito per le future scelte sul trattamento del disagio mentale.

    " La nemesi storica non sarà sufficiente a cancellare e a riparare le colpe e gli errori del passato. Ma questa storia è qui per ricordarceli"

     
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  3. elisabet
     
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    Io conosco Adriano Pallotta e credo che come me lo conoscano altre persone della Lidi che lavoravano in ospedale psichiatrico prima della chiusura. Adesso è in pensione e spesso accompagna le visite al Museo della Mente.
     
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  4. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    perché era un bimbo dal carattere taciturno e poco vivace,

    poverino.... e poverini pure gli altri!
     
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  5. Allonsanfan
     
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    Ma io non ho capito bene..li vogliono chiudere..e chi ci sta dentro dove li mettono?
    Ospedale psichiatrico giudiziario è il nome politically correct di manicomio criminale, io non vorrei facessero la solita bravata all'italiana dove mandano a casa gente sostenendo che è sana quando invece è ancora pronta a sgozzare il primo passante che non gli va a genio. Non basterebbe..trattarli in modo umano, ristrutturando gli ospedali?
    Mi ricordo l'indulto di 4 anni fa, quando il governo varò uno sconto della pena di 3 anni per liberare le carceri sovraffollate, ma dopo poco si sono riempite nuovamente, e sopratutto tante di quella gente è tornata a delinquere, mi pare in qualche caso addirittura a uccidere.

    Edited by Allonsanfan - 17/6/2011, 00:45
     
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  6. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    non lo so, non si capiva dove volevano portare le persone, suppongo in altre strutture, che sinceramente non credo siano molto diverse da quelle che vogliono chiudere, forse più pulite.
     
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  7. Spasskij
     
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  8. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    che strazio... quello che s'è inginocchiato, quello che chiamava il papà, quello con la sua foto da piccolo... tutti
     
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7 replies since 9/6/2011, 19:42   277 views
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