La pena

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    A volte mi riaffiora questa reazione chimica a cui credo di essere sensibilissimo.
    Ricordo che da piccolo la provavo spesso, ma via via l'ho provata sempre meno, finché da adolescente ho iniziato a giocare ad inibire quel qualcosa che non so definire.
    Questo sentimento mi ha sempre fatto male e affascinato: volevo quel tipo di dolore. Quando mia mamma mi comprava i palloncini, io ero fortemente combattuto: una forza mi diceva che un regalo della mia mamma era sacro, ma una forza opposta mi spingeva a farlo volare via, per sentire la pena.
    Credo che questo dualismo sia importantissimo. E' un dualismo a cui ho voluto, con la maturità, distruggere con atteggiamente superrazionali. Mi sono messo a parlare di fenomeni sociali come se fossero matematica, mi sono messo ad analizzare tutto con freddezza, mi sono messo a mostrarmi spensierato e lucido di fronte ad ogni problematica, superdistaccato, "tanto la morte è lontana ed io cadrò sempre in piedi".
    E' solo un modo per scacciare la pena.

    Anepeta nel Saggio parla di sensi di colpa ed io non capivo molto bene perché i sensi di colpa li riferisce al fatto che l'introverso fa pensieri cattivi; non ho capito se si riferisce alla pena.
    Comunque nei forum ho avuto degli scontri con persone che avrei dovuto mandare a quel paese e non l'ho fatto, perché non so se chiamarla empatia o pena o pietà o scrupolosità, non ho voluto vedere l'altro ancora più in basso. Come un tifoso di calcio che invece di tifare contro l'avversario, pensa: "Vincere non devi vincere, ma nemmeno perdere se no è troppo".
    Quando sento la pena, non sento altro: è un neurotrasmettitore troppo velenoso. Non ne sono ancora immune, tant'è che oggi ne parlo perché ho provato qualcosa poco fa. La mia gatta voleva spostare il posto ai suoi gatti e li voleva mettere in un posto troppo scomodo, ma i miei genitori non hanno voluto, per motivi igienici; mio padre ha preso un figlio e lo ha riportato a posto e ora la madre ha dei gatti da una parte e dei gatti dall'altra; sono andato a vederla e piangeva, si vedeva che era disperata. Forse è una scena che scritta così non vi farà né caldo né freddo, ma il mio provare pena è molto collegato col mio rapporto coi genitori e sono molto sensibile a queste scene.
    Se sento pena non sento paura: non posso non difendere chi mi fa pena. E' micidiale.
    Sapete se ci sono approfondimenti su questa sensazione? Per voi è rafforzata dall'introversione?
     
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  2. Nicola.
     
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    anche io ho sempre avuto profonda empatia verso soggetti deboli. alle medie ricordo che per quanto io cercassi di mimetizzarmi con il gruppo, finivo sempre con lo stare con i ragazzetti emarginati. quando giocavo a calcio da piccolo, le poche volte prima che diventasse un gioco troppo "violento" per me, ricordo che facevo finta di cascare per non segnare goal al portiere avversario. potrei farti mille altri esempi, in linea di massima però tutt'ora ho sempre una spinta da dentro che mi porta a legare con le persone la cui "diversità" è stata la propria croce. un po' perchè mi ci rivedo, un po' perchè mi sento in colpa di non avere la schiettezza che hanno loro.

    inoltre, ricollegandomi al tuo "il mio provare pena è molto collegato col mio rapporto coi genitori e sono molto sensibile a queste scene." ti dico che io sono stato sempre facilmente manovrabile dai miei. riuscivano, e riescono tutt'ora, a farmi sentire in colpa. anche quando io stesso so bene che non avrei ragione per sentirmi in colpa. dev'essere qualcosa di così radicato da sfuggire ai meccanismi di razionalizzazione che talvolta invece sono utili.

    per me, proprio per la sensibilità e l'empatia che un introverso prova verso il mondo, il sentimento di pena è fortemente rafforzato. specialmente se riferito a situazioni che ricordano anche lontanamente un vissuto personale
     
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    A me ad esempio fanno pena le persone che rimangono da sole (vedovi, o anche solitudini in un viaggio o un solo weekend). Eppure la solitudine non mi fa assolutamente paura, ma ho paura che gli altri ne soffrano moltissimo.

     
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  4. Diogene W
     
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    Ricordo ancora l'assoluta tranquillità del mio datore di lavoro (un uomo sensibilissimo, di gran cuore) nel voler uccidere un piccione cieco che era rimasto bloccato nel cortile perché non riusciva più a volare. è assurdo: ho pianto per un piccione.

    Più che la solitudine degli altri, mi terrorizza l'inconsapevolezza. Non so se sia pena: certo è una sensazione che evito a tutti i costi, perchè mi spinge dentro a un dolore profondissimo.
     
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  5. slightly_mad
     
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    Secondo me il provare pena o schierarsi dalla parte dei più deboli deriva dal senso di "giustizia" che ognuno ha dentro.Penso che la reazione si inneschi appena ci sono situazioni e comportamenti che per noi sono inaccettabili. Io non sono una persona impulsiva nella vita di tutti i giorni,ma se si verificano episodi ,ad es. quello accaduto a Diogene, sarei scattato come una molla e avrei salvato il piccione. In un certo senso non sopporto la sofferenza,che si tratti di persone o animali.Però non la definirei proprio pena...
     
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    CITAZIONE (slightly_mad @ 6/5/2012, 00:53) 
    In un certo senso non sopporto la sofferenza,che si tratti di persone o animali.Però non la definirei proprio pena...

    Neanch'io la definirei pena, perché la pena solitamente è riferita a sofferenze altrui; però quella sensazione che mi dava perdere il palloncino sembrava molto simile.
     
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  7. Nicola.
     
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    anche secondo me sono due cose diverse. quello a cui fa riferimento warlord è secondo mepiù strettamente legato alla persona, al senso di colpa. io ricordo che alla perdita del palloncino provavo un senso quasi di paura (nel vederlo scomparire alto), però anche una tentazione a provare a lasciarlo andare per poi tentare di riacchiapparlo. so che è una sensazione assimilabile ad altri eventi nella vita, ma devo ricordarli. comunque è un bell'esempio :)
     
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  8. Ember
     
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    CITAZIONE (Warlordmaniac @ 5/5/2012, 22:12) 
    Quando mia mamma mi comprava i palloncini, io ero fortemente combattuto: una forza mi diceva che un regalo della mia mamma era sacro, ma una forza opposta mi spingeva a farlo volare via, per sentire la pena.

    Curioso che tu abbia fatto quest'esempio... negli anni dell'asilo ero solita pensare: chissà perchè quando un bambino fa volare via un palloncino e piange, io sto male per lui e anche per la sua mamma che glie l'ha comprato. In sostanza, descrivevo la "pena" senza sapere come si chiamasse. Odiavo provare pena per gli altri, invece godevo un po'nel compiangermi, nel provare pena per me stessa.

    Sono solita provare pena anzichè rabbia. O trasformo la rabbia in pena. Non so se è una cosa rafforzata dall'introversione, di sicuro è un motore verso le attività che più spesso amo praticare: ad esempio aiutare le persone e gli animali... non per altruismo ma per cercare di sedare questa sensazione inestinguibile di compassione per tutto il mondo! E'un incubo!
     
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  9. ° Weird °
     
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    Se ho capito cosa intendi con pena, penso di poter affermare che la provo spesso anche io. Anzi, molto spesso, anche quando è apparentemente ingiustificato come sentimento. Provo pena nei confronti delle persone, quando mi sembrano fuori posto. Mi può succedere con una persona qualsiasi e quasi per qualunque motivo, di qualunque tipo. Può essere un suo gesto, il fatto che sia sola in quel momento, il modo in cui si comporta... o comunque un particolare che mi fa pensare che quella persona non "stia bene" in quel contesto, che possa essere a disagio, sento come se non fosse compresa o accettata, come se in realtà non si sentisse a suo agio in quel contesto; e di conseguenza la vedo come "potenziale emarginata", e questo mi fa provare una sorta di dispiacere mista ad angoscia.
    In termini più generali, cercando di trovare un elemento comune a tutti i casi in cui provo quel sentimento, credo di provare pena per qualsiasi persona o animale che si trova in una condizione, a mio parere, (perchè non c'è mai un elemento che dimostra che la mai sensazione sia fondata) di non consapevolezza della situazione. Cosa che in qualche modo, penso che potrei definire “ingenuità”.

    Infatti provavo lo stesso sentimento quando il mio gatto piangeva perchè voleva uscire e io non potevo lasciarlo andare perchè era convalescente dopo essere stato investito da una macchina.

    Per quanto riguarda il legame tra introversione e pena, credo che la pena sia alimentata dal fatto che una persona introversa (almeno per quanto mi riguarda) tende a pensare più che ad agire e cerca di capire le persone che gli stanno intorno guardandole, osservandole più che parlandoci insieme, quindi è più soggetta a farsi “film”, che magari non esistono e dal fatto che una persona introversa non abbia una particolare inclinazione ad esprimere ad altri i propri dubbi e presentimenti.
    Credo quindi che il sentimento venga accentuato dal pensiero e dal fatto di non riuscire ad intervenire per cambiare la situazione. (perchè non posso spiegare al mio gatto che faccio certe cose per il suo bene e non posso fermare la gente per strada e chiederle se è sicura di essere a proprio agio.. )
    Nel caso che hai citato, quello dei palloncini, la pena la provi perchè sai che una volta mollato il palloncino volerà via e non riuscirai a riprenderlo, (-> situazione che non si può cambiare)
    Una persona che osserva un bambino che fa volare via il palloncino che gli ha comprato la mamma, prova pena perchè immagina che il bambino si senta in colpa e che la mamma probabilmente sia a disagio, perchè delusa dal comportamento del bambino, ma che allo stesso tempo non sa come comportarsi perchè anche il bambino sarà già dispiaciuto. (->persone in situazione di disagio)
    Per il caso dei gattini è successo anche a me una situazione simile, e penso sia come nel caso del mio gatto che ho citato sopra.. se la gatta potesse capire non ci sarebbe motivo di provare pena.

    Quindi credo che alla fine entrambi i casi siano riconducibili allo stesso sentimento.

    Se quello che ho scritto non è in argomento, vuol dire che ho frainteso quello che viene definito pena, quindi scusate. :unsure:
     
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  10. qualcosa91
     
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    Anch'io e tanta anche. Si, decisamente anch'io provo certe cose. Cerco anch'io di starci alla larga, molte volte mi sento come una fitta quando provo questa sensazione, una fitta decisamente forte. Credo sia l'alto livello empatico a cui noi introversi siamo sottoposti dalla natura. Siamo degli esseri pieni di senso di giustizia, di rabbia, di voglia di scoprirsi, di spiccare il volo... Siamo degli esseri largamente squilibibrati, ancora di più perchè ci opponiamo al funzionare in base alle necessità del gruppo, del sociale. Le inibizioni solo dove vanno, per il resto libero vivere...
     
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    Frequento anche altri forum come quello della FobiaSociale. Spesso provo pena per le utenti ragazze che trovo più disadattate, in quanto essendo un ambiente più maschile che femminile, le trovo molto fuori posto. Mi fa un po' compassione pensare che una ragazza giovane e disadattata, con l'avatar da gatto, provi timorosa ad entrare in un forum soprattutto maschile, dove si parla di figa, gnocca, dimensioni sessuali...; è tremendo poi, ad esempio in forum più adulti, quando non vengono cagate e mi dà fastidio anche in caso di ragazzi.
    Non posso vedere persone docili che fanno fatica ad integrarsi e a stimolare l'interesse altrui.
    Forse è perché so che cosa significa.

    Ho provato un'esperienza simile su me stesso, mentre insegnavo. Guardando me stesso dall'esterno, ho provato pena per me e si trasforma subito in rabbia incontenibile.

    Credo che pena e rabbia siano reazioni chimiche molto simili.
     
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  12. qualcosa91
     
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    Direi anche che la pena gioca un ruolo fondamentale nei sensi di colpa, talvolta scaturiti perfino da banalità, da vere banalità. Eppure sto cercando di affrontare queste cose, personalmente, cercando di crescere dentro, in tutti i sensi. Sembra banale ma anche la pesca subacquea mi sta aiutando tanto in generale; anche qui dentro quest'hobby stesso comunque i sensi di colpa si fanno sentire, per via del fatto che in pratica uccido i pesci. Bisogna restare lucidi qui. Abbiamo questa voglia di capire tutto di ciò che ci circonda, di essere coerenti, di non essere contraddittori e forse qui la pena e i sensi di colpa ci aiutano a mantenere questi richiami all'essere giusti.
     
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  13. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    Anche secondo me rabbia e pena sono strettamente legate.
    La rabbia rende spietati, la pena spegne la rabbia.

    Una persona introversa, sentendo tutto più intensamente, prova anche queste emozioni in modo più violento.

    Non a caso spesso si finisce con l'avvelenarsi di rabbia, dopo una vita di ripetute ingiustizie, che un introverso non può proprio lasciarsi scorrere addosso.
    Secondo me di fondo, però, nella natura introversa prevale la compassione, infatti quando un introverso si intossica di rabbia, ne paga le conseguenze, e con gli interessi.
    Questo perchè non si può permettere di essere senza pietà verso il mondo, neanche costringendosi. È come avere una legge morale naturalmente incorporata.

    Leggevo l'altro giorno in un libro di etnopsichiatria la disputa sulla normalità o anormalità dello sciamano. Mi ha colpito il fatto che nel popolo preso in esame dall'antropologo, cioè gli indiani mohave, le persone credono che lo sciamano alberghi dentro di sè un "omuncolo-divoratore-del-male" e gli sciamani sperimentano, vivono questa stessa presenza.
    Mi ha colpito perchè ho pensato che anche negli introversi è come se ci fosse questo omuncolo.

    Il tutto diventa ancora più interessante perchè lo stesso antropologo diceva di ritrovare negli sciamani mohave un tratto di inquietudine profonda o di ricerca della solitudine (se non di isolamento), una sofferenza ostinata e apparentemente inspiegabile (talvolta attribuita a "ferite mistiche" inferte loro durante battaglie notturne con le forze soprannaturali).

    Mi ha commosso questa cosa, sento molta vicinanza tra sciamani e introversione, gli sciamani saranno introversi? Mi riprometto di appronfondirla.

     
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  14. Miyamoto-
     
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    In fin dei conti uno si sente in pena se non agisce nel modo in cui avrebbe dovuto.
    La sofferenza invece non è così precisa, e potrebbe anche piovere giù dal cielo senza che si possa far nulla. Per questa motivazione io preferirei la seconda.
    In aggiunta il senso di colpa è spesso un'arma con cui si controlla la volontà delle persone, come succede con i figli e i genitori. Quando uno smette di arrabbiarsi smette anche di sentirsi in colpa (e forse vuol dire che si deve considerare anche quanto gli altri dovrebbero sentirsi in colpa nei nostri confronti). Da quel momento in poi il loro controllo si affievolisce considerevolmente.
     
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    CITAZIONE (houccisoilariadusieleièrisorta @ 30/10/2012, 21:08) 
    Secondo me di fondo, però, nella natura introversa prevale la compassione, infatti quando un introverso si intossica di rabbia, ne paga le conseguenze, e con gli interessi.

    Mi piace molto questo verbo che hai usato. In effetti la rabbia la sento come un veleno, che riesco a tollerare pochissimo. E riesco molto difficilmente a produrlo mentre rifletto.
     
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16 replies since 5/5/2012, 21:12   583 views
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