stare male e non poterlo dire

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    non riesco a leggere. la mancanza di capacità di concentrazione e l'impossibilità di approfondire mi negano il resto, ed è forse per questo che sono una voyeur occasionale su questo sito, scoperto grazie ad una ragazza incontrata su un'altro forum. non so dove sia cominciata la mia disaffezione per la lettura - intesa proprio come atto fisico, tant'è che spesso tento di recuperare ascoltando i libri letti da una voce metallica - forse da quando ho scoperto che non riuscivo a leggere abbastanza in poco tempo, e che quindi le mie curiosità sarebbero rimaste sempre inappagate.

    sono iscritta da qualche anno ma non ho mai partecipato ad incontri e conferenze per pigrizia e mancanza d'organizzazione, ma nel frattempo accorgerndomi di stare male mi sono rivolta ad un'analista con la quale avevo già interrotto una terapia.
    non so se definirmi introversa, forse non lo sono. da bambina molto piccola ero certamente estroversa, almeno a detta dei miei parenti più prossimi che esaltano la caratteristica come auspicabile e irrinunciabile. poi forse, complice qualche piccolo "trauma" o semplicemente un'evoluzione della personalità, sono diventata introversa, o forse timida, o forse ancora sociofobica. con il tempo stavo imparando ad accettarmi così, oserei quasi dire che le persone con caratteristiche introrverse mi piacevano di più e anch'io mi piacevo di più. quando parlavo poco e gli altri mi vedevano anormale mi offendevo per questo, ma stavo meglio. ora parlo molto e mi capita di sfogarmi con chi non devo, ma non mi sento più io. la cosa buffa è che più la gente sembra accorgersi del miglioramento della mia personalità più la mia angoscia diventa profonda. del resto, come dice l'utente che ha aperto il thread provocatorio, qui ci si "piange addosso". per noi non è così, ma lo è per il 90% circa di chi ci circonda, quindi cosa importa?

    Insomma, anche se forse non posso definirmi introvesrsa mi rivedo quai in ognuno dei thread postati qui, e in varie aree, soprattutto questa, perchè in fondo io sembro essere "un disturbo", e qualcuno crede che in tale ammissione ci sia una sorta di autocompiacimento. beh, forse è stato vero ma avrei fatto volentieri a meno di tale compiacimento in cambio di una vita più piena.
    Per fare alcuni esempi: bulimia, depressione cronicizzata - al contrario dell'utente che ne parla non ci ho mai convissuto bene, credo che sia d'aiuto se temporanea ma insopportabile se eterna, la sensazione di non aver avuto scelte - poche occasioni ovviamente mai colte. Il piatto "dolce" è quella condizione che superficaialmente potremmo chiaamre depressione post partum. Perchè oltre ad accumulare complicazioni e angosce l'anno scorso sono rimasta incinta. All'inizio ero disperata, nonostante all'esterno fossi apparentemente serena per il lavoro - precario, potenzialmente rinnovabile ogni anno - appena trovato e per l'età "giusta", non ancora troppo avanzata. In realtà mi sentivo e in parte mi sento una bambina smarrita, e l'accettare la mia nuova condizione è stato lento e faticoso, con la sensazione di aver fatto la scelta più egoista e inconsapevole sempre in agguato. Quando ero ancora nella fase sognante della vita la possibilità di avere un figlio mi sembrava potenzialmente piena di gioie, la cosa più bella - ma mai l'unica. Poi qualche anno fa ho visto diventare madri alcune conoscenze poco più grandi di me, ed ho cominciato a vedere concretamente tutti gli aspetti negativi. In un certo senso diventare madre è stata una concessione, forse un po' infantile, al sogno adolescenziale, a quell'indefinitezza in cui mi immaginavo una persona nuova, una persona che non sono riuscita a diventare. Ora la mancanza di tempo è sempre più incalzante, e recuperare quello che non ho avuto è impossibile ma per questo più inaccettabile. L'avere la mia bambina non mi ha lasciata fredda, nonostante la stanchezza e la disperaizone di alcuni momenti, ma mi rendo conto che l'amore che avrei potuto darle sarebbe stato più pieno, e soprattutto che non posso vederla crescere e non posso aiutarla a farlo - io non l'ho fatto. Negli anni ho tentato più volte di farmi aiutare, e in parte attribuisco a me stessa il fallimento delle terapie, per la poca costanza e la sensazione illusoria di essere guarita. A volte però provo rabbia per quelle persone che mi hanno seguito, perchè non mi hanno spinto ad agire, a cambiare anche solo esternamente per ottenere giovamenti sullo stato interno delle cose.

    Ora, spesso, mi alzo la mattina sperando che il tempo si fermi per un po', che gli altri restino addormentati. Quando lei si sveglia mi sorride, e non poter rispondere sinceramente a quei sorrisi è la cosa più terribile. Non si può raccontare, perchè chiunque mi veda dal di fuori è convinto che la sua sola presenza dovrebbe spazzar via il resto. Ma non è così, e in fondo non voglio che lo sia - anche se, contraddicendomi, vorrei vivere almeno questa prima fase più intensamente, e non esser eun problema per mia figlia - perchè il "resto" sono io e ancora non riesco a cancellarmi.

    quello che cerco non è qualcuno con cui parlare - tipico della maggior parte delle terapie- ma qualcuno che mi aiuti a vivere il poco tempo che resta, anche se sarà poco. so che una personalità non si "corregge", ma forse ho ancora linfantile illusione che si possa stare un po' meglio di così
     
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  2. slightly_mad
     
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    Anch'io mi rendo conto di non riuscire a leggere...Infatti non ho letto completamente ciò che hai scritto, e così mi succede anche per le discussioni troppo lunghe del forum...Cosa ti ha detto l' analista a riguardo se posso chiedertelo?
     
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    hai ragione, il mio problema è anche l'essere molto prolissa quando si tratta di me. riassumo: vivo uno stato di malessere intenso da molti anni, forse da una decina (inconsapevole anche da prima) ed ho smesso di pensare che le cose si aggiusteranno, da sole o per la mia volontà. ora ho una figlia ed è difficile ammettere di star male comunque, e in un certo senso di aver aggiunto un ulteriore senso di inadeguatezza.

    sono stata da almeno 7-8 psicologi diversi, talvolta sono stata seguita da psichiatri che mi hanno prescritto cure farmacologiche. a 14-15 anni sono stata da una psicologa della usl che mi ascoltava senza dire assolutamente nulla, fino a che non mi sono sentita "svuotata" dall'inutilità di ciò che raccontavo. più o meno nello stesso periodo una psichiatra ha detto a me ed ai miei che ero perfettamente normale. a 18 anni sono stata da una psicologa un po' dura negli atteggiamenti ma concreta nei metodi, forse avrei dovuto proseguire. mi ricordo che avevo improntato con lei una sorta di terapia comportamentale per aggirare le mie difficoltà sociali.

    dopo pochi mesi dall'abbandono si sono presentati i problemi di sempre, anche più forti, ma ho deciso di cercare altrove un po' per vergogna e un po'per mancanza di disponibilità della stessa psicologa. tralascio i tentativi più malriusciti - alcuni addirittura comici e ne cito due
    -dai 21 ai 23 anni circa sono stata in un centro per disturbi alimentari, in cui ero seguita da un'equipe; mi trovavo abbastanza bene con lo psicologo ma forse con il senno di poi non mi aveva aiutato molto. ho interrotto per un periodo e al mio ritorno alcune delle persone non c'erano più, poi me ne sono andata per incapacità di seguire le regole e la dieta- mi sentivo sporca, indisciplinata e infantile e mi hanno fatto capire che con me toglievano tempo ai casi più gravi (quelli di anoressia)
    - dai dai 25 ai 27 sono stata da una psicologa molto soft nelì'approccio, con cui all'inizio mi trovavo bene. ho interrotto, stavolta dopo molto tempo, quando ho avuto la sensazione di essere in un periodo di stallo. ho poi ripreso dopo un anno, ma la lontananza e la sensazione di stare sempre peggio mi hanno fatto desistere
     
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2 replies since 7/6/2012, 08:48   265 views
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