SU VERITA' E MENZOGNA IN SENSO EXTRAMORALE

F. Nietzsche

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. houccisoilariadusieleièrisorta
     
    .

    User deleted


    Come potete vedere dal titolo, un tema sempre molto attuale.
    In un mondo ideale farei leggere questo mini saggio perfino ai bambini delle elementari, perchè fa riflettere tantissimo sulla mistificazione che ci coinvolge tutti.

    Quello che vi propongo è un umile umilissimo umilerrimo riassunto dello scritto di Nietzsche, sperando di non avelo travisato. E' una sintesi, ma le parole ovviamente sono sue, io non sarei mai in grado di creare certe immagini. Il grassetto invece è mio.

    Il testo originale lo potete trovare in "La filosofia nell'epoca tragica dei greci".

    I.
    La conoscenza inganna gli uomini riguardo al loro posto nel mondo e al valore della loro esistenza, al fine di conservarne la sopravvivenza.
    L'intelletto svolge la sua funzione di conservazione attraverso principalmente la finzione, che nell'uomo raggiunge il culmine, infatti gli uomini sono tanto presi dalla vanità che è quasi incomprensibile che esistano uomini guidati da un onesto e puro impulso verso la verità. Talvolta alcune persone provano la fatale curiosità che riesce a guardare attraverso la fessura della coscienza e hanno il presentimento che l'uomo stia sospeso nei suoi sogni su qualcosa di spietato.
    Da dove nasce la verità? Il primo passo è la pace che gli uomini stipulano tra loro per sopravvivere. A questo punto si sviluppa un linguaggio comune. Qui per la prima volta si incontra il contrasto tra verità e menzogna. Il mentitore è coluoi che fa cattivo uso delle convenzioni, per far apparire reale quel che non lo è. Quando fa ciò in modo egoistico, la società lo esclude. Ma non è che l'uomo odi l'inganno, egli odia le conseguenze negative di certi inganni. Solo in questo restrittissimo senso egli vuole la verità: vuole le conseguenze positive della verità, la conoscenza dagli effetti neutri gli è indifferente e quella che può essere distruttiva la rifugge.
    Oltre a ciò, qual è il legame tra cose e linguaggio? Il linguaggio è in grado di esprimere adeguatamente tutte le realtà? Noi crediamo di sapere qualcosa sulle cose in sè, quando parliamo, ma non conosciamo altro che metafore delle cose. Ogni parola diventa un concetto, perchè è destinata a rappresentare più della sola esperienza primitiva che l'ha generata, innumerevoli casi. Quindi i concetti equiparano, livellano, ciò che è diseguale. La natura però non conosce forme nè concetti, ma è solo un'enigmatica x, per noi inattingibile e indefinibile.
    Cos'è dunque la verità? Un esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi, una somma di relazioni umane che sono state potenziate poeticamente e retoricamente e che dopo un lungo uso sembrano a un popolo solide. Le verità sono illusioni di cui ci si è dimenticata la natura illusoria. Dunque la società obbliga a mentire secondo una salda convenzione e in tal modo dimentica di stare mentendo. In questo senso soltanto con l'oblio possiamo convincerci di possedere una verità.
    Fondandosi sul contrasto tra uomo menzognero, di cui nessuno si fida e che tutti evitano, l'uomo dimostra a sè stesso come la verità è degna di rispetto, di fiducia ed utile. Come essere razionale, pone il suo agire sotto il controllo delle astrazioni; non ammette più di essere trascinato dalle impressioni.
    Mentre ogni metafora intuitiva è individuale, la piramide dei concetti è rigida e regolare e manifesta nella logica la freddezza e il rigore della matematica.
    Nella sua capacità di costruire cupole concettuali di infinita complicatezza sulle mobili fondamenta dell'acqua corrente, l'uomo è degno di grande ammirazione, ma non brilla certo in quanto ad impulso verso la verità.
    Le verità che raggiungiamo hanno valore limitato, sono antropomorfiche e non colgono l'essenza che è al di là dell'uomo. L'indagatore di queste verità in fondo non fa che antropomorfizzare il mondo.
    Solo quando l'uomo dimentica sè stesso in quanto soggetto, e precisamente soggetto artisticamente creativo, solo allora può vivere con una certa calma. Se potesse uscire per un attimo dalle mura di questa fede, la sua "autocoscienza" si dissolverebbe d'un tratto. Se ognuno di noi avesse una diversa sensazione, se noi potessimo percepire come uccelli, vermi, piante o se uno di noi vedesse lo stesso stimolo come rosso e un altro come verde e un altro come suono, nessuno potrebbe parlare di una regolarità della natura, ma la intenderebbe solo come creazione soggettiva.
    In generale cos'è una legge di natura? La conosciamo solo negli effetti, nelle sue relazioni con altre leggi, l'essenza sfugge. Quello che di esse conosciamo davvero sono le forme che noi stessi produciamo (tempo, spazio, numeri, causa-effetto) e in quei termini facciamo rientrare tutto per comprenderlo. Infatti tutto deve portare in sè le leggi del numero, un elemento che noi abbiamo inserito.

    II.
    L'impulso a formare metafore, ammansito dai suoi prodotti evanescenti, che sono i concetti, che hanno costruito un mondo regolare e rigido, si cerca un nuovo campo: il mito e l'arte.
    L'uomo sveglio trae la convinzione di essere desto dalla rigida e regolare ragnatela dei concetti e talvolta gli sembra di sognare, appunto perchè quella tela viene strappata dall'arte. La veglia di un popolo immerso nel mito come quello greco sembra più simile al sogno, che non alla veglia del pensatore scientifico.
    L'uomo stesso perlatro ha un'invincibile tendenza a lasciarsi ingannare ed è come incantato di felicità quando assiste alle narrazioni che i rapsodi gli spacciano per vere, o alle rappresentazioni teatrali. L'intelletto, tenuto schiavo, si scatena quando può ingannare senza danno. Quella grande impalcatura di concetti ora è un'armatura e un divertimento per i suoi artifici.
    Ci sono epoche in cui l'uomo razionale e quello intuitivo stanno l'uno accanto all'altro, il primo con la paura dell'inuizione, l'altro con il disprezzo dell'astrazione. Se l'uomo intuitivo sa usare le sue armi meglio del suo avversario, come è successo in Grecia, allora può nascere una civiltà e può fondarsi il dominio dell'arte sulla vita.
    Niente nei Greci fa pensare che sia stato inventato per un bisogno impellente. L'uomo scientifico invece non riesce a fare più che respingere l'infelicità, senza riuscire a procurarsi la felicità. Lui si sforza il più possibile di liberarsi dal dolore, mentre l'uomo intuitivo ricava dalle sue intuizioni anche un rasserenamento. Senza dubbio quando soffre, soffre più violentemente. Come è diverso il comportamento dell'uomo stoico, che si domina con l'aiuto dei concetti, che nella sventura mette in mostra il capolavoro della dissimulazione: se un nuvolone si rovescia su di lui, egli si avvolge nel suo mantello e se ne va a lento passo sotto il temporale.

     
    Top
    .
  2. Nicola.
     
    .

    User deleted


    io sinceramente non credo di averlo capito
     
    Top
    .
  3. houccisoilariadusieleièrisorta
     
    .

    User deleted


    eh bè i miei riassunti non sono molto validi... :) conviene leggere il testo vero mi sa.
     
    Top
    .
  4. Nicola.
     
    .

    User deleted


    no è che mi sembrano parole difficili! magari per fare un riassunto di un concetto che merita un libro per essere spiegato, servirebbe più un rimaneggiamento personale, opinione mia
     
    Top
    .
  5. R.M.1
     
    .

    User deleted


    ciao a tutte/i,
    mi permetto di intervenire tangenzialmente.
    Considerazione zero: Con questo scritto Nietzsche apre e chiude la questione del linguaggio, con buona pace della filosofia (tedesca) successiva.
    La prima considerazione: questo testo per Nietzsche non è un suo libro, pertanto anche noi dobbiamo considerarlo uno scritto, una riflessione personale che l'autore non ha caricato di un significato di verità tale da meritare una condivisione con il mondo. Cosa voglio dire? che qui c'è l'impostazione del problema di cosa sia filosofia e come sia possibile filosofare, non c'è la filosofia nietzscheana.
    Seconda considerazione: l'umanità, nel suo insieme, all'interno del cosmo ha un valore transeunte; il singolo uomo non vale di più della singola zanzara, o più propriamente non ha valore. L'idea stessa di un valore assoluto, l'idea del Valore quindi è un'idea bislacca, come bislacche sono un po' tutte le idee - Verità [Dio, Impero, Morale, Giustizia, Rettitudine, Anima, Immortalità, ecc. ] compresa.
    terza considerazione: per conoscere non si tratta di incamminarsi nella selva delle idee, dei concetti, si tratta di avere il coraggio di soffermarsi sulla propria esperienza, sulla propria vita.
    quarta ed ultima considerazione: Nietzsche è un autore che merita di essere letto direttamente, poiché dicendo "la verità" azzero lo spazio del commento.
    buona lettura R. M.
     
    Top
    .
  6. evaldo75
     
    .

    User deleted


    in genere, testi come questi o come quelli di Jung, per comprenderli bene ho bisogno di rileggerli almeno quattro volte. è una questione di pazienza che spesso manca quando si fa tutto di fretta. col mito della velocità la riflessione va a farsi benedire.
    è un bel testo. tale autore, se non ricordo male, su uno scritto di Jung, è citato come appartenente al tipo intuitivo. ma non ricordo se introverso o no. credo più introverso ma non ricordo bene.
    complimenti per il testo.
    interessante.
     
    Top
    .
5 replies since 2/10/2012, 20:48   3394 views
  Share  
.
Top