IMPRESSIONI ABBOZZATE SU UN'ESTRANEITÀ' RADICALE

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  1. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    Questo non è propriamente uno svantaggio legato all'introversione. Perché sebbene sia più facile per
    un introverso sentirsi solo, in quanto parte di una minoranza fortemente discriminata, io mi sento
    profondamente sola anche fra gli introversi.
    Il sentimento di solitudine è qualcosa che mi ha
    accompagnato lungo tutta la vita, ho sempre avuto la percezione, in qualunque posto mi trovassi,
    di essere fuori luogo, di essere in un posto che sentivo in larga parte estraneo e incompatibile.
    Quando si è piccoli è particolarmente difficile accettare una cosa del genere, perché non si può
    comprendere. Non si capisce perché si soffre, si è soltanto atterriti da un sentimento che ci assale
    opprimente.
    Una volta cresciuti, capita che si abbia la possibilità di raggiungere una certa autoconsapevolezza,
    ma nonostante questo a volte resta difficile convivere con questo sentimento di estraneità, che
    aumenta con l'accrescersi dell'autoconsapevolezza stessa, dato che viviamo in un mondo votato
    all'alienazione, popolato da persone che purtroppo per loro non hanno la minima coscienza
    di quel che fanno, di quel che pensano e del perché.
    La vita di chi sceglie un'esistenza autentica è molto dura, è la vera controcorrente, la vera lotta; discreta,
    forse impercettibile da fuori, ma totale. Non è l'anticonformismo banale di chi passa davanti a un centro
    commerciale disprezzando la gente dentro che compra, di chi si tinge i capelli di verde e si accascia in
    un angolo con il Tavernello in mano nei suoi pantaloni scozzesi, né quello di chi si isola dal mondo
    crogiolandosi nella propria presunta superiorità, o di chi cerca di imporla con la paura e con la violenza.
    È l'estraneità radicale e paradossale di chi guarda il mondo con gli occhi coperti dal filtro rarefatto il più
    possibile per un essere umano, e che gli fa ammettere con umiltà “Sono un uomo, niente di ciò che è
    umano mi è estraneo”.
    È veramente difficile trovare persone affini; più passa il tempo, più questa intuizione si consolida.
    La diversità profonda è un fardello, anche se non cambierei mai la mia natura con un'altra, perché
    nello stesso tempo sono convinta che il mio essere sia una ricchezza; talvolta però tentenno nel
    cammino, come dire, la gamba cede, perché vorrei poter guardarmi di fianco e vedere qualcuno
    che dice “Anche io sono come te”.

     
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  2. Nicola.
     
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    non so se ho capito a pieno alcuni tuoi discorsi, mi sfugge in particolare perchè l'estraneità radicale dovrebbe essere paradossale. ma il succo l'ho capito

    anche io francamente non traggo "sollievo" dal confronto con altri introversi. un po' come con gli estroversi, apprezzo il confronto e lo ritengo comunque un esercizio utile però quasi sempre le soluzioni le trovo in me. anzi spesso so già l'obiettivo e devo solo capire come raggiungerlo. trovare affinità tra introversi la vedo una cosa ancora più complessa, per via dei caratteri più enigmatici e per la diversità maggiore che può intercorrere tra l'uno e l'altro. con questo non dico che i miei problemi sono unici, spesso leggo che sono condivisi da molti, però nel risolverli uno è immancabilmente solo e per me è necessario accettare questa realtà
     
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  3. Miyamoto-
     
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    Sicuramente si, per tutto quello che sta scritto in quelle righe. Democraticamente, mi sento solo sia fra introversi che fra gli estroversi. Il mondo mi sembra assurdo, persone indaffarate e allo stesso momento pigre: la vita è ridotta ad una o poche attività e per il resto non c'è spazio. Così sono alcune persone che ti dicono di essere felici, con una faccia cupa, con tic nervosi e gesti aggressivi. Un attimo prima qualcuno sorride all'amico e poco dopo e lì che ci litiga e viene alle mani.
    Altri invece all'apparenza sono normali e coerenti nei loro comportamenti, sorridono sempre, va sempre tutto bene, tant'è che vedendoli da fuori sembrerero amici, e probabilmente si considerano anche tali. Si frequentano per degli anni, per le circostanze della vita, e quando queste non sussistono più diventano di nuovo estranei.
    Tra questo marasma, quando entro in contatto con un introverso, ritrovo una boccata d'aria, perché riconosco in lui un autenticità al di fuori della bruttura generale. Forse quello che più di tutto c'è in comune con gli altri introversi è proprio la sofferenza della propria condizione. Non posso, non avere simpatia per queste persone da un lato, indipendentemente da che caratteristiche hanno. Nonostante questo il disagio permane ugualmente, ne intuisco la complessità ma non li capisco, forse è dovuto a non conoscerli ancora a fondo. Il disagio è dovuto al non condividere niente.
     
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  4. alexey86
     
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    Io sono stato avvantaggiato dal fatto che sono sempre stato così e non ho dovuto cambiare rotta nel corso della vita e quindi sono abituato a lottare che neanche mi pesa più. Anch'io sono solo in mezzo alla gente però boh?!? mi ha pesato sempre poco come aspetto anche perchè essendo sempre in solitudine non so cosa ci perdo/guadagno a stare in compagnia. Trovo che sia piacevole parlare con gli introversi ma solo con quelli più brillanti.
     
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  5. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    CITAZIONE (Nicola. @ 24/10/2012, 00:47) 
    non so se ho capito a pieno alcuni tuoi discorsi, mi sfugge in particolare perchè l'estraneità radicale dovrebbe essere paradossale. ma il succo l'ho capito

    intendevo dire che è paradossale perchè è un senso di estraneità che deriva proprio dal capire che "niente di ciò che è umano mi è estraneo", dunque nessuna dinamica è assente dalla mia mente, anche le cose che vedo negli altri e che critico, in una certa misura fanno parte anche di me, perchè sono un essere umano come tutti gli altri e la mente funziona nello stesso modo per tutti, a livello pronfondo e generale.
    Insomma è qualcosa che da una parte ti unisce a tutti gli altri, dall'altra, essendo gli altri inconsapevoli di questo, ti allontana irrimediabilmente.

    CITAZIONE (Miyamoto- @ 24/10/2012, 02:15) 
    Tra questo marasma, quando entro in contatto con un introverso, ritrovo una boccata d'aria, perché riconosco in lui un autenticità al di fuori della bruttura generale. Forse quello che più di tutto c'è in comune con gli altri introversi è proprio la sofferenza della propria condizione. Non posso, non avere simpatia per queste persone da un lato, indipendentemente da che caratteristiche hanno. Nonostante questo il disagio permane ugualmente, ne intuisco la complessità ma non li capisco, forse è dovuto a non conoscerli ancora a fondo. Il disagio è dovuto al non condividere niente.

    anche a me capita una cosa del genere.
    da una parte, con le persone introverse simpatizzo in generale perchè abbiamo una storia comune, un sentire comune, al di là della diversità di ognuno.
    poi quando si comincia ad approfondire, arriva la solitudine, perchè mi rendo conto che effettivamente con me c'entrano poco (quando non li trovo addirittura incompatibili con me), almeno la stragrande maggioranza di loro.
    a questo si somma la fatica ulteriore dell'autenticità, perchè posso trovare delle persone molto molto affini, ma magari sono - per vicissitudini della vita - molto alienate; spesso in questi casi col tempo queste persone tendono ad allontanarsi da me, perchè vedono che io sono in un certo modo e non me ne vergogno affatto, percepiscono la spinta all'autenticità, che loro purtroppo più o meno consciamente rifiutano.


     
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  6. Velaour
     
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    Da piccolo stavo da solo per far quello che preferivo e mi dava soddisfazione , attività solitarie .
    Ho incontrato solo un paio di persone che si avvicinavamo particolarmente ai miei interessi e avevano scelto di conoscermi e intraprendere un cammino di amicizia. Erano loro estroversi , al contrario di me.
    Seppur io abbia trascorso fantastiche esperienze con loro nell'infanzia , pubertà e inizio adolescenza , una frazione del mio piacere nel costruire un mondo oltremondo e personale veniva condivisa . Il resto, cioè la maggior parte, la tenevo dentro la testa o dentro un ambiente fisico intimo che occupavo. Sentivo il richiamo della solitudine , che era soltanto fisica poichè mi rapportavo con me stesso e le mie sensazione , non la consideravo una solitudine in termini sociali.
    Essendo purtroppo un tipo tendenzialmente materialista , concreto e avendo vissuto in un ambiente "quasi" estroverso , il destino fin oggi ha deciso di rendermi lentamente e silenziosamente un estrovertito. Cosa buffa considerando che un introverso ha maggior capacità di introspezione e in molti casi maggior controllo e supervisione su se stesso e i suoi pensieri
    Nonostante quindi io sia un introverso estrovertito , ma ancora in fase di "trasformazione", non ho dimenticato i miei ideali radicali ; quelli per cui quando non li soddisfo vengo assalito da una vergogna incontentabile e un senso di nullità esistenziale
    Sono una persona a metà , diciamo : in parte individualista e in parte estrovertita\conformista.
    Sento le pressioni che la prima esegue sul mio giudizio , pensiero e decisione. Per me questo è assolutamente un bene, anche se vivo nell'incertezza della mia validità e mette seriamente a soqquadro la mia autostima e accettazione di me.
    Quando penso al mio passato e osservo trace , di svariato genere, ancora conservate e vive nel tempo della mia memoria , ho l'impressione che la mia introversione sia stata indebolita o mi è stata portata via dal mondo e i suoi eventi probatori
    Adesso devo riprendermi o incentivare quella parte antagonista dell' estrovertimento e i meccanismi mentali attuali . Intuisco che i miei fallimenti presenti e futuri sono frutto di questa perdita
    Nonostante mi invitino a mettermi di più in gioco nel mondo esterno, in termini di esperienza fisica , io mi oppongo in parte a questo , perchè è probabile che mi distolga dalla missione di riprendermi l'introversione originaria e "evolvermi" veramente.
    In conseguenza di ciò la condivisione con gli altri si dimostra più difficile ; sono concentrato su di me , devo perfezionarmi e gli interessi che inizierò e quelli già presenti da tempo non sono molto condivisibili. Non sono sicuro di poter mettermi a conversare con qualcuno per farmelo amico cercando di descrivere i miei processi mentali che immagino e i loro difetti peggiori , le piccole indagini sul mio passato , gli indizi fisiognomici sul mio volto e via dicendo
    Anche per quanto riguarda interessi più "oggettivi" il lavoro di condivisione non è semplice.
    Ora , più di prima , vivo in solitaria ; nel senso che non condivido ormai quasi nulla. Le eccezioni sono tutte quelle cose che fanno parte del mio estrovertimento e che quindi sono accettate da una certa quantità di persone.
    Ma l'obbiettivo quasi certo attuale è quello di togliere l' estrovertimento
    In questa apparente lotta mi vedo solo esistenzialmente : accetto in piccola parte la condivisione con il mondo ma per contro sono meno a contatto con la mia introversione , non sufficiente per rendermi soddisfatto e autentico.
    In tutto questo noto comunque di essere indifferente anche nella popolazione introversa
    Soltanto ultimamente ho conosciuto introversi e supper abbia avuto un periodo di rassicurazione nel sapere che ci sono mentalità diverse da quelle conosciute nella mia esperienza e in quelle di altri , successivamente l'attenzione ritornava e si alimentava nel bisogno ormai appurato di autenticazione e realizzazione , che si muove anche grazie ad una idea perfezionista.
     
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  7. Miyamoto-
     
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    Tra le persone molto alienate, mi sembra a volte di vedere degli atteggiamenti che li rappresentano così come sono veramente. Ma poi vergognandosene, la reprimono con qualcosa che rientra nella norma, con un modo di essere che tengono per la maggiorparte del tempo, nell'arco di una giornata.
    Poi è chiaro che, ci sono giorni, in cui magari uno è abbattuto, e non se la sente di fingersi diverso e se lo fa, persona estroversa/introversa molto alienata, traspare con delle espressioni palesamente false, secondo me. Dall'altro lato ci possono essere dei sorrisi, dei gesti solidali che almeno un po' non sono strumentali ma sono veri.
    Un altro mio problema è il non sapere riconoscere in realtà le persone affini, se non intuitivamente. Perché effettivamente alcune persone sono più vicine di altre, e questa sensazione può durare anche degli anni, ma se sono alienate, il rapporto non rimane sempre e comunque piùttosto superficiale?
    Cosa possono avere in comune, con persone più autentiche, se sono sempre guidati da una logica conformistica. E poi conoscendoli a fondo, uno non potrebbe rendersi conto che in realtà non sono proprio per nulla affini, visto che un' intuizione può essere sbagliata?
    Secondo me l'intuizione potrebbe benissimo prenderci, e forse ne sono proprio convinto, però in intrattenere certe relazioni potrebbe essere comunque molto rischioso.
    Poi, mi sembra che nel mondo ci siano persone che sono, come sono nel profondo, con una propria identità e che allo stesso tempo non se ne strafottono degli altri, seppur sono rari.
    Tolte tutte le situazioni ideali, forse l'unica cosa che rimane da fare è accettare un minimo le contraddizioni, avendo allo stesso tempo rispetto dei propri tempi. Perché alla fine sono convinto che se si ha voglia, qualcosa da condividere lo si trova lo stesso. Diversamente non si può vivere...
     
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  8. Velaour
     
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    Io ho avuto anche l'impressione che gli alienati non conosco se stessi, almeno non sufficientemente per stare bene con la loro ipotetica autenticità originaria perduta che poi riemerga improvvisamente e lievemente.
    Molta gente non sta bene con se stessa , se capita che il giudizio di un alienato qualsiasi vada abbastanza controcorrente questo sta male e inizia la "difesa" . In un modo o in un altro si rimette subito sul binario ,di nuovo insieme agli altri.
    Troppo tempo e interesse speso per il contatto con il mondo esterno , pochissima introspezione. In questo modo se le cose non cambiano non si comprende la propria identità , si cerca sempre il giudizio altrui per aver idee su come vivere e accettarsi.
    Per esempio l'estroverso introvertito , per cause di disagio sociale: si auto dichiara "sfigato" perchè si osserva con gli occhi degli altri , parla a se stesso con la bocca degli altri , non cambia idea (salvo eccezioni) e punto di vista e non crede che ci siano cose da scoprire su se stesso , perchè lui è quello che appare agli altri. Non capirà di non essere "sfigato" ma di essere differente e che avrebbe delle qualità apprezzabili sia da se stesso , prima di tutto, sia dagli altri.


    percò questo è OT , mi scuso
     
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  9. alexey86
     
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    Secondo me la grossa difficoltà è passare da "quello che gli altri pensano di me" a "quello che io penso di me" e anche pensare con la propria testa ed applicare i ragionamenti scoperti è difficile...
     
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  10. Tecno Sandro
     
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    CITAZIONE (houccisoilariadusieleièrisorta @ 23/10/2012, 23:33) 
    È veramente difficile trovare persone affini; più passa il tempo, più questa intuizione si consolida.
    La diversità profonda è un fardello, anche se non cambierei mai la mia natura con un'altra, perché
    nello stesso tempo sono convinta che il mio essere sia una ricchezza; talvolta però tentenno nel
    cammino, come dire, la gamba cede, perché vorrei poter guardarmi di fianco e vedere qualcuno
    che dice “Anche io sono come te”.

    Questa frase mi fa pensare che io invece con il tempo ho scelto un atteggiamento quasi opposto a questo, infatti do per scontato che quasi nessuno è a me totalmente affine. Quando magari conosco qualcuno/a questo mi consente di vederlo senza filtri e pregiudizi e le rare volte che trovo qualcosa di affine è sempre un bella sorpresa. Poi da li a far nascere amicizie piu' o meno profonde è un' altra cosa piu' lunga e laboriosa certo, ma comunque penso che sia una cosa non scontata per tutti, anche per gli estroversi seppur loro facciano meno fatica a conquistarsele.
    Concordo con Miyamoto quando dice che l' unica cosa da fare è accettare un minimo le contraddizioni e che se si vuole trovare qualcosa da condividere lo si trova lo stesso, mi sembrano parole di una consumata saggezza.
    Bisogna convincersi a scendere a patti con la vita, a mediare, non solo bianco e nero ma anche infinite scale di grigio, forse questo porterà ad essere anche un pò conformisti, è vero, ma secondo me si può fare senza perdere del tutto la propria forte identità.
     
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9 replies since 23/10/2012, 23:33   329 views
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