Prometeo

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  1. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    Pensavate che Gesù fosse stato il primo Dio a scendere in terra per il favore degli uomini?

    Vi sbagliavate.
    E non è neppure il più figo.




    Prometeo incatenato (citazioni tratte da "Il teatro greco - le tragedie" della Bur)

    Voglio copiarvi un po' dei monologhi più intensi di una della mie tragedie preferite (penso LA preferita). Dato che sapendo niente del mito non si riesce a capire molto nemmeno della vicenda, vi faccio un riassuntino.

    I personaggi sono:
    KRATOS (la forza, figlio del titano Pallante e di una oceanina)
    BIA (la violenza, sorella di Kratos)
    EFESTO (fabbro degli dei nel pantheon olimpico)
    PROMETEO (titano, figlio del titano Giapeto, e *secondo Eschilo* di Temi, che in questa tragedia rappresenta Gea ma in altri miti è una titana rappresentante dell'ordine)
    OCEANO (titano figlio del cielo, Urano, e della terra, Gea, è il fiume che percorre l'universo, accerchiandolo)
    CORO DELLE OCEANINE (le figlie del titano Oceano e della titana Teti, altra divinità fluviale)
    ERMES (messaggero degli dei, nel pantheon olimpico)
    IO (umana, figlia di Inaco, darà origine alla stirpe da cui nacerà Eracle)

    Siamo in un luogo indeterminato dell'estremo Nord, nella Scizia, tra cielo e mare, sopra rupi dove nulla di esclusivamente umano può giungere.

    Entrano Kratos e Bia conducendo Prometeo, seguiti da Efesto.
    Efesto viene costretto da Kratos e Bia a costruire dei ceppi per intrappolare Prometeo alla roccia della Scizia - la punizione per avere aiutato gli uomini, ribellandosi a Zeus.

    La cornice degli eventi è quella della seconda lotta al potere degli dei, quando il vecchio ordine divino (quello di Crono e dei Titani) viene sconfitto dal pantheon olimpico (cioè quello di Zeus e degli altri dei che si conoscono di solito).
    In questa vittoria Prometeo (che è anche lui un Titano) ha un ruolo determinante, perchè è solo grazie al suo aiuto che Zeus può vincere e decidere la spartizione delle competenze tra i vari nuovi dei.

    Efesto viene costretto a malincuore da Kratos e Bia, lui indugia e prova molta pena per Prometeo:

    "[...]
    Figlio di Temi che ispira il giusto,
    o sublime, contro volontà, mia e tua,
    t'inchioderò con ceppi inestricabili
    a questa rupe a cui ignoto è l'uomo,
    nè udrai la voce nè vedrai l'aspetto
    di un mortale, ma immobile sarai
    alla fiamma del sole balenante,
    e il fiore del tuo corpo muterà.
    E quando il manto vario della notte
    nasconderà la luce sarai lieto,
    poi il sole ancora spargerà rugiada
    all'aurora, ma ti consumerà la pena
    onnipresente. Chi ti darà pace
    non è nato. Tu hai amato gli uomini,
    e questo è il frutto. O dio che non ti pieghi
    all'ira degli dei, hai onorato
    gli uomini come dei, contro la legge.
    E ora veglierai la triste roccia,
    diritto e insonne, senza inginocchiarti.

    E leverai al cielo molte grida
    per l'angoscia e i lamenti senza ascolto.
    Non il cuore di Zeus si riconcilia.
    Ogni nuova potenza è sempre dura."

    Dopo aver incatenato per bene Prometeo, Kratos, Bia ed Efesto escono di scena. C'è un monologo di Prometeo e poi fa il suo ingresso il coro delle Oceanine (figlie di Oceano).
    Prometeo si lamenta e spiega la sua colpa: l'aver donato agli uomini innumerevoli conoscenze, tra le quali la più importante era il fuoco.
    Zeus aveva privato gli uomini del fuoco per punire Prometeo che già un'altra volta l'aveva sfidato (non vi racconto anche questo sennò ci metto novemila anni). Diciamo che i loro scazzi duravano da tempo, in generale Zeus non era contento del comportamento di Prometeo, che simpatizzava troppo per gli uomini, al punto da donare loro delle capacità che temeva avrebbero potuto renderli troppo forti e sapienti.
    Diciamo che il fuoco è la goccia che fa traboccare il vaso, Zeus lo nasconde, ma Prometeo riesce a recuperarlo e nascondendo una fiammella in un bastone lo riporta agli uomini.

    (Una cosa carina: è qui che si inserisce la vicenda di Pandora -----> Pandora è la prima donna ed è inviata agli uomini da Zeus per vendicarsi della vicenda del fuoco - ma anche qui lascio perdere sennò non finisco più)

    Dal monologo di Prometeo:

    "Cielo divino, aliti di vento,
    sorgenti di fiumi,
    sorriso interminabile del mare,
    terra madre di tutto,
    e tu occhio del sole onniveggente
    io vi invoco, guardate
    un dio che soffre a causa degli dei.
    Guardate quale pena mi consuma
    e quale obbrobrio, e mi torturerà
    nel tempo, nella annate interminabili.
    Il nuovo signore dei beati
    trovò per me catene di vergogna.
    Ahi, ahi
    lamento una sventura
    che ora è e che sarà:
    e quando dovrà sorgere
    l'ultimo giorno della mia sventura?
    No, che mi dico: tutto il futuro
    conosco esatto e chiaro,
    mai nessuna sventura verrà nuova.
    Bisogna che sopporti la mia sorte,
    paziente, riconosca
    che la forza del fato non si vince.
    Ma non posso tacere nè gridare
    la mia sorte, il mio essere. Ho spartito
    con i mortali un dono degli dei;
    per questo fui inchiodato almio destino.
    Cercai la scaturigine segreta
    del fuoco che si cela del midollo
    della canna, maestro di ogni arte,
    via che si apre. Questo fu il peccato di cui io pago la pena
    inchiodato e in catene in faccia al cielo.
    [...]
    chi viene a contemplare il mio dolore?
    o altro vuole? Guardate
    il dio incatenato e dolorso,
    il nemico di Zeus, il detestato
    da tutti gli dei che varcano la soglia
    della reggia di Zeus,
    perchè amò i mortali oltre misura.

    [...]"

    (to be continued)

    Edited by houccisoilariadusieleièrisorta - 16/2/2013, 16:09
     
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  2. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    Ah, mi sono dimenticata di dire che uno degli epiteti dei prometeo è "il preveggente", infatti ha la capacità di prevedere gli eventi futuri (ecco perchè nel monologo dice"No, che mi dico: tutto il futuro/conosco esatto e chiaro").

    Insomma accorrono le Oceanine su un carro alato a piangere con Prometeo: "Chi non soffre con te, fuori che Zeus?".
    Gli chiedono di raccontare la sua storia, di spiegare il perchè di questa punizione terribile.

    "Doloroso è parlare, doloro tacere.
    Tutto intorno a me è sventura.
    [...]
    Voi mi chiedete quale fu l'accusa
    per cui mi sfregia: e chiaro la dirò.
    Come (di intende Zeus) si assise al trono di suo padre (si intende Crono)
    divise i privilegi tra gli dei,
    a ognuno i suoi, distribuì i poteri:
    e non contò i mortali, gli infelici,
    ma voleva annientare il loro seme
    e seminare un'altra stirpe umana.
    Nessuno gli si oppose, tranne me.
    Io l'osai. E liberai i mortali
    dall'essere dispersi nella morte.
    Mi piegano per questo tali pene
    dolenti a me, pietose a chi mi vede.
    Era pietà per chi moriva, e io
    non la trovai, non la meritai:
    così rientrai, visione senza gloria, nell'ordine di Zeus.
    "

    Le Oceanine consigliano a Prometeo di pentisi, di riappacificarsi con Zeus.

    CORO: E' di ferro, è forgiato nella roccia
    chi non sente pietà del tuo dolore.
    Non avremmo voluto mai vedere,
    ma vedemmo, e iniziò la nostra pena.

    PROMETEO Pietà davvero ispiro a chi mi vede.
    CORIFEA Forse non sei andato ancora oltre?
    PROMETEO Spensi all'uomo la vista della morte.
    CORIFEA Che farmaco trovasti a questo male?
    PROMETEO Seminai speranze, che non vedono.
    CORIFEA E molto li aiutasti col tuo dono.
    PROMETEO Poi li feci partecipi del fuoco.
    CORIFEA Hanno la fiamma viva i morituri?
    PROMETEO E molte arti da essa impareranno.
    CORIFEA Di questo dunque ti incolpava Zeus...
    PRMETEO E mi offendeva, nè promette tregua.
    CORIFEA Non avrà fine la tua pena, mai?
    PROMETEO Non avrà fine finchè lui vorrà.
    CORIFEA E lovorrà? Lo speri? E tu, lo vedi
    che hai peccato? Come hai peccato
    non voglio dirlo, ti farebbe male.
    Non parliamo di questo. Invece tu
    Cerca di liberarti dal dolore.

    PROMETEO Per chi è fuori del dolore è facile
    ammonire, accusare l'infelice.
    Ma io sapevo questo, tutto questo.
    Ho voluto, ho voluto il mio peccato:
    e non lo smentirò. Per dare aiuto
    a chi moriva ebbi la mia pena.

    [...]"

    Le Oceanine si siedono tutt'intorno a Prometeo e arriva Oceano su un grifone.
    Oceano tra le varie cose è anche il suocero di Prometeo.
    Si offre di andare a parlare lui stesso di persona con Zeus per convincerlo a liberare Prometeo.

    "OCEANO [...]
    E oltre che sei della mia stirpe,
    a nessuno, Prometeo, come a te
    farei mai tanto onore.
    saprai se dico il vero. Io non uso
    parlare a vuoto, per fare piacere.

    Dunque, fammi sapere
    che debbo fare per te.
    [...]

    PROMETEO [...] Guarda. Contempla. Ecco chi amò Zeus,
    chi lo difese nella signoria,
    da lui piegato e torto nella pena.


    OCEANO [...] Tu non sai farti piccolo, non cedi
    ai mali, anzi ne aggiungi altri ai vecchi.

    Prendi me per maestro finalmente.
    Se ha il pungolo, non porgergli la zampa.
    [...]
    Meglio consigli gli altri che te stesso,
    così sei nato. Ne dai prova a fatti,
    mica a parole
    . Ma io mi muovo, e certo
    non puoi tirarmi indietro. E' un vanto: a me
    Zeus farà questa grazia. E' un vanto, dico,
    io volgio liberarti dalle pene.

    PROMETEO [...]
    Resta tranquillo. E vattene da qui.
    Se sono sventurato, non vorrei
    che avesse da patire tanta gente.
    No, no. Mi dà già troppa angoscia
    ciò che è accaduto a mio fratello Atlante

    [...]"

    (Atlante era stato punito da Zeus a reggere la volta celeste perchè nella guerra tra gli dei aveva parteggiato per Crono)

    Oceano cerca in tutti i modi di convencere Prometeo.

    OCEANO Prometeo, non lo sai che per il male
    dell'ira si hanno parole che curano?
    PRMETEO Se è l'ora giusta per placare il cuore,
    senza fargli violenza quando è turgido.
    OCEANO E le buone intenzioni, e il coraggio,
    che male sono? Insegnami tu questo.

    PROMETEO Pena superflua, frivolo candore.
    OCEANO Lasciami questo male se è il mio male.
    Giova a molti sembrare stolti senza esserlo.
    PROMETEO Un giorno questo si dirà di me.
    [...]"

    Oceano se ne va e Prometeo resta solo con le oceanine.


    (to be continued)
     
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  3. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    " Non è chiusa superbia il mio silenzio,
    ma è coscienza che dilania il cuore
    quando ripenso come sono offeso.
    Chi se non io compì la spartizione
    tra i nuovi dei dei loro privilegi?
    Non li dirò. Direi a chiu conosce.
    Ma udite la miseria dei mortali
    prima, indifesi e muti come infanti,
    e a cui diedi il pensiero e la coscienza.
    Parlerò senza biasimo degli uomini,
    ma narrerò l'amore del mio dono.
    Essi avevano occhi e non vedevano,
    avevano orecchie e non udivano,
    somigliavano a immagini di sogno,
    parduravano un tempo lungo e vago
    e confuso, ignoravano le case
    di mattoni, le opere del legno:
    vivevano sotterra come labili
    formiche, in grotte fonde, senza il sole;
    ignare dei certi segni dell'inverno
    o della primavera che fioriva
    o dell'estate che portava i frutti,
    operavano sempre e non sapevano,
    finchè indicai come sottilmente
    si conoscono il sorgere e il calare
    degli astri, e infine per loro scoprii
    il numero, la prima conoscenza,
    e i segni scritti come si compongono,
    la memoria di tutto, che è la madre
    operosa del coro delle Muse.
    E aggiogai le fiere senza giogo,
    le asservii al giogo e alla soma
    perchè esse succedessero ai mortali
    nelle grandi fatiche, e legai al cocchio
    lo sfarzoso e docile cavallo
    fregio di ogni ricchezza ed eleganza.
    E inventai il cocchio al marinaio,
    su ali di lino errante per i mari.
    Mille cose inventai per i mortali,
    e ora, infelice, non ho alcun ordigno
    che mi affranchi dal male che mi preme.

    CORIFEA Immeritato male. La tua mente
    è smarrita, va errando. Sei il medico
    che il morbo ha colto
    , e perde la sua fede,
    e per sè stesso non ha più farmachi.

    PROMETEO Più stupirai udendo tutto il resto,
    le sciense che trovai, le vie che apersi.
    E la più grande: se uno s'ammalava
    non aveva difesa, cibo, unguento,
    bevanda: si estingueva senza farmachi,
    finchè indicai benefiche misture
    che tengono lontani tutti i morbi.
    E ordinai, chiarii le molte forme
    della matica, e primo giudicai
    quali vere visioni porta ilsogno,
    svelai le oscure voci dei presagi,
    i profetici incontri sui cammini.
    Distinsi chiato i voli dei rapaci,
    quelli fausti e quelli dell'augurio,
    e il nutrimento di ciascuno, gli odi,
    il loro amare, il loro dimorare;
    e la levigatezza e il colore
    delle viscere, se agli dei gradite,
    la forma fausta e varia della bile
    e del lobo. Arsi carni avvolte di adipe
    e lunghi lombi e guidai i mortali
    a una conoscenza indimostrabile,
    e aprii i loro grevi occhi velati
    ai vividi presagi della fiamma.
    Questo io feci. E chi prima di me
    scoprì i doni nascosti nella terra,
    il bronzo, il ferro, l'argento, l'oro?
    Nessuno, lo so bene, a dire onesto.
    Sappilo in breve: tutto ciò che gli uomini
    conoscono, proviene da Prometeo.


    CORO [...] Noi rabbrividiamo
    a vederti sfinire in tante pene.
    Tu non temesti Zeus. Nel tuo pensiero
    profondo adori gli uomini, Prometeo.

    Amato, vedi che maligna grazia.
    Di', che difesa, che slavaguardia
    ti viene dai figli del giorno fugace?
    Non li hai veduti
    così fragili e inerti?
    Sono come sogni: ciechi, impediti:
    il volere di chi muore
    mai valica l'ordine di zeus.
    [...]"

    A questo punto arriva Io.
    Io è una donna, sacerdotessa di era e figlia di Inaco il re di Argo, di cui Zeus si era innamorato. Quando Era lo sgama, lui trasforma Io in una mucca affinchè lei non possa parlare. Ma era manda un tafano a pungere il culo di io, che da quel momento colta da pazzia è condannata a correre per tutto il mondo.
    Ad un certo punto però riprenderà sembianze umane e avrà un figlio, Epafo, dal quale discenderà Eracle.

    Quindi, io è arrivata fino in Scizia, lì dove c'è Prometeo. Essendo lui appunto il preveggente, gli chiede quale sarà la sua sorte:
    "[...]
    E se hai da dirmi che resta ancora da patire, svelalo:
    non avere pietà, non confortarmi
    con parole non vere. Le parole
    ambigue sono il male che più odio
    ."

    Lui le racconta tutti i dolori che ancora la aspettano e per dar prova che dice il vero, le dimostra di conoscere anche il suo passato. Le rivela, però, anche che sarà liberata e dalla sua stirpe nascerà anche colui che libererà Prometeo, ovvero Eracle.
    Sarà lui a rovesciare il regno di Zeus:
    "Adora, prega, adula il forte, sempre!
    Di Zeus mi importa meno che di nulla.
    Si muova, regni questo breve tempo,
    come vuole. Il suo regno non è lungo
    ."

    A questo punto arriva Ermes. Infatti Zeus ha sentito da lontano la profezia fatta a Io e vuole sapere chi sarà questo liberatore.
    Prometeo:

    Parole gravi, denze di pensiero,
    le tue: quelle di un servo degli dei.
    Siete signori nuovi, e vi pensate
    di abitare la rocca dell'eterna
    serenità: ma da quella rocca
    ho sentito cadere sue sovrani.
    Il terzo lo vedrò crollare presto
    e con più obbrobrio. Credi che io tremi,
    che mi inginocchi innanzi ai nuovi dei?
    Come poco ci penso. Dunque, sbrigati,
    rifa' la strada da cui sei venuto.
    Niente saprai di ciò che vuoi sapere.

    [...]
    Questa sventura non la cambierei
    con la tua servitù, sappilo bene.
    meglio essere schiavi a questa pietra
    che i messi di fiducia di zeus Padre:
    e rendo questa offesa a chi mi offese.

    [...]
    Lo sei, sei più stolto di un ragazzo,
    se credi che saprai da me qualcosa:
    non esiste tormento nè lusinga
    che mi induca asvelare il vero a Zeus,
    se prima non mi libera dai ceppi
    infami. E lanci la sua fiamma fumida,
    o con le ali bianche della neve
    e con i tuoni sotterranei turbi,
    sconvolga tutto sulla terra, mai
    io non mi piegherò, io non dirò
    chi deve rovesciarlo dal potere.

    [...]
    Che tenti, è come se esortassi il mare.
    Tu non pensarlo mai che un giorno tremi
    al volere di Zeus, diventi femmina,
    e venga a supplicare il molto odiato
    a tendere le mani rovesciate
    col gesto delle donne, che mi liberi
    dalle catene: questo non può essere.

    [...]

    A questo punto Ermes, in realtà più dispiaciuto che arrabbiato, avverte Prometeo che se non farà la sua confessione a Zeus, un'altra punizione ci sarà ad attenderlo, ancora peggiore di quella presente: arriverà l'aquila di Zeus a mangiargli il fegato, che di notte gli ricrescerà, per poi essere di nuovo divorato, di giorno, dall'aquila, e così per sempre.
    Prometeo:

    "Sapevo l'annuncio che mi hai gridato,
    ma patire odio da chi odia non è infamia.

    Dunque lanci la freccia di fuoco a doppio taglio,
    il cielo squarci nel tuono e si dissolva
    nel vento selvaggio, la raffica
    scuota il ceppo della terra dalle radici,
    l'onda del mare con fragore brutale
    ingombri le vie degli astri,
    lanci di peso il mio corpo nelle tenebre del tartaro,
    nella ferrea vertigine della Necessità.
    Ma per me non ha la morte."

    Ermes invita le Oceanine ad abbandonare Prometeo, ma loro rifiutano:

    "A questa voce, a questo consiglio
    siamo sorde.
    Questa parola che ci getti avanti
    non si sopporta.
    Perchè ci inviti ad essere vili?
    Insieme a lui si deve patire tutto.
    Imparammo a odiare chi tradisce,
    tra tutti i mali del mondo
    è quello che si disprezza.
    "

    Ermes se ne va, si sentono dei rumori.
    Prometeo:


    "Non è più parola. La terra trema.
    E' l'urlo cupo, sordo del tuono,
    il bagliore del lampo, il vortice del fuoco
    turbina polvere, i venti si lanciano
    violenti, in lotta aperta,
    cielo mare sconvolti.
    E' la mano di Zeus su me,
    visibile, viene: io tremo.
    Guardate, tu santità di mia madre,
    tu cielo che volgi la luce del mondo:
    quello che soffro è contro la giustizia."
     
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