La cura Bandura

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  1. Albert Schweitzer
     
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    Dar vita ad una nuova società che valorizzi le diversità, e tra esse l'introversione, anzichè reprimerle, non credo sia un'utopia ma qualcosa di realmente possibile. E' solo una questione di tempo. Orientativamente penso che potrebbe richiedere almeno un tempo pari a 1.000 generazioni, ovvero 20.000 anni. E' possibile però che nessuna persona introversa veda mai una simile società perchè è più probabile che la specie umana si estingua prima autodistruggendosi. Comunque sia 1.000 generazioni di tempo non ce le ho, al più quattro se mi andrà bene.

    Dai suoi scritti però ho tratto la possibilità di migliorare la mia condizione di vita di introverso, e la ringrazio, seguendo quattro indicazioni. La prima quella di riconoscere che l'introversione è una condizione naturale sana da rispettare; la seconda, che discende dalla prima, quella di evitare qualunque tentativo di estrovertimento; la terza quella di iscriversi ad associazioni vocazionali, perchè se è una lotteria trovare l'indirizzo di studio vocazionale il lavoro vocazionale eccetera, trovare una associazione vocazionale è facile da farsi in pochi tentativi; la quarta quella di ridurre il pregiudizio nella sfera delle persone a noi più vicine che si può ragionevolmente sperare di ottenere anche in una sola generazione, cioè in una parte limitata della nostra vita tale da lasciare ancora una buona fetta di vita di relativo benessere. Se le prime tre indicazioni sono più o meno semplici da realizzare la quarta invece richiede un sistema per la riduzione del pregiudizio. Ed è quì che io lego le sue idee ad Albert Bandura ed alla sua teoria sul senso di autoefficacia. Quello che ho fatto, e che stò ancora facendo, per ridurre il pregiudizio è di lavorare sull'autoefficacia in modo da aumentare la mia efficienza in abilità pratiche già acquisite, la fiducia in me stesso sulla possibilità di sviluppare efficacia in futuri problemi sempre di ordine pratico, e per ultimo la mia cultura della praticità quotidiana. Per essere più chiaro faccio un esempio. Non sono mai stato tanto attratto dalla tecnologia, ad un computer ho sempre preferito un libro. Per sviluppare autoefficacia mi sono applicato all'informatica sottoponendomi ai problemi più svariati. In questo modo ho alimentato la mia cultura del computer ma anche il mio senso di autoefficacia perchè adesso qualunque imprevisto cibernetico mi si potesse presentare non mi spaventerebbe più perchè sò che, questione di studiarci, potrò risolverlo. Dal punto di vista sociale investire sull'autoefficacia ha sicuramente migliorato la mia condizione di introverso andando a migliorare il giudizio sociale che ricevo dalla gente con cui mi relaziono. Quando dimostro alle persone che sono efficace di fronte a problemi di ordine pratico e che, talvolta, posso persino dare lezioni agli altri, vengo rivalutato un tipo in gamba anzichè un soggetto inadeguato, magari anche a priori visto i pregiudizi sull'introversione. Oltre questo è migliorata la mia capacità di tenere conversazione perchè di solito gli estroversi non parlano di fisica quantistica ma di contratti assicurativi per le autovetture, ad esempio. Mi sono chiesto se questo mio modo di fare non sia una forma particolare di estrovertimento, ma io penso di no, anche perchè, volendo dire la verità, nel quotidiano mi ci trovo immerso pure io e sapersela sbrigare è tanto di guadagnato per tutti, non solo per gli estroversi. Essermi alfabetizzato nell'informatica è stato utile e necessario a non trovarmi fuori dal tempo in cui vivo, l'ho capito solo dopo averlo realizzato. Semmai quello che faccio potrebbe essere una forma di adattamento ad una società in cui gli estroversi sono largamente maggioritari. Quando ci si reca in una nazione straniera non bisogna adottarne gli usi e costumi ma dobbiamo almeno imparare a parlarne il linguaggio se proprio vogliamo stabilirci all'estero. E il linguaggio degli estroversi è basato molto sulla praticità del vivere ordinario. Magari resterò quello che non sà scherzare ma non quello che non apre mai bocca.

    Secondo Lei Dottore la mia intuizione è una buona intuizione e può essere utile? O invece è sbagliata e comporta dei rischi?
    Grazie
     
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  2. Luigi Anepeta
     
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    Da quasi tutte le teorie prodotte in ambito psicologico si può trarre qualcosa di buono e di utile. La self-efficacy di Bandura è un concetto estremamente interessante nella misura in cui sottolinea la capacità di un soggetto di autoregolarsi riflessivamente e quindi di maturare in virtù dell’interazione con il mondo sociale. I limiti del pensiero di Bandura sono quelli propri degli psicologi statunitensi: primo, l’attribuzione all’individuo di un’illimitata capacità di cambiamento (nell’ottica dell’ideologia statunitense del self-made man); secondo, il riferimento all’ambiente esterno come un insieme di opportunità, che non tiene conto della connotazione storico-sociale di esso. Questi limiti sono evidenti in uno degli assiomi più famosi di Bandura: quello secondo il quale “credere in noi stessi non ci assicura il successo, ma non credere ci assicura il fallimento”: assioma il quale implica che la self-efficacy dipende dalla valutazione che un soggetto ha di se stesso.
    Gli introversi, come noto, hanno una tendenza pressoché costante all’autosvalutazione, che è una conseguenza del modello normativo estroverso socialmente dominante. Per avviare il loro processo di autorealizzazione devono, dunque, fare i conti criticamente con esso e, in una certa misura, affrancarsene.
    Su questa base, adottare il modello di Bandura può avere senz’altro risultati positivi.
    Del resto è noto che non esiste un’introversione assoluta. In ogni introverso c’è una componente estroversa che, nel corso della vita, dovrebbe dispiegarsi. Tale dispiegamento non comporta il pericolo dell’estrovertimento che, in senso proprio, implica il rifiuto dell’introversione e la tendenza a non coltivare più in alcun modo il rapporto con il mondo interiore.
    Aver cura riflessivamente del mondo interiore e arricchirlo attraverso l’interazione con il mondo esterno, che va compreso criticamente nelle sue molteplici contraddizioni, è la via aurea che può assicurare agli introversi di rimanere fedeli a se stessi e, al tempo stesso, di integrarsi nel mondo in maniera originale.
     
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  3. Albert Schweitzer
     
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    Mi ritengo soddisfatto della risposta. Anch'io come Lei, Dottore, ho una vera idiosincrasia per il mondo Nord-Americano. Bandura è Canadese e forse lui vive in un'isola felice rispetto agli U.S.A. ma Jerome Kagan è statunitense come lo è anche la Caine per i quali nutro una certa considerazione. Solo questo mi salva da bollare tutto ciò che arriva dall'altra sponda dell'atlantico senza prima avergli dato almeno un'occhiata. Grazie.

     
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  4. Luigi Anepeta
     
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    La carriera universitaria di Bandura si è realizzata negli USA. E' stato anche prsidente dell'Associazione degli psicologi statunitensi.
    La cultura statunitense ha i suoi valori, ma anche i suoi limiti, che sono del tutto evidenti, con rare eccezioni, nelle teorie psicologiche.
     
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  5. Albert Schweitzer
     
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    La ringrazio per la precisazione.
     
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4 replies since 27/11/2018, 19:37   164 views
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