Protocollo n.3

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  1. Albert Schweitzer
     
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    Cercando notizie su internet riguardo l'introversione mi imbatto molto spesso nell'idea di una struttura continua tra introversione ed estroversione, ovvero che ogni persona ha in sè una quota di introversione ed un'altra di estroversione, che quindi si dia un continuum tra i due poli. E' una ipotesi che ha una sua dignità scientifica purché non si dimentichi che è una ipotesi indimostrata e, forse, indimostrabile, e che l'idea che invece ci sia una discontinuità netta tra introversi ed estroversi è una ipotesi scientifica che ha pari dignità della prima. La discontinuità netta in natura esiste e un esempio lo troviamo nelle formiche dove, escludendo i maschi e la regina, ogni singolo individuo della colonia può essere soltanto un'operaia o soltanto una soldatessa, senza una via di mezzo. Le formiche però esistono sulla terra da più di 100 milioni di anni e l'evoluzione ha avuto tempo sufficiente per raggiungere un risultato perfetto. Una terza ipotesi è quindi che la selezione naturale stesse lavorando su di noi come sulle formiche ma avendo avuto così poco tempo, visto che la nostra specie è relativamente giovane, ha prodotto un risultato imperfetto cioè che la divisione tra introversi ed estroversi non è perfetta ed esistono delle vie di mezzo. Quando mi è capitato sentirmi dire da alcune persone che non sono ne totalmente estroverse e neanche totalmente introverse non vedo perchè non dovrei crederci, in fondo ognuno conosce nella propria anima il proprio modo di essere. Nel momento in cui ho desiderato organizzare la conferenza sull'introversione ne ho parlato con una mia collega laureata in psicologia e disabile visiva. La prima cosa che mi ha detto è stato che la gente non sarebbe venuta ad ascoltare un tema così noioso. In realtà poi la gente è venuta e si sono trattenuti oltre la fine dell'orario previsto a dimostrazione che il tema ha riscosso interesse. Dopodichè mi ha detto che avendo lei stessa lottato tutta la vita per uscire dalla diversità, allo scopo di affermare la sua normalità, non capiva il mio percorso al contrario di affermazione della diversità. Le sue parole sono state che dovevo smetterla di considerarmi un diverso e pensare piuttosto ad aprirmi con la gente per risolvere così i miei problemi di coesistenza con gli altri. Credo di avere conosciuto solo poche persone autenticamente introverse nella mia vita ed uno di queste è il mio odontoiatra. Lui ha uno studio dove lavora da solo, non ha neanche l'aiuto di una segretaria. Se lavorare in solitudine è la condizione ideale per gli introversi allora io mi trovo in una condizione assolutamente non ideale perchè il mio lavoro comporta la necessità di essere sociale con la clientela della mia azienda e socievole con i colleghi del mio reparto lavorativo. Nella conferenza ho detto che essere riuscito ad essere performante con la clientela ho potuto spiegarmelo con dei vantaggi associati all'introversione ovvero il sapere ascoltare e l'empatia. Riguardo i colleghi di lavoro ho detto che pur essendo il meno loquace e scherzoso del gruppo, sono riuscito ugualmente a farmi apprezzare, perchè allo stesso tempo è vero che sono il più corretto, il più partecipativo ai raduni sociali, il più solidale con i colleghi, la persona del gruppo con più alto senso di cameratismo. Ritengo che questi vantaggi derivino dall'essere io bambino d'oro. Il protocollo n.1 di un'azione preventiva in ottica antipsichiatrica è quello che chiamo metodo Anepeta consistente nel riconoscere che l'introversione è una condizione naturale sana, che non và effettuato alcun tentativo di estrovertimento, che è utile partecipare ad associazioni vocazionali basate sulla cultura o sulla natura e che infine bisogna impegnarsi a ridurre il pregiudizio nella sfera di quelle persone, familiari parenti vicini di casa colleghi amici eccetera, con cui ci si relaziona nella vita di tutti i giorni. C'è da sottolineare che se ciascuno dei tre milioni di introversi italiani sconfiggesse il pregiudizio in almeno venti persone da lui conosciute e in un tempo di almeno alcuni anni allora alla fine di quegli anni il pregiudizio scomparirebbe da tutta la popolazione. Il protocollo n.2 di un'azione preventiva in ottica antipsichiatrica l'ho chiamato metodo Bandura consistente nel coltivare il senso di autoefficacia e la cultura stessa dell'efficacia per uscire dal pregiudizio di inadeguatezza e per migliorare la capacità di conversazione con le persone. Il protocollo n.3 di un'azione preventiva in ottica antipsichiatrica è orfano di psicologo perchè è una mia intuizione. Dal mio punto di vista gli introversi sono come una minoranza linguistica all'interno di una nazione. Se pensiamo ad una minoranza linguistica presente in Italia una è quella dei Sud-Tirolesi. In quanto minoranza linguistica hanno il diritto di usare il Tedesco perchè è la lingua dei loro avi ma al tempo stesso hanno il dovere di saper parlare anche in Italiano perchè è la lingua più diffusa della loro nazione, visto che fino a quando non ci sarà un referendum per la secessione i Sud-Tirolesi sono pur sempre Italiani. Per risolvere il problema della socievolezza con i colleghi non ho cercato appigli ne nella realizzazione di una qualche forma di estrovertimento ne in una mia eventuale componente estroversa della personalità da potenziare. Ho semplicemente riflettuto che, confermato il mio diritto a restare egosintonico con l'introversione, avevo il dovere di conoscere anche il linguaggio degli estroversi. Cosa intendo dire con questo? Faccio degli esempi. Io, per mia natura di introverso bambino d'oro, mi rivolgerei a tutti dando del lei e passare al tu solo dopo tempo dalla conoscenza e chiedendone il permesso. Farei così pensando di esprimere la mia amichevolezza con l'educazione. Il linguaggio degli estroversi è diverso. Loro quando danno del tu lo fanno per esprimere simpatia e solo di fronte ad un conflitto passano al lei. Altro esempio. Io per salutare direi a tutti buongiorno e buonasera sempre per rispetto. Gli estroversi invece per esprimere amicizia dicono ciao. Io non stringerei neanche la mano, gli estroversi per esprimere amicizia chiedono il bacio simulato guancia con guancia, e se proprio ti vogliono dire che gli fai molta simpatia, il bacio simulato non è solo su una guancia ma su entrambe. Gli esempi potrebbero continuare. Quando nel corso della conferenza mi hanno chiesto se avrei preferito essere estroverso ho detto che non potevo dire di preferire qualcosa che non ho mai sperimentato. Avrei potuto dire di più. Se fossi stato estroverso penso che avrei avuto una vita con meno problemi ma il piacere per l'arte la cultura e il sapere in generale che nutro credo che sia così intenso proprio per l'introversione. Ad essere estroverso ci avrei guadagnato per un verso ma ci avrei perso per un altro verso. Va bene quindi essere come sono ma gli introversi che non hanno il privilegio di poter lavorare da soli se vogliono ridurre l'ostilità che potrebbe investirli per il loro modo di essere devono imparare ad usare il linguaggio degli estroversi, almeno secondo me. A scanso di equivoci voglio dire esplicitamente che confermo che l'estrovertimento è deleterio ma che è un'altra cosa. Non stò dicendo che bisogna sforzarsi di farsi amare il calcio per parlare di questo sport con i colleghi. La metafora migliore è quello di imparare il linguaggio di un'altra specie animale. Se guardo fisso un cane perchè mi piace è possibile che come ringraziamento otterrò un morso perchè nel linguaggio dei cani lo sguardo fisso significa aggressività. Se dò una grattatina nel collo di un gatto lui farà le fusa ma se lo gratto in un'altra parte del corpo potrei essere graffiato. E così via. Io sono rimasto me stesso ma i miei rapporti con le persone sono senz'altro migliorati. Le chiedevo di valutare rischi e benefici per questa mia tattica di vita. C'era però anche un'altra riflessione che volevo avviare. Mi spiace sapere che l'associazione da Lei creata viva un momento buio. Io credo però che al suo lavoro straordinario gioverebbe la scelta tattica di strutturare un protocollo sanitario, di prevenzione e in ottica antipsichiatrica, va bene, ma sanitario, oltrechè sociologico. Se è già così allora forse non ho letto tutti i suoi scritti oppure li ho male interpretati. Se si guarda al forum della fobia sociale, dove penso sia numeroso lo stuolo di giovani introversi, sembra che loro stessi preferiscano pensarsi malati per coltivare la fede in una terapia che possa alla fine guarirli. Proprio oggi nell'incontrare la collega psicologa le ho detto che lei ha ragione di esortarmi a risolvere con l'introversione. Le ho detto che va fatto, sì, ma che va fatto in modo diverso da quello che pensa lei. Mi scuso per la prolissità.
     
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  2. Luigi Anepeta
     
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    Il protocollo 3 è un'intuizione geniale, che meriterebbe di essere inserita nela saggio sull'introversione...
    Il protocollo sanitario l'ho proposto in tuti gli scritti antipsichiatrici, e, di recente, nel Manuale di Psicopatologia strutturale e dialettica (https://www.mondadoristore.it/Manuale-Psic...ai978889780430/). Il problema è che ben pochi leggono i miei libri.
    Gli introversi sono demotivati. La prova è che nessuno interviene in merito a questa discussione.
    Io poi sono alla fine della mia carriera intellettuale e umana...
     
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  3. Albert Schweitzer
     
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    Esistono le contingenze storiche per i popoli ma esistono anche le contingenze biografiche per gli individui. E' solo per una contingenza biografica che il mio odontoiatra introverso lavora da solo, senza colleghi infermiere e segretarie, e invece io, al contrario, devo lavorare a stretto contatto con fin troppe persone. Che dovrei fare? Licenziarmi? Potrei solo entrare in un circolo vizioso in cui non avendo risorse con cui vivere non potrei migliorare la mia esistenza e non potendo migliorare la mia esistenza svilupperei del malessere il quale a sua volta peggiorerebbe le mie possibilità di trovare un nuovo lavoro tornando così al punto di partenza, chiudendo il circolo, innescando però un meccanismo perverso che si autosostiene. Che il lavoro vocazionale per l'introverso sia quello in solitaria non è una soluzione. Posso allora pensare che ho anch'io la mia quota estroversa dentro di me e che devo coltivare quella. Potrei adottare questa idea, va bene, ma per ogni risultato positivo dovrei poi sentirmi dire "lo vedi che estroverso è meglio di introverso"? Il pregiudizio uscirebbe dalla porta e rientrerebbe dalla finestra. Neanche questa allora è una soluzione. Non disprezzo il modo di essere estroverso, al massimo solo qualche estroverso per il suo modo di vivere che è un'altra cosa. Io però non sento di avere nulla di estroverso in me. E l'unico modo per combattere il pregiudizio, secondo me, è assumere il punto di vista per cui il corredo genotipico introverso che la natura mi ha dato è di per se bastevole a rendere l'individuo autosufficiente per vivere una buona vita. Se non sei il più simpatico, quello che parla sempre di calcio donne e motori, non cambia molto salutare dicendo ciao e dando del tu anzichè dire buongiorno e dare del lei. Non ho certo scoperto la formula per trasmutare il piombo in oro, ma che altro potrei fare? Se fosse così sarei iperadattato e non dovrei sentirmi piovere addosso da qualcuno, di tanto in tanto ma ancor oggi, delle ripetute insolenze al limite del micromobbing. L'incontro tra introversi ed estroversi lo ritengo possibile ma non credo si realizzi quando gli introversi con tempo diventano un pò estroversi e gli estroversi diventano un pò introversi. Se avviene, si realizza perchè gli introversi e gli estroversi arrivano ad incontrarsi sulla base della saggezza, perchè tanto gli uni quanto gli altri crescono in saggezza con il tempo. L'unica mia genialità è stata dirmi "resistere, resistere, resistere". E riflettere, che poi è il mio mestiere di introverso. Fra le tante cose che faccio per parlare il linguaggio degli estroversi c'è anticipare la diffusione delle competenze lavorative. Se imparo qualcosa devo diffonderla ai colleghi a maggior ragione se vedo un collega in difficoltà. Dimostro così un elevato senso di cameratismo, che viene molto apprezzato. Fare questo non mi riesce per niente difficile. Credo poi che in realtà stò solo agendo sul bisogno di appartenenza che è in me, essendo io un bambino d'oro. Per facilitare il mio rapporto con i colleghi potrei anche imparare le regole del calcio, seguire le partite e partecipare ai commenti del lunedì. Il rapporto costi benefici sarebbe a me conveniente. Perchè questo non lo faccio allora? Che in ogni introverso ci sia sia una componente di bisogno di appartenenza ed una di bisogno di individuazione questo sì che lo credo e sono disposto a metterci la mano sul fuoco. A me non piacciono gli sport che prevedono un vincente che si afferma su un perdente. Farmi piacere il calcio significherebbe creare un falso me e per evitare che questo accada interviene il mio bisogno di individuazione che mi blocca. I bisogni sociali di appartenenza e di individuazione mi autoregolano quindi, il primo mi spinge ad essere sociale fino al punto di parlare il linguaggio degli estroversi, il secondo mi blocca prima di agire un vero e proprio estrovertimento. La genialità in questo caso è della natura. Imparare il linguaggio degli altri è saggezza. Vale per tutti. Chi vuole allevare un cane deve conoscere il linguaggio del cane. Il cane è solo un lupo che ha cambiato aspetto perchè l'uomo glielo ha fatto cambiare. Ma per quanto sia di aspetto diverso dentro di sè continua a pensare come un lupo. Quando alcuni cani attaccano i bambini piccoli, nuovi arrivati in una famiglia, viene spiegato con il fatto che il cane ha provato gelosia per chi lo ha sostituito in maggiori attenzioni. Questa interpretazione pecca di antropocentrismo. Il cane non ha una psicologia umana ma da lupo. Il lupo è un animale gerarchico. Ogni individuo conosce la propria posizione gerarchica nel branco. La gerarchia regola il diritto ad alimentarsi ma ancor più a riprodursi. Se qualche individuo salta la gerarchia il lupo attacca. Quando un cane uccide un bambino nuovo arrivato in famiglia, ma recentemente c'è stato il caso di un cane che ha staccato un braccio alla nuova fidanzata del padrone, non è per gelosia ma per violata gerarchia. Sapere questo è forse più importante che sapere che per il nostro cane il cioccolato è veleno. Che però i miei colleghi estroversi li tratto come cani spero che nessuno vada a riferirglielo...
     
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  4. Luigi Anepeta
     
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    Per non drammatizzare il rapporto con gli estroversi, basta che un introverso rifletta sul fatto che, se fosse nato con un corredo orientato alla normalizzazione, vale a dire all'accettazione del mondo così com'è, egli si ritroverebbe a vivere come vivono gli estroversi, in maniera conforme ai codici culturali propri della maggioranza. Questo è il principio della comprensione critica della realtà umana, alla quale ho dedicato un saggio (https://www.mondadoristore.it/comprensione...ai978889780424/), che ritengo essenziale per gli introversi al fine di vivere meglio.
     
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  5. Albert Schweitzer
     
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    Grazie.
     
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  6. Mari Gi
     
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    credo di agire inconsapevolmente il protocollo n.3 da un paio d'anni, avendo iniziato a farlo nel primo ambiente lavorativo che mi abbia permesso un minimo di spazio di manovra (le esperienze precedenti erano in contesti invivibili che mi immobilizzavano, in ruoli che non riuscivo minimamente a sostenere, come la barista).
    pur essendo introversa e avendo avuto durante il corso della vita (ho 25 anni) pochissime relazioni e ancor piu scarsa vita sociale, a lavoro riesco ad "affermarmi" grazie al senso dell'umorismo e ad una specie di schiettezza, vissuta però cercando di far traspararire sempre le mie buone intenzioni di fondo, sia con il linguaggio verbale che non (non uso mai toni forti, ho sempre il sorriso, ecc.).
    il risultato è che paradossalmente a volte mi sento piu' estroversa dei miei colleghi estroversi, in certe situazioni, e questo mi ha fatto dubitare della mia natura.
    è vero che nel momento in cui il discorso torna su un piano molto molto ordinario e concreto ("small talk") posso assistere, come se fossi spettatrice esterna, al mio rapido ritiro dalle scene. io mi muovo bene nel mondo della battuta, dello scherzo, del commento sarcastico; quando si parla invece di cose estremamente concrete in modo fine a sé stesso (della spesa da fare, dei locali migliori in zona, ecc.) ecco che il mio interesse svanisce rapidamente. credo e spero che sia questa la linea di demarcazione dall'estrovertimento, ovvero nel non fare alcuno sforzo per partecipare a discorsi che mi prosciugherebbero energicamente e basta, come tu ( :yes.gif: ) non ti presteresti mai a parlare del pallone per sentirti parte del gruppo.
    non potrei dire nemmeno però che questo sia un comportamento totalmente appreso. in parte lo è, perché sto "simulando" qualcosa appreso esternamente che mi dà una cert'aria di "sicurezza", banalmente per compensare l'insicurezza installata ad un livello molto piu profondo di me, con una strategia stile la difesa è il miglior attacco. questo infatti a volte provoca la paura dello smascheramento (piu con i superiori, che ovviamente esercitano maggiore soggezione). forse è qui che viene meno l'allaccio con il tuo discorso, perché mi sembra tu attua i tuoi comportamenti per scelta di quieto vivere con te e gli altri; per me è una questione piu conflittuale nel senso di tentativi di risolvere vissuti psicologici passati.
    in parte è un comportameto naturale perché la giocosità ed il non prendersi sul serio, se stagliati su un sottofondo di implicta accettazione e benevolenza, mi appartengono profondamente.

    spero di non essere andata fuori argomento e ti faccio i complimenti per i tuoi contributi su questo forum, li ho trovati veramente interessanti.
     
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  7. Albert Schweitzer
     
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    Ciao Mari e grazie del tuo intervento che centra l'argomento e porta un contributo. Su internet liste di suggerimenti per gli introversi se ne trovano tante, per lo più insulse, mentre liste di suggerimenti per estroversi non ne ho mai vista nessuna. Già la semplice idea che gli introversi per vivere abbiano bisogno di una lista di suggerimenti non è proprio bella. Comunque sia mentre per i suggerimenti dati dal Dottore non ho alcun dubbio, le strategie di adattamento che ho attuato ovvero la self efficacy di Bandura e il bilinguismo con gli estroversi le vedo anch'io non esenti da rischi. Il senso di inferiorità generato dalla disistima che mi ha investito a causa del pregiudizio ho provato a risolverla lavorando sul senso di autoefficacia così come formulato da Bandura ma mi sono sempre chiesto se non ho sostituito una forma di nevrosi con un altra. Per farti un esempio non ho e non ho mai avuto WatsApp perchè non mi interessa avere questo strumento di messaggistica. Tuttavia so che "dovrei" averlo per il senso di autoefficacia ed anche per non essere tagliato fuori dalla "small talk tecnica" dei miei colleghi estroversi. Diventare compulsivi nell'apprendere qualcosa di nuovo che peraltro non ci interessa non credo sia tanto salutare anzi mi sembra proprio una forma di nevrosi. Al momento resisto magari tra una settimana mi dirò in maniera ipnotica che "devo" avere anch'io WatsApp. :) Anche la seconda idea quella del bilinguismo è rischiosa perchè qualunque psicologo potrebbe usarla come conferma che l'introverso deve smettere di essere chiuso ed aprirsi agli altri, che poi è un modo gentile di invitare a normalizzarsi con l'estrovertimento. Se non fossi insicuro delle mie idee non avrei chiesto il parere del Dottore. Serve trovare una quadra per restare nell'autenticità e stare lontani da qualunque forma di estrovertimento anche originale. Non sono sicuro di avere trovato questa quadra ma io penso questo. Io sono fiero di essere un introverso e fiero di essere un bambino d'oro e non desidero essere niente di diverso. L'idea dominante è che in ogni individuo c'è una componente introversa ed una estroversa ma io contesto questa idea rifiutandola, dentro di me non c'è alcuna componente estroversa. Rifiuto anche l'idea di transizioni dall'essere bambino d'oro a introverso difficile. Sono consapevole che i difficili sono visti come più fieri e i d'oro come mollicci ma, ripeto, sono e resto d'oro e ne sono fiero. E rifiuto anche l'idea che il genotipo introverso renda l'individuo parzialmente disadattivo. Io credo invece che il genotipo introverso renda l'individuo del tutto autosufficiente e in grado di andare per il mondo con le proprie gambe. Il primo punto di quadra lo trovo nella fierezza di essere quello che sono e questo è un valore che va difeso e coltivato sempre. La seconda cosa che penso è questa. Io non sono una persona sociale perchè non ho amici, non ne ho mai avuti, e nel tempo libero coltivo con tranquillità i miei interessi hobby e passioni. Un conto però è essere sociali e un altro è essere socievoli. Quando socializzo con i familiari i parenti i condomini e i colleghi questo non mi fa smettere di essere asociale, resto sempre l'orso che nel tempo libero vede nei propri interessi i migliori amici. :) E infine la terza cosa che penso è questa. Io non è che sono solo introverso io sono anche un bambino d'oro. Per il fatto di essere introverso sono vincolato ad avere una mente che non smette mai di pensare. Per il fatto di essere un bambino d'oro sono vincolato al bisogno di appartenenza. Se uno psicologo mi dicesse che quando mi dimostro socievole faccio bene a privilegiare la componente estroversa che c'è in me gli risponderei che si sbaglia, che in realtà sto solo dispiegando il mio bisogno di appartenenza. Mentre per l'introversione si brancola nel buio i bisogni di apparteneza/individuazione sono piuttosto popolari anche tra i non addetti ai lavori. A questo punto però lo psicologo mi chiederebbe perchè visto il bisogno di appartenenza nel tempo libero non ho amici. Gli risponderei che in una nazione dove le percentuali tra introversi ed estroversi fossero invertite sarebbero gli introversi ad essere pieni di amici! :)
    P.S. Per la spesa devi registrarti nel sito DOVECONVIENE, si risparmia approfittando delle offerte, mentre per i locali devi utilizzare il sito TRIPADVISOR. :) Fermo restando che il mio più autentico desiderio sarebbe che almeno un giorno alla settimana, o al mese, o anche all'anno, tutti i colleghi venissero al lavoro con la faccia triste e volessero parlare solo di quanta sofferenza c'è per il mondo. Invece vedo una realtà che sembra un'eterna scuola media, dove si deve solo scherzare. E poi c'è la noia del calcio. A parte il volume di milioni e di violenza che ruota attorno al calcio esaminata dal punto di vista logico-matematico la tifoseria non ha senso perchè viste nel corso delle ere geologiche tutte le squadre, per un fatto puramente statistico, avranno vinto e perso lo stesso numero di volte. Naturalmente se lo dicessi ai colleghi mi prenderebbero per pazzo. E' sufficiente che pensino di me, come dicono, che sono un introverso socievole... :)
     
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    Ciao, la discussione è davvero interessante e tra le altre cose intervengo perchè il nome che hai scelto mi ha incuriosito. Inizialmente ho pensato che tu fossi di origini austriache o tedesche ma qualche giorno fa ho letto su un libro di E.Fromm il nome Albert Schweitzer e ho scoperto che era un medico franco-tedesco che nel 1952 ha vinto il premio nobel per la pace. Dopo un pò mi sono ricordato dei tuoi recenti interventi sul forum e ho ricollegato. Ci ho visto giusto?
    Il protocollo n.3 è senz'altro una via giusta che ha un introverso per vivere in questa società. Io, come te mi sembra, avevo inconsapevolmente fatto proprio il protocllo n.2, quello che tu hai definito metodo Bandura. Devo dire che con il passare del tempo mi ha portato a una crisi profonda.
    Diversamente da te non sono un introverso docile, io sono oppositivo e pertanto sono vincolato al senso di giustizia. Non credere che per noi oppositivi la vita sia più facile perchè data la nostra natura ribelle spesso non veniamo nemmeno riconosciuti come introversi e possiamo passare per estroversi indisciplinati se non interviene qualcuno che si renda conto della realtà dei fatti e delle nostre autentiche qualità. Noi stessi possiamo non riconoscerci nella "comunità" degli introversi e ci troviamo sperduti in un limbo, da un lato ci sentiamo estroversi iperdotati e dall'altro introversi docili. Purtroppo però non siamo nè l'una nè l'altra cosa e siamo troppo pochi per rendercene conto attraverso l'esperienza diretta. Quindi invidio il tuo senso di sicurezza mentre affermi di sentirti un introverso docile puro. Sul fatto che tu non ci tenga ad avere amici non ti capisco tanto bene anche perchè non credo corrisponda del tutto alla verità.
     
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  9. Albert Schweitzer
     
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    Evviva, siamo in tanti a partecipare! :) Si Albert Schweitzer fu un missionario laico protestante, medico e valente musicista d'organo. Ad occhio e croce mi aspetto che fosse un introversone tosto, ma vallo a sapere. Nel corso della mia vita ritengo di avere conosciuto pochissime persone introverse e fra questi nessun oppositivo/difficile. Ho potuto figurarmi un introverso difficile solo vedendo il film Il Riccio. Il personaggio della giovanissima Paloma credo corrisponda ad un introverso difficile perchè è in conflitto con il mondo. Pensando a me bambino in parte mi riconosco in questo personaggio in parte no. E' come vedere un cugino. Sulla base di quello che ho scritto prima sembrerebbe che gli introversi oppositivi/difficili siano loro ad essere condannati ad essere orsi fra gli orsi. Ma non credo che sia così. Se un introverso avesse l'ideale del comunismo e andasse a vivere in un centro sociale penso che sulla base del comune ideale socializzerebbe benissimo. Andando agli amici, ho subito un trauma nell'adolescenza quando venivo stigmatizzato per il fatto di non riuscire ad avere amici. Avere degli amici non mi aiuterebbe a superare quel trauma. Superare quel trauma invece mi aiuterebbe a non dover volere avere amici a tutti i costi, anche arrivando a stringere amicizie con persone diversissime da me tranne il fatto di essere sole come me. Certo che mi piacerebbe avere amici ma applico il detto meglio soli che male accompagnati, restando aperto ad ogni eventualità. Dopodichè tutti gli estroversi che conosco si dichiarano amici di tutti e di nessuno. Vi sembra che chi parla così è poi veramente così sociale? Ciao L23, grazie.
     
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  10. Albert Schweitzer
     
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    Scusa L23 dimenticavo la tua crisi profonda per aver provato ad seguire, in maniera intuitiva, l'autoefficacia di Albert Bandura. Coltivare l'autoefficacia lo vedo come un farmaco psichico (da non confondere con psicofarmaco!). I farmaci convenzionali anche quando sono di provata efficacia vanno usati correttamente, nelle giuste dosi e con la consapevolezza che hanno anche effetti collaterali. Al momento mi stò occupando di saperne di più sulle assicurazioni on-line e sulle compagnie elettriche on-line, in particolare quelle di libero mercato, che saranno d'obbligo dal 1 luglio del 2019. Sono ossessivo compulsivo forse? Se vivessi di rendita si, ma siccome purtroppo non è così imparare queste cose mi serve per fare bastare lo stipendio. Se poi ne parlo ai colleghi mostrando la mia competenza e ottenendo un feedback positivo tanto di guadagnato. Io in passato in maniera intuitiva ho usato il farmaco psichico suggerito da Anepeta, nel saggio mi sembra di ricordare, ovvero iscriversi ad associazioni per contrastare la solitudine. Non solo non è servito a nulla ma ne sono uscito frustrato. Ma non è che il farmaco è sbagliato sono stato io che non ho guardato bene alle mie passioni, che non cercato bene e che non ho perseverato a sufficienza, lo riconosco. Come dire: se sei portato per il bridge ma ti iscrivi a scacchi non funzionerà. Se per dimostrare agli altri di valere hai cercato di mostrarti efficace ma ti ha fatto stare peggio hai fatto bene a non perseverare. Che ci piaccia o no siamo sbarcati su un pianeta di estroversi. Anche i suggerimenti buoni devono essere accompagnati da una buona dose di mandata affanculo della società con le sue ipocrite convenzioni sociali che l'umanità ha costruito. Per essere liberi anche questo è medicina secondo me.
     
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    Sicuramente gli introversi hanno bisogno di socializzare in modo qualitativamente superiore rispetto agli estroversi. Questo significa che quando trovano qualcuno affine diventano anche più socievoli degli estroversi. Credo che sicuramente la società ha tante ipocrisie e che andrebbero combattute. Diciamo che questo è stato già fatto negli ultimi decenni ed è stato giusto, si è prodotta una società con meno restrizioni morali, migliore per certi aspetti ma che mantiene ugualmente tantissime ipocrisie. Quella che è mancata è stata la capacità di dare vita a una nuova morale all'interno della quale riconoscersi tutti, introversi ed estroversi. Gli estroversi non avrebbero troppi problemi ad inserirsi in un contesto di questo genere (a patto che si tratti realmente di una nuova morale, in grado di non suscitare il malcontento) e gli introversi troverebbero finalmente una dimensione generale accogliente e vivrebbero le loro vite rispettati e amati. In un clima di questo genere gli introversi non apparirebbero più cupi, incattiviti e rassegnati e anzi sarebbero pieni di vita come o anche più degli estroversi. Credo che l'evoluzione delle nostre società vada in questa direzione e prima o poi si realizzerà una sorta di coscienza globale, una morale che non sia più quella del paese di provincia o del singolo stato nazionale o di una religione fra tante ma che sia rappresentativa di tutto il genere umano. Fino a quel momento dovremo lottare per affermare principi di giustizia e solidarietà e contemporaneamente vivere le nostre vite. Mi sembra una condizione simile a quella dei primi cristiani ma in fondo è una condizione molto comune alle persone sensibili in tutte le epoche perchè è vero che il Cristianesimo esiste da 2000 anni ma in questi due millenni quante persone sono state veramente cristiane? molto poche direi dato che non si è fatto altro che farsi la guerra.
    Credo che trovando questa nuova dimensione anche i problemi legati alla superefficienza (o perfezionismo) scomparirebbero automaticamente. Chiaramente se un singolo trova una dimensione che non è condivisa da nessun'altro rischia di soffrire e le sue capacità cognitive possono risentirne (credo che sia il mio caso per esempio) ma nel momento in cui la sua dimensione etica viene condivisa anche da altre persone a lui care anche le sue capacità cognitive migliorano ed essere efficienti diventa un fatto naturale. Per esempio se due persone hanno le stesse convinzioni etiche riescono a lavorare meglio insieme e la qualità delle conversazioni e del lavoro che producono si alza notevolmente, al contrario due persone che hanno convinzioni completamente diverse fanno fatica a collaborare se non si sforzano di trovare una base etica comune. In effetti iscriversi ad un'associazione umanitaria può avere un senso se in qualche modo riesci ad imporre la tua dimensione etica o se quell'associazione ha una dimensione etica che accetti e che fai tua. Nel momento in cui questo non avviene rischi solo di rimanere duluso. In questo senso la LIDI era un esperimento davvero intelligente. Infatti anche se non si tratta di un'associazione umanitaria in questo caso la dimensione etica è sufficientemente approfondita. Il motivo per cui non ha riscosso troppo successo mi è effettivamente oscuro ma immagino che sia relativo al fatto che questo genere di cose è già abbondantemente occupato dalla chiesa, non ci si fida facilmente di associazioni che si occupano della morale.
     
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  12. Albert Schweitzer
     
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    Gesù di Nazareth idealizzava un mondo privo di violenza ma è morto giovane. Anche se però fosse morto di vecchiaia non avrebbe visto realizzarsi il suo ideale visto che ancora oggi dopo più di duemila anni il mondo è pieno di violenza. Comprando un qualunque cellulare nonostante lo scambio di gentilezze con la commessa quel dispositivo veicola tutta la violenza patita nelle fabbriche dagli operai cinesi che lo hanno costruito. Se avessi potuto scegliermi il lavoro avrei scelto la guardia forestale. Una volta partecipai ad una escursione in una riserva naturale guidati dal direttore della riserva. Lui accompagnava un gruppo di trenta persone ma era più in simbiosi con il bosco e tutti gli esseri viventi che conteneva. Non potendomi scegliere il destino il destino ha scelto per me e mi ha assegnato un lavoro d'ufficio con un gruppo di venti persone tutte estroverse. Ma c'è di più. Con questo gruppo di persone non devo solo dividere uno spazio fisico ma devo fare un lavoro di squadra. Infine bisogna considerare che negli ambienti di lavoro le persone non sono automi ma continuano ad essere umani. Poichè come introverso avrò un mondo interiore alimentato da pensieri resta pur sempre vero che possiedo anche un mondo esteriore alimentato dalla busta paga. Questa è la sfida che ho dovuto affrontare e che tutt'oggi affronto giorno per giorno. Nonostante l'homo sapiens non è fatto per vivere al di sopra dei tropici possediamo dei meccanismi di adattamento al freddo perchè esposti a basse temperature comincia il tremore per produrre più calore e la vasorestrizione per disperdere meno calore. Se il nostro organismo possiede dei meccanismi di adattamento per condizioni non ideali non vedo perchè anche la mente non possa sviluppare meccanismi di adattamento. Estrovertimento e adattamento sono due cose diverse. Se fossi un introverso estrovertito nessun collega mi percepirebbe come introverso e io stesso non lo direi. Invece è vero il contrario dicono di me, e io stesso lo dico, di essere introverso. Nel gruppo sono tagliato fuori quando si parla di marche di cellulari o di computer o di auto, non inseguo la moda e non vado a ballare in discoteca o a scuole di tango. Non mostro insomma una maschera. Cerco solo di dimostrare che ci sono e che valgo, non posso aspettarmi che ci pensino gli altri a scoprirlo. Non faccio poi chissacchè, se i colleghi a pranzo vanno a mangiare insieme ci vado pure io, se vanno a cena fuori ci vanno pure io, se arriva un nuovo collega lo accolgo dandogli il benvenuto. Quel poco che faccio per essere accolto nel gruppo positivamente non è poi tanto distante dall'applicare le norme della buona educazione. Nei commenti precedenti ho scritto che introversi ed estroversi si incontrano lungo il tracciato della saggezza. Gli estroversi saggi apprezzano più un introverso partecipativo che un estroverso narcisista ed egocentrico. Sinceramente non sò che consigli possano dare gli psicoterapeuti agli introversi, ma se dispensano solo lavori in solitaria e perseguimento di utopie allora sono soldi sprecati, secondo me.
     
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    Non hai tutti i torti. Credo sia importante saper lavorare in gruppo e saper vivere insieme a chi non ci somiglia.
     
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  14. Albert Schweitzer
     
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    All'inizio della mia carriera lavorativa ho avuto difficoltà di accettazione e non si è trattato solo di lavoro in se perchè sono stato pure mobbizzato per il mio modo d'essere. Ero obbligato a reagire a questa situazione cercando di trovare una soluzione "onorevole". Ultimamente è arrivato al reparto un nuovo collega. Abita in una piccola cittadina in provincia ed è in contatto con la vita contadina. In ufficio per tutti noi colleghi organizza piccole colazioni e merende a base di prodotti genuini. Potrei dire a me stesso che sono introverso, e dunque, asociale, evitando di partecipare per stare da solo a leggere Nietzsche. I colleghi penserebbero che non solo sono introverso ma che sono anche un gran maleducato. Di sicuro sbaglierei perchè accetterei un pregiudizio, che l'introverso è asociale, e negherei una verità, ovvero che il mio bisogno di appartenenza è tutto fuorchè la misantropia. La seconda soluzione sarebbe di dire non partecipo non perchè sono asociale ma perchè sono vegano, anzi visto che anche le piante reagiscono ai danni inflitti, fruttariano. Sposo un ideale utopico però resto fedele a me stesso. Penserebbero di me che sono introverso, asociale, maleducato e filosofo in senso spregiativo. Oppure c'è una terza via, quella che ho messo in pratica. Oltre a partecipare a questi microbanchetti ho anche regalato al collega un pacco di cicerchie biologiche comprate al costo di due euro e cinquanta in un negozio di cibi biologici, a km0, e per vegani. Il collega ha apprezzato il regalo il pensiero e si è stupito per qualcosa che lui stesso non conosceva ovvero un legume davvero molto buono, la cicerchia. Fare gli stiliti anacoreti non serve a nulla e non credo che si possa affermare che per aver regalato una confezione di legumi ad un collega mi sono estrovertito. Sono solo stato educato, lui offre io ricambio. Ho usato Badura, dimostrando la mia efficacia sapendo qualcosa che lui non sapeva (le cicerchie), il bilinguismo, ho usato il linguaggio del collega ovvero la convivialità a tavola, e anche Anepeta perchè ricambiando un regalo al collega non per questo ho smesso di sapere chi sono.
     
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    Devo dire che io solo alle scuole medie mi sono sentito completamente fuori dai giochi mentre alle scuole superiori ero ottimamente integrato nonostante alcuni problemi. Da quando sono iscritto all'università mi sono progressivamente demotivato per via del lungo percorso che ho intrapreso, alla fine mi sono bloccato. Dover studiare tante ore al giorno senza condividere nulla di bello con le altre persone non è molto piacevole. Non lavoro quindi non so ancora come ci si sente.
     
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16 replies since 10/12/2018, 17:07   401 views
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