Umorismo introverso

Per una teoria dell'umorismo

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    Ciao, sul numero di Mind del mese di Gennaio sono stati pubblicati una serie di articoli che parlano dell'umorismo. L'argomento viene trattato in modo scientifico, si tenta di dare una spiegazione al fenomeno.
    Personalmente mi sono sempre chiesto che cosa faccia ridere le persone dato che di solito io non rido per le battute che fanno ridere gli altri. A volte però trovo qualcuno con cui divento improvvisamente ironico. Varie volte le persone si sono stupite del fatto che in realtà non sono solo un musone ma sono anche simpatico. La mia non è mai un'ironia troppo palese, è sempre un pò nascosta e mascherata. Mi chiedevo se per gli introversi l'ironia funzioni in modo diverso rispetto alla media delle persone e se è possibile essere ironici senza offendere gli altri. Infatti è frequente che un commento ironico possa essere percepito negativamente e non parlo solo del sarcasmo aggressivo ma anche dell'ironia più sottile. Dato che nella vita è molto importante essere in grado di scherzare e che forse gli introversi hanno qualche difficoltà in più ad essere ironici rimanendo fedeli a se stessi mi chiedevo se l'umorismo inteso in senso scientifico non possa diventare un interessante oggetto di dibattito qui sul forum.
    Spero nelle vostre risposte.
     
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  2. Luigi Anepeta
     
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    Il riso e il pianto sono espressioni esclusivamente umane. Basta questo a far capire che esse hanno rapporto con la complessità della mente e dell'esperienza umana. Non è per caso che l'umorismo abbia catturato l'attenzione di due grandi intellettuali (Bergson e Pirandello).
    E' noto da tempo che tra i grandi comici ci sia un rilevante numero di introversi (Charlie Chaplin, Buster Keaton, Totò, ecc.).
    L'ironia, in particolare, implica uno spirito critico che coglie le contraddizioni della realtà e le restituisce in forma tale da indurre un riso che rende tali contraddizioni consapevoli.
    In quanto univocamente dotati di spirito critico, gli introversi ha una particolare propensione all'ironia. Gli effetti sociali dell'ironia sono diversi a seconda che essa muova da una concezione negativa della realtà umana o da una comprensione critica di essa.
    Il tema, estremamente complesso, meriterebbe un dibattito.
     
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  3. Albert Schweitzer
     
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    Ciao L23. Sono come te, in genere rido poco agli scherzi degli altri perchè trovo che, di solito, sono scherzi o banali o cattivi. Scherzare però mi piace perchè a me piace tutto lo spettro delle emozioni dalle più allegre alle più tristi. Quando stò per fare una battuta io, tutti si fermano perchè sanno che per quanto raramente faccio battute quando le faccio sono epocali. :) Ho imparato che l'umorismo è un punto di forza per ridurre il pregiudizio nei miei confronti e se imparo o creo qualcosa di divertente le metto da parte come repertorio per riproporlo al momento opportuno. Quindi per quanto il mio umorismo non sia artefatto di solito non è estemporaneo. Il registro è naturalmente l'ironia oltre al gioco di parole.
     
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    Ho letto un po' il dossier di Mind che sicuramente ha il merito di mettere a fuoco la questione umorismo da molti punti di vista, tuttavia, come accade spesso per le scienze psicologiche, non si giunge a spiegare le cause, ma solo gli effetti. Descrizioni particolareggiate delle tante sfumature dell'umorismo, ma mancano la sintesi e la visione di insieme.
    Comunque Mind non è male come rivista, ricordo che in passato, quando si chiamava ancora Mente&Cervello, ha pubblicato anche un dossier sulla timidezza in cui c'era un'intervista al dottor Anepeta. Unico appunto da fare riguarda un trafiletto presente nel dossier, che sicuramente non sarà sfuggito a Lorenzo, dal titolo: “Perché alcune persone hanno più humor di altre?” che finisce con questa frase: “Un altro lato della personalità che influisce sul senso dell’umorismo è l’espansività: di solito gli estroversi adoperano (e apprezzano) lo humour più spesso degli introversi.”
    Non so che dire se non che non sono d'accordo con tale affermazione; temo che si faccia ancora confusione tra introversione e timidezza e che l'intervista al dottore fatta anni fa non sia servita a sciogliere i pregiudizi sull'introversione, perfino nella mente e nel cervello dei giornalisti di Mind.
    Ora, lasciando stare l'aspetto scientifico, ricordo che Mari Gi in un suo post parlava del suo umorismo, della sua capacità di fare ironia, come una sorta di lingua appresa per poter comunicare con gli estroversi, qualcosa che aveva a che fare col bilinguismo di cui parlava Albert. Anche io uso l'ironia per socializzare e non restare in disparte, soprattutto quando le conversazioni sono banali o toccano argomenti per me di scarso interesse (vedi il calcio). In questi casi faccio battute, giochi di parole o racconto aneddoti divertenti per non annoiarmi e nel caso portare il discorso verso temi per me più interessanti. Il tutto, comunque, facendo divertire pure gli altri.
    Ciao e scusatemi se i tempi delle mie risposte sono sempre, potremmo dire, geologici.
     
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    Grazie a tutti per le risposte, in particolare il dottor Anepeta. L'argomento è in effetti molto vasto e complesso e non è facile affrontarlo qui sul forum. Sarebbe più facile attraverso un laboratorio teatrale per introversi (ho visto che in passato la LIDI lo organizzava). Comunque, per rispondere all'ultimo commento, si ho letto quel trafiletto in cui si afferma che gli estroversi usano di più l'ironia rispetto agli introversi. Chi lo ha scritto ha sicuramente un pregiudizio verso l'introversione considerando gli esempi di grandi comici introversi riportati nel commento del dottor Anepeta.
    La discussione meriterebbe di essere approfondita. Prossimamente proverò a documentarmi con qualcosa (un film, un libro) per riportare un esempio di cui poter parlare. Forse è il modo migliore per portare avanti il discorso. Non ho mai visto un film di Charlie Chaplin ad esempio.
    Buona giornata!
     
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  6. evaldo
     
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    In effetti anche l'umorismo è qualcosa che ho dovuto "imparare". Alla fine più una recitazione perché in fondo non lo comprendo. in genere noto che quello del mio ambiente di lavoro è basato su temi autoritari, volgarità. sarò breve, è un altro mondo. spesso scherzo ma fondamentalmente lo trovo inutile come se forzassi la mia natura. attualmente mi trovo isolato in tutti i sensi. il mio umorismo non funziona o non lo sento mio.
     
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  7. Albert Schweitzer
     
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    Se posso permettermi un suggerimento, se pensi che forzi la tua natura con qualcosa che non senti tuo, abbandonala perché per la tua anima quella cosa è tossica. Non smettere invece di cercare la tua strada, anche se ci potrà volere tempo la troverai.
     
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    Sono pienamente d'accordo con Albert, lo dico per esperienza personale, un umorismo spontaneo è decisamente più appagante di uno copiato.
     
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    Ciao, ho letto finalmente il saggio di Pirandello intitolato l'umorismo è pubblicato nel 1908. Ho trovato la lettura molto interessante anche se non semplicissima.
    Il saggio è suddiviso in due parti principali. Nella prima suddivisa in vari capitoli si cerca di analizzare in senso critico le visioni che altri autori hanno del comico, dell'ironia e in particolare dell'umorismo che Pirandello giudica il più nobile tra questi. Distingue ironia e umorismo dicendo che l'umorismo è definibile come sentimento del contrario che nasce da una riflessione inconscia del soggetto su una determinata situazione. L'ironia è invece definita solo come avvertimento del contrario, non è un sentimento. L'umorismo suscita compassione e non deve per forza essere rappresentato da una situazione ma anche da un personaggio. Nel saggio si parla di Don Abbondio dei promessi sposi, personaggio umoristico per eccellenza e non comico o ironico. Infatti il Manzoni è sinceramente mosso da un sentimento di compassione per il curato nonostante lo reputi un uomo meschino. La compassione nasce dalla comprensione delle debolezze umane mentre se non ci fosse questa comprensione il lettore proverebbe solo disprezzo per Don Abbondio. Quindi l'umorismo è superiore alle altre forme di comicità soprattutto per questa ragione. Nel saggio sono poi analizzati altri personaggi della letteratura che incarnano queste caratteristiche come ad esempio Don Chisciotte di Cervantes.
    Nella seconda parte del saggio è affrontato l'umorismo solo dal punto di vista di Pirandello, se ne da una definizione più precisa e si approfondiscono vari temi. Pirandello considera l'umorismo una forma d'arte che però decompone, al contrario dell'arte plastica che invece compone. L'umorista coglie le contraddizioni intrinseche di ogni situazione ma poiché è mosso da un sentimento di compassione è portato a comprenderle e a riderne sapendo che l'uomo non è consapevole di quello che fa e di quello che è. Pirandello è infatti convinto che l'uomo sia insondabile, mai comprensibile fino in fondo e che ogni forma che incarna sia in realtà solo transitoria. Solo un arte umoristica può salvare l'uomo in un epoca decadente, dice Pirandello. L'incertezza è senza dubbio il tema centrale di tutte le opere di Pirandello ma si tratta di un'incertezza in qualche modo calda: l'uomo è contradditorio e insondabile ma comprendere le sue contraddizioni ci fa andare avanti attraverso l'umorismo.
    Nel saggio sono analizzati molti altri aspetti che volendo potranno essere discussi. Io vi ho scritto le mie impressioni generali. Spero che a qualcuno interessi l'argomento.
     
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8 replies since 17/1/2019, 22:06   308 views
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