La mia... micro storia

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  1. maria rossi
     
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    omissis

    Edited by maria rossi - 13/9/2012, 23:26
     
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  2. linaottanelli
     
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    Ciao Maria, ho letto la mail tutta d'un fiato, bella e viva. Bisogno di parlarti. Sono un po' come tua mamma, impaurita dalla figlia chiusa, isolata, senza amici e amiche, che sguscia dalle proposte, e wwf? e scout? e chiama qualcuno? e che vuoi fare allora oggi? che c'è, stai male? Io e mio marito separati da anni. Mi dai una mano ad accettare questa ragazzina (che oltretutto invece non è nemmeno appassionata allo studio)?
     
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  3. maria rossi
     
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    molto volentieri.
    possiamo scriverci con delle mail o messaggi privati cliccando sui nostri nick-name qui sul forum per poi scambiarci dei recapiti telefonici, magari. non so.
    sono a disposizione, davvero.

    a presto,dunque,

    maria
     
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  4. emoliente
     
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    Non penso che chi metta per primo della carne al fuoco (esperienze o testimonianze di vita) sia più coraggioso di chi stia zitto o di chi abbia pudore di intervenire direttamente e abbondantemente tra le righe di un forum.
    Penso però, che un forum fatto da appassionati giovani, per lo più, sia qualcosa che vada a perdere l'impegno emozionale e la pudicizia mischiata al rispetto dei più anziani.
    Questo è lo scotto da pagare alla tecnologia.
    O aspettare, o accontentarsi degli sfoghi ponderati o meno dei trentenni.
    Ma i quarantenni o i cinquantenni, cioè i genitori degli sfoganti, quando trovano il tempo e il coraggio di dire "sì ho avuto paura durante l'educazione di mia figlia/o perché i figli sono tanto, ma vogliono anche tutto! Assorbono indifferenziatamente forze e tempo e con la loro indiscriminata dipendenza riducono un normale essere umano ad una fabbrica di sicurezze e affetto. Sicurezze e affetto che anche il genitore vorrebbe (o abbisognerebbe ma a volte non ha).
    O meglio. Prendiamo il caso di un genitore che ha superato i problemi con il suo sé ed il suo super io. Un genitore che riesce a tenere sia le proprie emozioni e pulsioni, che la normale voglia di costuire: e per lasciare dietro di sé, e per edificare il proprio sé. Un genitore che ha lasciato suoi bisogni primari e cerca, allora, di incamminarsi nella vita sociale e propria, per trovare soddisfazione e realizzazione delle proprie capacità (anche se tardi rispetto ai tempi dei junior managers and professors).
    Non si può che avere stima di genitori, forse timidi educati e normali, che volevano una figlia armoniosamente felice.
    Che poi per il fallimento del nucleo familiare non può esserci.
    Ma l'armonia è fatta da una famiglia insieme.
    Allora il problema è la composizione quotidiana del nucleo familiare.
    Insomma analizzare il risultato - un malessere senza i componenti che lo hanno reso tale - cioè solitudine, insofferenza e bisogno, è inutile.
    Separarsi tra genitori a volte è utile, altre volte dannoso. La difficoltà è - come nella musica - il "quando": trovare il tempo giusto affinché un figlio diventi una nota fondamentale dell' "a solo", anziché una stonata.
    Insomma fare i figli è giusto, ma se il rapporto non funziona più, è necessario pensare allora all'essere pensante che può scrivere e leggere, poi separarsi etc.

    La nota di Maria lascia più pensare a chi c'è dietro che a lei che già sta avanti.
     
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  5. linaottanelli
     
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    ciao maria,
    grazie tante. ovviamente non capisco dove mandarti la mail...
    lina
     
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  6. elisabet
     
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    Rispondo a "emoliente" e scusa,Maria, se mi intrometto in una storia che non conosco e in una risposta che è diretta a te.
    Dal tuo intervento si desume secondo me una spiegazione troppo semplicistica della storia raccontata da Maria.
    Scrivi che "la figlia armoniosamente felice non può esserci per il fallimento del nucleo familiare". Che ne sai? Da psicoterapeuta posso dirti che è difficile e complesso risalire alle cause del malessere e che le cause non sono mai univoche. Certo essere figli di separati può comportare un carico di sofferenza ma le persone in cura sono in maggioranza allevate da famiglie "normali".
    Inoltre in questo caso si parla prevalentemente di difficoltà dovute all'introversione (che ha peraltro una componente genetica) ed al modo di accoglierla sia personalmente che nell'interazione ambientale. E per ambientale non si intende solo la famiglia: questa è a sua volta portatrice di codici culturali sociali, spesso anche inconsci. C'é stata progressivamente, anche per colpa della psicologia, una responsabilizzazione delle figure genitoriali (della madre in particolare) nella "produzione" dei figli. Insomma, se non ti vengono bene è solo colpa tua. Questi dati ci sono ma sono parziali e se non abbiamo a disposizione tutti i dati è difficile risolvere il problema. Molti genitori sensibili sono oggi in balia di un'ansia bloccante e perfezionistica riguardo al loro ruolo. Altri continuano imperterriti ad essere dei bulldozer. Anche in questo campo quindi grande assenza di dialettica. Sono IMPOTENTE (non dipende da me)/sono ONNIPOTENTE (tutto dipende da me). Ancora una volta forse la verità è nel mezzo.
    Essendo io una introversa sanamente oppositiva, permettimi un'altra piccola contestazione. Scrivi "Insomma fare i figli è giusto" aggiungerei "per chi lo ritiene giusto". Buona giornata Elisabetta Bertini
     
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  7. maria rossi
     
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    Lo scambio generazionale, per essere veramente dialettico, può diventare anche scomodo, spigoloso, infastidente, ma non credo sia la causa ultima e vera del silenzio o di un'inibizione della "delicata" discrezionalità degli utenti più adulti.
    Quindi accolgo l'osservazione fatta da una persona più matura secondo la quale il mio raccontare "da trentenne" appare privo di pudicizia o di discrezionalità e discernimento. Lo è senz'altro. Lo è sempre quando ci si espone ed è inevitabile trascinare un pò con se chi ha fatto o fa parte della propria storia. Che esporsi sia un atto di coraggio non l'ho mai pensato e trovo pretenzioso alluderlo tanto più in una sezione del forum intitolata "la mia introversione" che invita proprio a raccontare la propria storia;
    che, comunque, sia spesso un modo che ho per parlare e ragionare delle cose (nel bene e nel male) questo è vero. Se l'età e la maturità, oltre al silenzio, mi regaleranno anche altri modi di confrontarmi con gli altri li coltiverò e non li lesinerò certamente. e ogni tanto ci provo già, dovrebbe rallegrarsene! Nel frattempo questo è quel che posso. Quindi accetto l'osservazione, totalmente, augurandomi che un utente pudico e delicato e più maturo voglia trovare il suo spazio in questo forum come chiunque altro.

    Accetto meno la considerazione fatta a seguire in cui si vorrebbe leggere nel mio post uno sfogo tutto colpevolizzante i miei genitori, rei di aver cercato di far crescere una (ingrata) figlia, felice, come tutti gli altri nonostante l'oneroso fallimento della loro relazione e delle asperità del ruolo genitoriale.
    Forse pecco di scarsa modestia rispetto al mio cammino ma io non mi sento più figlia dei miei genitori. Sono grande abbastanza e ora sono figlia di me stessa, inutile menarla. L'essere diventata madre a mia volta mi ha ancora più chiarito le idee su questo. Guardare alla mia storia non mi fa soffermare sui singoli in quanto tali ma sulle dinamiche, sui valori sottesi, sulle implicazioni "altre", spesso inconsapevoli. Mio padre e mia madre sono stati dei tramiti -più o meno fortunati o felici nell'esserlo- che mi hanno trascinato alla vita e proprio per questo posso parlarne.
    Raccontare di come dei genitori in gamba, istruiti e pure introversi abbiano vissuto con difficoltà e preoccupazione la forte introversione della loro unica figlia non vuole stigmatizzarne le scelte o i comportamenti ma esemplificare come siano forti i condizionamenti culturali anche lì dove gli strumenti per riconoscerli, stemperarli e adattarli alla propria condizione potrebbe essere più facile.
    Che dietro alla mia sofferenza personale ci sia anche quella della mia famiglia, degli adulti che mi avevano in carico e che possa interessare un loro pari, - forse coetaneo, non so, genitore anch'esso- più della mia è comprensibile; che questo debba comportare una contrapposizione genitori/figli, o un sminuire le mie parole, un pò meno.

    un saluto a tutti

    maria
     
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  8. star***
     
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    Ciao volevo aggiungere una riflessione. Lungo il cammino che sto percorrendo che è quello della vita, ho scoperto una cosa molto importante. Il diritto di ognuno di noi di soffrire. Di questo è capitato già di parlarne con qualcuno di noi. Di questo ne ho parlato anche con i miei genitori e spesso. Che cosa significa essere felici? La sofferenza esiste e fa parte della vita e ho spiegato spesso ai miei genitori che io non posso sempre essere felice è impossibile. La vita ci porta di fronte a delle scelte che a volte portano sofferenza. Ho capito che la sofferenza esiste, c'è e non va nascosta. Certo è che se il malessere diventa cronico allora uno si interroga. Ma l'immagine della famiglia felice da Mulino Bianco è un'immagine che rimane impressa nelle nostre menti e ci crea un modello a cui tendere che non esiste. Dopo il cammino che ho percorso non penso assolutamente che il mio malessere sia dipeso dai miei genitori, ormai ho smaltito la rabbia che inizialmente avevo nei loro confronti e ho capito che loro hanno fatto del loro meglio per aiutarmi a crescere. E che non è possibile pretendere da loro l'impossibile. Anche loro sono degli essere umani che vivono, soffrono. Insomma con il senno di poi, mi rendo conto che hanno cercato di aiutarmi il più possibile,. Hanno accettato i miei problemi, mi hanno aiutato e dato fiducia in un periodo molto buio della mia vita e per me questo vale molto più di qualsiasi aiuto. Sono stati lì quando ne avevo bisogno. A modo loro, ma erano lì. Il fatto di leggere un genitore che si interroga è molto bello e importante, almeno per me!!! Spero accorrano numerosi ;ç=)
    Ciao
     
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  9. Tequila1970
     
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    CITAZIONE (elisabet @ 6/5/2008, 11:37)
    Scrivi "Insomma fare i figli è giusto" aggiungerei "per chi lo ritiene giusto". Buona giornata

    sono completamente d'accordo
     
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  10. emoliente
     
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    Mi fa pensare il modo di mis-interpretare un post. Mi riferisco a "elisabet" che non si ritiene d'accordo con una risposta data da "emoliente" ad un post di "maria rossi".
    Io non so nulla della scrivente ("maria rossi"). Io ho letto e ho risposto seguendo delle impressioni semantiche.
    comunque non è questo l'oggetto della risposta. Ma il fatto che l'utente "elisabet" riporta:

    "Scrivi che "la figlia armoniosamente felice non può esserci per il fallimento del nucleo familiare". Che ne sai?"

    NEl mio post c'era scritto:

    "Non si può che avere stima di genitori, forse timidi educati e normali, che volevano una figlia armoniosamente felice.
    Che poi per il fallimento del nucleo familiare non può esserci.
    Ma l'armonia è fatta da una famiglia insieme.
    Allora il problema è la composizione quotidiana del nucleo familiare.
    Insomma analizzare il risultato - un malessere senza i componenti che lo hanno reso tale - cioè solitudine, insofferenza e bisogno, è inutile."

    Ossia che "la figlia armoniosamente felice non può esserci per il fallimento del nucleo familiare" è del tutto una conclusione o interpretazione univoca del leggente, ma è del tutto fuori dallo spirito e dal tono del testo. Il testo vuole solo puntare l'attenzione sull'importanza di ogni membro o elemento all'interno di una struttura integrata o organizzata. Per cui in un organismo ogni parte influenza il tutto, contemporaneamente sia come inizio, che come risultato finale, indipendentemente dalla successione dicronica del processo. Questo è un principio stabilito da ogni considerazione strutturale che assorbe in sé il procedimento dialettico solo come ritmo vitale del tutto, non come norma a sé stante.
    E' vero che si è riportato un unico esempio molto determinato, ma il post voelva puntare l'attenzione sulla
    "solitudine, insofferena e bisogno" del genitore, il quale è da considerare tanto singolo quanto tutto al pari del figlio.
    Questo era lo scopo, e non sottolineare l'infelicità dei un figlia/o a causa del fallimento di una coppia.
    La risposta della "elisabet" si sofferma (quasi con ansia) sul "risultato" a discapito del processo.
    Cioè lei interpreta univocamente le mie righe sopra riportate. Esse - questo è vero - lasciano spazio al suo tipo di interpretazione, ma nel tutto, nel contesto pensavo fossero più chiare di quello che di fatto è, poi, stato il risultato effettivo.
    Mi dispiace di aver dato adito a mis-interpretazioni.
    Mi fa piacere che in parte la diretta interessata "maria rossi" invece pare non avere frainteso, almeno nella prima parte.
    Mi sembra - è concludo poiché è solo un post - che l'appiattimento dell'interpretazione a mero scapito delle coppie separate sia purtroppo "nell'occhio di chi legge" non nelle righe scritte.

    PS

    L'appunto sull'ultima frase "fare figli è giusto"..."per chi lo ritiene tale" etc. mi sembra scontato un po' come dire "io penso che..." "e questa è la mia opinione"...
    Quello che si vuol dire è ben altro.
    Insomma, oddio, forse vale la pena saper leggere il tutto (magari un po' più teoricamente) e poi valutare una risposta pertinete, più che viaggiare sui prorpi binari di routine "lavorativa".
     
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  11. maria rossi
     
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    http://it.youtube.com/watch?v=bBAT4BWI75c&feature=related

    L'educazione sentimentale, da I mostri film del 1963
     
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10 replies since 14/6/2007, 15:14   893 views
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