Tempo di perdono

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  1. marinoni
     
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    Tempo di perdono


    Fare pace con le mie radici è stato necessario, anche se non di facile attuazione, sono dovuto passare attraverso il perdono, cominciai a prendere seriamente in considerazione di arrivare a perdonare.
    Era il mese di luglio, venivo dal Trentino avevo fatto un ritiro insieme agli amici, parlando di crescita interiore e meditando su vari aspetti della vita tra cui la rabbia accumulata nel corso degli anni, e l’incapacità di perdonarsi e di accertarsi quali siamo, durante il ritiro non mi sentivo come il solito avevo notato un aumento della sensibilità, e il pensiero costante ai miei genitori che erano morti tutti e due, avevo il pianto facile e lacrimavo per qualsiasi cosa che mi colpisse sia del ricordo o di quello che accadeva durante il ritiro.
    Quando tornai a casa speravo che tutto sarebbe tornato normale ma mi sbagliavo, mi accorsi subito che c’era qualcosa che non andava già dal mattino successivo, quando tornai al lavoro, non riuscivo ad avere la mia grinta di imprenditore con i miei operai, verso l’ora di pranzo stavo in giro con il camion e ad un semaforo vidi una zingara con in braccio un bambino molto piccolo, mi prese una crisi di pianto e disperazione per quella vita al semaforo, e per la crudeltà di questo mondo che permetteva che una creatura così piccola fosse in balia di rumore assordante, puzza di smog e indifferenza, come se il dono della vita potesse essere paragonato ad una discarica, chi avrebbe pensato a quel bambino, quale sarebbe stato il suo futuro, questi interrogativi mi facevano male, e mi sentivo responsabile anch’io che vedevo che tolleravo senza fare nulla, ero diventato molto
    silenzioso, chi mi conosce mi chiedeva cosa avessi ed io non sapevo rispondere, sentivo che non stavo male ma è come se ad un tratto non fossi più del mondo, mi spaventava il pensiero di non riuscire a stare qui ed occuparmi di tutte quelle cose che avevo sempre fatto, giravo per le strade di Roma e piangevo, mi chiedevo se fosse una forte depressione, ma io la conoscevo bene la depressione e non era quella che sentivo, dopo qualche giorno passato in questa condizione presi la decisione di andare via per un paio di giorni, conoscevo un posto che era un eremo antichissimo arroccato in mezzo ai monti dell’Umbria, telefonai e chiesi di esser ospitato per un paio di giorni, chi mi rispose al telefono non mi chiese nulla e questo mi fece piacere, prese la mia prenotazione per il venerdì mattina giorno che sarei dovuto arrivare, mi salutò cordialmente dicendomi che in quel fine settimana non cera nessun ospite e sarei stato da solo, io ne fui felice in fondo era quello che cercavo stare da solo con la speranza di capirci qualcosa di questo strano stato.
    Il venerdì di buonora sono partito, ero calmo tranquillo non avevo idea del perché volevo andare li ma ci andai lo stesso, non sapevo quello che mi aspettava e mi consolavo dicendomi che se non fossi stato bene sarei tornato indietro.
    Sono arrivato, la strada è stata breve e piacevole.
    Chi mi ha accolto, in silenzio, mi ricorda il piacere della notte, quando tutto tace. Ora sono qui, dentro la cella che mi ospiterà per questi due giorni di silenzio e riflessione.
    Lo spazio è molto piccolo, ma accogliente. Niente luce, se non quella della candela, niente acqua, il rubinetto appartiene a un altro tempo. Un letto, un piccolo tavolino, una sedia, una brocca d’acqua potabile, un catino per lavarsi e niente più, e sento che non mi serve niente.
    Il silenzio è carico di domande, che forse non avranno risposta. Sento che sarà doloroso stare qui solo con me stesso. Sento di essere in fuga da tanto tempo, ma oggi voglio amare tutte le parti di me, senza fuggire. Voglio capire quale sia la mia via. Ho la sensazione di aver aspettato a lungo questo momento, senza saperlo. Mi meraviglia la scomparsa della paura e la mente lontana dal mondo, come se il mondo di poche ore fa fosse sparito.
    Sono molto lucido e per niente imbarazzato: uno strano stato d’animo mi accompagna. Mi sento a casa, come se avessi sempre abitato questi luoghi. Tutto ciò mi inquieta e penso “che sarà della mia vita, troverò la forza per abitare il mondo?”.
    L’idea di trovare un equilibrio nella metropoli mi dà calma e gioia, pensare che sia possibile vestire l’equilibrio del monaco nel caos della metropoli. Alla fine credo sia questo che sto cercando: di non andare via dal mondo, ma che mi sia concesso di trovare un po’ di pace e di calma, per poter godere dei miei affetti, di vivere l’amore per le persone per cui sono importante. La fatica e il lavoro di ogni giorno sia consapevole che serve a me ma soprattutto alle persone che amo e che dipendono da me per il loro sostentamento, nell’anima sento l’anelito di liberarmi della mia vergogna tossica del passato. Guardo il celo respiro l’aria sento un brivido di freddo, mi rendo conto che sto in un posto dove non batte il sole e penso a tutto ciò che in me è putrefatto, nascosto in una zona d’ombra, difficile da percepire, come il cancro che ti marcisse la carne senza che tu te ne renda conto, ospiti la cancrena dentro di te e non ne sei consapevole, sento un forte desiderio di sentirmi finalmente accolto in questo mondo. Mi rendo conto che la spada tagliente del giudizio è con me da sempre e sento un grande desiderio di trovare la pace del cuore.
    Mi inoltro nel bosco in silenzio.
    il silenzio è il tesoro più grande di questo posto, cammino lentamente, tutto intorno mi dice che ero atteso, l’odore degli alberi e della menta è penetrante, il bosco è talmente fitto che sembra sera inoltrata, le voci del mondo sono un ricordo lontano, non so da che parte cominciare per fare chiarezza, poi penso al perdono a quanto io non abbia mai pensato di dovermi perdonare, per tutte le cose cattive che mi sono attribuito, il giudizio sprezzante di disistima per essermi sentito indegno di vivere in questo mondo, per non aver mai avuto una parola di comprensione nei miei confronti
    In questo giorno di mezza estate sono partito della metropoli, per vivere il silenzio di questi luoghi con la segreta speranza di ottenere il mio perdono. Cerco di allontanare il giudizio dal mio pensiero, uso le mie parole per darmi conforto, coraggio e forza per affrontare la vita con il carico di patos.
    Ho camminato nel bosco in punta di piedi, per non far rumore e sentire la dolcezza nell’aria, nel canto degli uccelli, nel fruscio dei rami. Di nulla oggi ho bisogno, nessuna lamentela ho da fare, ma voglio rimanere a lungo abbracciato a me stesso.
    Benché il silenzio sia tangibile, il mio pensiero ancora vive le voci del mondo e il richiamo è forte, e mi dico, che in questo tempo che mi sono concesso abiterò questi luoghi, accarezzo la mia anima dolcemente, affinché possa finalmente sentirmi meritevole di vivere.
    Cerco di essere sordo al richiamo della paura, lascio che il vento mi parli delle mie radici.
    Il profumo della menta mi porta ricordi lontani, quando vagavo nei campi in compagnia della solitudine e della vergogna per questa mia esistenza così squallida. Mi chiedo perdono per aver pensato che la vita fosse inutile, chiedo perdono per aver tentato in tutti i modi di distruggermi, e mi sento grato per tutte quelle persone che mi hanno abbandonato, criticato e disprezzato perché potessi imparare ad amare la mia diversità.
    Una mano in lontananza mi fa segno di avvicinarmi, una signora mi chiede se voglio mangiare e io con gentilezza dico forse anche si, mi accompagna in una sala antichissima pregna di tutto il tempo che la logorata e delle innumerevoli personalità che l’anno abitata ho mangiato una minestra di fagioli e un po’ di pomodori. Mi sono saziato di un pasto antico e semplice, come tutto in questo posto. Tornando alla mia cella provavo un senso di gioia, come chi torna nel nido protetto dal mondo, ma consapevole che domenica dovrò volare nel mondo che mi attende. Se penso alla notte che mi attende, provo un senso di paura, mista a compassione per tutte le notti passate con la disperazione nel cuore e in solitudine. Mi sento finalmente fortunato, perché questa notte non sarò solo, ma con me stesso e desideroso di tenermi compagnia e come un adulto consolarmi nei momenti di paura.
    Per tanto tempo ho cercato fuori me stesso quella consolazione che nessuno mi poteva dare, ora sento che non ho nulla da chiedere. Cercherò di camminare nel mondo, vestito di gioia, di coraggio e semplicità. Chi mi doveva educare nella mia infanzia, mi diceva che avrei fatto una brutta fine e per poco non ho assecondato la previsione. Ora sento che la mia fine sarà dolce se riuscirò ad amare e perdonare ogni parte di me, rimanendo lontano dall’orgoglio e consapevole che da tanta paura di vivere può nascere tanto coraggio.
    Il mondo mi ha sputato addosso dal mio primo vagito e oggi gli sputi si sono trasformati in dolci carezze di benvenuto. Ho capito che non era colpa del mondo che non mi voleva, ma ero io che non volevo il mondo.
    Sono seduto all’ombra di una quercia, il cuore è in tumulto, i ricordi scorrono lentamente nella mente: quei giorni maledetti del tormento devono essere compresi accettati. La ragione entra con prepotenza e il cuore si ammutolisce, il mio cuore non si mette paura e ringrazia la mente per avermi tenuto compagnia per tutti questi anni, è finalmente felice ora che può parlare.
    Penso a mia Madre la perdono per la sua assenza sento nascere un sentimento nuovo, le invio tutta la dolcezza di questo momento. Penso a mio Padre e lo perdono per la sua assenza e gli dico che lo Amo con il cuore di questo mio silenzio. Poi li visualizzo insieme e con il cuore pieno di lacrime gli, chiedo perdono per averli giudicati e per aver coperto il mio Amore per loro con l’arroganza e la durezza del cuore.
    Chiedo perdonate questo vostro figlio, che vi parla dal mondo dei vivi. Il mio cammino non è finito e vi voglio portare nel cuore, grato per la vita che da voi è nata.
    E grande il coraggio di questo lungo giorno di silenzio, e quando la notte scende, il mio cuore raccoglierà passato e presente per consacrarlo al fuoco della vita. Sia accolto ogni istante della mia storia, ogni fantasma torni nel nulla da dove è venuto, e il mio cuore sia pronto a ospitare la luce del sole, la vita diventi il mio tesoro, e le persone con cui vivo il mio amato bene.
    Il vento soffia tra i rami della quercia, vita, morte, passato e presente sono qui al mio cospetto.
    Io Renzo, figlio di Lorenzo e Luigia, nato da miseria e disperazione, posseduto per lungo tempo dalla vergogna tossica, sono vivo e mi sento finalmente il diritto alla vita. Sia accolta ogni ferita e venga scacciato ogni lamento.
    La pace tanto cercata trovi dimora in me e la comprensione bruci, come la candela dell’Amore che si alimenta da sola.
    In questa ora del tramonto, quando il sole scompare, il cuore raccoglie a sé tutte le emozioni di questo lungo giorno. Mi sento pronto per vivere, questo tempo di perdono. Il mio cuore è pronto ad incontrare ciò che conosce meglio: la disperazione.
    Ricordo che 17 anni fa ero ricoverato in ospedale e molto disperato per la mia vita, divenuta ormai incontrollabile a causa dell’alcolismo, passavo notti deliranti piene di fantasmi. Ricordo una suora, che mi veniva a trovare tutte le mattine all’alba, Suor Celestina. Mi diceva: “Renzo, devi avere fiducia. Io ora vado in chiesa e pregherò per te.”. La vedevo andar via e pensavo che ci sarebbe voluto altro, che qualche preghiera, per tirarmi fuori da quell’abisso in cui mi trovavo. Eppure è da quel tempo che cominciai a sentire che forse cera una via diversa, e fu da allora che la mia vita prese un indirizzo completamente diverso. Molte cose ho costruito in questi anni, ma la cosa più preziosa è l’amore che sento per me stesso e per tutte le persone presenti nella mia vita.
    Mi appresto a passare la notte qui, il buio è totale, tutto intorno tace, la candela dipinge un paesaggio d’altri tempi, sembra dolce anche il soffrire, le parole pensate, masticate sembrano tirate fuori da una carne che duole.
    Come vorrei essere una pausa, un guanciale caldo, un piccolo sorriso, un tenero fiore, uno sguardo semplice, una lacrima che incanti in un giorno di silenzio.
    Sono qui seduto sul bordo del silenzio, penso al moto perpetuo della vita, al sole che si presenta in orario tutti i giorni, al senso di impotenza, alla difficoltà del dire, alla vergogna di mostrarmi nudo per paura del giudizio.
    Mi chiedo se avrò paura di questa profonda solitudine, se i fantasmi della mente siano stato scacciati davvero nel nulla, e mi rendo conto che il coraggio in me non ha ancora messo radici e ho paura di essere codardo, di passare un altra notte di solitudine e in compagnia dei miei fantasmi, il silenzio è come una spada che ti penetra nel cuore, la mente si agita vorrebbe scappare via da quel posto, penso a tutte le notti della mia vita passate dentro un letto di ospedale in attesa che il mio corpo fosse disintossicato, il pensiero va a mia madre a quando la notte non dormivo dalla paura che mi pietrificava e la sentivo russare, e speravo che non smettesse perché il suo russare mi faceva sentire un collegamento con la vita, e sentivo questo bambino dentro di me così impaurito lo consolavo dicendomi che ora ero adulto, e che gli adulti non hanno paura, sanno prendersi cura dei bambini, sanno consolare, sanno calmare, e in fondo non avevo permesso a nessuno di amarmi, e mi chiedevo se non era giunta l’ora che permettessi a me stesso di volermi bene per quello che ero, e non per quello che sarei voluto essere.
    La notte è trascorsa tra la veglia e il sonno, la mente immersa nel cuore e il coraggio ha vinto la sua lotta. Sono felice di vedere la luce e sentire gli uccelli che cominciano a cantare per la gioia del nuovo giorno. Penso che ogni giorno sia un regalo, che mi è concesso per capire, per apprendere questo meraviglioso gioco della vita e penso che oggi sia la gratitudine a dover vivere questo nuovo giorno.
    Vorrei fermarmi a lungo in questo posto, ma la mia vita è nel mondo accanto a tutte le persone che mi amano, mi rendo conto di non aver mai permesso a nessuno di amarmi, nemmeno a mia madre, la rabbia per aver tradito me stesso, aveva congelato il mio rapporto con il mondo, e il vento gelido della paura e dell’abbandono soffiando forte aveva spogliato e sradicato le radici dell’albero della vita, rendendomi nudo e disperato in attesa che la vita finisse, guardando dentro me stesso ho ritrovato il mio perdono e con pazienza attendo che l’albero della vita rimetta le sue radici, e non permetterò mai più al vento di spogliarlo della sua chioma. Tutto è semplice in questo luogo e la natura nasconde con sapienza il matrimonio con l’uomo, rendendo il paesaggio vergine eppure intrinseco della comunione di tutte le persone che hanno vestito questi luoghi.
    Il mio cuore è pulito e purificato dal silenzio, le mie idee sono più chiare e sento che le forza dentro di me aumenta sento una strana malinconia mista a gioia.
    Ripercorrere il vergognoso e inconfessabile passato è stato doloroso ma necessario. Sentirsi puliti come un giorno di primavera è una bella sensazione. Mi appresto a tornare nel mio mondo un po’ meno confuso di quando sono arrivato qui e con la consapevolezza di avere tante responsabilità che mi aspettano, tante persone contano su di me e quel peso, che sentivo prima di venire qui, se n’è andato.
    Ho scoperto di non essere solo, che tante persone mi vogliono bene con gratuità e che ogni decisione può essere meditata, mai affrettata. Cercherò, nel limite del possibile, di riconoscere la via migliore per me e per le persone che dipendono da me, cercando di tenere a bada la mia paura della vita.

    Durante questa mia esperienza ho scoperto che l’amore si trova negli eventi straordinari, in quelli comuni, negli eventi grandiosi della realtà e in quelli minuscoli, e che il bene era stato sempre dentro di me e mai mi aveva abbandonato, era presente in ogni piega della mia storia, in ogni angolo, giorno dopo giorno, ora per ora. Solo oggi capisco che le cose non sono mai banali e l’esistenza non si accompagna mai al non senso.
    Il perdono è passato dentro di me, la mia vita ne è stata sconvolta, essere consapevole e sentire l’insufficienza di tutte le strade umane, è avere la sensibilità vigile del passaggio della vita, sentire la debolezza e la precarietà sotto la pelle e mettersi al seguito della vita anche senza nessuna certezza, ma consapevole che sia meglio morire che tradire se stessi.

    Mi piace pensare che al mondo ci sia posto anche per la mia diversità.
    Perdonare me stesso facilita anche l’accettazione di chi mi ha fatto soffrire e produce attenzione per il presente, in modo da riuscire a decodificare il mio esistere, così da avere una visione più ampia della realtà che mi circonda, senza essere né vittima né carnefice, ma un essere umano in cammino con tutte le potenzialità necessarie per sentirmi adeguato. Già il solo sano pensiero di perdonare me stesso mi fa bene, preparando il terreno perché ciò possa avvenire.
    Ho scoperto che più il mio perfezionismo è radicato, più ci è voluto impegno per riuscire ad andare oltre la richiesta, che da dentro risuonava, di avere sempre un controllo perfezionistico, ed oltre la tendenza a giudicarmi peggiore di quello che ero in realtà.
    Mi sono dato il permesso di essere stanco, il permesso di essere arrabbiato, il permesso di essere diverso, il permesso di abbandonarmi e di perdonarmi per il male che mi sono fatto; perdonandomi di non aver accettato la mia natura, di non essere stato per niente comprensivo e gentile con me stesso, per essere stato senza sorriso e a volte senza parole.
    Mi sono perdonato per essere stato debole e per aver commesso degli errori e, raccogliendomi nella profondità di me stesso, ho trovato la forza di dirmi TI AMO.
    Il perdono è stato un evento importante nel mio percorso, anche se questa parola è stata molto usata ed abusata nel corso della storia dell’uomo. Mi piace pensare che, prima di poter perdonare i torti che ho subito, dovevo assolutamente perdonare me stesso per non essere ancora stato quello che avrei voluto essere o, peggio, quello che pensavo avrei dovuto essere. La capacità di perdonare me stesso passava attraverso una presa di coscienza di quanto ero rigido, riguardo le cose che mi appartenevano, per non parlare della maledizione del perfezionismo, che caratterizzava la mia vita, togliendomi la capacità di essere obiettivo e impedendomi di avere una visione più leggera della vita.

    Renzo Marinoni
     
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  2. atina
     
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    grazie per queste splendide parole!!!!!!!
     
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  3. marinoni
     
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    Grazie a te atina, e benvenuta in questo forum
    Renzo
     
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  4. star***
     
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    Grazie della testimonianza....ogni volta le rileggo e scopro e sento qualche cosa di nuovo. Oggi mi è servita molto.
     
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  5. alanisluce
     
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    Come è amaro bere al calice della propria vergogna...
    E la tentazione è quella di sputare via il proprio succo..prima ancora di averne sentito il sapore...

    Perchè il tradimento di se stessi sembra essere imperdonabile..irrecuperabile..

    Eppure passando nel fuoco del dolore e dello smarrimento e approdando finalmente al perdono...si recupera quella freschezza..e quella franchezza che ti fa sentire "pulito come un giorno di primavera"...

    Grazie Renzo...
     
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  6. atina
     
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    Sai, mentre bevi quel succo, che vomiteresti volentieri,ma continui a produrre, senza accorgerti.......
    Quando quel succo ti fa schifo ma non sai più cosa fare......
    Quando inizia un vortice che ti fa paura......
    Quando ti perdi.......
    Quando il velo della paura offusca la luce dell'amore......
    Quell'istante esatto è terribile......
    Quella sensazione fa male, tanto, tanto male......
    Ma fa ancora più male.....
    quando la persona che più ami al mondo ti guarda negli occhi e ti chiede aiuto.....
    ha un bicchiere in mano.....
    all'interno c'è quel succo......
     
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  7. star***
     
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    E' difficile approdare al perdono...quando si ha quel bicchiere in mano con dentro quel succo...e vicino hai tutte le persone che ti amano e che tu fai soffrire....e ti chiedi perchè tu devi bere quel calice amaro!!!
    Buona giornata
     
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  8. atina
     
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    Grazie, anche te!
     
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  9. star***
     
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    Le tua parole erano molto belle.
     
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8 replies since 27/5/2008, 16:21   287 views
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