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Koenig4.
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... uhm... non credo che le cose siano così semplici... ma un piccolo fondamento di verità forse c'è, forse...
Da Internet ( fonte ) :
"Per il tipo estroverso è irresistibile la tendenza a voler concretizzare la verità in un dato oggettivo che dà spiegazione e senso alle cose; se ci si riferisce a tutte le cose, al “mondo”, chi dà senso è allora un Dio creatore a cui ri-legarsi: è consono a chi vive questa istanza la parola stessa “religione”. Per il tipo introverso non è tanto importante che ci sia una verità quanto che lui stesso ne sia consapevole; perciò è alla massima espansione della propria consapevolezza che egli aspira.
Per l’estroverso è essenziale cambiare il mondo ( in accordo col volere di Dio, se l’istanza è anche religiosa ), per l’introverso è essenziale decondizionarsi dal mondo, non dipendere dai limiti che il mondo impone. Mi sembra questa la radice che differenzia cristianesimo e buddhismo, anche se è da tener presente che compito del tipo estroverso è, nel realizzare se stesso, di introflettersi ( il che permette a molti mistici cristiani di raggiungere alte vette di introspezione estatica - vedi San Giovanni della Croce ), mentre compito del tipo introverso è, nella misura maggiore possibile, di estroflettersi ( e allora il bodhisatva che giunge alle soglie del decondizionamento supremo, al nirvana, torna indietro compassionevole per aiutare tutti gli altri esseri a raggiungere il medesimo scopo )."
Edited by Koenig4 - 12/3/2009, 21:10
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Misanthropist.
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Interessante, però qualcosa non mi torna. Tipo: CITAZIONEPer il tipo introverso non è tanto importante che ci sia una verità quanto che lui stesso ne sia consapevole;
Ma per essere consapevoli di una verità non è aprioristicamente necessario che tale verità di fatto sussista? Altrimenti di cosa diamine si è consapevoli?CITAZIONEPer l’estroverso è essenziale cambiare il mondo ( in accordo col volere di Dio, se l’istanza è anche religiosa ), per l’introverso è essenziale decondizionarsi dal mondo, non dipendere dai limiti che il mondo impone.
L'istanza del cambiamento non presuppone forse un certo decondizionamento? O per lo meno, non presuppone una sguardo totalmente distaccato sul Mondo? E ancora: per non essere influenzati dal limite non è necessario conoscere il limite? E per modificare il limite non sono necessarie entrambe le cose?
O forse il decondizionamento sottintende totale distacco, lontananza infinita che si perde nel disinteresse? In tal caso, come giungere all'estroflessione?. -
Koenig4.
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Ho trovato l'articolo in Internet. Purtroppo non sò rispondere alle tue domande. Quì ci vorrebbe il Dott. Anepeta! 
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senzanome70.
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di chi è lo scritto Koenig?
L'autore definisce introversione ed estroversione l'una in contrasto con l'altra.
Pare l'autore a pensare che esista una verità.
Quello che caratterizza, secondo me, un introverso è che qualsiasi verità gli venga propinata dall'esterno, essa passa per l'interno, cioè viene vagliata e criticata, analizzata, elaborata e, se non va bene, risputata (scusate il termine ma mi piace da morire, specie abbinato a verità!).
Seconda fesseria, sempre secondo me.
Per cambiare qualcosa occorre prima critcarla. Più corretto sarebbe dire che l'estroverso agisce nel mondo, dispiega se stesso nella manipolazione concreta degli elementi del mondo, cose ed esseri umani.
L'introverso, invece, dispiega se stesso senza con-tatto con il mondo, per quanto ciò sia possibile, dispiega se stesso al suo interno, ascoltandosi, riflettendo.
L'estroverso prova piacere nel con-tatto con il mondo, l'introverso prova piacere nel con-tatto con se stesso.
Oh mamma, mi è venuta una battutaccia. scusate ma ci sta così bene....
L'introverso si fa le seghe, mentali si intende.... -
Koenig4.
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Cliccando su "fonte" vieni rimandata all'articolo che è a fima Carlo Del Buono... . -
senzanome70.
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sì sì ...mi sa che è la vecchiaia che avanza...
chiedo venia.
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