Amigdala

Intervista a Rita Levi Montalcini

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  1. star***
     
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    Ciao, domenica ho visto un pezzo dell'intervista a Rita Levi Montalcini, e una cosa che mi ha incuriosita molto è stato il finale quando ha detto che l'amigdala è considerata una parte antica del nostro cervello. E se ho capito bene, attraverso il processo evolutivo le sue funzioni dovrebbero variare e quindi il modo di percepire le emozioni dovrebbe cambiare, in caso si potrebbe diventare tutti un po' come il vulcaniano personaggio di Star Trek. Questa affermazione mi ha incuriosito, e mi ha fatto ripensare ad uno degli scritti del dottor Anepeta in cui afferma che il cervello dell'uomo sta ancora in una fase evolutiva e non ha terminato il proprio processo.
    Tutto questo suscita in me delle riflessioni. Se veramente il cervello umano si evolverà, noi siamo vittime di una sua imperfezione??? Quindi il nostro malessere potrebbe essere più lieve se la nostra amigdala funzionasse diversamente? Oppure siamo sempre vittime di illusioni, pensando che sia sempre un fattore esterno ad averci voluti sempre così sofferenti?
    Spero di essere riuscita a spiegare ciò che volevo.
    Un abbraccio
     
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  2. Koenig4
     
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    In un testo universitario di Ecologia ho letto che in natura il raggiungimento della perfezione evolutiva per una specie non è possibile e ci sono delle motivazioni scientifiche ben precise. Questo vale anche per noi. Chissà magari il modello Introverso è lo stadio evolutivo più avanzato dell'Homo Sapiens come nella suggestiva fantasia cinematografica del Vulcaniano Mr. Spock.
     
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  3. imperia69
     
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    CITAZIONE
    Se veramente il cervello umano si evolverà, noi siamo vittime di una sua imperfezione??? Quindi il nostro malessere potrebbe essere più lieve se la nostra amigdala funzionasse diversamente? Oppure siamo sempre vittime di illusioni, pensando che sia sempre un fattore esterno ad averci voluti sempre così sofferenti?

    Come biologa ti direi che l'evoluzione dipende da mutazioni casuali che si fissano nel patrimonio genetico di una popolazione e finiscono con il prevalere, ma che in questo processo non c'è alcuna finalità, non c'è un "tendere verso", ma solo eventi casuali che in un certo contesto risultano vantaggiosi. Il cervello umano si evolverà, come evolvono tutte le strutture viventi, ma i tempi, soprattutto per la specie umana, con i suoi lunghi tempi di maturazione e prolificità ridotta, se confrontata con altre specie (pensa solo agli insetti o ai topi, tra i mammiferi) sono estremamente lunghi, per cui, gli effetti saranno visibili solo tra qualche secolo, ammesso che non ci estinguiamo prima causa guerre, inquinamento o altri effetti antropici.
    Se il nostro malessere sarebbe minore con un diverso funzionamento dell'amigdala è possibile, come è possibile il contrario, proprio perché l'evoluzione non ha una finalità e quella modifica potrebbe portare altri vantaggi che la rendono comunque funzionale.
    Ultima annotazione, sempre da biologa: l'evoluzione comprende due entità, gli organismi e l'ambiente circostante (che comprende fattori abiotici, come le condizioni climatiche e biotici, gli altri organismi viventi). Ogni organismo è "evoluto" nel senso che è adattato al suo ambiente circostante, ma se questo muta, le sue caratteristiche potrebbero diventare uno svantaggio, perché non sono adeguate al nuovo contesto.
    Il rapporto è di continuo scambio.
    Spero di essere stata d'aiuto
     
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  4. Koenig4
     
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    Ecco quanto ho ritrovato in quel libro.

    Da Ecologia di Begon, Harper, Townsend. Zanichelli pag 10.

    "Nessuna popolazione di organismi può contenere tutte le varianti genetiche che potrebbero esistere e potrebbero influenzare la fitness. Ne consegue che è improbabile che la selezione naturale conduca all'evoluzione di individui perfetti, dotati della "fitness massima". Essa favorisce gli individui che sono più idonei fra quelli disponibili e ciò può rappresentare una scelta molto ristretta. I poteri delle forze evolutive sono lungi dall'essere illimitati. La teoria di Darwin non prevede la perfezione, neppure in un ambiente che resti invariato di generazione in generazione; prevede soltanto che alcuni individui lasceranno più discendenti rispetto ad altri e perciò avranno più influenza nel determinare i caratteri delle generazioni future. E' questa la più importante limitazione alla misura in cui gli organismi si pongono in corrispondenza con il loro ambiente in quanto sono "i più idonei tra quelli disponibili" o "i più idonei finora": essi non sono "i migliori che si possano immaginare". I motivi per cui non ci aspettiamo di trovare l'evoluzione della perfezione in natura sono analizzati ulteriormente in articoli di Jacob (1977), Gould e Lewontin (1979) e Harper (1982). Esistono inoltre altre limitazioni e precisazioni al modo e alla misura in cui gli organismi si pongono in corrispondenza con il loro ambiente"
     
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  5. star***
     
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    Ciao, non dico che dobbiamo diventare perfetti. Ma mi aveva incuriosito il fatto che secondo lei l'amigdala tenderà a perdere questo tipo di funzionalità. Secondo voi è possibile che ciò avvenga veramente e si può prevedere?
     
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  6. l.anepeta
     
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    Ho quasi finito di scrivere un saggio sull’emozionalità umana, che ho cominciato a pubblicare in forma criptata su Nilalienum. Chi intendesse leggerlo, dovrebbe registrarsi al sito (www.nilalienum.it) e aspettare il prossimo aggiornamento (previsto a fine dicembre o ai primi di gennaio) per accedere al file.
    Il saggio tenta di integrare evoluzionismo, neurobiologia, psicoanalisi e storia sociale.
    Il nodo cruciale è che l’uomo è un prodotto dell’evoluzione naturale, ma, con la sua emozionalità pervasiva e iperattiva a livello inconscio (che non ha riscontro in nessun altro animale), è, ancora oggi, una specie sperimentale. L’adattamento che ha raggiunto in rapporto al mondo esterno corrisponde con un persistente disadattamento al mondo interno, che il progresso culturale e le condizioni sociali hanno forse accentuato.
    Nessun animale vive con un cervello la cui complessità lo terrorizza e attiva, oltre a quelli naturali (per cui l'inconscio sta stabilmente al di sotto della linea della coscienza) meccanismi molteplici di rimozione, repressione, mistificazione. Di fatto, non c’è nulla di pericoloso nel cervello umano, se non un’indefinita libertà per cui ciascuno, anche senza rendersene conto, può pensare tutto ciò che è pensabile, sentire tutto ciò che può essere sentito, fantasticare tutto ciò che è fantasticabile. Questa apertura al mondo simbolico, però, basta (e avanza) a mantenere una tensione e un’inquietudine perpetua, tanto più se l'indefinita libertà della mente viene confusa con la possibilità di agirla.
    Non ci siamo, insomma, ancora del tutto ripresi dal “dono” che ci ha fatto la natura.
    Luigi Anepeta

    Edited by l.anepeta - 26/11/2008, 14:00
     
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  7. Koenig4
     
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    Non sapevo che l'amigdala fosse così importante per noi. A dire il vero non sapevo nemmeno che esistesse l'amigdala...

    Da Internet :

    Recentemente su Proceedings of National Academy of Sciences, un gruppo di neuroscienziati della Stanford University ha voluto scrutare il cervello di persone con due profili di personalità molto diversi, estroverso e introverso. Messi di fronte a immagini divertenti, con la testa collegata a una macchina di Risonanza magnetica funzionale, i diciassette giovani volontari, coinvolti nello studio, hanno presentato profili di attivazione delle aree cerebrali molto diversi tra loro e riconducibili alla divisione tra estroversi e introversi, precedentemente identificata con un apposito questionario. Gli estroversi hanno attivato un’area della corteccia, la orbitofrontale, e una profonda, che raggruppa il nucleo accumbens e il nucleo caudato. Gli introversi invece hanno attivato prevalentemente l’amigdala. Come interpretare questi dati?
    Gli autori dello studio fanno notare che le aree cerebrali attivate nel cervello degli estroversi fanno parte del circuito del piacere e della ricompensa, mentre l’amigdala è l’area la cui attivazione segnala un coinvolgimento emotivo non necessariamente legato al piacere. Si può quindi dire che, di fronte a immagini divertenti, gli estroversi sanno divertirsi, mentre gli introversi si emozionano senza cogliere il piacere.
     
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  8. l.anepeta
     
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    Le ricerche neurobiologiche vanno prese con le molle perché l’ossessione della sperimentazione comporta la tendenza ad affrontare problematiche complesse semplificandole al massimo grado. Non ho letto la ricerca in questione, ma so cosa significa per i ricercatori somministrare stimoli divertenti: immagini sostanzialmente stupide, simili a quelle che scorrono ogni giorno sul televisore nell’ambito dei programmi di intrattenimento. Di fronte ad immagini adatte, forse, ai bambini, gli introversi di solito sono sconfortati, quando addirittura non si deprimono.
    Ci sono solo alcuni dati certi ricavabili dalle ricerche neurobiologiche.
    Il cervello umano è capace di sviluppare sia emozioni positive che negative. L’emisfero sinistro, quello del linguaggio, sembra associato più alle prime, il cervello destro, quello che sente ma non dispone della parola, alle seconde. I "centri" emozionali sono agganciati ai lobi frontali. A sinistra l'aggancio avviene con le aree del pensiero cognivo (che sono sulla superficie del lobo frontale); a destra con le aree del pensiero intuitivo (che sono alla base del lobo frontale).
    La distinzione tra emozioni positive e emozioni negative è convenzionale. Quelle negative - paura, rabbia, empatia, senso di colpa, ecc. - svolgono un ruolo importante come quelle positive. Come definire un essere umano che non si commuove di fronte ad un simile che soffre e non si sente in colpa quando danneggia qualcuno?
    La distinzione non comprende peraltro l’ansia esistenziale, vale a dire l’intuizione emozionale che restituisce ad ogni uomo la “consapevolezza” di essere vulnerabile, precario, finito e destinato a finire.
    Dato che questo è il fondo della nostra esperienza, un uomo perpetuamente ottimista, che pensa sempre in positivo e non perde occasione di divertirsi è inesorabilmente stupido.
    La complessità intrinsecamente drammatica della condizione umana, che è un dato di fatto, è sempre presente nel modo di essere introverso. Essa non significa però che gli introversi debbano vivere con le mani tra i capelli. La consapevolezza esistenziale non esclude affatto la capacità di aprirsi alla vita, di coltivare affetti, di credere in valori, di provare piacere, ecc.
    C’è un equilibrio tra positivo e negativo, una sorta di armonia interiore e nel rapporto con il mondo che si può raggiungere, ma è sempre temperata dall’ombra della consapevolezza esistenziale.
    L’uomo che rimuove questa ombra dentro di sé e si “diverte” forse sta meglio, ma sacrifica la complessità del suo essere all’esigenza strettamente individuale di non accettare la sfida che essa comporta.
    Luigi Anepeta
     
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  9. Koenig4
     
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    Naturalmente. Ho trovato l'articolo usando come chiave di ricerca "amigdala introversione" ed aprendo il primo sito. Internet è uno strumento utile per trovare informazioni, ma và preso con i suoi limiti. Trovare informazioni imprecise, scorrette o spazzatura non è così difficile.
     
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  10. star***
     
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    Però a volte la tentazione di essere più leggeri, porta all'invidia per queste persone, che sembrano affrontare la vita con leggerezza. Mentre io spesso sono ancora intrappolata nella tela del ragno. Ho ancora paura del mio complesso emozionale, perchè penso che sia incontrollabile. Ovvero il fatto di stare bene e stare male, non riesco ancora a collegarlo pienamente con il conflitto che si instaura in me tra l'io e il super io. Sento sempre che lo stare male o lo stare bene sia un qualcosa che discende dall'alto come una benedizione o una maledizione. E la cosa che mi spaventa di più è quella di consumare tutta la vita appresso a questo conflitto, senza riuscire a sviscerarlo.
    Buona giornata
     
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9 replies since 24/11/2008, 15:56   353 views
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