6 gradi di separazione son pochi?

un esperimento sociologico

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  1. frodolives
     
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    Cari amici introversi,
    c'è una teoria che dice che noi tutti siamo divisi da soli sei gradi di separazione. Io credo fermamente nel dialogo, nella possibilità di risolvere parlando, comunicando, scrivendo. Per me è da sempre un mistero che oggi abbiamo milioni di sistemi per comunicare a grandissime distanze senza spendere nulla, eppure la comunicazione è così arida, sterile, viziata.
    Perché?
    Se avessi una risposta non lo chiederei, ma ve la fornirei direttamente e gratuitamente. Se sono qui e comunico, vitalizzando il forum con voi, è perché ci credo, voglio considerare questa mia una opera volontaria, da non confondersi con "volontariato", e da sempre mi definisco una avanguardia, anche nel contesto artistico.
    Da solo posso fare poco o niente, tranne accettare la mia condizione ed inabissarmi come un sommergibile nucleare.
    Vi siete accorti che in ogni mio post vi è un filo conduttore? Io ho come inserito una impronta comune, ed adesso cerco di piazzare l'idea, piazzare come se fossi un commesso viaggiatore, adesso ai tempi di internet forse sarà più semplice.
    Di me un pochino sapete, aggiungiamo qui che vivo nel Veneto, ora sapete di più, aggiungiamo ma già penso lo avete visto che il mio nome di battesimo è Federico.
    Ed altro di me lo sapete.
    Sapete che sono single. Ora ecco l'esperimento. Vi affido un compito, sta a voi se iniziarlo o affossarlo, sono molto rispettoso della libertà degli altri, ma sono anche sospinto da un desiderio di conoscenza e di sperimentare cose nuove. E internet significa essere internauta, significa navigare e sperimentare cose nuove.
    Voglio lanciare un messaggio in bottiglia.
    Prima legge dell'esperimento sociologico: non cerco amore. Non cerco cioè una donna da sposare. Ora sembrerà strano detto da me, ma io per primo affermo che non ha senso chiedere di mettersi insieme, sulla base di cosa?
    Altra cosa è invece stabilire dei contatti. Stiamo perdendo totalmente il controllo di un sistema fantastico, lasciando la rete in mano a multinazionali che vendono fumo, inutile citarle tutte le conoscete bene sono siti internet a pagamento dove per mandare una e-mail devi pagare, mentre il servizio potrebbe essere gratuito per tutti.
    Oppure i social network, che dovrebbero essere il nuovo ed invece ti ritrovi a gestire una pagina dopo l'altra di foto di dubbio gusto, le persone non sanno scrivere due righe, il consumismo più sfrenato diventa anche un totale sovvertimento dei valori che considero fondanti, quando sei giudicato soltanto per la bellezza esteriore e niente altro conta.
    O forse conta anche la grossezza del portafoglio.
    Possibile che con tutti questi mezzi non si possa fare un passaparola onesto e libero cercando contatti ed amicizie?
    Allora, per essere chiaro, per essere visibile, per essere limpido, io dico che desidero conoscere ragazze che abbiano ancora voglia di amare.
    Sono un uomo sensibilissimo, giovanile, che veste casual. Ma sono anche del tutto contrario ad usare sistemi o mezzucci, ancora, come se essi fossero l'unico modo, ed il prezzo da pagare comunque è alto, altissimo, insormontabile.
    Voglio persone che vogliano trattarmi da persona, quindi con il massimo rispetto, voglio che la gentilezza sia la prima cosa, e sia riscoperta. Voglio che quando dico una cosa sia quella, così per tutti, per giustizia.
    Voglio che preso un impegno lo si porti avanti. Io sono qui pronto a scrivere ventiquattro ore su ventiquattro per tentare di dare un supporto morale, quando non reale. Sono pronto a mettermi in gioco, voglio trovare ogni idea per dare visibilità alla Lidi, perché essa mi assomiglia. Voglio che le persone riscoprano i libri e leggano, che è l'unico modo per imparare a scrivere meglio.
    Voglio il diritto ad essere contrastato, vale a dire contraddittorio. Perché il contradditorio è l'anima del nostro ordinamento civile.
    Voglio il dialogo, perché solo nel dialogo si cresce e si evolve.
    Credo che se sei persone diverse ora si attivassero per cercarmi una ragazza con cui uscire domani sera, sei persone che davvero volessero attivarsi e creare un passaparola, io credo, anzi sono sicuro, che la mia solitudine avrebbe le ore contate.
    Come faccio a dirlo? Perché conosco il potere esponenziale della matematica e della statistica.
    Ma so che non facciamo niente per gli altri, pensiamo solo a noi stessi. E quindi so che questa mia idea è una utopia, figurarsi se sei persone in Lidi si attivano per fare una cosa disinteressata come passare la parola.
    O no? :P
    Provate a farlo, non vi costa niente in termini di soldi. Be', resta inteso che se non ne avete affatto voglia e preferite scaricare un mp3 siete liberi di farlo. Volevo solo dieci minuti della vostra vita per me, anche se non posso pagarvi.
    :lol:
    Io ho gettato il sasso. E non ritiro la mano. Ah, ho trentotto anni anche se di maturità non vedo traccia all'orizzonte.
     
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  2. Koenig4
     
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    Federico, guarda, io già mi sento molto legato a te in amicizia. Nel tempo il forum dovrebbe crescere, anche se penso in maniera lineare e non esponenziale. Per quanto riguarda la maturità ti porto all'attenzione un mio post del passato : Immaturità
    ... ma perchè non leggete i post del passato? :)
     
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  3. frodolives
     
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    CITAZIONE (Koenig4 @ 13/3/2009, 19:22)
    Federico, guarda, io già mi sento molto legato a te in amicizia. Nel tempo il forum dovrebbe crescere, anche se penso in maniera lineare e non esponenziale. Per quanto riguarda la maturità ti porto all'attenzione un mio post del passato : Immaturità
    ... ma perchè non leggete i post del passato? :)

    Caro Marcello, ti ringrazio per quello che fai ogni giorno qui. Per i post faccio fatica a leggerli tutti, cerco di orizzontarmi su quelli più caldi del momento.

    Comunque io parlo in ogni post di diverse cose. Se vuoi tentare un esperimento conosci una persona che ne conosce un'altra che ne conosce un'altra ancora? Puoi passare la parola? Puoi confidare che venga qui e si esprima? Io poi posso e voglio diventare una persona che chiunque può contattare, perché voglio a trecentosessanta gradi essere presente per più persone possibile, per il dialogo, per la condivisione, e tra le altre cose conoscete donne in cerca di un uomo? ne conosci? o anche se non in cerca, che hanno tempo per un'amicizia? ed anche la tua certo, amico, se mi vuoi aiutare puoi ne sono sicuro e convinto
    poi siccome ti piace guardare un pò in giro ti invito a vedere su wikipedia i 6 gradi di separazione

    Invito tutti quanti a fare un esperimento sociologico. Cavoli non voglio assolutamente che sembri che cerco una ragazza, non escludo di cercarla o di trovarla e che mi farebbe piacere, ma tutto questo lo faccio per amore della scienza! :blink: :blink: :woot:
    eheheheh :ph34r:
    cioè, dai adesso sono serio. La teoria dei 6 gradi è una cosa di cui vorrei discutere con tutti voi se avanzate un pò di tempo, potrebbe essere perfino un gioco, tipo quante persone nuove incontrerò oggi?

    Marcello in qualche modo tu hai cercato gli ultimi tempi di attrarre persone a visitare il sito, giusto? Quali ostacoli hai riscontrato? Quali sono i problemi più grossi?
    Troppe poche porte? Oppure troppo poco interesse?
    Che cosa potrebbe fare aumentare l'interesse?
    Ci sono.

    I want to Believe!!! :alienff:
     
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  4. Koenig4
     
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    Guarda io pensavo che, dal punto di vista teorico, si potrebbe creare una sezione nel forum da crearsi "Amicizia" dove postare degli annunci per cercare amici, o perchè no, per cercare amiche :wub: . Tuttavia non inoltro alcuna richiesta ufficiale a LIDIadmin perchè credo che una sezione siffatta andrebbe contro lo spirito del forum.
     
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  5. frodolives
     
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    CITAZIONE (Koenig4 @ 13/3/2009, 20:03)
    Guarda io pensavo che, dal punto di vista teorico, si potrebbe creare una sezione nel forum da crearsi "Amicizia" dove postare degli annunci per cercare amici, o perchè no, per cercare amiche :wub: . Tuttavia non inoltro alcuna richiesta ufficiale a LIDIadmin perchè credo che una sezione siffatta andrebbe contro lo spirito del forum.

    penso che lo spirito del forum lo facciamo noi. Penso e credo che cercare un aiuto nel cercare un'anima gemella non vada contro lo spirito di nessuno ma se sbaglio correggimi, grazie.

    Ma comunque io voglio vederla più come un esperimento sociologico, e come tale credo sia perfettamente in linea con gli scopi della LIDI. Non vogliamo capire perché alcuni sono visti come elementi di dissenso, di imbarazzo? Lo sapete quante volte ho visto i miei "amici" imbarazzati al solo farsi vedere come miei amici?
    Credo di essere nel posto dove in tanti hanno provato questo sulla loro pelle.. credo che dobbiamo partire da qui, dal nostro sentirci inadeguati, fonte di imbarazzo e vergogna per gli altri... ma ora basta!

    se mi seguite bene, altrimenti uguale :D A presto
     
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  6. Koenig4
     
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    Io non sono imbarazzato ad esserti amico. Anzi perchè non vieni a trovarmi a Palermo una di queste estati? ;)
     
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  7. frodolives
     
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    CITAZIONE (Koenig4 @ 13/3/2009, 20:17)
    Io non sono imbarazzato ad esserti amico. Anzi perchè non vieni a trovarmi a Palermo una di queste estati? ;)

    perchè no... magari organizziamo va bene? intanto che ne dici di spronare le persone a parlare in forum pubblicamente ed a beneficio di tutto il forum?
     
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  8. Koenig4
     
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    Certo che organizziamo anzi possiamo lanciare l'idea di viaggi incrociati in Italia per conoscerci un pò tutti a rotazione.
     
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  9. frodolives
     
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    credo che il forum, Marcello, vada vissuto come occasione di condivisione... mi sembra che invece si stia arrivando a quello che accade in tanti forum, solo messaggi privati... esclusione di alcuni a scapito di altri... spero di sbagliarmi di grosso
     
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  10. maria rossi
     
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    caro frodo, io proverò a dire a qualcuno di pensare a qualcuno per consocere qualcuno...non mi costa nulla e mi piace provare a darti una mano.
    Nel frattemp, però, ti invito a leggere queste righe prese dal forum della lidi www.legainrtoversi.it nell'articolo del dot.Anepeta Introversione e solitudine nato proprio dalla lettura di molte testimonianze lasciate nel forum.

    Questo tema, in effetti, è già venuto fuori altre volte (ha ragione koenig: se andassi a vedere un pò dei primi posts scopriresti cose molto vicine e simili a queste discussioni!) e quel che ne è venuto fuori è che rispetto all' angosciosa condizione di solitudine e all'assenza di rapporti affettivi significativi gli introversi non riescano a vedere il disegno (generalmente piuttosto evidente agli occhi degli altri) che sottende questi vissuti: l'auto-punizione. dura parola, che vuol dire? ecco la seconda metà dell'articolo:


    "[...] Se si tiene conto di come parecchi introversi vivono la solitudine, si capirà immediatamente la pertinenza del discorso. Per un verso, infatti, essi l'avvertono come una condizione atroce che mortifica e impedisce di soddisfare un bisogno radicale. Per un altro, la proiettano nel tempo vivendola come destinata a durare per sempre.

    Pochi dubbi, dunque, si possono avere riguardo al fatto che la solitudine introversa, quando viene vissuta angosciosamente, rappresenti l'espressione di un inconscio bisogno di punizione che si esprime attraverso la convinzione di essere destinati a finire soli.
    Questo bisogno solo raramente è rappresentato a livello cosciente. Capita anche che alcuni introversi riconducano la loro condizione all'inadeguatezza, alla timidezza, al non saper stare con gli altri: in breve al loro modo di essere o ai loro difetti vissute come colpe che giustificano l'allontanamento degli altri. Più spesso, però, e non necessariamente in antitesi al vissuto precedente, essi sono arrabbiati con il mondo, dal quale si sentono emarginati semplicemente perché non riescono ad adeguarsi al modello normativo dominante. La rabbia è impregnata, di fatto, anche di una carica più o meno consapevole di disprezzo nei confronti dei normali. Siamo, insomma, nell'ambito della sindrome di Robespierre, le cui implacabili valenze di colpa ho descritto già sufficientemente per ritornare su questo tema.

    La qualità angosciosa della solitudine introversa è, dunque, da ricondurre al viverla come una condizione di emarginazione radicale e definitiva rispetto al mondo, sia essa dovuta alla propria "difettosità" o alla rabbia e all'odio contro tutto e contro tutti.
    3.

    Già solo in rapporto a quanto è stato detto finora, il fatto che gran parte degli introversi banalizzino il problema riconducendolo all'assenza di qualche legame significativo e, particolarmente a livello giovanile, tentino affannosamente di costruirlo con esiti quasi sempre deludenti, la cui conseguenza è un incremento del vissuto di inadeguatezza e delle emozioni di rabbia, è inquietante. Ma c'è di più.
    L'autonomia psicologica cui ho fatto riferimento, e che si esprime nell'avvertire come un bisogno ogni tanto lo stare con sé, è uno stato che, nel nostro mondo, si può ritenere piuttosto raro. Di fatto, molte personalità mantengono il proprio equilibrio perché utilizzano le relazioni sociali come protesi di una dipendenza (patologica), che viene occultata sotto l'apparenza dell'estroversione.
    Come ho chiarito in un articolo, il concetto di dipendenza patologica è piuttosto ostico, perché in genere, partendo dal fatto che l'uomo è un essere sociale il cui bisogno di relazione è universale, le persone ritengono che la dipendenza sia sempre e comunque “normale”. Per chiarire la differenza tra normale dipendenza e dipendenza patologica, utilizzo di solito una metafora fisiologica che mi sembra pregnante. Il bisogno di ossigeno è assolutamente universale, ma aspirarlo con i propri polmoni o attingerlo ad una bombola con un respiratore definisce due diverse condizioni, rispettivamente di autonomia e di disautonomia (la quale implica l'inefficienza dell'organismo). Applicata al bisogno di relazione, la metafora significa che la dipendenza normale fa riferimento ad un io che, avendo raggiunto uno statuto autonomo, si sente arricchito dalle relazioni che intrattiene, mentre la dipendenza patologica definisce un io il cui statuto s'identifica con il mantenersi della relazione, venendo meno la quale esso tende a collassare.
    Non è una differenza di poco conto, perché l'io autonomo tollera l'eventuale perdita di una relazione significativa, pur soffrendo, perché questa circostanza non pone in gioco la sua capacità di relazione, mentre l'io disautonomo vive la perdita come segno della propria incapacità di relazione, della propria non amabilità. Ne ricava, dunque, una definizione ontologica del proprio essere la cui conseguenza è il sentirsi destinato ad una solitudine infinita.

    L'obiettivo dell'autonomia psicologica è intrinseco alla programmazione evolutiva dell'essere umano. Occorre riconoscere però che, nella nostra società, esso è raramente raggiunto per una serie di motivi su cui, per ora, non mi soffermo. Si danno, dunque, molti soggetti il cui equilibrio personale si fonda sul mantenersi di una rete di relazioni sociali, i quali non hanno consapevolezza della loro disautonomia o ne hanno una consapevolezza occasionale. Basta pensare al numero di adolescenti e di giovani che vivono in un'interazione costante, fisica e telematica, con un gruppo, rifuggendo sistematicamente lo star da soli.
    Rispetto a questa popolazione la condizione introversa si differenzia perché, dandosi nel corredo genetico un bisogno d'individuazione sempre spiccato (più o meno, comunque in misura superiore alla media), l'obiettivo dell'autonomia psicologica, di avere uno statuto identitario che riconosce un centro di gravità interno e di avere la capacità di stare con se stessi, è assolutamente irrinunciabile. Questo aspetto può sembrare contrastante con il fatto che numerosi introversi farebbero (e fanno) carte false pur di avere una qualche relazione significativa. Ma è un caso che, finché dura questa ossessione, essi non riescano a realizzarla?
    Talvolta può apparire un caso legato ad un difetto di interazione tale per cui l'occasione di costruire una relazione non si presenta che raramente o addirittura mai.

    Il problema, però, riesce più chiaro nei casi in cui relazioni si danno ma finiscono regolarmente con l'esaurirsi in un nulla di fatto, che restituisce il soggetto alla sua atroce solitudine. Situazioni del genere sono interpretabili tenendo conto di due diverse circostanze, correlate tra loro.
    La prima si riconduce alla scelta di un partner (amicale o affettivo) con cui l'introverso ha ben poco da spartire: una scelta, dunque, a vicolo cieco, la cui non casualità è confermata dal fatto che, laddove il soggetto incontra un essere con cui si danno affinità, sulla cui base, la costruzione di un rapporto è possibile, o non avverte alcun interesse di entrare in relazione o addirittura ne rifugge.
    L'altra circostanza è legata ad una serie di strategie relazionali che vengono agite in buona fede, ma non possono esitare che nello scioglimento del rapporto. Tali strategie vanno dall'aggrappamento e da una ricerca di conferme asfissiante al sottoporre il partner ad una pressione costante perché egli si trasformi, più o meno radicalmente, in un altro, che corrisponderebbe per filo e per segno ai propri bisogni.
    Che significano queste circostanze? Semplicemente che l'introverso, per quanto aspiri ad uscire dalla solitudine, in realtà, a livello inconscio, rifiuta le relazioni per tre diversi motivi: primo, perché pensa di non meritarle; secondo, perché teme di illudersi e di essere poi abbandonato dall'altro quando questi prende coscienza della sua inadeguatezza; terzo, perché non tollera la dipendenza angosciosa che si mette immediatamente in movimento quando entra in relazione.
    Questo terzo motivo è il più complesso e merita una riflessione. La dipendenza patologica è imprescindibile dal fatto che, stando da solo, il soggetto sta male, perché avverte il vuoto, la freddezza, l'aridità e l'insignificanza del suo essere. Il problema è che egli sta male anche quando entra in relazione, perché questa è investita immediatamente dalla paura dell'abbandono e della perdita del rapporto. Questo vissuto è ingannevole, perché può essere con facilità razionalizzato. Non è normale - si pensa - che se si tiene ad una relazione si ha paura di perderla? Certo che è normale. Ma una cosa è valutare la possibilità della perdita come inerente ogni relazione umana, vale a dire come una possibilità statistica la cui realizzazione dipende dalla qualità del rapporto; un'altra è viverla come una fatalità destinata inesorabilmente a realizzarsi.
    Questo è il modo in cui parecchi introversi vivono la paura della perdita del rapporto. È superfluo aggiungere che la fatalità condensa il bisogno d'indipendenza frustrato e la giusta punizione che tocca a chi si attribuisce un disvalore o una negatività radicale.
    4.

    La solitudine angosciosa sperimentata dagli introversi, insomma, è una mistificazione nella misura in cui razionalizza e naturalizza, in rapporto all'universalità del bisogno di relazione, una serie di dinamiche inerenti l'immagine interna, la dipendenza, la concezione meritocratica dei rapporti, ecc. Si tratta di dinamiche che, finché rimangono attive a livello profondo, spesso inconscio, non comportano alcuna soluzione relazionale perché la struttura reale del rapporto e il comportamento del partner, quali che siano, non incidono se non transitoriamente su di esse e non ne consentono il superamento.

    Ovviamente l'assenza di una soluzione relazionale non significa che si tratti di problemi insolubili. Al di là della fase evolutiva, essi possono essere risolti solo sul fronte soggettivo della relazione che il soggetto intrattiene con sé, il suo mondo interiore, il suo carico di memorie, ecc. È un'aspra verità, ma fare finta che le cose non stiano così non porta da nessuna parte."
     
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  11. frodolives
     
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    grazie.. devo dire che è molto bello questo passaggio . Ti ringrazio di averlo posto alla mia attenzione...
     
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  12. frodolives
     
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    CITAZIONE
    Il problema, però, riesce più chiaro nei casi in cui relazioni si danno ma finiscono regolarmente con l'esaurirsi in un nulla di fatto, che restituisce il soggetto alla sua atroce solitudine. Situazioni del genere sono interpretabili tenendo conto di due diverse circostanze, correlate tra loro.
    La prima si riconduce alla scelta di un partner (amicale o affettivo) con cui l'introverso ha ben poco da spartire: una scelta, dunque, a vicolo cieco, la cui non casualità è confermata dal fatto che, laddove il soggetto incontra un essere con cui si danno affinità, sulla cui base, la costruzione di un rapporto è possibile, o non avverte alcun interesse di entrare in relazione o addirittura ne rifugge.

    Credo che queste parole definiscano molto bene come mi comporto io...
     
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  13. imperia69
     
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    spero che tu non la prenda come un'offesa, frodo, ma spesso mi sembra di percepire della rabbia nelle tue parole, rabbia che ti porta a provocare con proposte e affermazioni shock.
    Non conoscendoti di persona, è ampiamente possibile che legga in modo errato le tue affermazioni, ma questo è quello che spesso mi trasmettono le tue parole.
    un saluto
     
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  14. frodolives
     
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    CITAZIONE (imperia69 @ 14/3/2009, 14:55)
    spero che tu non la prenda come un'offesa, frodo, ma spesso mi sembra di percepire della rabbia nelle tue parole, rabbia che ti porta a provocare con proposte e affermazioni shock.
    Non conoscendoti di persona, è ampiamente possibile che legga in modo errato le tue affermazioni, ma questo è quello che spesso mi trasmettono le tue parole.
    un saluto

    La rabbia: penso che non sia possibile capirmi senza capire anche la mia rabbia. Quando sei nato per volare e stai sempre a terra almeno la frustrazione di non volare dovresti provarla, per capire. Poi per il resto sono iscritto al codice cavalleresco e non la lascerei mai libera di agire al di fuori del mio controllo.
    Comunque sia, considero fondamentali le emozioni, di cui mi reputo un vampiro, nel bene e nel male.
     
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  15. d0b
     
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    "Amore mio, rifuggo da te non perchè non mi attrai nè mentalmente, nè fisicamente, nè spiritualmente, nè perchè molti tuoi modi di fare ispirano tutt'altro che volontà di affliazione, nè perchè, a parte qualche gusto condiviso, non abbiamo nient'altro da condividere. Amore mio rifuggo da te perchè il mio inconscio è un narcisista ferito, perchè so che sono non sono degno di te. Sì è vero, possiamo parlare di molte cose assieme. Ma continui a non attrarmi nè mentalmente, nè fisicamente, nè spiritualmente, nè perchè molti tuoi modi mi ispirano tutt'altro che tenerezza o attrazione. Vabbè dai, proviamo ad amarci, non ci faremo mai compagnia, proviamo a sposarci, ben presto diventeremo il capro espiatorio reciproco delle nostre frustrazioni. Io ti sembrerò un fallito, tu mi sembrerai un'isterica. Amor mio, nel dramma tra uomo e donna, la mistificazione dell'amore non concederà amore che non sia riflesso di Narciso, loderai il tuo che c'è in me, loderò il mio che c'è in te, martirizzandoci teneramente per il resto delle nostre solitudini. Ci lasciamo? No, abbiamo paura di tornare a ciò che c'era prima. Sì, torniamo a ciò che c'era prima. No...Sì...NO...sì...n...s...?.......
    Amore mio, sei dolcissima, tenerissima, ma trombiamo poco. Amore mio, sei dolcissimo, sensibilissimo, ma mi asfissi. Amore mio, la tua frustrazione ti fa fare la civetta con quei pochi "amici" che ho. Amore mio, nella tua sfiga non guadagni abbastanza per farmi qualche regalo, ragion per cui non mi sento apprezzata, cerco apprezzamento altrove. Amore mio, per legarti a me e non correre il rischio di perderti, ti regalo ciò che vuole ogni donna, un figlio, vittima sacrificale di noi stessi, per perpetuare il dolore nel mondo. Amore mio sei un pessimo padre, non guadagni abbastanza, non sei abbastanza presente, lasci tuo figlio/a sulle mie spalle, non posso pensare a tutto. Amore mio, al lavoro sono soggetto ad angherie, a volte ho voglio di farti oggetto di angherie. Amore mio, tuo figlio non parla molto, tu non parli molto, io non parlo molto. Amore mio, tua madre è una strega, voleva un genero produttore di soldi e pargoletti che ti trattasse per quello che sei, una regina, anche perchè lei non è mai stata trattata come una regina. Amore mio, prendiamoci una pausa. Amore mio, tua figlia si prostituisce al miglior offerente, a sedici anni ci ha già resi nonni. Amore mio, tuo figlio non parla molto, non esce mai, ma è studioso, che ci diventi dottore? Amore mio, tuo figlio è diventato schizofrenico, o un drogato, o uno spacciatore (almeno guadagna). Amore mio, tua figlia s'è sposata, lui ha già una condanna per truffa sulle spalle, qualche altro problemino, ma almeno ha i soldi, nel suo mestiere si guadagna. E' un ragazzo apposto, anche perchè ti guarda dall'alto in basso. Amore mio c'è qualcosa che non va nell'amore. Amore mio, c'è qualcosa che non va in te. Amore mio non c'è qualcosa. Amore mio, non c'è qualcosa, manca sempre qualcosa, in noi, in tutti, in tutto....

    "CARA TI AMO....E MI SENTO PIù FELICE...CARA TI AMO..."

    :-)

    Avrete capito che non sono molto ottimista. Tale cinismo non è comunque gratuito, nè finalizzato a fregare il prossimo, nè tanto meno a ferire o chissà che. Si parla di mistificazioni. Ecco un paradigma mistificatorio che nelle sua commovente banalità è un paradigma estremamente diffuso nella nostra società. Casi del genere ne ho visti a bizzeffe, qualcuno l'ho anche vissuto sulla mia pelle. Non si offenda nessuno per questo post, se è questo l'effetto che ha suscitato. Non è mia intenzione offendere, nè far venire la depressione a nessuno. Ma non mistificare significa anche saper vedere la cruda realtà, con un certo distacco e buddhistica compassione, purtroppo anche sotto le legnate...
     
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18 replies since 13/3/2009, 18:56   361 views
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