Un mondo di lustrini

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  1. asabbi
     
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    Mi ha sempre affascinato quel mondo di lustrini, forse perchè l'ho sempre guardato di quà dal vetro, come un bambino in contemplazione di una vetrina di giocattoli.
    Ho provato anche a farne parte, perchè pareva semplice essere come loro; pieni di amici, di sorrisi e superficialità..sempre in cerca di luoghi affollati.
    Mi dicevo che potevo farcela ad essere anche io così, mi vestivo di falsità.
    Fingevo di star bene, fingevo che quello era ciò che volevo...fingevo così tanto bene che alla fine mi dimenticai che stavo fingendo...ma dentro, sempre quella sensazione di inadeguatezza, di goffaggine.
    Ad un certo punto mi son fermata ed ho smesso di farmi male; non sono così; non faccio parte di questo e voi siete pericolosi con la vostra insensibilità e la vostra inconsapevolezza.

    Sapete, di qual dal vetro sembrate tutti felici, soddisfatti e realizzati.....in realtà non penso proprio che lo siate.

    Edited by asabbi - 9/11/2009, 00:11
     
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  2. imperia69
     
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    Non lo so se lo sono...tante volte mi chiedo se sono io che mi aspetto troppo, sono troppo critica o se sono gli altri che hanno qualcosa che a me sfugge...
    E' che tante volte, in tante situazioni avrei bisogno di alleati, o almeno qualcuno che comprenda il mio punto di vista e invece spesso mi sembra di parlare una lingua incomprensibile o di essere una specie di Cassandra, che vede le cose, ma tanto nessuno le crede...
     
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  3. flaneur62
     
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    IO non ho mai avuto fascinazioni particolari per i lustrini, come dice Asabbi... le esteriorità non mi hanno mai preso particolarmente anche se, come tutti, ho avuto anch'io i miei periodi di "intruppamento".... ma, no sempre con la dovuta consapevolezza, non mi sono mai fatto prendere dal confronto con gli altri e dai meccanismi inclusione/esclusione... diciamo che per me, parlando delle frequentazioni di gruppo e dei meccanismi che producono, suonavano dei campanelli di allarme ed ero io a abbandonare il campo...

    In questo mi ritrovo con quanto dice Imperia riguardo al parlare una lingua incomprensibile e all'essere considerato una specie di CAssandra... beh, succede anche a me e, leggendo oramai da un po', le risposte qui sul forum, credo che essere esigenti, aspettarsi il meglio dagli altri e dalle situazioni in cui si vive o che si attraversano sia una caratteristica di noi introversi....

    "Di qua dal vetro" come scrive Asabbi non vedo però nè felicità nè molta soddisfazione in giro... il modello di estroversione supericiale, da lustrini, penso proprio che sia ricoperto di una bella coltre di nevrosi e di aggressività......
     
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  4. senzanome70
     
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    di qua dal vetro anche io vedo nevrosi e aggressività ovunque...
    prima ero più arrabbiata.
    mi nascondevo di più. pensavo alcune cose ma non le dicevo perché tanto sapevo che non mi avrebbero compresa, che mi avrebbero solo giudicata strana e non volevo sentirmi diversa.
    in realtà diversa mi ci sentivo sempre di più, solo che facevo di tutto perché non trapelasse, sì ero una un po' eccentrica magari ma non volevo essere esclusa. però più mi comportavo così più interiormente esasperavo il mio sentirmi diversa e in realtà detestavo tutti gli altri, li giudicavo pur volendo in qualche modo assimilarmi a loro.
    in più, la rabbia aumentava e la sfogavo solo contro di me.

    oggi è un po' diverso. cerco di non tenermi più un cecio in bocca (come si dice a roma).
    ho cambiato il mio punto di vista.
    è come se con il tempo io avessi visto sempre un po' più chiaro.
    non mi interessano alcune cose nella vita, non mi interessano proprio. non mi interessa frequentare persone che non mi piacciono. non ho bisogno di nascondermi perché tutto sommato mi piaccio, mi piace anche sentirmi una specie di cassandra.
    dico più o meno quello che penso, quando posso, e chi se ne frega se mi capiscono oppure no. non mi interessa di sembrare pesante, non mi interessa se con la mia ironia dissacro tutto e tutti.
    la cosa bella è che non sono più così arrabbiata. cioè gli altri li vedo più o meno come prima, vedo un mondo di nevrotici, frustrati nei propri bisogni primari che cercano di soddisfare bisogni indotti, tentativi che non fanno altro che alienarli ancora di più e sono sempre più arrabbiati e aggressivi. però, mi fanno compassione.
    e mi rendo conto che io con la mia sola presenza, con il mio essere in un certo modo li destabilizzo. una volta mi sentivo in colpa per questo, ora non più. non è colpa mia.
    io sono così e non posso non essere ciò che sono altrimenti sto male.

    racconto un episodio che mi è successo poco tempo fa.
    ero andata a casa della mia parrucchiera, perché non vado in negozio a farmi i capelli sia per un fattore economico, sia perché odio il contesto. ma andiamo avanti.
    la mia parrucchiera è anche una mia amica oramai, perché la conosco da anni, si occupa premurosamente dei miei capelli da un bel po' di tempo.
    c'era anche un'altra sua cliente.
    la mia parrucchiera racconta che al negozio dove lavora a via del Corso a Roma viene due volte a settimana una signora molto ricca. La tipa una volta le ha detto: "ho appena visto in vetrina una borsetta da 2.500 euro ma non ho potuto comprarla e mi sono sentita povera".
    capirai, io ho appena ho sentito la storia mi sono lanciata in invettive e improperi contro la tipa.
    L'altra ragazza che si stava facendo i capelli ha detto che non si deve mai giudicare e che tutto è relativo, e che se noi fossimo state ricche come lei avremmo più o meno desiderato la stessa cosa, cioè una bvorsetta da 2.500 euro.
    a questo punto ho dato il meglio di me.
    ampia digressione: bisogni indotti e bisogni primari; nevrosi; povertà.
    e infine: io giudico e giudico eccome, comprendo la signora, non è che non la comprendo ma non la giustifico.
    la tipa a via del corso li dovrebbe vedere in continuazione i poveri, perché ci sono barboni che dormono per strada mentre la roma bene fa le sue compere. uomini d'affari e donne impellicciate passano accanto a corpi malconci e puzzolenti, denutriti a volte pieni di alcool e, mentre guardano le vetrine, pensano al fatto che si sentono poveri perché non si possono permettere una borsetta da 2.500 euro.
    alcune cose non possono essere relative.
    morire di fame in pieno centro a Roma non è una cosa relativa.
    è un assoluto.
     
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3 replies since 8/11/2009, 22:45   177 views
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