Riflessioni sull'introversione e su come viverla

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  1. Seneca77
     
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    Salve a tutti,

    per mia natura non sono solito partecipare assiduamente a forum di qualsiasi tipo o ai più "moderni" social network che vanno tanto di moda di questi tempi.
    Sono approdato solo di recente alla LIDI, spinto dalla voglia di scoprire quello che si è compreso dell'Introversione, soprattutto quando è vissuta in un mondo fatto su misura per gli estroversi e per chi considera (spesso in buona fede) l'introversione come un sinonimo di timidezza.
    Secondo il test di Eysenk riportato nel libro del Prof. Anepeta il mio punteggio è pari a [-30] e quindi come avrete capito, posso essere classificato a tutti gli effetti come un introverso.
    Sebbene questo libro sia unico nel suo genere (per quanto ne so), non ha rappresentato per me una "rivelazione", avendo già trovato le risposte che cercavo durante il mio percorso personale. Tuttavia, considero il saggio del Prof. Anepeta prezioso per due ragioni:
    1) ho capito che il mio modo di sentire (che ho avuto modo di razionalizzare nei minimi dettagli) non è semplicemente il risultato delle mie esperienze personali, ma anche una conseguenza inesorabile dell'orientamento introverso.
    2) mi ha dato la possibilità di fronteggiare con i fatti di un libro scritto da un esperto, i pregiudizi delle persone che usano con arroganza, ignoranza o ingenuità, se stessi come unico metro di paragone.

    Ho letto con grande attenzione una buona parte dei contributi presenti nel forum, e in particolare gli sfoghi di chi non è ancora riuscito a venire a patti con la propria diversità, che considera una sciagura, un handicap, o peggio ancora una maledizione. Spesso si tratta di adolescenti, ed è comprensibile il loro desiderio di sentirsi "normali", perchè il sentirsi "normali", ci fa credere di essere nel giusto, e questo ci rassicura.
    Per chi si trova ancora in questo stadio dello sviluppo (non necessariamente anagrafico, ma più in generale psicologico, indipendentemente dall'età) certamente la lettura del Saggio può rappresentare un valido punto di partenza per cominciare a capirsi, ma questo, purtroppo, è a malapena il primo passo.

    La domanda a cui bisogna cercare di dare una risposta è questa: se l'introversione è un orientamento genetico che non si può cambiare, se racchiude in sè un potenziale umano fuori dalla portata dei più, se non c'è niente che non funziona e quindi non si è anormali, allora perché ci si continua a sentire fuori posto, a disagio, inadeguati?

    Forse perché, nonostante tutti gli sforzi che si fanno (consci e inconsci) nel convincersi di vivere secondo la propria natura e coscienza, la verità è che una parte di noi continua ancora a reclamare l'accettazione degli altri. C'è una frase che ho letto una volta in un libro (specificamente rivolto alle donne, ma in realtà valido per tutti) che sintetizza perfettamente quello che in realtà tutti cerchiamo:

    "Solo quando riveliamo davvero noi stesse/i possiamo essere veramente amate/i. Quando ci rapportiamo come siamo genuinamente, nella nostra essenza, allora, se siamo amate/i, è la nostra essenza a essere amata. Niente è più convalidante a livello personale e più liberatorio in una relazione."
    (Robin Norwood - Donne che amano troppo)

    Ne consegue che, ogni volta che cerchiamo di tradire la nostra natura per sentire la vicinanza di persone che in realtà non sono o in grado o interessate a capire, ci danneggiamo due volte in un colpo solo perchè snaturiamo noi stessi (e questo determina il disagio continuo) e ci sentiamo ancora più soli, perché la compagnia fisica non compensa la distanza emotiva, soprattutto nel caso degli Introversi, poco propensi ai rapporti superficiali.

    "Le persone solitarie si sentono sole solo in compagnia."
    (Wolfram Weidner)

    "Odio coloro che mi tolgono la solitudine senza farmi compagnia."
    (Friederich Nietzsche)

    Dunque, se questa è la causa della "malattia", qual è la "medicina"? La realizzazione dell'equilibrio interiore richiede a mio avviso il raggiungimento di due traguardi fondamentali:
    1) l'autentica convinzione di possedere una dignità inviolabile.
    2) la comprensione della natura del proprio potenziale (che esiste SEMPRE) e poi concretizzarlo in qualcosa che possa esistere al di fuori di noi, che sia cioè condivisibile.

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    Vediamo quindi che cosa voglia dire tutto questo in pratica.

    [PUNTO 1]
    Sarebbe facile rispondere che per riconoscere il valore della propria dignità bisogna avere stima di se stessi. E la risposta sarebbe anche giusta, se non fosse per il fatto che l'autostima, la fiducia in se stessi e il volersi bene, sono concetti abbastanza sfuggenti.
    Ecco una frase che spiega tutto e che poi illustrerò meglio:

    "Se un individuo è capace di amare positivamente, ama anche se stesso; se può amare solo gli altri, non può amare affatto."
    (Erich Fromm, psicanalista e sociologo)

    Arrivare a dire che "se uno non ama se stesso non può amare veramente qualcun altro" sembra una affermazione un po’ troppo drastica, ma lo è solo in apparenza. Forse è il caso di fare il seguente ragionamento: se amo me stesso, allora mi apprezzo (e NON solo "mi accontento") per quello che sono (qualità e difetti). Se mi apprezzo, allora ritengo di dover essere accettato così come sono. Se penso questo, e attribuisco a chiunque pari dignità, allora chiunque deve essere accettato così com'è. Se sono capace di apprezzare CHIUNQUE per ciò che è, allora devo ritenere sbagliato ogni tentativo di cambiare una persona alla quale tengo, per adattarla all'idea che voglio avere di lei. Questo atteggiamento, se è autentico, viene immediatamente percepito dal nostro interlocutore, e questo poco alla volta crea una fiducia reciproca. Una fiducia basata su questi presupposti può essere sostenuta solo da "un individuo capace di amare positivamente".

    "... in un amore che sia veramente completo occorre che venga rispettata anche l'indipendenza dell'altro. Ciò significa riconoscergli la libertà di vivere secondo le sue più sincere convinzioni. Se si ama veramente l'indipendenza dell'altro, si riesce anche a rispettare che l'altro cambi. [...] ... è un amore che crea fiducia; aumenta le energie; produce benevolenza."
    (Max Luscher)

    E' possibile fare tutto questo senza costrizioni e sacrifici solo a una condizione: bisogna essere capaci di credere nel proprio valore individuale indipendentemente dal giudizio altrui... e questa è la cosa più difficile da fare.
    Solo in questo caso non si dipende emotivamente da qualcuno, solo in questo caso si è capaci di rispettare la dignità altrui anche nei momenti più difficili, e solo in questo caso si ha il coraggio di esprimere veramente se stessi, e si è quindi veramente liberi.

    Perchè quindi è necessario il Punto 1? Perchè se riconosco il valore della mia dignità, allora sono libero. Se nutro questa convinzione, allora non temo il confronto col prossimo e sono aperto a quello che gli altri hanno da offrirmi. E solo col confronto e la CONDIVISIONE delle esperienze ci si può migliorare... anche grazie a chi ha un modo di sentire diverso dal nostro (estroversi-introversi) perchè:

    "... la virtù non resta mai in incognito, per quanto nascosta manda segni di sè: chiunque ne sarà degno, la recupererà dalle tracce. Infatti se eliminiamo ogni frequentazione degli altri e rinunciamo al genere umano e viviamo concentrati unicamente in noi stessi, farà seguito a questo stato di solitudine privo di ogni interesse la mancanza di cose da fare [...] Spesso una persona molto anziana non ha nessun altro argomento con cui provare di essere vissuta a lungo se non l'età"
    (Seneca)

    [PUNTO 2]
    La frase di Seneca introduce anche l'importanza del secondo punto per la ricerca dell'equilibrio: la CONDIVISIONE.

    "Alla fine tutto si riduce a una richiesta o a un'offerta di attenzione. L'attenzione di cui hai bisogno e l'attenzione che dai, l'attenzione che cerchi di ottenere con la tenerezza o di strappare con la prepotenza. L'attenzione che regali o che compri, che vendi, che baratti. Possiamo chiamarla amore o amicizia o ammirazione o interesse o curiosità o devozione o passione o mania o quello che ti pare. Ma alla fine se riduci tutto ai termini essenziali, è solo una richiesta o un'offerta di attenzione. [...] E' non è così strano, perchè senza attenzione non succede niente. Qualunque cosa succeda, è come se non succedesse, se non c'è nessuna attenzione a coglierla. Per quanto possa essere una cosa significativa e straordinaria e irripetibile. E' come un asteroide del diametro di un chilometro che si schianta nella Siberia deserta in un'era senza sismografi. [...] Il guaio è che quasi chiunque pretende più attenzione di quanta sia disposto a darne. Perchè quasi chiunque pensa di essere al centro del mondo."
    (Andrea De Carlo - Pura Vita)

    A questo punto dovrebbe essere chiaro quale deve essere la chiave di lettura dei due punti: prima [PUNTO 1] bisogna imparare a non vergognarsi del proprio modo di essere e della propria diversità (come è fondamentale che imparino a fare gli Introversi) perchè altrimenti non si può [PUNTO 2] condividere i frutti del proprio potenziale, dato che il bisogno di Attenzione/Condivisione è insito nella natura umana e non può essere ignorato.

    E ora arriviamo al dunque. Che significa concretizzare? E come?
    Per scoprire il proprio potenziale, bisogna scoprire le proprie attitudini e quindi imparare a conoscersi. Qui è chiaro che ognuno può parlare solo per sè cercando di guardarsi dentro con attenzione. Questo è proprio ciò che agli introversi riesce meglio, a patto che abbiano appreso le giuste chiavi di lettura. Sarebbe bello che ci fosse qualcuno che sappia insegnartele, ma gli sfoghi degli introversi rendono evidente una sostanziale incomprensione del mondo circostante. Io posso parlare solo per me. Personalmente, le mie chiavi di lettura le ho trovate grazie a letture pluriennali di articoli dedicati al comportamento umano in tutte le sue forme (grazie a riviste come FOCUS). Dopo un po’ però ho notato che al di là dei tecnicismi, i fatti basilari cominciavano a ripresentarsi sempre nello stesso modo. Ho così ho cominciato ad alimentare una mia costruzione mentale che ho cercato di mettere sempre sotto esame riesaminando me stesso e i rapporti con gli altri. Se l'ipotesi è confermata si va avanti, altrimenti ci si sforza di tornare indietro con umiltà. E con questo approccio di esperienze condivise che ho cercato di migliorarmi.

    E una volta che si è compreso qual è il proprio potenziale? In che direzione bisogna indirizzare la propria vita?
    Qui si entra nel campo della filosofia, ma Seneca diceva bene quando affermava: "la filosofia insegna a fare, non a parlare"
    Ecco quindi ciò che bisogna tenere presente:

    "Una vita che miri principalmente a soddisfare i desideri personali conduce prima o poi a un'amara delusione"
    "Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena vivere"
    (Albert Einstein)

    "Come non è affatto lodevole tendere a cose concrete senza amore alcuno delle virtù e senza cura della propria mente, e limitarsi al puro semplice operare (questi due aspetti, infatti, devono essere congiunti e intrecciati) così è un bene imperfetto e fiacco la virtù confinata in un ritiro inattivo, che non dimostra mai ciò che ha imparato. Chi nega che essa deve dar prova dei suoi progressi operando, e non solo pensare che cosa sia doveroso fare, ma anche talvolta agire praticamente e tradurre in realtà ciò che ha meditato?"
    "All'uomo si richiede appunto questo, che giovi agli altri uomini; se è possibile, a molti, se no, a pochi, se neanche questo può avvenire, giovi a chi gli è più vicino, se non è possibile, a se stesso"
    (Seneca)

    E' importante sottolineare, che il punto 2 non ha niente a che vedere con lo "spirito da crocerossina" e con l'attitudine a "sacrificarsi per gli altri". Questi comportamenti se eccessivi, come dice giustamente Luscher, hanno origine nel loro contrario (il bisogno di attenzione nei propri confronti che si cerca di suscitare in chi assistiamo). Agire a beneficio degli altri, significa invece anche solo regalare un sorriso o una parola gentile... perchè non possiamo sapere che valore potrebbero rappresentare queste semplici cose per chi le riceve, e che a noi sembrano insignificanti.
    A parole sembra facile, ma chi non si vuole bene [PUNTO 1], in realtà è costantemente concentrato su stesso e quindi non troverà mai naturale neanche concedere queste semplici cose al prossimo.

    Perchè quindi è necessario il Punto 2? Perchè ci si accorgerà spontaneamente che chi impara a dare in realtà ne ricava una gratificazione molto maggiore. Ma questo concetto può apparire ovvio solo a chi è già sulla via dei due traguardi. Questa è dunque la medicina".

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    Vorrei concludere a questo punto con alcune considerazioni più personali.
    Stando al libro del Prof. Anepeta, gli introversi dovrebbero rappresentare il 5-10% della popolazione. Indipendentemente dalla percentuale, siamo comunque una minoranza. Nonostante tutti i miei ragionamenti, a volte mi chiedo quanto sarebbe in prospettiva conveniente adattarsi al modo estroverso di operare.

    “Dica di si a se stesso, alle sue peculiarità, ai suoi sentimenti, al suo destino. Non c’è altra via. Quale che sia la sua meta non so, ma porta al cuore della vita, alla realtà, a ciò che è urgente e necessario. Lei potrà trovare questo cammino intollerabile e togliersi la vita, ciascuno è libero di farlo, e spesso il pensiero fa bene, anche a me. Ma lasciarsi sfuggire questa strada deliberatamente, tradendo il proprio destino e il senso della propria vita, unendosi ai “normali”, questo lei non può farlo. Non ci riuscirebbe a lungo e la porterebbe a una disperazione maggiore di quella attuale…”
    “ Per la massa dell’umanità il compito della vita consiste solo nell’integrarsi e nell’adattarsi, riducendo al minimo gli attriti e le responsabilità personali. Noi altri, quel numero sempre esiguo di chi è dotato e chiamato a una vita personale, individuale, abbiamo rispetto alla massa una sensibilità più delicata e una maggiore capacità di riflessione, e queste doti possono procurarci molta felicità. Noi vediamo, ascoltiamo, sentiamo, pensiamo in modo più preciso, più ricettivo, più ricco di sfumature, ma siamo anche soli e in pericolo, dobbiamo rinunciare alla felicità della massa irresponsabile. Ciascuno di noi deve cercare di chiarire a se stesso le sue doti, le sue possibilità e peculiarità, deve mettere la sua vita al servizio del perfezionamento e della realizzazione di sé. Così facendo, prestiamo nel contempo un servigio all’umanità, perché tutti i valori della cultura (religione, arte, poesia, filosofia) nascono su questa via. In tal modo “l’Individualismo”, tante volte bistrattato, si pone a servizio della società e perde l’odio dell’egoismo”
    (Hermann Hesse – Il coraggio di ogni giorno)

    Se fossi ancora un introverso impegnato a capirsi, probabilmente considererei l'adattamento una strategia da valutare seriamente, ma per coloro che stanno leggendo, posso assicurare che nel momento in cui capisci chi sei, tutto cambia.

    "La mente che si apre ad una nuova idea non torna mai alla dimensione precedente"
    (Albert Einstein)

    E' un po’ come quando si è ciechi, e nel momento in cui recuperi la vista, non puoi più accettare di tornare indietro. La prospettiva cambia completamente, e ciò che un tempo ti sembrava fondamentale non lo è più e viceversa.
    Si diventa un po’ come dei volatili che guardano dall'alto altri esseri viventi che non sanno cosa sia volare, e per questo non ne sentono il bisogno. A volte ti capita di scorgere degli individui apparentemente intenzionati a staccarsi da terra, ti avvicini, gli giri attorno ma capisci di aver visto male. Molti hanno la testa così puntata verso il basso che neanche si accorgono che sei staccato da terra, altri invece lo notano, ma hanno paura di ciò che non conoscono. Certo puoi rimanere a terra insieme agli altri, ma con le difficoltà che possiamo immaginare. Se si rinuncia a volare si perde quella qualità rara che ci contraddistingue. Se non sai volare bene, può ancora sembrare una buona idea, ma non quando l'aria è diventata il tuo elemento.
    Sembra proprio che ci sia molto vuoto ad alta quota, ma solo perchè è più facile vedere l'orizzonte. In realtà col tempo capisci, che quando ci sono pochi punti d'appoggio, e su quei punti che si radunano i tuoi simili... e lo spazio non sembra più tanto vuoto.

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    Ho deciso di scrivere queste osservazioni per offrire alla “tenera” età di 32 anni, la mia personale chiave di lettura a tutti coloro che ne stanno ancora trovando una, ma anche per mettere per l'ennesima volta alla prova la mia "infrastruttura mentale" :-)

    Non so se questa è la sezione giusta per il mio post, e prego gli interessati di spostarlo se necessario. Solitamente non mi è possibile rispondere tempestivamente ad eventuali commenti (non frequento i social network tipo Facebook) e mi sono appositamente iscritto al forum per lasciare questo mio contributo (spero utile).
    Potrei aggiungere in realtà molte altre cose, ma ritengo di aver sintetizzato abbastanza il mio pensiero nei due scritti "Equilibrio psico-sociale" e "Dinamica psico-sociale" pubblicati sul sito "http://www.pensieriparole.it" che consulto più regolarmente.

    Faccio i complimenti a tutti coloro che hanno contribuito e che contribuiscono con la loro partecipazione alla buona riuscita del sito, un prezioso punto di riferimento per chi è ancora alla ricerca di risposte e che forse non esisterebbe senza l'attenzione che il Prof. Anepeta ha dedicato all'argomento.

    Un saluto a tutti.

    Seneca77


     
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  2. imperia69
     
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    ciao Seneca, grazie del tuo contributo!
     
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  3. star***
     
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    Ciao Seneca, spero che tu possa fornirci altri spunti di riflessione. Molto interessante e vero. Ciao
     
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  4. Aletta87
     
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    Questi sì che sono post DAVVERO interessanti. Grazie Seneca!!!! :D
     
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  5. senzanome70
     
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    Ciao Seneca, un post degno del nick!
    Benvenuto, spero che interverrai altre volte sul forum, è un piacere leggerti.

    Edited by senzanome70 - 25/1/2010, 21:33
     
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  6. Koenig4
     
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    Ciao seneca e benvenuto. La tua testimonianza è senz'altro positiva. Io stesso ho una mezza dozzina di colleghi introversi che vivono benissimo e senza disagio alcuno. Mi avrebbe fatto piacere che loro stessi lasciassero quì sul forum queste testimonianze e ho parlato loro della LIDI. Ma purtroppo nessuno di loro si è dimostrato interessato tant'è che dopo avere regalato loro una copia del saggio ho scoperto con amarezza che nessuno lo aveva letto. E' triste perchè anche queste persone avrebbero potuto dare un piccolo contributo, sia esso economico ma più importante di attività, per aiutare chi invece si trova in difficoltà. In definitiva la mia stessa partecipazione alla LIDI è altruistica. Un saluto.
     
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  7. _pardo_
     
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    Non sono daccordo o meglio il "dare" puo` essere solo una cosa spontanea e naturale che viene da se` soltanto quando uno sta *gia`* bene, ovvero ha maturato il suo potenziale ecc. ecc.
    Ma metterlo come un comandamento o una soluzione di tutti i mali non serve. E` una conseguenza non un obiettivo.
    E comunque nella cit. di Seneca c'e` scritto che anche "dare" a se` stessi va bene.
     
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  8. Koenig4
     
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    E' senz'altro vero. Tant'è che, in realtà, siamo d'accordo. Dovrebbero esserci sempre più introversi "risolti". Naturalmente dò per scontato il voler dare spontaneamente o altruisticamente. Ma che la LIDI esista qualcuno glielo deve pur dire. Il fatto però è che nessuno dei miei colleghi introversi si sia dimostrato interessato al forum al sito al saggio. Un saluto.
     
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  9. josephinebaker
     
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    Bellissimo post, grazie!
     
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  10. maria rossi
     
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    appartenenza e indviduazione... i due bisogni intrinseci ad ogni esistenza umana: le due facce della stessa natura, quella umana.

    dove non si da l'una non si trova l'altra...capirlo e sentirlo così, a 32 anni, mi sembra un gran bel traguardo. se riesci anche a viverlo, tutta la mia ammirazione, davvero!

    a presto, speriamo!
     
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  11. Asabbi
     
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    Grazie Seneca77 di aver lasciato su questo forum un documento così bello e profondamente importante.

    Restiamo nella speranza che tornerai a scrivere ancora...leggerti è un grande piacere.
     
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10 replies since 24/1/2010, 19:10   1362 views
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