Non so bene il titolo di questa discussione

Forse sul senso di colpa

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  1. BadalukG
     
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    Mi chiedo se uno dei blocchi dell'introverso non sia dovuto al senso di colpa. Questo fardello che ci scende dal cielo per cui ci sentiamo in qualche modo responsabili di quello che ci sta attorno, anche perchè le persone tendono ad accusare il più debole e a farne un capro espiatorio per la propria violenza. Senza tenere conto dei retaggi religiosi, e del fatto che il silenzio confonde la mente perchè non aiuta a trovare una dimensione. Ma cosa significa non provare sensi di colpa? Me lo sono chiesto. Mi sono chiesto perchè cerchiamo sempre di capire gli altri senza che questi capiscano noi o almeno manifestino una solidarietà nel capire le nostre sensazioni. Dagli atti di bullismo alle aggressioni verbali alle altre forme di violenza. Tutto incide sul senso di colpa. Ma una cosa mi è chiara adesso. Capire l'altro non mi aiutare a risolvere i miei problemi. I miei problemi sono miei e se voglio capire l'altro è necessario un atto di fiducia che l'altro deve guadagnarsi. Non posso sperare che gli altri mi dicano chi sono, se sono solo, triste, insensibile oppure tutto il contrario. Non è capendo l'altro che risolvo il mio dilemma. Non posso capire gli altri per risolvere i miei problemi. Capire l'altro significa entrare in contatto con esso. Scambiare e lasciarsi andare. Ma non si può fare con tutti e tutto. Ci sono persone che mi hanno vessato per la mia consetudine ad entrare in contatto con tutti, per una buona fede o magari perchè la religione dice amatevi tutti l'uno con l'altro. Non ho bisogno di amare tutto il mondo per sapere che posso amare e non devo farlo per sentirmi buono. Non posso capire le donne per risolvere un mio problema. Non posso insomma entrare in contatto con qualcuno per un mio bisogno egoistico. Cosa ne pensate di tutto ciò? E' capitato anche a voi in maniera simile? Se ascolto qualcuno che mi offende non mi fa più male perchè so che non è stando a contatto con quella persona che posso comprendere i miei reali problemi. Se qualcuno mi dice che non valgo nulla, comprendendo le sue parole faccio del male a me stesso e non mi aiuto. Comprendere lui non risolve i miei problemi, anzi li aumenta. Scegliere chi ascoltare è il problema, non ascoltare tutti.
     
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  2. BadalukG
     
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    Aggiungo inoltre un esempio. Supponiamo di avere a che fare con uno spacciatore, che ci dice di essere dei deboli se non ci droghiamo, se non facciamo quello che vogliono loro. Il mondo è pieno di gente a cui piacerebbe che noi facessimo quello che vogliono loro perchè dovremmo ascoltarli. Comprendere tutti e perchè? Lo stesso potrebbe essere un ricatto d'Amore o altro non so. Quando immagino l'altro che parla di se me lo figuro come un racconto, come se stessi leggendo una storia. Ultimamente chiedo solo agli altri come stanno e parlo poco di me e di conseguenza l'altro mi chiede come sto io.
     
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  3. ldaniela.
     
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    provo a rispondere per come la penso io e a farmi capire, sperando di nn confonderti le idee.
    comprendere nn vuol dire assecondare, anzi!
    riprendo l'esempio dello spacciatore:
    comprenderlo vuol dire intuirne la storia.
    ipotesi:
    quasi sicuramente arriva da una subcultura che ha valori e norme diverse da quelle della societa'. a spacciare si impara da quelli che lo sanno fare. da essi, oltre alla competenza tecnica, si imparano i valori, gli atteggiamenti, le razionalizzazioni favorevoli a queste azioni. la devianza si apprende dall'ambiente sociale in cui ci si forma. ambiente che ambisce alle mete culturali (benessere, guadagno, status simbol ecc.) ma rifiuta i mezzi normativamente prescritti per raggiungerle (frequenza scolastica, retribuzione corrisposta ad un lavoro onesto ecc.). e' facile che una persona nata in qs condizioni, tranne casi eccezionali, nn possa che scegliere di riproporle.
    puoi comprendere la storia di una persona cosi' come puoi nn assecondarla ne' condividerla senza farti massacrare dai sensi di colpa, casomai la si puo' aiutare ad uscire "dal giro" sempre su sua richiesta ma questa e' competenza di specialisti.
    l'ansia ed il senso di colpa fanno in fretta a tirare somme errate, proviamo a sviluppare meglio i contenuti prima di farci prendere dall'illusione che la cultura ha collegato a queste emozioni...
     
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  4. BadalukG
     
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    QUOTE (ldaniela. @ 24/4/2010, 00:12)
    provo a rispondere per come la penso io e a farmi capire, sperando di nn confonderti le idee.
    comprendere nn vuol dire assecondare, anzi!
    riprendo l'esempio dello spacciatore:
    comprenderlo vuol dire intuirne la storia.
    ipotesi:
    quasi sicuramente arriva da una subcultura che ha valori e norme diverse da quelle della societa'. a spacciare si impara da quelli che lo sanno fare. da essi, oltre alla competenza tecnica, si imparano i valori, gli atteggiamenti, le razionalizzazioni favorevoli a queste azioni. la devianza si apprende dall'ambiente sociale in cui ci si forma. ambiente che ambisce alle mete culturali (benessere, guadagno, status simbol ecc.) ma rifiuta i mezzi normativamente prescritti per raggiungerle (frequenza scolastica, retribuzione corrisposta ad un lavoro onesto ecc.). e' facile che una persona nata in qs condizioni, tranne casi eccezionali, nn possa che scegliere di riproporle.
    puoi comprendere la storia di una persona cosi' come puoi nn assecondarla ne' condividerla senza farti massacrare dai sensi di colpa, casomai la si puo' aiutare ad uscire "dal giro" sempre su sua richiesta ma questa e' competenza di specialisti.
    l'ansia ed il senso di colpa fanno in fretta a tirare somme errate, proviamo a sviluppare meglio i contenuti prima di farci prendere dall'illusione che la cultura ha collegato a queste emozioni...

    Il problema è secondo me un problema di fede e quindi fiducia. Crescendo in una famiglia si impara cosa sia la fiducia, la si impara dagli amici e la si impara per quanto buffo si possa pensare anche nella società se cresci in un istituzione come è successo a me in colleggio. Viene richiesta nella religione ed è presente in ogni forma di scambio. Ci si fida degli altri, ma credo di averlo fatto a tal punto da assecondare ogni cosa mi venisse detta, assecondavo perfino quando mi dicevano quelli che erano i miei problemi. Ma non si può capire l'altro per risolvere un proprio problema. Le donne, molto religiose come per esempio mia Madre hanno questa forma di flagello e ascoltarle dichiarare i miei problemi diventa autolesionismo. Capire una donna per capire quali sono i problemi di un uomo, crescendo è da matti. Assecondare per fiducia incondizionata e cieca per risolvere il mio senso di colpa che non so nemmeno realizzare da dove mi sia arrivato. Mi sento come uno che è stato investito e si è risvegliato in ospedale. Questa capacità di distacco è essenziale per vivere bene. Se vedo un ubriaco che si lamenta è facile essere distaccati ma se accade ad un tuo familiare liberarsi da questo è difficile. Ieri mi trovavo con una donna amica di famiglia che mi ha raccontato i miei problemi di famiglia e io stavo li e dicevo :"Ma io me la sono vissuta diversamente".
     
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  5. ldaniela.
     
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    hai ragione, il vissuto emotivo è ben diverso da quello "storico".
    sono memorie rimaste dentro noi registrate quando eravamo indifesi e vulnerabili ed avevamo bisogno di riporre la ns fiducia in figure di riferimento quindi mamma, papà e altri...oggi, agiscono sottese, legittime in quanto funzionali in quel momento, in un periodo evolutivo quando noi cercavamo amore incondizionato e queste figure ci hanno trasmesso tutta la loro storia umana, (con i suoi limiti) legata a sentimenti, emozioni, comportamenti, idee...lo facciamo tutti...ma quante di qs memorie oggi ancora ci servono?
    se stai male, vuol dire che hai un altro "sentire" che hai altre proposte che richiedono espressione e confronto...
    ognuno di noi è una piccola parte di storia nella STORIA, per ognuno di noi è possibile tracciare il suo piccolo percorso....

    Edited by ldaniela. - 25/4/2010, 14:44
     
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  6. francescoburich
     
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    Essendo figli di una nostra singolare storia, è difficile tendere un giudizio. Come dice Daniela, possiamo provare a comprendere ma non ad assuefarci ad un modello che non sentiamo sia proprio. ciao francesco
     
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5 replies since 23/4/2010, 20:54   246 views
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