Vivere bene da introversi: istruzioni per l'uso

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  1. Seneca77
     
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    Salve a tutti,

    è passato un po' di tempo dal mio ultimo (unico) post, ma desidero innanzitutto ringraziare tutti voi per i commenti che avete lasciato.
    Nel mio precedente post, mi ero posto l'obiettivo di offrire a chi legge una mia personale valutazione dell'introversione e di come sarebbe stato opportuno viverla, ma nel fare questo, non ho però pensato di illustrare anche il percorso necessario per riuscirci. In altre parole, non ci si può svegliare un bel giorno e decidere: 1) "da oggi comincerò finalmente a volermi bene!" 2) "da oggi non avrò più paura di mostrarmi agli altri per quello che sono!".
    Se provo infatti a mettermi nei panni di un adolescente che lotta per dare un significato alla propria vita, devo riconoscere che quanto ho scritto è del tutto inapplicabile... è come raccontare del paradiso, a chi sta ancora cercando di non affogare nell'inferno. In queste circostanze, l'utilità delle mie parole è pari a zero.
    Un nuovo post si è quindi reso necessario. Target di riferimento per quanto scriverò saranno gli adolescenti in primis, ma anche tutti coloro che non sono ancora riusciti a coniugare la propria natura con il mondo circostante.

    La mia sostanziale giovane età, mi consente di ricordare ancora molto bene come mi sentivo da adolescente; allora non capivo praticamente niente delle mie sensazioni, ma ora, avendole razionalizzate nei minimi dettagli, posso finalmente provare ad illustrarne i meccanismi inconsci alla base dei tormenti interiori. Passiamo ora ai fatti.
    Che cosa induce un adolescente a sentirsi costantemente inadeguato? Perchè ha il terrore di scoprire di non essere meritevole d'amore? Perchè qualsiasi cosa faccia, sembra confermare le sue paure? E infine, perchè non può fare a meno di sospettare che la sua vita non ha nessuno scopo? Rispondere a queste domande è vitale, perchè solo cosi sarà possibile delineare una linea d'azione efficace.
    In realtà, tutte queste domande hanno un'unica risposta/causa: l'immagine distorta di se stessi e lontana dalla realtà. Ma come si forma? E come riesce ad autoalimentarsi nel tempo fino a diventare una "certezza"?

    "Queste immagini dell'Io sono caricature. Sono immagini ancor più distorte di quanto non sarebbero se ci guardassimo in uno specchio deformante. Poiché noi rivediamo ogni giorno continuamente queste immagini dell'Io, le riteniamo corrette, valide e reali. Perciò solo con gran fatica riusciamo a liberarci da queste idee fisse, da queste allucinazioni"
    (Max Luscher, psicoterapeuta svizzero)

    L'immagine che abbiamo di noi stessi, è il riflesso delle opinioni che "crediamo" che gli altri hanno di noi. Maggiore è la considerazione che abbiamo di una persona, tanto più decisiva sarà l'influenza che avrà sulla nostra autostima. Il senso di inadeguatezza non nasce dal nulla, ma si forma a partire dai primi giudizi che riceviamo, cioè da bambini. E qual è il più importante riferimento di un bambino? I genitori.
    Attenzione però! Non è affatto necessario invocare situazioni familiari difficili, basta poco per cominciare a percorrere la spirale discendente dell'autostima. Un genitore premuroso, pensa in buona fede che il proprio bambino chiuso in se stesso vada "incoraggiato" ad aprirsi, ma così facendo, nonostante tutte le sue attenzioni, farà immediatamente percepire al bambino che c'è qualcosa che non va in lui (altrimenti perchè indurlo a comportarsi diversamente?). Così nascono i primi DUBBI su se stessi.
    Ma supponiamo pure di avere la "fortuna" di ritrovarci con dei genitori "illuminati", certamente non potremo evitare il primo Micromondo extrafamiliare: la Scuola. E qui, salvo incredibili colpi di fortuna, ci si scontrerà con una sostanziale incomprensione di insegnanti e coetanei.
    Se i DUBBI non sono cominciati con i genitori, con tutta probabilità arriveranno con la scuola. Se i nostri compagni ci appaiono spigliati, intraprendenti, vivaci e chiacchieroni, mentre noi al contrario sembriamo il brutto anatroccolo che non piace a nessuno, cosa considereremo "normale", Noi o TUTTI gli altri? Se qualsiasi stimolo esterno ci dice sempre è solo che il comportamento estroverso è la normalità, come possiamo pensare il contrario? E così i DUBBI cominciano a presentarsi, anno dopo anno, sempre più come "prove" della propria incapacità e inadeguatezza.
    In questa fase, se veniamo anche presi in giro e/o ridicolizzati e/o umiliati, ogni offesa che riceviamo, non può che trovare terreno fertile per affossare ulteriormente la nostra autostima. Perchè sono così efficaci? Perchè almeno una parte di noi, teme che ciò che ci dicono sia la verità. Se fossimo sicuri che ciò che ci viene detto è assurdo, non potremmo mai accusare il colpo.
    Se ci dicono ad esempio che siamo dei nanetti quando siamo degli spilungoni, che siamo dei cioccolatini quando siamo delle mozzarelle, che siamo pelati quando siamo dei capelloni e così via, possiamo crederci? Ovviamente no, perchè vediamo con i nostri occhi l'assurdità di queste affermazioni.
    Se però ci dicono che siamo, brutti, stupidi, incapaci, sfigati, allora il discorso cambia, perchè non c'è niente di oggettivo a cui aggrapparci, e il DUBBIO che abbiano ragione resta. Se avessimo un'opinione chiara e oggettiva di noi stessi, anche le ultime affermazioni ci sembrerebbero altrettanto assurde, ma così non è. Il punto è: come è possibile sviluppare un'opinione corretta di noi stessi? Per riuscirci, bisogna prima neutralizzare quella precedente (distorta). Dobbiamo fare in modo di passare dalla paura più o meno inconscia: "temo che abbiano ragione: non valgo niente, non sono capace di essere normale" all'idea: "non sono sicuro che dicono il vero: c'è qualcosa che non quadra, non penso di essere come dicono".
    In pratica si tratta di riuscire a cancellare dalla lavagna le equazioni sbagliate per fare posto a quelle correte. Pensateci un attimo: è meglio mettere pezze a un palazzo venuto su male e che sarà per questo sempre pericolante, oppure è meglio demolire l'edificio e ricominciare da capo?

    Questa è la strategia. Bisogna chiarire ora come procedere. Ma per passare dalle parole ai fatti, è necessario rispondere alla domanda che molti introversi si pongono: che cosa mi blocca?
    Se siamo convinti di non essere fatti nel modo giusto, in noi coesistono sempre 2 forze: quella che cerca di difendere ciò che siamo e quella che spinge per cambiarci. La prima fa appello alla nostra dignità (istinto di autoconservazione), la seconda ci ricorda il vantaggio nel diventare come chi prendiamo a modello (desiderio di omologazione). Il tormento deriva delle implicazioni collegate a queste forze: se vi omologate, sarete integrati ma infelici; se non lo fate, resterete voi stessi ma soli. Un apparente paradosso, non è così, ma è necessario cambiare prospettiva.
    L'omologazione contraria alla propria natura conduce, inesorabilmente, all'infelicità. Se restate voi stessi e ne siete contenti, la forza di omologazione si indebolirà e non vi farà più sentire inadeguati, e comincerete a relazionarvi in maniera sempre più naturale con gli altri, anche con tutti coloro che sono completamente diversi da voi. Difficile da credere? So di che cosa sto parlando, ma è necessario agire in più step.
    A bloccarvi è quindi ciò che vi impedisce di esseri liberi e spontanei: il desiderio di omologazione. Più lo inseguite e più fallirete.

    Se siete ancora nel pieno di questi tormenti (non vi siete cioè ancora rassegnati all'idea della solitudine, o a fingere di essere ciò che non siete) allora con tutta probabilità la forza di omologazione nascosta in voi, si trova in una fase imprecisata della sua guerra contro la vostra autostima per cercare di affossarla definitivamente. Questa metafora bellica non è pretestuosa, ma vuole al contrario mettere in risalto ciò che sta accadendo ragionevolmente nell'animo di un adolescente, anche se non ne ha piena coscienza.
    Quindi ora tenete presente un punto chiave fondamentale. Se volete trovare il giusto EQUILIBRIO, dovete essere disposti ad ingaggiare una lotta senza quartiere contro il vostro UNICO nemico: voi stessi.

    LA METAFORA DELLA BICICLETTA:
    Poiché le immagini dicono più di mille parole, voglio spiegarti il concetto di equilibrio interiore con un'immagine simbolica: ti ricordi di quando imparasti ad andare in bicicletta? «Per prima cosa occorreva la bicicletta. Questo mezzo meccanico vogliamo paragonarlo all'organismo con il suo patrimonio genetico. Anche nelle biciclette ci sono telai leggeri da corsa o più pesanti e robusti. Anche tra le biciclette ce ne sono di attraenti, eleganti o vecchi catenacci. Le biciclette possono avere difetti di fabbricazione, che corrisponderebbero a un patrimonio genetico menomato o malato.
    La rete stradale vogliamo paragonarla al contesto sociale e collettivo in cui devi vivere. Ci sono strade lisce e dissestate; altre che a causa delle buche sono piene di sorprese; altre che sono perennemente in salita, ripide e faticose, e altre ancora che sono talmente in discesa che i freni si surriscaldano e tu scendi a rotta di collo.
    «Ciò che importa soprattutto però sei tu come ciclista. Ti è stato insegnato di spingere sui pedali, per fare andare avanti la bicicletta. Il paragone sarà quello dell'attività quotidiana. Chi non spinge, chi non è attivo, cade di sella! «Ti è stato insegnato anche come andare diritto oppure come girare a destra o a sinistra. Paragoneremo l'uso del manubrio all'intenzione consapevole di dirigersi verso un determinato obiettivo.
    «Tutto ciò ti può essere mostrato facilmente da un insegnante, in modo che tu lo possa imitare. Però tu sai bene che la migliore bicicletta (patrimonio genetico), la rete stradale più adatta (relazioni sociali), la spinta più energica (attività) e la guida (fissazione degli obiettivi) non ti porteranno più avanti di un solo metro, se non è verificato l'unico presupposto che nessun insegnante ti potrà indicare. Infatti nessuno può spiegarti come fare per stare in equilibrio. Devi scoprirlo tu, da solo. Naturalmente chi ti insegna può correre accanto a te e tenerti la sella in modo che tu non cada. Ma questo è anche l'unico aiuto che ti si può offrire da principio. Fino al momento in cui finalmente fai l'esperienza: 'Ecco! Ce l'ho fatta!'
    (Max Luscher)

    E' arrivato il momento di suggerire una linea d'azione.
    Quello che leggerete, non vi offrirà facili soluzioni e non vi dirà: fate così e tutto si risolverà. Se pensate di scoprire dei trucchi per avere successo con gli altri, potete tranquillamente interrompere la lettura in questo punto. Il problema non sono gli altri (il mondo non è perfetto e non potete cambiarlo) ma è dentro di voi. Fuggire è inutile, perchè tutti i vostri problemi vi seguiranno (il Nemico e in voi).
    Sappiate fin da subito che a ogni vostro tentativo di cambiare, il vostro NEMICO non vi darà tregua, sfrutterà ogni fallimento per dimostrare di aver ragione, e all'inizio userà la forza schiacciante che ha su di voi per umiliarvi. Ricordate che il suo obiettivo è la vostra autodistruzione (non sto esagerando, e i pensieri suicidi ne sono la dimostrazione), ma non potete affrontarlo direttamente, dovete aggirarlo.
    Se infatti l'avversario è troppo forte, in uno scontro diretto avreste la peggio, ma potete sfiancarlo e scavargli la terra sotto i piedi per destabilizzarlo. Quando sarà troppo occupato a mantenere l'equilibrio, quello sarà il momento per attaccare e abbatterlo.
    E' un lavoro lungo, lo so, ma in prospettiva vincente. Sta solo a voi decidere come impiegare le forze che vi rimangono.

    Citazione rielaborata di Robin Norwood (tra parentesi le parti adattate):
    Se doveste decidere di seguire davvero i miei consigli, questo richiederà, come tutte le terapie di cambiamento, anni di lavoro e il vostro impegno totale, niente di meno. Non ci sono scorciatoie per liberarvi dalla vostra tendenza (a rifiutare ciò che siete), ormai tanto radicata. E' un tipo di comportamento che avete imparato da piccol(i) e avete continuato a praticare: abbandonarlo sarà doloroso, vi costerà angosce e paure, sarà una sfida continua. L'avvertimento non è inteso a scoraggiarvi. Dopo tutto, dovrete certo affrontare lotte disperate durante i prossimi anni se non cambiate il vostro modello di rapporto; in questo caso, però, i vostri sforzi non vi serviranno a crescere, ma solo a sopravvivere. Sta a voi la scelta. Se decidete di iniziare il processo terapeutico, invece di essere una (persona che cerca di essere qualcun altro) tanto da soffrirne, sarete una (persona) che ama abbastanza se stessa da non voler più soffrire.

    Si comincia.

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    A ben guardare, gli introversi non si trovano tutti nelle stesse condizioni di partenza. Si va dai casi di assoluta solitudine e isolamento sociale, ai casi di soggetti con un proprio gruppo di "amici" con cui uscire la sera. La vera solitudine però non è quella fisica ma quella emotiva, e ciò rende conto anche del malessere avvertito anche dagli introversi socialmente "integrati". Analizziamo brevemente le implicazioni delle due condizioni.
    CASO 1 (isolamento sociale):
    gli introversi che si trovano in questa condizione, con tutta probabilità non hanno mai avuto degli amici, a scuola fanno la parte degli "sfigati", e forse vengono anche presi in giro più o meno crudelmente. Poiché conoscono solo la loro condizione di isolamento, tendono a desiderare ardentemente una qualsiasi occasione di socializzazione, per mostrare/convincersi di essere "normali". A livello inconscio, queste "occasioni" sono vissute come delle vere "boccate di ossigeno" per la propria autostima in caduta libera. Ovviamente se l'occasione va a buon fine, e cioè se non si trasforma nell'ennesimo esempio della propria inadeguatezza (in tal caso l'ossigeno si trasforma in monossido di carbonio...)
    CASO 2 (compagnia di facciata):
    gli introversi che hanno invece delle "amicizie", possono arrivare a crearsi una maschera talmente convincente, da apparire al mondo esterno "normali", ma in realtà molto tormentati. Hanno paura di scoprirsi veramente perchè convinti di non essere capiti, e se hanno deciso di rischiare, probabilmente ne sono rimasti talmente scottati da aver deciso che "fingere", è la soluzione più sicura e conveniente. Se si sta cominciando a far fatica a mantenere la maschera, è probabile che ciò stia causando anche delle crisi con gli "amici" che non capiscono dove stia il problema: il problema è dentro, ma se non ti senti capito, come fai a spiegarlo?

    Ricordate quando ho detto a proposito della forza di omologazione? Bene, la causa del tormento è il vostro desiderio di omologarvi a tutti i costi. Rinunciate a questo desiderio. Ma allora resterò solo? Vi sentirete sempre tali, se cercherete la compagnia di chi non è capace di apprezzarvi per quello che siete. ATTENZIONE! <apprezzamento> NON <comprensione>. Mi spiego. A bloccarvi non è in realtà la paura di non essere capiti, ma la paura di non esser accettati per quello che siete. Io per esperienza so che è oggettivamente difficile per un estroverso capire un introverso, ma se è capace di accettarvi così come siete (pur non capendovi) che cosa vi impedisce a quel punto di essere voi stessi fino in fondo? Nulla.
    Il problema che allora si pone è questo: se non ho avuto la fortuna di conoscere qualcuno di speciale, come posso agire per uscire dal vuoto che ho dentro e fuori di me? Dovete moltiplicare le occasioni per conoscere gente nuova per aumentare le probabilità di incontrare delle persone speciali.
    Facile a dirsi, ma come?

    Qui entrano in gioco i problemi di socializzazione degli introversi. Nel [CASO 1] si ha scarsissima esperienza in merito, nel [CASO 2] probabilmente si tengono stretti gli "amici" che si sono ereditati da situazioni preesistenti, per non sentirsi perduti nel ricominciare da zero.
    Vi siete mai chiesti perchè agli altri non manca mai la parola, mentre voi non avete mai niente da dire? La ragione sta nel fatto che cercate di dare un contributo su argomenti che non vi interessano (conversazione) o in attività che non rientrano tra le vostre attitudini (comportamento).
    Per sbloccare la situazione, non dovete agire NEL gruppo (adattamento), ma CON il gruppo (condivisione) in qualche attività per voi gratificante.
    E adesso veniamo al dunque.

    Se non avete nessun punto di riferimento, la soluzione più efficace è la condivisione dei propri interessi all'interno di un'associazione affine. Pensate di non avere delle capacità condivisibili? Non è così. I casi più facili sono quelli in cui ci si confronta in contesti "gettonati": arte, musica, letteratura, sport e così via. Ma per tutti gli altri? I contesti migliori sono quelli di supporto volontario come la protezione dell'ambiente, degli animali ecc. In questa fase, vi consiglio di astenervi dalle attività di supporto alla persona, la ragione è la seguente: poiché siete ancora molto concentrati su voi stessi, non potreste essere veramente d'aiuto a chi si aspetta sostegno, perchè voi siete i primi a cercare la stessa cosa. Diventereste rapidamente insofferenti e ancora più sfiduciati.

    Vorrei però spiegarvi meglio quali sono i vantaggi di questa soluzione.
    Il confronto su argomenti di interesse, o il supporto a iniziative di sostegno, produce INEVITABILMENTE una moltitudine di situazioni in cui sentendovi parte di un gruppo, riuscirete poco alla volta a sentirvi sempre più rilassati. Ciò vi renderà sempre più aperti, propositivi e consapevoli di essere delle persone che possono piacere. In questo modo comincerà ad aumentare la vostra autostima e comincerete ad abbandonare le idee distorte di voi stessi perchè vi appariranno sempre più in contrasto con le esperienze reali. Si stanno in pratica realizzando quelle constatazioni oggettive di ciò che avete veramente dentro e che vi stanno finalmente aprendo gli occhi sull'assurdità delle vostre vecchie idee. Tutto questo può accadere in quanto invece di essere impegnati a cercare cose da dire in un gruppo che non vi gratifica (adattamento), siete impegnati a fare cose che vi interessano o che vi appaiono comunque utili come parte di un gruppo (condivisione).

    Questo però è l'esito finale. Ho il dovere di avvertirvi che le difficoltà che incontrerete saranno con tutta probabilità innumerevoli.
    Innanzitutto potreste non trovare il posto giusto, o delle persone ben disposte verso di voi. La vostra difficoltà nel parlare con persone che non conoscete (anche se di cose che dovrebbero interessarvi) vi farà sentire facilmente a disagio. Non mollate! Ma anzi riprovate e riprovate.
    L'inizio potrebbe essere durissimo, il NEMICO non aspetta altro che vedervi fallire per darvi addosso. Sarà sempre pronto a ricordarvi tutti i vostri errori, e a sminuire i successi facendoli passare come casi fortunati: il merito non sarà mai vostro! Di questo cercherà di convincervi SEMPRE, non dimenticatelo MAI!
    Voi per primi farete fatica a ricordare gli episodi positivi, perchè non li riterrete significativi quanto quelli negativi. Se non avete una particolare propensione all'analisi razionale dei fatti, vi consiglio di segnarvi su una specie di diario tutti i momenti gratificanti. Rileggendoli nei momenti di sconforto, vi ricorderanno che non state sprecando tempo, ma che state facendo progressi. Non sottovalutate questo consiglio! La mente distorce la realtà, pensate ad esempio a una ragazza anoressica che si vede grassa.... non fidatevi della vostra percezione, segnatevi tutti gli episodi positivi: sono FATTI!

    Non mollate, dopotutto state lavorando per migliorare la vostra vita ... c'è forse qualcosa di più importante?

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    Bene, anche questa volta penso di essere arrivato alla fine.
    Non sono sicuro di essere stato convincente, e non è certo mia attenzione scendere dall'alto e sparare sentenze e consigli... di "esperti" televisivi che dispensano la loro "scienza" ce ne sono fin troppi. E' molto facile elargire a un pubblico speranzoso delle pillole di "saggezza" che dovrebbero curare i disturbi senza però affrontare le cause. A che serve? E' come nascondere la polvere sotto il tappeto, tutti i nodi alla fine verranno al pettine.
    Per questo, anche a costo di essere eccessivamente prolisso, ho preferito cominciare dall'inizio. Questa specie di trattato vuole offrire una soluzione, non vuole essere semplicemente una collezione di buoni propositi.

    Ma soprattutto vi dico la cosa più importante: tutto quello che ho scritto si basa su una storia di vita vissuta. La mia propensione a razionalizzare tutto mi aveva portato ad accettare me e gli altri per quello che sono. Questo mi ha consentito di non provare più rabbia, frustrazione e invidia. Ho anche smesso di alternare momenti di egocentrismo a momenti di ineluttabile rassegnazione. Ma sentivo comunque che mancava qualcosa.
    Mi ero si convinto di dover difendere il mio modo di essere, ma per mancanza di un confronto esterno ritenevo anche di essere una persona noiosa e per niente interessante. Quando però ho cominciato a ricevere le prime risposte positive (per fortuna), la mia trasformazione è stata praticamente istantanea, grazie a tutto il lavoro interiore che avevo già fatto, ma che aspettava ancora delle conferme.
    E' stata una rivelazione, ho scoperto delle potenzialità umane e un carisma (quello di cui parla il Prof. Anepeta nel libro) che non sospettavo nemmeno di avere. Sono diventato talmente espansivo che potrei essere scambiato per un estroverso. Da che cosa si può capire che non lo sono? Dal fatto che la mia espansività è alimentata dalla mia curiosità, che vale per tutti (all'inizio) ma che poi resta alta solo con chi riesce a stimolarmi; con tutti gli altri torno ad essere distaccato, chiuso e poco propenso a parlare se l'argomento non mi interessa. Posso per questo apparire indecifrabile ai più, ma certamente non timido visto il mio atteggiamento.

    Questa è la mia testimonianza.
    Lo ricordo ancora una volta: cambiare è possibile; relazionarsi con tutti è possibile; trovare chi è capace di apprezzarci è possibile; essere soddisfatti di se stessi è possibile. Ma dovete desiderarlo con tutte le vostre forze. Non ci sono alternative.


    Grazie a tutti voi. Spero che quello che ho scritto possa servire a qualcuno.


    Seneca77


     
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  2. _pardo_
     
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    Penso anche io che sia piu` probabile fare amicizie con la condivisione di attivita` o particolari interessi comuni. Frequentarsi senza scopo, soltanto per parlare del piu` e del meno come fanno i normali mi e` sempre sembrato "forzato" o falso, quindi molto difficile da prendervi parte perche` mi imbarazza, non mi sento autentico e credo di annoiare l'interlocutore se non si parla di qualche cosa precisa. Tuttavia non sono convinto che questo valga per tutti, se non altro perche` ho conosciuto introversi decisamente piu` people-oriented di me che riescono ad interessarsi facilmente alla persona che hanno davanti prima che agli argomenti di discussione (che per me invece avviene molto di rado.)

    Edited by _pardo_ - 5/6/2010, 21:30
     
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  3. Koenig4
     
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    Ciao Seneca. La tua testimonianza è molto bella, anzi pregevole. Secondo me lo è perchè sei arrivato da solo ad una visione illuminata tra l'altro molto ben riassunta ed espressa con un linguaggio molto divulgativo. Questa testimonianza non meriterebbe di ritrovarsi annegata tra altre discussioni come inevitabilmente accadrà nel corso del tempo. Dovrebbe trovarsi in vista ad esempio nel sito.
    Eppure c'è qualcosa che non mi torna, come se ci fosse ancora della verità da esplorare. Non è riferito alle tue parole, naturalmente. E' riferito ad armonizzarsi con la propria natura in generale qualunque sia la strada intrapresa per farlo. Per spiegare cosa voglio dire ti dico questo. Quand'ero ragazzo venivo facilmente inquadrato nello stereotipo dell'introverso. La cosa strana è che nessuno mi disse mai "tu sei introverso", anche detto in senso negativo. Nessuno. Questa è la prima cosa che mi dà da pensare e che non riesco a risolvere. Oggi non corrispondo più allo stereotipo dell'introverso, se non per un collega e per il mio superiore che fù mio compagno di scuola. Il primo lo detesto e cerco di mantenere le distanze. Il secondo l'ho conosciuto in un modo e sono prudente. Solo da poco ho visto che è una persona di fiducia. Si tratta solo di due persone. A parte questi due casi, di cui come ho detto uno in corso di risoluzione, con il resto dei colleghi sono molto socievole espansivo espressivo brillante. Questo però non significa che non sono introverso, significa solo che ai loro occhi non corrispondo allo stereotipo dell'introverso. Io in realtà sono introverso come lo sono da sempre. E poichè sono consapevole di esserlo e non ci trovo nulla di male ho provato talvolta a dirlo con il risultato che prima non ci ha creduto nessuno e dopo, quando ho insistito, sono stato preso per strano dovendo così tacere per il quieto vivere. E' vero che dal punto di vista teorico non ho molte ragioni per dire al mondo che sono introverso ma per lo stesso motivo perchè dovrei avere delle ragioni per dovere tacere? Questo è un fatto benigno ma posso immaginare un caso più serio. Se fossi genitore potrebbe accadermi che gli insegnanti di mio figlio potrebbero dirmi che lui non è simpatico ai compagni e offre lo spunto per situazioni di ostilità e di bullismo a causa del suo carattere "chiuso". Io risponderei che mio figlio è introverso come lo è il padre. A questo punto credo che gli insegnanti, non tutti dico ma qualcuno sì, penserebbero che il figlio è così perchè lo stà rovinando il padre. Questa è la seconda cosa che mi dà da pensare e che non riesco ancora a risolvere.
    Se però ci penso bene le due domande sono accomunate. Da giovane io non esistevo come introverso e da adulto io, per gli altri, non esisto come introverso.
     
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  4. eu_daimon
     
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    è sicuramente utilissimo ciò che hai scritto, ogni testimonianza lo è. hai una capacità analitica molto forte, mi piace ciò che scrivi e avrei piacere di leggerti più spesso. l'adolescenza??? io la ricordo come un percorso in salita pieno di trappole, da cui non sono mai riuscito a liberarmi del tutto. un percorso a ostacoli per un introverso, dal quale è una fortuna uscire illesi. cercare di raddrizzare la situazione, dopo, è molto difficile...tanto, ma non impossibile, come dici saggiamente tu, ci vuole tanta tanta volontà. ma d'altra parte si tratta della nostra vita, e (come scrivi nel post) se non abbiamo la volontà di migliorare la nostra vita, per che altro dovremmo averla?
     
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  5. josephinebaker
     
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    Grazie!
     
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  6. Enrico-buono
     
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    Complimenti per il tuo post, penso che tu abbia un'ottima visione analitica dell'introversione. Ho letto anche io un libro di Robin Norwood, 'Guarire coi perché'. Non dimentichiamoci che noi siamo europei e tante stranezze del 'sogno' americano per fortuna non le abbiamo. Comunque ho tratto molti spunti dal libro.

    Per quanto riguarda la tua classificazione penso che non sia sempre giusto classificare tutto. Il mondo è pieno di sfumature ed è bello così.

    In ogni caso dovendo scegliere io mi inserisco nel gruppo 1. Adolescenza da sfigato (viso senza barba, bassino, volto da bambino...), pochissimi amici, vocabolario privo del termine 'fidanzata'.
    Con il tempo ho imparato anche io a sfruttare le occasioni dove ci si aggrega grazie al volontariato, allo sport o alla cultura. Ho fatto attività anche ad un certo livello. Volontariato nel soccorso, sport a livello agonisitico (amatoriale).

    Ora ho mollato tutte queste occasioni di aggregazione, alla fine c'è qualcosa che mi fa allontanare da questi gruppi, a mani vuote per di più. Almeno portassi con me amicizie... No, ne esco solo come prima. E naturalmente mi è anche passata la voglia per così dire di rischiare, per paura di nuove delusioni.
    Visto che tu ti dichiari non più giovane, io sono quindi vicino alla pensione... Ho 38 anni ;) .

    Alla luce della folla sono una persona normale. Lavoro, casa, qualche cena. La bilancia però pende decisamente sul lato della solitudine.

    Non vorrei che questa mia risposta sminuisse i suggerimenti che hai dato nel tuo post, che ritengo molto azzeccati, ma ho voluto comunque rispondere perché io ho già cercato di percorrere quella via.



     
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  7. _pardo_
     
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    Su TDA dice chiaramente che lo sviluppo della persona introversa tira tutto dalla parte intellettuale (e poco da quella sociale), e bisognerebbe quindi col nostro stile di vita assecondare questa tendenza (o per lo meno evitarne la repressione.)
    Credo quindi che sviluppando prioritariamente le proprie passioni, una minima forma di integrazione sociale di esse/tramite esse, prima o poi puo` venire naturale (specialmente con le possibilita` di internet.)
    La LIDI mi pare possa essere gia` un buon esempio di questo, non saremo dei festaioli e molti non ci conosciamo neanche di persona, ma e` qualcosa...
    La socializzazione deve quindi venirci da dentro (anche quella paradossalmente..), non puo` essere forzata.

    Rigirare il meccanismo al contrario ("faccio quella cosa per conoscere qualcuno") mi pare una forzatura in cui, specialmente nel caso di robe impegnative come sport/volontariato, e` difficile perseverare. Con questi ragionamenti, si rischia di andare verso il temuto "tentativo di estrovertimento."

    Il problema quindi e` avercele le passioni! Cosa che non e` affatto scontata come menziona anche Anepeta in uno dei libri: e` possibilissimo che un introverso cresca in un ambiente rozzo, culturalmente troppo povero per innescarne bene il potenziale.

    Ho avuto anche io il periodo "ce la devo fare ad ogni costo" come dice Seneca ma questo e` servito per trovarsi la ragazza piu` che altro, cosa che un qualche sforzo lo richiede anche dai normali. Ma non riuscirei mai a sostenere un simile livello di volonta` "nevrotica" per la vita quotidiana.
    Secondo me occorre seguire il *proprio* particolare equilibrio, "socializzarsi" non e` un comandamento, e non lo e` nemmeno se qualche introverso lo fa!

    Leggo quindi il post di Seneca come l'osservazione di cio` che dovrebbe succedere se tutto va bene: succedere *da se`* per lo piu`, con poche correzioni o meglio evitando soprattutto le tante trappole come il formarsi di pregiudizi negativi o l'isolamento eccessivo. E` quindi un messaggio "di star tranquilli" per i giovani introversi che ancora stanno in alto mare, a sQuola ecc... di accettarsi nel sapere che *in futuro* le differenze col resto del mondo si attenueranno quel che basta a inserirsi un pochino.

    Edited by _pardo_ - 5/6/2010, 22:32
     
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  8. Koenig4
     
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    Una percentuale di soluzioni è spontanea. Conosco persone introverse non disagiate realizzate affermate, o tutto quello che queste parole possono significare, che non hanno mai letto alcun manuale per risolversi.
    Questo non è in contrasto con il saggio dove c'è scritto che "se tutto và bene tra i 25-30 anni etc...". La natura o la casualità però hanno un rendimento fisiologico inferiore al 100%. Un'altra quota si recupera attraverso istruzioni molto valide, come quelle di Seneca che lui, in maniera notevole, ha sviluppato fai da te. Anche quì però credo che esista un rendimento inferiore al 100%. Posso ad esempio anch'io testimoniare come Enrico che la frequentazione di gruppi e associazioni culturali e intellettuali non ha sortito alcun effetto benefico. Con le persone che non risolvono in maniera spontanea o con l'aiuto di una lista di istruzioni che si fà? Si prende atto che "è colpa loro"? Che sono "insufficienti"? Naturalmente no, servono altre soluzioni. Fra le altre soluzioni ci sono i gruppi di auto-aiuto della LIDI ma se ne potrebbero ideare delle altre come per esempio dei rapporti di tutorialità o helperaggio. Basti pensare a quel cortometraggio postato da LIDIadmin tempo addietro sul forum in cui un ragazzo introverso ce la fà attraverso un rapporto di amicizia con un'introverso adulto. Altre soluzioni sono i gruppi culturali interni alla LIDI come ad esempio le attività di cineforum e di passeggiate archeologiche ad Ostia. E sono soluzioni anche la community altrilidi visto che ci sono testimonianze di difficoltà anche nei social network di massa. Una LIDI molto forte, fortissima, prevedeva in teoria anche la possibilità di intervenire legalmente ad esempio nei casi di bullismo o di mobbing dove una lista di istruzioni ti difende poco. E non sarebbe male ricordare che un forum di introversi presidiato ha anche una valenza di helpline antisuicidio. Infine la LIDI dovrebbe potere agire per il problema da me posto in precedenza nel post. Ovvero se ti risolvi ma non puoi affermare con tranquillità con tutti di essere introverso ( la mia non è solo una provocazione teorica, provare per credere ) si può realmente dire di avere al 100% risolto?
     
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    CITAZIONE (Enrico-buono @ 5/6/2010, 20:35)
    Con il tempo ho imparato anche io a sfruttare le occasioni dove ci si aggrega grazie al volontariato, allo sport o alla cultura. Ho fatto attività anche ad un certo livello. Volontariato nel soccorso, sport a livello agonisitico (amatoriale).

    Ora ho mollato tutte queste occasioni di aggregazione, alla fine c'è qualcosa che mi fa allontanare da questi gruppi, a mani vuote per di più. Almeno portassi con me amicizie... No, ne esco solo come prima.

    Difficile da credere. Non dico che queste aggregazioni siano la soluzione, però dobbiamo pensare anche che non si hanno a disposizione controprove: come saresti diventato se non le avessi frequentate?
    Le esperienze sociali, secondo me, accelerano dei processi, ma non è che ti trasformano.
     
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  10. Koenig4
     
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    Ciao War. Io invece ci credo visto che ho vissuto la stessa esperienza di Enrico e forse non l'avrei saputa descrivere altrettanto bene. Per anni ho frequentato teatri e sale da concerti senza fare nessuna amicizia, nessuna. Qualcuno si è stupito di questo e mi ha chiesto talvolta come fosse possibile. Forse quì è più credibile visto che viene a mancare quella possibilità d'aggancio ( non parlo di rimorchiare, beninteso ) di cui l'introverso è deficitario. E poi naturalmente ognuno và agli spettacoli per gli spettacoli e in genere già con i propri amici. Ho frequentato però anche delle associazioni : per la conoscenza del patrimonio culturale della mia città, di archeologia, di tiro con l'arco, di Kyudo, buddisti tibetani. In queste associazioni socializzare è facile in quanto "previsto". Però anche quì chi partecipa lo fà per l'attività specifica. Ognuno aveva poi la sua vita privata nella quale non si entrava. Quindi non è molto diverso da andare ad assistere ad uno spettacolo. Non ho frequentato queste associazioni in maniera forzata per socializzare ma sopratutto perchè mi interessavano, almeno per un certo periodo, ma non posso negare che lo facessi sperando di contrarre delle amicizie valide. E' vero che poi le ho lasciate tutte ( forse l'unica di cui mi dispiace veramente è quella dei buddisti tibetani ). Ci vuole fortuna anche quì, non è automatico. Bisogna avere la fortuna di trovare una associazione vocazionale e frequentarla in maniera perpetua senza darsi aspettative "sociali". In caso contrario il senso di solitudine anche quì è inevitabile ed è possibile che possa condurre ad uno scoraggiamento per "intristimento". Per fare un'esempio considero la LIDI una associazione vocazionale, non l'abbandonerei mai ne sono sicuro, ma non mi aspetto di contrarre delle amicizie e, forse per questo, non avverto minimamente senso di solitudine. E' possibile invece che alcuni utenti che erano giunti con grande entusiasmo abbiano sperato il contrario e il sopraggiunto senso di solitudine li abbia scoraggiati dal proseguire. Penso ad esempio a frodolives. Forse la mia associazione vocazionale era il centro di recupero della LIPU che però non era nella mia città, chissà. Un mio ex-compagno di scuola credo abbia avuto la fortuna ( o l'abilità? ) di trovare un'associazione vocazionale di arrampicata sportiva. Non eravamo però introversi allo stesso modo. Lui era più maturo e meno etico. Io invece sono un "buono" come Enrico. Dipenderà da questo?
     
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  11. Terzapersona
     
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    Nel mio caso non mi sento ancora di considerarla una legge, ma anch'io trovo difficoltà ad inserirmi stabilmente in un gruppo con un interesse comune, all'inizio tutto bene, poi sento un senso di deterioramento dei rapporti misto a repulsione per il modo in cui si affronta l'interesse comune, e a questo punto mollo tutto. Forse è il perfezionismo latente, o la paura del gruppo in sè, ovvero desiderio di mantenere la propria identià intellettuale smarcandosi, o forse semplicemente noia ...
     
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  12. Koenig4
     
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    Ciao Ter. Mi è successo qualcosa di simile con i buddisti tibetani. Non posso dire di aver avuto un'interesse costruito ad hoc, o autoimposto, per il buddismo che mi attraeva sì. Come Enrico però avvertivo un senso di solitudine che mi intristiva e inoltre mi sembrava che seguire solo delle conferenze non costituisse in sè essere un gruppo religioso. Avrei desiderato delle riunioni in cui parlare della Palestina dell'Ecologia o altro. C'è da dire anche che si tratta di una associazione veramente di nicchia frequentata da poche persone e con tempi molto dilatati. Ciò nonostante non ci sono alternative. Bisogna cercare una associazione vocazionale da frequentare in maniera perpetua senza aspettative sociali. Il che non conferma come certo che "accada qualcosa" in maniera spontanea. Lo rende solo possibile e probabile, ma mai certo.
     
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  13. BadalukG
     
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    Ciao,

    in realtà non so. Rientro in quella seconda fascia di introversi che nell'Adolescenza hanno mascherato con successo la propria condizione e che hanno ricavato un gruppo d'amicizie senza avere cmq sviluppato una personalità consistente che mi consentisse di interagire con gli altri. Innanzi tutto gli Altri che non sono tutti uguali. Perciò prima di pormi il problema di se sto parlando o sto troppo zitto con uno che mi sta di fronte dovrei cercare di capire chi ho di fronte non nel senso di analizzare l'altro ma almeno dare un senso alla conversazione che può essere priva di obbiettivi.

    Prima stavo molto in silenzio tra le persone, adesso sto solo un pò in silenzio. Forse mi aspettavo che qualcuno mi dicesse "Tu cosa ne pensi?". Ma capita molto raramente. Perciò è chiaro che chi parla lo fa per se stesso chi ascolta lo fa per l'altro.

    L'adolescenza è stata per me un turbine di esperienze da cui non traevo alcuna conclusione. Non mi chiedevo perchè di quelle cose o di quelle altre, semplicemente insistevo, fino a farmi del male. Ma la collego ai bei ricordi della scuola e non è che mi sia andata troppo male.

    Penso che sia giusto trovare delle persone con cui condividere i propri interessi ma è anche verò che si può avere con gli altri l'unico fatto in comune di essere Esseri Umani.

    Mi vengono in mente le tre scimmie nel santuario di cui una non vede, una non parla, l'altra non sente. Sono il simbolo della sagezza perchè non vedono il male, non sento il male, non parlano male.

    Una cosa alla volta, qualsiasi cosa. :secret.gif:
     
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  14. Enrico-buono
     
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    Risposta per War. Se non avessi partecipato a quelle occasioni di aggregazione, beh posso dire che ne avrei ancora il desiderio. Sono state comunque esperienze da fare.

    Koenig... Mi fa piacere sapere che certe cose non sono capitate solo a me :D.
     
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  15. Koenig4
     
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    CITAZIONE (Enrico-buono @ 6/6/2010, 18:14)
    Koenig... Mi fa piacere sapere che certe cose non sono capitate solo a me :D.

    Ciao Enrico. La tua osservazione è molto importante perchè deve farci capire che le nostre non sono incapacità individuali ma dinamiche introverse. E sapere questo è molto importante. Fà la differenza tra essere depressi ed essere consapevoli. Anche perchè non significa che una soluzione non c'è. Se il Dottor Anepeta avesse pensato che fosse bastato il saggio per dare alla persona introversa gli strumenti per risolversi non avrebbe creato la LIDI. Il limite che si era dato alla LIDI però era quello di non poter essere un'isola felice. Io invece dico : "perchè non può esserlo?" Internet ha creato una grande rivoluzione culturale perchè le persone si stanno aggregando in grandi isole virtuali sul web. Se lo fanno anche gli introversi non sarebbe nè una novità nè uno scandalo. Naturalmente purchè questa isola non sia chiusa ma aperta verso il resto della società. Io le idee ce le ho e ho scalpitato per portarle avanti visto che sono piuttosto ardente. Già in passato insistevo per una community e non mi si dava ascolto. E' dovuto venire newman... Il problema non è mantenere un forum attivo, che pure è importante visto che come ho detto un forum presidiato è anche una helpline antisuicidio, il problema è sopratutto creare aggregazione e avere un gruppo che cresca e non un gruppo che si mantiene numericamente costante perchè se tante persone escono altrettante ne entrano. Io le idee ce le ho e ce le ho buone. Purtroppo in questo momento sono con le mani legate e poi io mi stanco a dovere premere per vedere applicate idee che sò essere buone e in cambio essere sottovalutato.
     
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26 replies since 2/6/2010, 21:32   1721 views
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