Le persone che muoiono

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  1. houccisotoniocartonio
     
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    E' un po' di tempo che questo pensiero mi ossessiona: penso continuamente alle persone che ci sono nel mondo, a quante ne muoiono ogni secondo e soprattutto quante sono già vissute dall'alba dei tempi a oggi, penso a quanti... non so come dire... "mondi di esperienza" se ne sono andati, ai dolori di tutte le persone del mondo, viventi e vissute, a tutti gli eventi che gli sono successi e come li hanno vissuti, tutto quello che hanno provato nelle loro vite, a come gli deve essere sembrata la cosa più importante del mondo, mentre ora nessuno sa più niente di loro e nemmeno che sono stati al mondo.
    io spesso mi chiedo ma un contandino dell'anno mille quante cose avrà pensato nella sua vita, e che cosa? come gli sarà sembrato il mondo? e così per tutte le altre persone.
    quando ci penso mi viene un nodo in gola, è una cosa che mi commuove tantissimo, mi fanno tanta pena le persone in generale, vorrei avere un gigantesco libro per poter scrivere tutte le biografie di tutte le persone del mondo, anche di quelle che sono già morte.
     
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  2. davideTHEred
     
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    Quando pensi al contadinello dell'anno mille forse non è vero forse tanto per lui non fa niente perché non pensa non vive non respira più forse siamo solo davvero carne e calore ma quando ci pensi, beh, è come se rivivesse di nuovo ed è bello che oltre ai vari grandi della storia della cultura e dell'arte qualcono ancora si ricordi di quel contadino che ha amato vissuto sofferto come tanti prima di lui come noi ora e chissà quanti domani.




     
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  3. senzanome70
     
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    il giorno dopo che mio padre morì mi svegliai e andai a fare una passeggiata nel mio quartiere, lo stesso dove mio padre era solito passeggiare da 35 anni.

    quel che mi sembrava assurdo era vedere che tutto era come prima, tutto scorreva come al solito. mi faceva male. la gente passava, camminava, si fermava alle bancarelle, le auto facevano rifornimento dal solito benzinaio, il solito bar era pieno di clienti.
    Avrei voluto urlare a tutti di fermarsi, di rendersi conto che era successa un a tragedia, che un uomo buono era morto, che quell'uomo era mio padre.
    L'indifferenza della vita di fronte alla morte è una cosa che mi fece molto male.
    Muovermi in mezzo alle strade di quartiere sapendo che ero l'unica a sapere e a cui importava una fatto così grave mi faceva male.

    Immagino tutti i morti così, la stessa scena più o meno. Qualcuno muore, una persona che gli voleva bene piange e soffre per la mancanza ma intanto tutto va avanti come se niente fosse.
    Credo che anche nel medioevo, per esempio, andasse più o meno così, eccezion fatta per l'ordinarietà della morte che era davvero una compagna quotidiana.

    Quando ero piccola facevo un gioco da sola quando uscivo. Vedevo la gente passare e cercavo di mettermi nella sua pelle: chiudevo gli occhi e come sentivo la consapevolezza della mia pelle, così pensavo che avrei potuto sentire la consapevolezza della pelle dell'altro, come fosse mia. Ovviamente non ci riuscivo, ma il pensiero di non riuscirci mi innervosiva parecchio e non mi arrendevo, mi sentivo limitata e sola.


    Questo per dire che quando io dico che secondo me siamo tutti soli, io intendo proprio questo. Penso alle persone che camminano per strada e mi sfiorano e hanno forse una sofferenza dentro grande, un dolore che si portano dentro (come era per me il giorno dopo la morte di mio padre) e penso che non riuscirò mai a sentire la pelle di un'altra persona come sento la mia.
    Più soli di così....
     
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  4. ZeroDigit
     
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    @ houccisotoniocartonio:

    Il tuo è un pensiero stupendo, di delicatezza estrema e d'amore per l'umanità.

    Credo che i sentimenti e i pensieri di chi ci ha preceduto siano gli stessi che prova un contemporaneo..
    in fondo penso che i miei stati d'animo siano già stati vissuti e provati prima da qualcun altro.
    Malgrado tecnologia e cultura così diverse ciò che fa un essere felice sia la capacità di amare e la percezione della grazia di essere amato.

    Provo un pensiero, per fortuna non ossessivo, un pò simile al tuo a volte quando cammino in grandi spazi aperti come prati o campi coltivati (rispettando il lavoro del contadino di oggi :) )
    Mi chiedo quante persone possano aver calpestato le stesse zolle dalla comparsa dell'uomo sulla terra.
    Oppure, addirittura, quante persone si siano decomposte in quello che mi appare in quell'istante un immenso cimitero.

    Nonostante i maldestri tentativi di negarlo e nasconderlo... condividiamo tutti lo stesso ineluttabile destino.. e questo dovrebbe farci sentire meno soli e più solidali..
    Trovo fantastica l'affermazione attribuita a Steve Jobs: «La morte è probabilmente la migliore invenzione della vita»
    é confortante sentirsi un prodotto biodegradabile al 100%, con la certezza di dissolversi senza lasciare nessuna traccia..

    Lunga vita a tè e a tutti agli amici della LIDI :)
     
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  5. houccisotoniocartonio
     
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    mi sono immedesimata nel tuo racconto, senzanome.


    comunque, anche io quando cammino vorrei entrare nella testa delle persone e vedere cosa pensano, perchè le loro vite non spariscano.
    infatti mi aveva colpito molto quando ero alle superiori il film di wim wenders "il cielo sopra berlino", è un film composto per la maggior parte da monologhi interiori di passanti, visti dall'alto da due angeli.
    http://it.wikipedia.org/wiki/Il_cielo_sopra_Berlino


    mi capita sempre anche di fare come zerodigit, soprattutto quando vado alle mostre o a vedere dei monumenti, dei resti archeologici, ecc. piango sempre tantissimo.
    mi ricordo poco tempo fa ho visto la mostra sulla civiltà di Teotihuacan, e c'erano delle statuine antropomorfe così particolareggiate! già di per sè erano commoventi, poi mi imaginavo tutte le persone, intendo gli artigiani, intenti a costruirle... quando poi ho visto le mummie, quello è sempre uno schock emotivo.

    forse quello che mi turba così tanto è proprio tutta la fatica e tutta la sofferenza rispetto alla piccolezza biologica della vita umana in sè.



    ps. Il tuo è un pensiero stupendo, di delicatezza estrema e d'amore per l'umanità.

    caspita, grazie :) :unsure:
     
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    CITAZIONE (houccisotoniocartonio @ 29/3/2011, 23:55) 
    mentre ora nessuno sa più niente di loro e nemmeno che sono stati al mondo.

    Ho avuto un sussulto leggendo questa frase, per la frase in sé ma anche perché proprio qualche giorno ne parlavamo io e una mia amica e dicevamo proprio questo, esattamente questo.
    Dicevamo anche che questa consapevolezza, di essere anche noi un giorno qualcuno di cui non si saprà più nulla, di cui non si saprà il suo essere stato al mondo, è forse uno dei motivi per cui si fanno figli, perché ci sia qualcuno che sopravvivendoci possa avere memoria... ma una memoria comunque finita, perché finiti sono anche i figli... quindi ci sarà un giorno per tutti in cui sarà come non esserci mai stati.
     
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  7. Marcello.
     
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    Spero che la ricerca del Dott. Anepeta ( e quindi il suo ricordo ) venga consegnata all'eternita...
     
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  8. tigellino11
     
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    E' stata , infatti ,la paura di essere inghiottiti per sempre dall'oblio ad aver spinto molti, soprattutto nell'antichità, a voler ossessivamente rimediare a cio attraverso la ricerca "della gloria" militare o anche artistica. L'essere ricordati dalle generazioni a venire in un fulgido ricordo non è poco. Nell'antichità greco-romana preoccuparsi su come finire la propria vita, magari in un ultimo grande "fuoco d'artificio" in un campo di battaglia, era il pensiero principe, il filo conduttore di una esistenza.

    Une par une les années glorieuses me reviennent
    Oh, si (18)21 pouvait revenir pour un moment

    Je passerais à cheval dans la large plaine
    et avec Kolokotronis je boirais du vin

    Je lutterais pendant le jour aux châteaux forts
    et mon épée prendrait feu
    et j'aurais pendant les nuits étoilées
    une petite beauté dans mes bras

    Une par une les années glorieuses me reviennent
    Oh, si (18)21 pouvait revenir pour une soirée

    Je serais le premier à danser dans les routes du Moria
    et derrière moi les Maniotes et les Psariani

    Et quand, blessé, je me pencherais dans les vergers
    des mains depuis les cieux me lanceraient des violettes

    Je lutterais pendant le jour aux châteaux forts
    et mon épée prendrait feu
    et j'aurais pendant les nuits étoilées
    une petite beauté dans mes bras

    Une par une les années glorieuses me reviennent
    Oh, si (18)21 pouvait revenir pour une soirée


    www.youtube.com/watch?v=vKH7epxnB-w&feature=related
     
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  9. Marcello.
     
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    Oggigiorno per garantirsi un po di eternità ci sono i cimiteri virtuali su Internet dove potere lasciare la propria biografia, galleria fotografica e video. Ai discendenti basterà un semplice click per togliersi la curiosità di fare ricerche sul proprio albero genealogico.
     
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  10. Marcello.
     
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    Oltre i cimiteri virtuali ci sono gli alberi genealogici sul web su cui potersi registrare già in vita. Ci sono alberi genealogici su facebook, kindo, myheritage e tanti altri. Io mi registro subito... :)
     
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    Ai discendenti (nel caso se ne abbiano) basta una memoria tramandata per via orale... così come quella orale prima o poi si perde, nel tempo, tramite le generazioni, si perderebbe anche quella scritta e di fatto ha un senso che io racconti a un figlio di mio padre, di mia madre, ecc., più difficile è pensare che il figlio del figlio del figlio del figlio cerchi sterili informazioni online o altrove. Quelle sono notizie, non memoria.

    Solo i grandi o pessimi uomini, quelle che nel bene o nel male segnano la storia (culturalmente, "politicamente", artisticamente) hanno il dono dell'immortalità...
     
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  12. Marcello.
     
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    Se esistesse già un albero genealogico completo credo che cercherei di conoscere i miei parenti fino a due o tre generazioni indietro e non oltre. Dopo potrei divertirmi a cercare gli antenati introversi. In quel caso credo che mi spingerei anche in un passato molto lontano e vorrei leggere sentire o guardare gli insegnamenti che hanno voluto lasciare in un messaggio per i loro discendenti... :)
     
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  13. houccisotoniocartonio
     
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    CITAZIONE (LIDIadmin @ 31/3/2011, 14:24) 
    Ai discendenti (nel caso se ne abbiano) basta una memoria tramandata per via orale... così come quella orale prima o poi si perde, nel tempo, tramite le generazioni, si perderebbe anche quella scritta e di fatto ha un senso che io racconti a un figlio di mio padre, di mia madre, ecc., più difficile è pensare che il figlio del figlio del figlio del figlio cerchi sterili informazioni online o altrove. Quelle sono notizie, non memoria.

    sono d'accordo!
     
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  14. Enrico-buono
     
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    Se esistesse un Dio anche le persone più sole e dimenticate durante la loro vita terrena potrebbero essere oggetto di un ricordo amorevole.
    Forse tutte le culture hanno vissuto di religione anche per dare una risposta a questo dilemma.

    A me capita di fantasticare invece un pensiero del genere.
    Sono morto e desidero che nessuno venga al mio funerale. Mi immagino addirittura che alcuni miei amici vengano a sapere della mia morte a distanza di mesi quando il funerale è stato già celebrato. Anzi a dire il vero non vorrei nessun funerale.

    Non spaventatevi è solo un pensiero immaginario...



     
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  15. Marcello.
     
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    No Enrico, non mi spavento anzi concordo con te. Sinceramente io spero di essere dimenticato mentre sono ancora in vita...
     
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40 replies since 29/3/2011, 22:55   1496 views
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