Divisi tra due mondi

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  1. qualcosa
     
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    Visto che non c'è alcuna carne al fuoco sul forum, ho deciso di creare un thread.
    Il titolo incerto, scusate, è dovuto al fatto che forse avverto tutto ciò come frustrante, per questo mi scuso.

    Mi accorgo, sono consapevole di essere solo al momento. davide, il moderatore che si è cancellato dal forum in questi giorni, mi aveva illuminato con un post relativo alle conseguenze del difficile rapporto con gli altri, ovvero della possibilità di contrarre nei confronti del prossimo un'autosufficienza o, dall'altra parte, una dipendenza.
    Nel primo caso, ci si rende quanto più possibile autosufficienti, appunto. Nell'altro caso, invece, si sviluppa nell'individuo una dipendenza nei confronti del prossimo, che lo porta a non muoversi da solo. In entrambi i casi, frustrazione e solitudine sono fattori comuni.
    Beh, io in questo sono dalla parte dell'autosufficienza. Mi sono anestetizzato, probabilmente sono sulla strada per il cinismo, chissà se è possibile raggiungerlo.

    Vorrei discutere, qua, su questo punto. Probabilmente avrei dovuto postare nella sezione relativa ai disturbi dell'introversione, però non mi sembrava molto il caso.
     
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  2. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    guarda... mi permetto di dirti questo perchè due mie vecchie amiche a cui volevo molto bene erano così... e quando leggo di qualcuno che tenta quella via tremo per lui/lei, perchè l'autosufficienza è un rimedio ben peggiore del male.
    tieni conto poi che prima di tutto è un'illusione, nel senso che un rapporto col mondo, con gli altri, ce l'hai sempre, magari strumentale, ma ce l'hai (pensa all'esempio più banale: quello che non puoi fare da solo e che di solito ti aiutano a fare gli altri - come può essere accudirti se stai male -, devi pagare qualcuno affinchè lo faccia), in più, quando inconsciamente il tuo io autentico rigetta l'autosufficienza (perchè non è una condizione naturale dell'essere umano), ti ritrovi nella penosa condizione di essere sia autosufficiente che dipendente, uno strampalato compromesso tra "nessun-rapporto" e "dei-rapporti", ovvero un solo rapporto, che diventa IL rapporto (di dipendenza, appunto), con spiacevolissimi annessi e connessi.
    seconda cosa: l'anestesia emotiva è un'altra illusione, perchè quando stai male, stai male comunque, in sostanza ti si coartano solo le emozioni d'affetto, d'empatia, la passione verso le cose, ma quelle legate alla sofferenza, alla rabbia, ecc. restano eccome, anzi, data la compressione forzata causata dal tentativo di anestetizzazione, quando senti, senti di più: le emozioni tenute compresse nel barattolo esplodono.

    è una pezza, come si suol dire.
     
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  3. qualcosa
     
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    E' un modo di parare ed evitare i colpi che fa acqua da tutte le parti. Ma come fare a non intraprendere una strada simile? Personalmente mi faccio strada tra sensi di colpa per via del mio essere ipercritico e via discorrendo, tra cinismo forzato, di quello che ti snatura e fa male, tra l'evitamento di questo e di quell'altro. Non esiste un modo, dico io, di farla finita con questo disadattamento? Cambiare aria è quello che mi viene in mente.
    Io comunque per cinismo intendo un tipo di cinismo costruito, a poco a poco. E' forzato, ma che poi passate le prime forzature poi diventa parte dell'essere. Un tipo di cinismo alla Gregory House (Dr House). E' quello a cui sto andando incontro, mi sa. Diavolacci, non provo più quasi emozioni POSITIVE... Si, è il tipo di anestesia che hai descritto tu, perfettamente in linea. Ogni tanto qualche accenno, ma roba da poco. Mi sento quasi avvelenato dalla frustrazione.
    A parte il cambiare aria, quello che mi viene in mente è comunque combattere.
     
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  4. Diogene W
     
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    Ho sempre avuto la netta impressione che nel momento stesso in cui io diventerò "autosufficiente", smetterò automaticamente anche di percorrere la strada verso il totale cinismo e la totale anestesia. Io questa la chiamo "logica psicologica" ^_^ . Non è importante tanto quello che sei (come ha detto Ilaria, nessuno di noi potrà mai raggiungere il vero stato di autosufficienza, o almeno non in tempi brevi e senza una montagna di sofferenze di cui la maggior parte auto-inflitte) ma quello che pensi di essere. E io giocherei con questo fatto. Toglierei l'autosufficienza da questo stato di aspirazione-latente-misto-a-timore-desideroso e mi lancerei a prenderla. Materialmente, però: isolati definitivamente, diventa un cinico, caccia via tutti, fai quello che farebbe un "autosufficiente".

    é molto probabile che io stia solo delirando. Il fatto è che sono piuttosto convinta che un senso di frustrazione come quello che hai raccontato di avere (e come quello che abbiamo in tanti) ha bisogno di arrivare ad un punto di rottura, di esasperazione. Tentare di non farlo scoppiare significare solo rimandare l'inevitabile. E significa tentare di ragionare con le nostre emozioni, che si rivela sempre un suicidio con lenta agonia (spesso causata da rabbia e sensi di colpa).


     
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  5. Miyamoto Musashi
     
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    Anche a me è successo non molto tempo fa, per fortuna sei giovane ed è probabilmente normale che ti ritrovi in questi passaggi. L'autosufficienza dovrebbe essere un tentativo a colpo sicuro per non diventare come sono, le persone comunemente, quindi una condizione di disprezzo nei confronti degli altri, o una condizione di propria difettosità.
    L'angoscia è dovuta a un bisogno di punizione, per cui si pensa che si debba espiare la propria colpa, rompendo i legami con gli altri per il resto della propria vita, in pratica una specie di ergastolo.

    L'autosufficienza completa, non penso si possa raggiungere, perché le persone alienate alla fine mostrano sempre a tratti la loro autenticità, ma si intravede solo qualcosina.
     
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  6. tandream
     
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    Io prima ero molto dipendente, poi per forza di cosa o forse probabilmente anche per volontà ho scelto di diventare quanto meno sufficiente a me stesso. Sia nell'una che nell'altra fase si sta male. Forse si percepisce una maggiore solitudine nella seconda e forse è anche necessaria. Probabilmente ci vuole un equilibrio tra sufficienza e dipendenza.

    Sì, si prova angoscia e senso di colpa a lasciare gli altri per la sufficienza perché ho sentito a volte e provato come la sensazione come di "tradirli". Adesso che mi sto rendendo conto di questi vari aspetti sto cercando di equilibrarmi non so se sia possibile, ma immagino di sì. Io ho molti più anni di te già ma ti sono molto molto simile.
    Anche nel cinismo alla Gregory House come lo definisci tu. Prima del cinismo c'era molta ironia, sono dovuto passare al cinismo come... "per forza" di cose, perché così è il mondo... : )

    CITAZIONE (houccisoilariadusieleièrisorta @ 6/8/2012, 00:24) 
    guarda... mi permetto di dirti questo perchè due mie vecchie amiche a cui volevo molto bene erano così... e quando leggo di qualcuno che tenta quella via tremo per lui/lei, perchè l'autosufficienza è un rimedio ben peggiore del male.
    tieni conto poi che prima di tutto è un'illusione, nel senso che un rapporto col mondo, con gli altri, ce l'hai sempre, magari strumentale, ma ce l'hai (pensa all'esempio più banale: quello che non puoi fare da solo e che di solito ti aiutano a fare gli altri - come può essere accudirti se stai male -, devi pagare qualcuno affinchè lo faccia), in più, quando inconsciamente il tuo io autentico rigetta l'autosufficienza (perchè non è una condizione naturale dell'essere umano), ti ritrovi nella penosa condizione di essere sia autosufficiente che dipendente, uno strampalato compromesso tra "nessun-rapporto" e "dei-rapporti", ovvero un solo rapporto, che diventa IL rapporto (di dipendenza, appunto), con spiacevolissimi annessi e connessi.
    seconda cosa: l'anestesia emotiva è un'altra illusione, perchè quando stai male, stai male comunque, in sostanza ti si coartano solo le emozioni d'affetto, d'empatia, la passione verso le cose, ma quelle legate alla sofferenza, alla rabbia, ecc. restano eccome, anzi, data la compressione forzata causata dal tentativo di anestetizzazione, quando senti, senti di più: le emozioni tenute compresse nel barattolo esplodono.

    è una pezza, come si suol dire.

    Si direbbe che è un percorso che compiono tutti i "dipendenti"... e se fosse necessario?
     
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  7. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    Boh, a me questi discorsi preoccupano seriamente... una di queste due mie ex-amiche era gravemente anoressica: quale condizione più eloquente per una persona che insegue il mito dell'autosufficienza? pensava di non aver bisogno del cibo, ma dipendeva da genitori ed ospedali.

    come si fa ad essere autosufficienti? dovremmo essere dei robot che vivono in orbita su un satellite, fatti di materiali indistruttibili che non necessitano manutenzione...
    per questo io dico che è un mito, perchè anche nei casi in cui ci può sembrare di essere autosufficienti, in realtà c'è sempre qualcuno che fa delle cose al posto nostro, che noi non vogliamo o non possiamo fare.
    innanzitutto viviamo in un mondo che è costruito dalle persone. il computer che stiamo usando è costruito da persone, il cibo che mangeremo a pranzo è prodotto (e anche cucinato, a volte) da persone.

    le emozioni poi, come dicevo prima, non spariscono mai. semplicemente si soffocano, ma rimangono sotterranee e alla prima occasione scoppiano.
    questa mia amica era anche depressa. anche lei aveva tentato per anni di placare i sensi di colpa che la tormentavano... bè, avete visto il rimedio com'è stato.
    e ancora oggi (in verità è un anno o due che non la sento, ma la situazione purtroppo temo possa solo peggiorare), a oltre 30 anni, combatte con queste cose da quando ne aveva 16-17. e potrebbe morire da un momento all'altro per le ripercussioni sul fisico di questa strategia autosufficiente.
     
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  8. tandream
     
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    No, non sono a quel livello! Forse confondo un po' l'auto-sufficienza con l'indipendenza che un po' per un introverso almeno all'inizio forse legano tra loro in una lotta disperata :lol:

    Forse è semplicemente il fatto che mi stia staccando dai genitori che mi crea problemi (il taglio del cordone ombelicale principale della dipendenza...) solo che a "giornate" lo amplifico al mondo intero per poi ritrovarmici dentro ricorrendovi come un rifugio. Come in una sorta di tira e molla. Ma so bene dove voglio andare, è la parte forse oppositiva e dipendente che cerca di tirarmi verso, diciamo, cattive acque.

    Diventare indipendente al giorno d'oggi è una dura lotta un po' per tutti. Però devo ammettere che allo stesso tempo (l'ho scoperto qui) c'è questa tendenza a giornate alterne a voler essere un "assoluto" (cioè completamente auto-sufficiente) per poi scoprire che non è possibile...
     
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  9. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    no non dicevo specificatamente a te :D parlavo in generale.

    sì, io credo che uno debba arrivare all'autonomia.
     
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  10. qualcosa
     
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    Ho letto tutti i vostri commenti con grande interesse. Perora, ciò che è rimasto nel mio mondo, sono lo studio, la ricerca e un'eventuale relazione con una persona affine, con la quale rivedere il mondo.
    Non mi resta altro che questo, quindi. Sono stufo dell'aria fetida di città, sono stufo di respirare gas e polveri, fumi di combustibile bruciato, sono stufo di stare in mezzo al traffico, sono stufo di tutto quello che ha a che fare con questo stupido sistema omicida; si, proprio omicida, perchè uccide, se non subito, a fuoco lento. Non cerco una città nuova, probabilmente quello che cerco è la libertà, probabilmente quello che cerco è di tornare indietro nel tempo e vivere di natura, di paesaggi (escludo da questo songo l'ignoranza di allora). Qui si muore, qui si muore.
    Mai pensato di fuggire via da questo caos? A me pesa parecchio, a voi? Non mi fermo alla discriminazione dell'introversione, sia ben chiaro.
     
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  11. tandream
     
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    Potresti andare in vacanza in campagna o se te lo puoi permettere in qualche posto del mondo dove la civiltà non ancora inquina con la sua tecno-cultura. Lì potresti stilare qualche riflessione e tornare ad amare "il mondo". Mi viene in mente l'India, forse ne ameresti anche le persone, ma ce ne sono tanti di posti.
    Ho appena iniziato a leggere Big Sur di Kerouac e non ci poteva essere libro più giusto in questo periodo. Big Sur è una località del Canada persa completamente nella natura più selvaggia dove si rifugia il protagonista e verrà coinvolto tra mille eventi in una sorta di ascesi spirituale (ho appena iniziato a leggerlo).
     
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  12. qualcosa
     
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    Non mi basterebbe una vacanza. Io, lontano da questo inferno, voglio viverci. Davvero. La frustrazione è tanta, ma io non voglio arrendermi perchè so di poter realizzare in qualche modo questo desiderio.
     
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  13. Diogene W
     
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    E andare a vivere in Irlanda? Quello sarebbe già un buon punto di partenza, una realtà raggiungibile con ottime prospettive.

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  14. Velaour
     
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    Io , se potessi , andrei a vivere nel mio plastico . . . :ph34r:

    ... l'unico problema è che non ci saranno medici e animali
     
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  15. qualcosa
     
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    Irlanda... A me piace un sacco lo scenario ambientale nord-europeo. Ho una fissa per la Norvegia, anche l'Irlanda è un bel posto. Mi vedo li a, non so, fare il guardia bosco, immerso tra quei tanti km quadrati di natura incontaminata, con quelle alture stupende, le innevate, quella candida aria salutare senza uguali.
     
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20 replies since 5/8/2012, 20:36   398 views
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