Solitudine

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  1. houccisoilariadusieleièrisorta
     
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    sempre parlando in generale, c'è da contare tutto il discorso sul narcisismo della sofferenza... quello, il masochismo inconscio e la razionalizzazione sono davvero i meccanismi di difesa più difficili da smantellare - perchè sono non solo egosintonici, ma proprio "desiderati" dal soggetto (metto le virgolette perchè parlare di volontà e libero arbitrio quando teniamo conto dei fattori inconsci è un po' na barzelletta).
     
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  2. bum64
     
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    Credo che il primo ad aver detto che il carattere è il nostro destino, sia stato Eraclito. A quell'epoca però, c'erano ancora gli dei e l'uomo non si riteneva onnipotente come ai tempi nostri. Il senso di onnipotenza potrebbe in realtà andare benissimo, se non fosse che di fronte agli accadimenti dolorosi della vita ci veniamo a trovare in una strana posizione: per forza di cose dobbiamo essere noi a volerli e se non ce ne accorgiamo è solo perchè sono radicati in meccanismi inconsci. Oltre al danno, la beffa: responsabili, colpevoli addirittura, anche dei dolori che ci colpiscono. Personalmente, constato che esiste una realtà che ci travalica, e ampiamente e cerco di assumere un atteggiamento più sensato, verso ciò che in gran parte non comprendo.
    Ho passato gran parte della vita a combattere, innanzitutto dentro di me, contro questa sensazione di "colpa" e intendo accollarmi solo le responsabilità che mi competono, nella consapevolezza di ciò che può essere in mio potere. Credo in un destino, come quella direzione che la nostra vita assume per forze più grandi di noi, non escludendo però che la direzione possa cambiare.
     
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  3. yukino76
     
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    CITAZIONE (bum64 @ 24/3/2013, 01:01) 
    Ho passato gran parte della vita a combattere, innanzitutto dentro di me, contro questa sensazione di "colpa" e intendo accollarmi solo le responsabilità che mi competono, nella consapevolezza di ciò che può essere in mio potere.

    Quale colpa? Di cosa, esattamente, ti senti in colpa? Di essere diverso? Di essere solo o sentirti solo?
    Hai parlato di guerra con il Mondo, in un precedente post, in che senso?
     
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  4. tandream
     
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    Senso di colpa e onnipotenza. Due parole che già da sole la dicono lunga. In primis l'uomo sta imparando che non è affatto onnipotente e questo lo si dovrebbe imparare da anche da soli nella propria intimità, capire i limiti e riuscire a essere umili, capendo che non tutto ci è possibile nella vita e quindi accettare le cose che ci capitano positive o negative così come vengono senza nessuna lotta con il mondo (che poi il "mondo" è noi stessi). E forse proprio dal senso di onnipotenza derivano proprio i sensi di colpa: pensiamo che dovremmo essere capaci di tutto e quando non lo siamo ci sentiamo in colpa. Da questi due fattori è facile arrivare ad un punto in cui ci si sente soli, forse perché siamo convinti, che gli altri invece siano capaci di fare qualunque cosa ed in realtà è solo una nostra idea errata, quindi ci mettiamo da parte da soli, ci allontaniamo noi stessi passando mesi a lamentarci...
     
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  5. bum64
     
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    Tandream, non ci capiamo.
     
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  6. bum64
     
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    Quale colpa? Di cosa, esattamente, ti senti in colpa? Di essere diverso? Di essere solo o sentirti solo?
    Hai parlato di guerra con il Mondo, in un precedente post, in che senso?
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    Pensare di essere io quello mancante, quello sbagliato e quindi da cambiare, solo perchè gli altri sono diversi da me, pensano e provano cose diverse dalle mie, hanno valori diversi dai miei. Perchè anche gli altri lo pensano e perchè il mondo è fatto a misura degli altri, così che, alla lunga chi è "diverso" (e continuo ad usare le virgolette) ottiene dalla vita necessariamente meno di tutti gli altri. Questo sembra confermare il fatto che il "diverso" è davvero peggio. Gli altri lo pensano e così ti trattano e quel che è peggio anche il "diverso" tende a pensarlo, se non combatte strenuamente tutto questo. Speravo che questi discorsi, fatti qua, potessero essere meglio compresi e condivisi, forse perchè il libro di Anepeta sull'introversione mi ha fatto sentire per la prima volta capito e "letto dentro" e mi ha fatto capire che anche altre persone c'erano simili a me, da qualche parte. Notte
     
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  7. yukino76
     
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    CITAZIONE (bum64 @ 26/3/2013, 00:08) 

    Quale colpa? Di cosa, esattamente, ti senti in colpa? Di essere diverso? Di essere solo o sentirti solo?
    Hai parlato di guerra con il Mondo, in un precedente post, in che senso?
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    Pensare di essere io quello mancante, quello sbagliato e quindi da cambiare, solo perchè gli altri sono diversi da me, pensano e provano cose diverse dalle mie, hanno valori diversi dai miei. Perchè anche gli altri lo pensano e perchè il mondo è fatto a misura degli altri, così che, alla lunga chi è "diverso" (e continuo ad usare le virgolette) ottiene dalla vita necessariamente meno di tutti gli altri. Questo sembra confermare il fatto che il "diverso" è davvero peggio. Gli altri lo pensano e così ti trattano e quel che è peggio anche il "diverso" tende a pensarlo, se non combatte strenuamente tutto questo. Speravo che questi discorsi, fatti qua, potessero essere meglio compresi e condivisi, forse perchè il libro di Anepeta sull'introversione mi ha fatto sentire per la prima volta capito e "letto dentro" e mi ha fatto capire che anche altre persone c'erano simili a me, da qualche parte. Notte
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    Capisco PERFETTAMENTE il tuo discorso, perchè lo sento totalmente mio.
    Ho passato la vita a sentirmi "fuori", a vedere le altre persone interagire con facilità (e anche con una certa dose di superficialità e ipocrisia) e a non essere in grado di fare lo stesso. Perchè? Nel corso degli anni, e soprattutto in questi ultimi mesi, grazie anche alla scoperta di essere introversa (scoperta casuale avvenuta a Settembre), ho capito che:
    - sono sicuramente di una sensibilità esagerata, per cui vengo ferita molto più facilmente (da un silenzio prolungato, da una parola non detta, ecc...). E quando mi sento ferita tendo a chiudermi e a tirar fuori l'orgogio, che, tradotto in parole povere, significa che, per non mostrare il mio dolore, faccio la superiore e quella un pò scontrosa... a mie spese, ovviamente. Del resto, quando mostri le tue debolezze, spesso ricevi solo un bel calcio nei denti, della serie, "sei così fragilina.. caxxi tuoi".
    - sono idealista, soprattutto nei rapporti interpersonali. Per cui, nel momento in cui mi rapporto con qualcuno, sono onesta (a mie spese, ovviamente) perchè non concepisco i rapporti basati sull'opportunismo e sulla falsità. Non riesco a fingere falso entusiasmo, non riesco a mentire, non riesco a mascherare le mie emozioni e ciò che sento solo per "adeguarmi" agli altri. Ci ho provato, sai? Tutti la pensano in un modo, e sentono una determinata cosa in quel modo, beh, dai, sforziamoci a pensarla come tutti; ci ho provato, con la scoperta che se forzo le mie emozioni e il mio sentire in una direzione che non è la mia, tutte le me energie vengono come distrutte, e ne esco rabbiosa e infelice.
    - sensi di colpa a go go. Come dice Anepeta, il nostro"giudice interiore" è piuttosto arcigno. Quindi, nel momento in cui mi rendo conto di essere "messa da parte" perchè "diversa", il mio bel giudice interiore mi dà il suo bell'aiuto: per cui analizzo il mio "essere stata messa da parte" con una bella analisi di come e dove IO abbia sbagliato, cercando quindi di "salvare" gli altri. Peccato che gli altri non facciano lo stesso. Mentre per me viene naturale, dopo un litigio o una incomprensione, capire la mia PARTE di colpa o manchevolezza (a volte anche ingigantendola), agli altri viene molto più facile lavarsi la coscienza e addossare tutta la colpa a te.... del resto, sei TU il "diverso". E sai la cosa ridicola? Se penso "male" degli altri, realizzando le loro colpe, mi sento in colpa perchè penso "male". :wacko: Io ODIO i conflitti, li vivo male, mi devastano, e quindi cerco sempre di trovare un punto di incontro, ma... spesso e volentieri la cosa non è reciproca. Nei rapporti con gli altri parti sempre dal presupposto che gli altri siano come te, e quindi non riconosci (o non vuoi riconoscere) la falsità e l'opportunismo, e a volte anche la gratuita cattiveria, sbattendoci più e più volte la faccia.
    - introiezione del giudizio degli altri: già, alla fine inizi a pensare che, dopo tutto, TU hai qualcosa di sbagliato. Essere così sensibile è sbagliato, essere così idealista è sbagliato, essere troppo onesto è sbagliato, e, quindi, se sei solo, è colpa tua e del tuo caratteraccio.

    E' questo che intendevi?
    Ultimamente sto imparando ad accettarmi, a capire il mio valore, e voglio iniziare a credere che se gli altri mi mettono da parte perchè "diversa", beh, sono LORO a perdere qualcosa, perchè SO di essere una persona che può dare molto: sono una persona di cui ci si può fidare, con cui fare discorsi interessanti, con cui analizzare le cose da punti di vista diversi. OK, non sono una santa e ho anche io la mia bella dose di difetti, come TUTTI, ma essere introverso, e quindi avere questo particolare assetto emozionale NON è un difetto, e se qualcuno è così ottuso da non capirlo, beh, caxxi suoi. Non posso sentirmi in colpa per l'ignoranza e la superficilità della gente.
    Facile a dirsi... un pò più difficile a farsi, perchè il senso di colpa per l'essere diverso risale all'infanzia, purtroppo.
     
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  8. bum64
     
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    CITAZIONE
    E' questo che intendevi?

    Sono commosso, siamo sulla stessa strada. Pensare di cambiare perchè non si sta bene in una certa situazione non è certo la stessa cosa di pensare di cambiare perchè si è sbagliati e si può solo provare ad adattarsi al Mondo. Si può anche pensare di provare a cambiarlo, il Mondo, perchè no? Oppure, semplicemente si può cambiare atteggiamenti, comportamenti e modi di interpretare le cose, ma partendo da una prospettiva sicuramente più feconda e, soprattutto, più corretta per noi stessi.

    CITAZIONE
    Ultimamente sto imparando ad accettarmi, a capire il mio valore,

    Sto provando anche io, ma incontro molte difficoltà. E' come se non riuscissi a trovare un punto fisso e oggettivo di riferimento per riuscire a darmi un valore stabile. Mi pare che ogni criterio di valutazione sia arbitrario e relativo e che alla fine ciò che ha senso è qualcosa che si prova e non è razionale. E su ciò che si prova, non saprei come agire... Mi pare di entrare in una specie di circolo vizioso, dove ciò che ha valore è ciò che mi fa stare bene, ma siccome non sto bene, niente ha valore...
     
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  9. yukino76
     
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    CITAZIONE (bum64 @ 26/3/2013, 23:39) 
    Sto provando anche io, ma incontro molte difficoltà. E' come se non riuscissi a trovare un punto fisso e oggettivo di riferimento per riuscire a darmi un valore stabile. Mi pare che ogni criterio di valutazione sia arbitrario e relativo e che alla fine ciò che ha senso è qualcosa che si prova e non è razionale. E su ciò che si prova, non saprei come agire... Mi pare di entrare in una specie di circolo vizioso, dove ciò che ha valore è ciò che mi fa stare bene, ma siccome non sto bene, niente ha valore...

    Penso che il nostro problema sia quello di vedere il bicchiere mezzo vuoto (o addirittura vuoto del tutto) per scarsa autostima. Se io non mi sento accettata e apprezzata, invece che pensare semplicemente che non posso piacere a tutti, inizio ad arrovellarmi sul perchè, sul per come, dove abbia sbagliato, e così via, perchè sono più portata a "giudicare" me stessa e i miei difetti/errori, salvando gli altri (agli altri trovo sempre una giustificazione: "magari ha agito così per difesa perchè involontariamente l'ho ferito/a, magari dovevo capirlo/a un pò di più, magari sono stata troppo severa, ecc"). Dovrei invece iniziare a vedere il positivo: non piaccio a qualcuno ma piaccio ad altri, e dovrei essere felice di ciò, invece che essere triste per il rifiuto.
    Purtroppo la mia natura mi porta sempre a volere "accontentare gli altri", e così mi è capitato di sforzarmi di fare/dire/sentire cose lontane da me (è estenuante, davvero) per poi rendermi conto che non ne sono capace; la cosa più dolorosa è, alla fine, dover mostrare la propria debolezza ("IO questa cosa non posso farla, non riesco, mi dispiace") e avere come risposta un calcio sui denti invece che "OK, grazie di averci provato, lo apprezzo" oppure un "OK, tu sei venuta verso di me, adesso sta a me venire verso di te, incontrandoci a metà strada". C'è sempre questa sorta di "disequilibrio" nei rapporti con gli altri, e il fatto di essere una minoranza accentua questo disequilibrio: di fatto, per la maggioranza della gente, sei TU il diverso, e quindi è normale che debba essere TU a sforzarti di capire gli altri e adeguarti, non il contrario.
    Anche noi ci giudichiamo con il metro di giudizio degli altri, uscendone ovviamente sconfitti. Ci auto-condanniamo per quello che siamo, e tutto di noi diventa una colpa (la sensibilità, la fiducia spesso mal riposta, l'onestà che sfiora la stupidità, ecc...), anche le cose di cui, invece, dovremmo andare fieri.
    E inizia il circolo vizioso: se IO provo/sento questo e gli altri no, sono sbagliata? E come posso correggermi? Ma se provo a forzare ciò che sento non sto bene con me stessa, perchè è come rinnegare me stessa (sento dentro di me qualcosa che si lacera, se forzo le mie emozioni); ma se, al contrario, mi aggrappo al mio sentire e non mi piego alla "norma" (rivendicando e ribadendo, per certi versi, la mia diversità) sto comunque male perchè ciò determina, di fatto, il rifiuto dagli altri. Quindi sto male in entrambi in casi.
    Ancora più doloroso è il fatto di rendersi conto che, mentre tu ti fai tutte 'ste paranoie (cercando un punto di incontro, un dialogo, una comprensione bilaterale), gli altri tutte 'ste paranoie non se le fanno: ti giudicano superficialmente come un qualcuno che "ha dei problemi". Mentre tu sei ancora lì ad arrovellarti per trovare un dialogo o un punto di incontro, cercando "lo sbagliato" in te invece che negli altri, gli altri ti hanno già giudicata e condannata (e magari ti fanno pure terra bruciata intorno, perchè il gruppo fa forza, ed è facile fare gruppo contro il "diverso").
    Sì, ho il "problema" di essere più sensibile e spesso più intelligente della maggioranza della gente, OK. E' veramente un "problema"? Devo vergognarmi di ciò? Devo andare da uno psichiatra per dire "aiuto, credo di non essere normale"?
    Come aumentare l'autostima? Bella domanda. Non lo so.
    Sarebbe bello arrivare alla totale accettazione di se stessi A PRESCINDERE totalmente dal giudizio degli altri, quindi senza quella terribile tendenza a volersi sempre giustificare, spiegare... e scusare ("Scusa se la penso diversamente, scusa se non riesco a fingere, scusa se sono così emotiva"... scusa un corno!!!!). Anche perchè, più provi a spiegarti e quindi a cercare un punto in comune, più, agli occhi della gente, sei "strano". Perchè IO devo scusarmi sempre sempre sempre, a gli altri MAI? Perchè io devo capire sempre sempre sempre e gli altri devono solo essere capiti? Perchè io devo mettermi nei panni degli altri e gli altri mai nei miei? Perchè devo essere io a sforzarmi di andare verso gli altri ma mai gli altri verso di me? PERCHE'???
    Alla fine, ciò che ne consegue, è una rabbia profonda e bruciante.... che paghi solo tu.

    Edited by yukino76 - 27/3/2013, 11:14
     
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  10. bum64
     
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    Condivido quello che dici. Sono molto scoraggiato, ho l'impressione di averle davvero provate tutte e di continuare a girare a vuoto. Per giunta, non riesco neppure a rassegnarmi e ho accumulato una rabbia colossale, che immancabilmente riverso su me stesso. Mi pare che l'approccio razionale sia votato al fallimento, ma non ne trovo altri.
     
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  11. fsda
     
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    CITAZIONE (tandream @ 6/3/2013, 13:11) 
    La solitudine è presente nella vita di tutti prima o poi, credo anche negli estroversi. Paradossalmente a quanto si possa credere la solitudine in talune persone è addirittura necessaria, è necessaria alla stessa società in cui viviamo come il silenzio lo è per il parlare, l'aria per i polmoni e il cibo per il corpo. Perché solo attraverso di essa si realizza il nostro sé all'interno di una società, solo attraverso di essa si eliminano le dipendenze che ci hanno tenuto a freno dagli altri che ancora non conosciamo. La dipendenza ad esempio dai nostri genitori ci farà presto sentire più soli. Come te bum sto passando una forte solitudine che non avrei mai pensato di affrontare, non so quanto durerà o dove mi porterà o se addirittura ci sarà per sempre. Questo dipende da noi, da quanto riusciamo davvero a spezzare i legami che paradossalmente ci fanno sentire più soli perché meno liberi.

    Sono il nuovo iscritto di Firenze, mi ha colpito questo TOPIC e me lo sono letto tutto, ho apprezzato in particolare questo intervento sopra.

    Credo o sento di avere molto da dire su questo argomento, mi vengono in mente subito alcuni testi (da me scritti) su questi argomenti:

    1) un viaggio individuale
    http://paternita.info/percorsi/adolescenza/solitudine.html

    questo primo lo definirei un punto di partenza nel trovare una definizione semplice e condivisa su cosa l’entità della solitudine e dello stare soli rappresenta

    2) il ricatto emotivo
    http://www.infanzia-adolescenza.info/lette...tivo/index.html

    questo spero risponda a TANDREAM (se quello che ho percepito è giusto) su come i legami iniziali possano essere (paradossalmente ad una visione superficiale) i motivi anti-legame del futuro, magari perché morbosi, o mistificati, o traumatici, rappresentino per noi quella “speranza” (che un giorno si realizzino) che mantenendo viva ci impediamo di direzionarla altrove, chi ha subito divorzi, abbandoni, ma anche più velati maltrattamenti come appunto la manipolazione o la falsità dai propri genitori/parenti/adulti può vivere tutta la vita nell’incomprensione di questo, nella sottovalutazione, o nella speranza che qualcosa si sblocchi o che si redimano o che noi si capisca qualcosa che risolverà tutto, ma appunto il rischio è di restare incastrati tutta la vita e di non iniziare mai a guardarsi intorno e di iniziare ad accettare e “permettere” la costruzione di un se stessi diverso da quanto pensavamo e quanto era collegato alle aspettative del passato rimaste croniche ed ammorbate dentro di noi. D’altronde quasi tutti gli studiosi ritengono che i legami famigliari e l’ambiente d’infanzia 0-6anni siano il fulcro delle nostre credenze successive, la base di partenza con cui per forza dobbiamo fare i conti per progredire e per portare alla luce la stessa base di partenza alla coscienza, cosa nient’affatto ovvia, perché come appunto si sostiene tale base viene acquisita inconsciamente e dunque nel caso questa non sia di buona qualità o adatta al mondo reale/successivo nel quale ci introdurremo necessità inevitabilmente credo di essere portata alla luce, riletta e consapevolizzata.

    Un caro saluto a tutti i miei nuovi amici.


    Fsda
     
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40 replies since 6/3/2013, 00:13   1429 views
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