Benedetta introversione

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  1. marinoni
     
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    Benedetta introversione


    Per tutta la mia giovinezza mi sono chiesto il perché di questa mia diversità, mai ho avuto una spiegazione eloquente del perché provavo vergogna, per la mia inadeguatezza per la mia incapacità ad esternare ciò che sentivo, sicuramente la paura di essere deriso per questi miei sentimenti così profondi già l’avevo sperimentata, già fin dalla prima elementare, arrivai a scuola candido e innocente ma l’ambiente si fece subito disastroso la maestra dopo tre settimane aveva già capito che ero un asino e non trovo di meglio che relegarmi nella allora molto in voga bancata degli asini, e io ovviamente credendo che ciò che dice un adulto era molto di più della verità ci ho creduto, è stata un’esperienza veramente penosa l’unico in tutta la classe ad essere bocciato in prima elementare con un giudizio finale che non lasciava scampo, i commetti anche a casa erano che secondo loro io ero già un delinquente scavezzacollo preferivo girovagare per i campi piuttosto che andare a scuola, se dovessi descrivere in poche parole quel ambiente direi un posto dove il massimo divertimento è prendere in giro per qualsiasi anomalia fisica o nel vestiario o nel comportamento e se non cera si inventava, un regime autoritario dove contavi solo se eri figlio di… se no ti facevano pesare la tua condizione di povero e appartenente al gradino più basso della società, poi io ero il sesto di nove figli di una famiglia al limite della sopravvivenza, non ricordo nella mia famiglia una sola parola di incoraggiamento i miei ricordi si limitano a non vai bene, sbagli tutto, sei un delinquente, farai una brutta fine, sei la pecora nera, è meglio che ti mettiamo in collegio, e poi le percosse che devo dire le ho più gradite degli insulti si fa per dire ovviamente…. Per non parlare poi dei compagni di scuola dei veri mostri se non spargervi benzina sui gatti almeno una volta alla settimana e guardavi il gatto morire tra atroci sofferenze eri un codardo poveri animali ancora me li sogno la notte dopo qurantanni, e poi sempre prove di forza dovevi picchiare qualcuno una volta alla settimana se no non potevi far parte del branco eri una femminuccia, per il mio grado di introversione la solitudine era assicurata certo se penso di averli anche invidiati questi fenomeni mi sento male, oggi sono proprio felice di non aver bruciato nessun gatto e di non aver mai picchiato nessuno almeno mi sono risparmiato questi di sensi di colpa, ho scoperto grazie al libro del dottor Luigi Anepeta ( Sei Introverso ) che io non sono nato per essere violento ma che il mio patrimonio è proprio questa incapacità a far del male e la gioia deriva nel condurre una vita semplice condividendo insieme a chi mi ama uno stile di vita fatto di rispetto di passione per la famiglia umana, e per la natura ponendo attenzione hai piccoli dettagli del quotidiano, e provando una gioia infinita nel sapere che non sono l’unico ad avere il desiderio di essere felice accettando la mia introversione non come un disagio ma come un patrimonio da conoscere e da far conoscere senza più vergogna tossica, ma torniamo alla storia della mia introversione, il dolore che ne è derivato da quelle esperienze era rimasto dentro creando rabbia e rancore verso questo mondo di cui non mi sentivo partecipe ma completamente isolato e solo.
    Solitudine e silenzio due momenti lunghi nella mia esperienza di giorni in cui camminavo a testa bassa ripetendomi quanto fossi fallito e come tutto ciò che toccavo non funzionasse.
    Mi sposai all’età di ventenni ero in fuga da una famiglia che era un lager e prima dei venticinque avevo già due figli, pensavo che l’amore avrebbe finito per riempire quel vuoto che mi divorava, ma non fu così ben presto sotto la pressione delle responsabilità e la mia incapacità ad interagire con un mondo dove le persone dicevano una cosa ma ne pensavano un'altra, e poi questa mia ingenuità, così patetica, cerano giorni dove il senso del fallimento nel lavoro negli affetti assumeva una sembianza simile alla nebbia notturna quando cerchi di camminare e non trovi più i punti di riferimento che ti indicano il tragitto da seguire.
    Fu in quel periodo che cominciai a bere alcool perché mi dava quel coraggio che non avevo, ma col passare del tempo tutto precipitò nel giro di pochi mesi mi trovai di fronte a una vera catastrofe mia moglie voleva divorziare e anche il lavoro andava a rotoli.
    Mi ricordo benissimo ciò che pensavo in quel periodo nonostante sono passati 25 anni, il senso di non appartenenza,il disprezzo delle persone gli sguardi pieni di giudizio, e l’ansia che mi attanagliava la gola come chi sta sull’orlo del precipizio e non vede via d’uscita, oggi capisco che non potevo fare altro che tentare un bel suicidio dico questo perché nonostante sia stato uno dei momenti più drammatici della mia esistenza è anche stato il punto di rottura con un disperato tentativo in cui cercavo di imitare gli estroversi in tutti i modi senza nessun successo, ma torniamo al suicidio allora presi questa decisione dopo una attenta analisi in cui io ero l’imputato e anche il giudice ovviamente non cera un difensore e nessuna attenuante, dopo un delirio di odio nei miei confronti per non essere in grado di condurre una vita normale come tutti presi due scatole di psicofarmaci e mi misi sul divano ad aspettare la morte, per mia fortuna qualche ora dopo mi trovai all’ospedale con una lavanda gastrica e una dozzina di flebo sul comodino con un profondo senso di smarrimento e di vergogna, rimasi dei giorni senza parlare confuso impaurito più solo di prima, ricordo lo sgomento dei miei famigliari e lo sguardo pieno di biasimo per quello che avevo fatto il loro fastidio nel dover occuparsi di un parente tanto scomodo.
    Qualche giorno dopo venni trasferito in un ospedale psichiatrico, mi ricordo l’arrivo con l’ambulanza che entrava direttamente nel corridoio principale del reparto, portone in ferro chiuso a chiave, le sbarre alle finestre la stanza con le maioliche bianche, come una macelleria e un unico letto ovviamente, la porta chiusa a chiave, nessuno capiva che grande lacerazione provavo dentro per il degrado le urla dei malati di mente la durezza degli infermieri, pensavo a quando ero bambino che salivo sul monte Zugna alto 1900 metri e raccoglievo le stelle alpine e nei giorni in cui il celo era limpido si poteva vedere il mare di Venezia e guardavo il falco volare sopra i picchi di roccia libero ma sempre solo mai in gruppo come me non sapeva farsi degli amici ma almeno lui poteva volare e planare sul mare.
    In quei giorni fui sottoposto a vari test molto demenziali ma la cosa che mi colpiva era la distanza fra i sani e i malati la mancanza di umanità mi chiedevo perché quelle persone avessero scelto di fare quel lavoro se nel compierlo erano così scocciati così irritati, le notti erano lunghe e i pensieri tanti non ricordo una notte trascorsa senza che qualcuno urlasse di rabbia o di dolore, con quelle persone non sono mai riuscito a scambiarci due parole pur sentendomi molto vicino a loro e molto addolorato per come erano trattate.
    Ogni mattina passava un dottore e mi chiedeva perché nessuno della mia famiglia venisse a portarmi dei cambi o a sentire come stavo e io rispondevo che ne avevano abbastanza di me e che era giusto così, lui sbuffava come a dire che palle e mo che ci faccio con questo matto?
    Ricordo il senso di abbandono la rabbia verso tutti e tutto e progettavo che quando sarei uscito sarei diventato egoista insensibile e avrei pensato solo a me stesso cancellando tutti dalla mia vita, quei giorni furono molto importanti per me senza saperlo stavo congelando i miei sentimenti e non sentivo più la mancanza delle persone che fino a qualche giorno prima erano così importanti per la mia vita, mi stordivano con endovene a base di valium e non cerano più sensi di colpa rabbia dolore mi sentivo sospeso come un albero senza radici, uno di quei giorni venne mia Moglie ma parlò con il dottore di turno semplice formalità disse ma in realtà voleva che il dottore mi preparasse alla separazione in quanto aveva paura che ritentassi il suicidio.
    No io non sarei più morto per suicidio prima dovevo capire, perché per me era così difficile vivere, pensavo a chi aveva una religione una fede alla fortuna di credere, purtroppo io non potevo credere in quel dio cosi assurdo e di comodo che si accontentava di filastrocche, di preghiere vuote e senza un senso logico, pensavo ai preti incontrati in gioventù a uno in particolare che parlava d’amore e giustizia e non trovava di meglio che farmi arrossire di vergogna prendendomi in giro davanti a tutta la classe, che dio poteva essere che mandava i sui ministri cosi meschini e anche maneschi con bambini incapaci di comprendere il perché di tanta violenza gratuita, eppure dentro non riuscivo a trasformare in odio e violenza la mia rabbia, qualcosa mi diceva che prima o poi avrei capito il perché di tanto disagio.
    Seguirono molti anni di solitudine e di ricerca, avevo chiuso tutti i rapporti con la mia famiglia e siccome quando cercavo di vedere i miei figli mi venivano negati e mi fu chiesto di non cercarli ovviamente per il loro bene e io ci sono cascato con tutte le scarpe e camionate di sensi di colpa uso questo termine perchè lavoro nell’edilizia e rende l’idea dalla quantità dei sensi di colpa patiti per anni nonostante cercai in tutti i modi di strapparmeli dal cuore, con un dolore durato mesi che solo chi a dei figli riesce a capire, nonostante tutto in questi 25 anni non è passato un giorno della mia vita che non abbia pensato a loro, non gli serbo nessun rancore per avermi ripudiato come padre e di non aver mai accettato un incontro anche solo per sapere chi sono, e chissà questo ancora non è detto, o forse è meglio che pensino che il padre è un verme come scuramente gli avranno detto, è più giustificabile staccarsi dalle persone se pensi che sono cattive e ti potrebbero far del male, e se questo davvero li fa sentire meglio va bene così, e poi oggi l’amore è dentro di me, e grazie a Dio so perfettamente chi sono ma questa è un’altra storia che racconterò in seguito.
    Nel 1998 incontrai la mia attuale moglie, dopo otto anni trascorsi senza relazioni fisse dopo la separazione dalla mia prima moglie avvenuta nel 1982, si ben otto lunghi anni mi servirono per riprendermi da quel fallimento, fu un incontro molto dolce lei si chiama Letizia stavamo a un congresso su l’alcoolismo nella città di Rimini io ero giunto dal Trentino dove vivevo e lei da Roma, passammo la notte a fare fotocopie e parlare di delusioni amorose e di morte ( a lei gli era morto un carissimo amico di recente) io volevo solo consolarla un po’ per dagli speranza che infondo la morte è parte della vita e se la vita è una cosa buona lo doveva essere per forza anche la morte, parlammo a lungo fino le quattro del mattino e poi esausti ci ritirammo ognuno nella sua stanza, ma ricordo mentre salivamo con l’ascensore dell’hotel dove eravamo alloggiati quel suo sguardo dolce comprensivo senza giudizio, infondo gli avevo subito confessato che la mia vita era stata un fallimento dopo l’altro, ma non vedevo diffidenza nel suo sguardo e mi dicevo che infondo non mi sembrava che fingesse, ci salutammo con una stretta di mano come due strani conoscenti, andai a letto ma prima di dormire ricordo il mio senso di disagio di non sentirmi all’altezza e mi chiedevo dove avevo preso il coraggio per parlare cosi a lungo con una sconosciuta della mia vita privata e provai un senso di pentimento per essermi così scoperto.
    Il giorno dopo ci salutammo e prima di partire gli consigliai di leggere un libro che parlava di un ragazzo morto che mi aveva molto colpito, ma infondeva una grande speranza che si potesse sentire anche dopo la morte l’amore delle persone care, gli chiesi di telefonarmi per dirmi se gli era piaciuto.
    In macchina tornando verso il trentino da solo pensai spesso a questo strano incontro ma lei era una principessa senza un passato così devastante come il mio e pensavo che meritava di meglio che un fallito come me e poi pensavo che era stata solo gentile nei miei confronti e che lo era di natura comprensiva visto che lavorava per un associazione che si occupava del recupero degli alcolizzati e così smisi di fantasticare e tornai alla mia vita di tutti i giorni.
    Il mattino seguente mi alzai per andare al lavoro era un mattino di maggio cera il sole le campane di una chiesa stavano suonando di buonora mi sentivo strano ma non imputavo questa stranezza con l’incontro a Rimini con Letizia, ma intuivo che qualcosa nella mia vita stava cambiando ma siccome non cera nulla di diverso che non ci fosse prima pensai a questa mia strana interiorità che tanti guai mi aveva procurato e mi costrinsi a non seguire questo sentire.
    Qualche giorno dopo stavo a casa era sera io vivevo in un mini appartamento arredato vicino alla stazione ferroviaria di Rovereto il telefono squilla era lei che sorpresa e chi se lo aspettava? Che solo dopo pochi giorni mi avrebbe chiamato? Lei mi parlo del libro e io ero senza parole dall’emozione ma trovai argomenti per tenerla al telefono a lungo, certo era stato bello ma ora come tenere a bada le emozioni il desiderio di sentirla ancora, la paura di soffrire, il disagio, il mio sentirmi così inferiore davanti a lei? Da quella telefonata ne seguirono altre finché ci demmo un appuntamento di li a un mese lei sarebbe salita a Rovereto a passare il fine settimana, fu un mese lungo pieno di telefonate di paure pazzesche e di sensazioni forti una parte di me mi diceva di fidarmi e un’altra di scappare, finche venne la notte del venerdì il mattino sarei dovuto andarla a prendere all’aeroporto di Villafranca a Verona, la notte stetti molto male mi Sali la febbre sudavo pensavo di non farcela ad affrontare questo incontro mi sentivo pieno di vergogna come se stessi rubando visto che lei era libera pensavo perché viene da uno così incasinato? È una bella donna potrebbe avere i normali non quelli come me miserabili fuori e dentro, alla fine non so come ma quando lei scese dall’aereo io ero li come una foglia al vento con la pressione sotto i tacchi mi aspettavo di svenire da un momento all’altro, lei mi sorrise mi corse incontro e mi abbraccio… Dio mio che emozione sono passati sedici anni e ancora mentre scrivo piango dall’emozione, penso che in tutta la mia vita era la prima volta che qualcuno mi abbracciava in quel modo, oggi lo so cosa mia moglie vide quella notte a Rimini, vide ciò che io non potevo vedere vide un uomo dolce incapace di far del male profondamente serio rispettoso e attento con dei sentimenti feriti ma dietro una grande fragilità il coraggio di mettersi in gioco, certo questo lo scoperto molto tempo dopo, ci siamo frequentati per circa un anno e poi decidemmo che io mi sarei trasferito a Roma…
    Ora detto così sembra il racconto di un fiaba ma per giustizia e rispetto della mia introversione bisogna dire che Rovereto è una città con allora ventimila abitanti e quasi tutti si conoscono e Roma è il gigante golia dove puoi anche girare ore solo per trovare un punto di riferimento per tornare a casa con l’ansia di un bambino che si è perso nel bosco, e la vergogna di telefonare alla tua donna per dirgli mi sono perso ti prego vienimi a prendere che ho una paura boia, e si cari amici sono stati tempi duri uscivo di casa la mattina e non sapevo mai se la sera sarei riuscito a tornare a casa e stavo tutto il giorno angosciato in attesa del ritorno, ora ce da dire che da buon introverso non ero a conoscenza delle enormi risorse donatemi dalla natura e che pur avendo dato prova di coraggio e di qualità nel lavoro e nei rapporti, io continuavo a sentirmi una nullità e chi mi dava credito meritava di essere servito e riverito solo per il fatto di essersi accorto che esistevo, ora capite bene come sono stato esposto allo sfruttamento in questi anni.
    Mia moglie devo dire che in questi anni mi a sempre sostenuto, e anche nelle crisi e nella depressione cercava di spingermi a farmi aiutare da qualcuno, perché non si spigava nonostante io fossi un buon padre ( con lei ho fatto altri due figli meravigliosi ) un buon marito un bravo lavoratore fra di noi non ci fosse nessuna intimità, oggi lo so il perché mi sentivo talmente inferiore nei suoi confronti che solo il pensiero di essere rifiutato mi dava il panico, ci sono voluti anni di analisi e poi il manuale su l’introversione per permettermi di capire la natura del mio disagio, oggi è tutta un altra musica, conservo nel mio cuore una dolce gratitudine per il dottor Anepeta perché penso che abbia fatto molto di più che una semplice analisi, ma che mi abbia donato uno strumento per interpretare non solo il presente ma soprattutto il passato, che visto da questa nuova consapevolezza, rivaluta le mie esperienze passate pacificando ogni situazione dando a Cesare quel che è di Cesare come si suol dire, oggi so che la mia personalità a delle caratteristiche ben precise e una di queste è il bisogno di conoscere me stesso e di migliorare, e ho scoperto che il processo di apprendimento avviene molto meglio se fatto in compagnia con persone che abbiano lo stesso desiderio, per questo a settembre la LIDI cercherà di formare dei gruppi di autoaiuto con lo scopo di far incontrare persone introverse, e attraverso la condivisione dell’esperienza introversa conoscere e migliorare le proprie capacità che vi assicuro quando si percepiscono anche se solo latenti fanno stare bene e in pace con se stessi e con il mondo, chi fosse interessato a questa iniziativa mi può scrivere ( [email protected] )
    Vi abbraccio tutti introversi e non.

    Io mi chiamo Renzo Marinoni e sono felice di essere introverso!
    Vi chiedo scusa per gli errori nel mio scrivere il mio passato come studente è stato un disastro i miei studi finiscono alla quinta elementare ma spero tanto che quello che ho scritto si capisca e soprattutto trasmetta il desiderio lo stimolo di comprendere noi stessi per vivere meglio


    Roma 22.06.2006














     
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  2. pvc
     
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    Caro Renzo grazie per avere scritto la tua storia, mi ha toccato profondamente. Anch'io ho avuto le mie difficoltà da bambino ma sono niente rispetto a quello che hai passato tu. Credo che far leggere questo testo a genitori e insegnanti possa far capire dove può portare la mancanza di comprensione per gli introversi. Bisogna lavorare per tenere alta l'autostima dei bambini introversi per permettergli di sostenere le difficoltà della scuola e per evitare che diventino preda dei bulli, che sembra amino molto gli introversi con scarsa stima di sé.

    Grazie ancora per avere scritto la tua storia, so quanto è difficile per un introverso "mettersi in piazza", lo si capisce da quanti leggono le poche presentazioni e quanti si presentano.

    Vittorio
     
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  3. lanepeta
     
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    Caro Renzo,
    la sua testimonianza, con il suo timbro di autenticità assoluta, è commovente e confortante. Di sicuro indurrà molte riflessioni in coloro che la leggeranno.
    E' evidente che se tutti gli introversi avessero raggiunto il suo livello di consapevolezza e di autorealizzazione, sarebbe stato inutile fondare la LIDI.
    So per certo che alcuni introversi, pure affascinati dall'iniziativa, non hanno avuto il coraggio di presentarsi all'Assemblea per la vergogna di essere identificati!
    La LIDI dovrà tenere conto della straordinaria diversità che esiste tra gli introversi nel valutare la propria condizione, e accettare le "debolezze" umane proponendosi di aiutare gli interessati a sormontarle.
    Penso che questa impresa richiederà molto tempo.
    Considerare l'introversione una benedizione, piuttosto che una condanna a soffrire e a vivere nell'ombra, è un obiettivo esaltante, ma che si realizzerà gradualmente solo scalzando il pregiudizio che attanaglia la mente di parecchi introversi.
    Grazie del buon esempio che dà a tutti.
    Luigi Anepeta
     
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  4. marinoni
     
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    Ciao Vittorio sono Renzo, grazie per aver risposto dandomi le tue impressioni, credo che per ogni introverso sia difficile vedere una benedizione nella propria introversione che invece è stata motivo di molto disagio per non dire di peggio, ma il primo passo per stabilire un rapporto con se stessi è l’accettazione è vero che in questi ultimi anni io ho lavorato molto costretto più dalla sofferenza che dalla buona volontà, ma mi piace pensare e lo anche sperimentato che la condivisione con persone che provano lo stesso disagio porta a sentirsi meglio creando il terreno per una nuova comprensione, mi dispiacerebbe fare la parte di chi sa tutto e usa la propria diversità per sentirsi realizzato e spero tanto che ognuno che ci frequenta trovi il coraggio di dire la sua con la massima tranquillità in quanto la cosa che a tutti noi sta a cuore non è tanto chi siamo da un punto di vista anagrafico, ma come possiamo stare meglio insieme per crescere nella conoscenza di noi stessi rispettando i tempi e i modi di tutti e penso che tutti noi sappiamo il dolore patito quando ci spingevano a trovare una soluzione al nostro strano modo di essere, e spero che non saremmo noi a spingere nessuno a uscire allo scoperto se non è ancora la sua ora, io sono arrivato qui dopo molti anni di ricerca e oggi penso davvero che la qualità della mia vita sia buona pur accettando l’ombra di sottofondo come dice il caro Anepeta e tutte le paure intrinseche nella mia natura, ma sento molta voglia di vivere di comunicare di amare e di sentirmi amato per quello che sono non per quello che vorrei essere.
    Ancora Grazie Vittorio e grazie anche a tutti coloro che non se la sentono di mettersi in piazza come dici tu, per me è importante che loro ci siano.
     
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  5. slicknick
     
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    Ciao Renzo, mi chiamo Domenico e ti ho visto nelle due occasioni d'incontro per la presentazione del libro di Anepeta ad alla prima riunione della Lidi. Non ho avuto modo di salutarti direttamente e colgo l'occasione ora. Intuii, come tutti, che avevi avuto una vita difficile. Sono felice ora per allora del tuo modo di essertela cavata e debbo complimentarmi con te per il profondo senso di umanità che hai raggiunto.
    Spero di poter rinnovare questi miei saluti di persona al prossimo incontro.
    Domenico
     
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  6. alanisluce
     
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    Caro renzo,
    nel ringraziarti per la tua testimonianza così carica di autentica consapevolezza, mi presento.
    Mi chiamo Tiziana.
    Ho avuto un percorso molto duro di assoluta alienità ed estraneità a me stessa tale che oggi non so descrivermi nel modo lucido in cui sei riuscito tu.
    Sono ancora pervasa totalmente da un dolore che non lesina rabbia e frustrazione, confondendo le acque e impedendo persino di guardare il sole.
    Nel mio passato di abuso di farmaci, di manie compulsive, di storie ripetitive di auto-flagellazione, ancora non sono immune dal miraggio di porre fine definitivamnte a tutto questo carosello di inutili sofferenze cagionate a me in primis e poi a tutti coloro che non sono ancora fuggiti...
    Tra lavade gastriche, corse in ospedale , sangue rosso dalle vene sono ancora qui nel tentativo di dare un senso anche atutto questo male...e trovare finalmente un pò di pace.

    La notte
    sopraggiunge
    tardiva
    a rapire
    l'ira
    di giorni
    bruciati
    nell'urgenza di pace

    Tra le macerie
    di sogni
    rubati
    fili scoperti
    intrecciano
    le sorti

    Lontano
    in un orizzonte
    sbiadito
    dischiudo
    le ali
    al sapore
    di libertà
    negata
    che
    lentamente
    avanza
    nell'ombra
    proibita
    che incede

    (T.S.)
    Ti lascio questi versi in segno della mia sincera ammirazione e per la vicinanza che sento tra le righe del tuo racconto.
    Spero di trovare la forza di capire, di andare avanti per sorridere , per gioire ancora..senza ricatti, senza mistificazioni...vivere.

    Tiziana
     
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  7. marinoni
     
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    Cara Tiziana
    Grazie per i bellissimi versi che mi ricordano il mio grande bisogno di libertà intrinseco a rabbia e dolore per questa vita così diversa da chi mi circonda, in questi anni il dolore la fatta da padrone e a quasi sempre vinto lui, ma è giunto il tempo che sia io ad usare il dolore per trasformare i miei pensieri in forza dirompente e come un guerriero che non vuole cedere se non davanti all’inevitabile ho smesso di piangermi a dosso ho accettato la mia vita piena di ombre ma anche di risorse valorizzando il dolore del passato come una scorta d’oro per il presente, scoprendo che da ogni ferita usciva oro zecchino per comprare il presente con forza e determinazione e compassione diventando finanche grato per essere giunto fino a qui quando il mondo non faceva altro che ricordarmi che ero un miserabile.
    Il mio cuore stamani è pieno d’amore e vorrebbe mostrarti ciò che non vedi, la grande forza che possiedi grazie alla sofferenza della tua vita, una vita senza sofferenza è piacevole ma una vita sofferta porta alla consapevolezza il più grande dono che l’uomo possa ottenere, nessuna storia umana forgia il sentire di esistere nell’eterno presente come la sofferenza, l’amore poi farà il resto ti donerà la calma nelle soste, la determinazione quando devi agire, un grande rispetto per te stessa e potrai scoprire che tutto il letame che ti sei sentita a dosso no ha sporcato la tua anima ma a contribuito a far nascere i fiori della vita, tutto è già dentro di te non sprecare tempo all’esterno ma cerca nel profondo perchè oltre a quella parte inconfessabile che non vuoi vedere per paura di soffrire ce quello che cerchi, la pace del cuore la capacità di sentire la realtà come non l’hai mai sentita, la gioia di mostrare le tue fragilità senza sentire l’odore della vergogna che come un serpente si insinua nel tuo cuore per sussurrarti bugie, vorrei che sentissi l'amore che sento in questo momento e che fosse come una dolce e live carezza con il potere di penetrarti e risvegliare le tue potenzialità latenti che non aspettano che di essere manifestate qui nell'eterno presente dolce creatura, la tua corazza si sta per frantumare e tu sarai libera di essere ciò che l'infinito vuole per te, sii felice perchè solo chi è felice vede la luce, sii semplice perché solo la semplicità porta all'innocenza, sii grata perchè solo la gratitudine produce gioia, sii te stessa più che puoi perchè è il dono più grande che possiedi, sii tenera con te stessa dolce premurosa donati tutta la comprensione che tu non hai avuto, accarezzati dolcemente e pensa che in tutto il pianeta non ne esiste un altra come te e immagina quanto il mondo sarebbe stato più povero se tu non fossi nata, e che ciò che porti in questo mondo è un espressione dell'Infinito presente che ti vuole sveglia e consapevole del tuo vero valore.
    Ti abbraccio forte forte Renzo
     
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  8. alanisluce
     
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    caro renzo,
    grazie per le tue corpose parole, per la tua commozione ed il tuo incitamento...
    sono ancora impantanata nelle sabbie di un dolore che ti sveste, che ti sfianca e tutto ricopre ....

    "Nuda"

    L'Azzurro
    conquista il cielo
    prigioniero
    di tepore
    e vivo
    colore

    Lo Sguardo
    come in attesa
    di risposte
    di mani gentili
    ad accarezzare
    il capo


    Fredda

    rimango

    Nuda

    nelle intenzioni


    a cercare
    il Senso
    di tanto
    Vuoto
    che
    d'Azzurro
    niente
    veste


    T.S.

    nell'attesa di un abbraccio di calore..di un raggio di sole che riporti la vita nelle mie iridi.....
    a presto

    Tiziana

     
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    A Tiziana, fanciulla dolente, e lucente…

    Le tue liriche sono molto intense, e benchè io non sia affatto una esperta o una addetta ai lavori, ritengo ci sia in esse una grande sapienza stilistica, grazie alla quale l’emozione si esprime con grande pudore, con una parola essenziale, asciutta, levigata, senza sbavature e indulgenze sentimentalistiche. Esse dicono di una creatura straziata dal dolore, a cui quasi si teme di dire parole di consolazione. Ma questi versi di J.L. Borges lo siano, con il loro lieve incanto. Ciao
    Rossana

    La cerva bianca

    Da che agreste ballata della verde
    Inghilterra,
    da quale miniatura persiana, da quale
    arcana regione
    delle notti e dei giorni che il nostro ieri
    racchiude,
    venne la cerva bianca che stamane
    sognai?
    Durò solo un secondo. La vidi attraversare
    il prato
    e perdersi nell’oro d’un meriggio illusorio.
    Lieve creatura fatta un po’ di memoria
    e un po’ d’oblio, cerva a un solo lato.
    I numi che reggono questo curioso
    mondo
    m’hanno permesso di sognarti, non
    d’esserti padrone:
    forse a una svolta del futuro profondo
    ti incontrerò di nuovo, bianca cerva del
    sogno.
    Sono anch’io un lucido sogno che dura
    poco più di quel sogno del prato e del
    candore

    Jorge Luis Borges

     
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  10. marinoni
     
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    Sentire


    Dolce è il ricordo della seta, di mani vellutate e giovani, che con far ardito esprimono forza e irruenza, dolce non sapere, beato non conoscere, quanto bello sarebbe stato, essere presente nelle carezze, in quei sguardi intensi e profondi, e pensare che se non ci fosse il ricordo tutto sarebbe andato perduto…….
    Ho ricordo dolce e caro compagno, che come le formiche conservi per la stagione morta, hai saputo archiviare anche i sapori e gli odori di un tempo che non è più.
    Beata nostalgia, beata malinconia, che conduci il sentire in tempi remoti in cerca di essere ciò che in quel tempo era sconosciuto, chi abitava la mia casa mi era sconosciuto, e il treno della vita correva a gran velocità, ma tu prendevi nota e archiviavi tutto ciò che non era possibile sentire.
    Rimani con me finche che vuoi, tienimi compagnia, in questa tenera solitudine di silente presenza.
    Bacia ogni sentiero, ogni strettoia, insieme arriveremmo sulla via che ci attende, e prima di entrare abbandoneremmo il sapere, il conoscere, in dolce attesa del sentire……….



    Con Amore Renzo

     
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  11. marinoni
     
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    Una pausa per ascoltarmi


    Vola l’anima in questo giorno di malinconia mista a gioia, il pensiero è sempre lo stesso, a che serve sentire questa cosa dentro che non si riesce a spiegare?

    Quale può essere il suo significato, se non un lento perpetuarsi di moti interiori di cui non puoi parlare con nessuno.

    E quanto è grande questo desiderio di provare a spiegare anche solo su carta, la gioia e la malinconia che trasborda, da un cuore che nonostante le innumerevoli delusioni della vita, non riesce a non essere innamorato.

    Che vorrebbe parlare anche solo per parlare, e forse timido e spaventato, sapendo che la direzione del mondo non va dove il sentire ti conduce.

    Amore mio se potessi vedere come vedo io potremmo stare in silenzio senza dirci nulla, e con lo sguardo costruire il nostro presente.
    Volare con il cuore gonfio di lacrime selle vette più alte, e con lo sguardo incantare le creature che abitano i boschi e le valli, e gridare al mondo tutta la rabbia e tutta la gioia.
    Mi hai piegato mondo, come una canna di bambù, il vento gelido a penetrato le mie membra, la nebbia notturna a rapito il mio pensiero, l’abbandono e la solitudine a abitato la mia casa, il bisogno di calore a consumato le mie mani che come un ceco accarezzavano la roccia viva, scambiandola per pelle bianca e tenera, hai ingannato il mio sguardo tenero e innocente con albe meravigliose e tempeste spaventose, mi hai permesso di riposare in te e mentre dormivo non hai vegliato il mio sonno, ma hai permesso al vento gelido dell’est di congelare le mie lacrime, solo la primavera mi portò i primi tiepidi raggi di sole e come un topo nascosto sotto il pavimento, intravidi tra le tavole logore dal tempo, filtrare un po’ di luce.
    È stato faticoso imparare a stare in piedi dentro questo corpo che mi conteneva, il desiderio di non essere più mi chiamava spesso, la nostalgia di una morte sognata, immaginata, fantasticata, chissà se la morte farà male come la vita, o se è frutto dei fantasmi della mente, e forse la morte non esiste davvero, un giorno il vento mi porterà via, sarà bello volare nel ricordo dell’innocenza del non sapere del non conoscere, ma se avrò paura speriamo che non mi senta codardo, ma come il giorno muore in silenzio bruciando ogni evento, cosi del mio sentire non resterà che il ricordo di un giorno di primavera e la dolcezza dell’amore che mi penetro, sgomento e pieno di brividi assisto impotente e arrendevole al perpetuo consumarsi dei giorni più belli della mia vita.

    Con Amore Renzo



    Una pausa per ascoltarmi


    Vola l’anima in questo giorno di malinconia mista a gioia, il pensiero è sempre lo stesso, a che serve sentire questa cosa dentro che non si riesce a spiegare?

    Quale può essere il suo significato, se non un lento perpetuarsi di moti interiori di cui non puoi parlare con nessuno.
     
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  12. marinoni
     
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    Grazie, per aver toccato con ali leggere il mio cuore.
    Grazie, per aver condiviso con me il tuo sentire.
    Grazie, per aver provato a trasmettermi di ciò di cui non puoi parlare con nessuno.
    Grazie, per aver guardato in alto, anche in questi giorni di pesantezza.
    Grazie, per avermi ricordato di guardare oltre, oltre l’apparenza, la materia ed il quotidiano.
    Grazie, per avermi richiamato alla mia natura, anche quando vorrei essere “altra”.
    Grazie, per avermi permesso di accoglierti, così come sei; questo permette anche a me di accogliere me stessa, così come sono.
    Grazie, per aver evocato la mia forza, che a volte temo non ci sia e a volte ho paura di riconoscere.
    Grazie, perché possiamo aiutarci ad imparare ad amare, giorno per giorno.


    Il bambino che sta dentro di noi potrà essere saziato d’amore e ci permetterà di essere finalmente “grandi”. Saremo manifestazione completa di corpo, mente, anima. Sicuri di non farci travolgere dalle nostre paure, fragilità e dai nostri condizionamenti.

    Saremo come il fiore di loto: non si fa sporcare dal fango sul quale cresce.

    Così noi, in piedi, potremo sentirci unici ed infiniti, nel mondo ma non sua creatura. Potremo sentirci parte dell’Universo, creature in cammino nella fase dell’apprendimento e dell’esperienza.

    La gratitudine trabocca dal mio animo per le opportunità di crescita: le mie mani possono e devono sporcarsi, la fatica mi potrà far rallentare, il dolore mi potrà piegare, la disperazione potrà presentarsi alla mia porta, ma niente di tutto ciò potrà intaccare la mia essenza, se avrò la forza ed il coraggio, in piedi dentro me stessa, di vedere ed attraversare i miei abissi più bui.

    Ti voglio bene. Licia
     
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  13. alanisluce
     
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    leggo e rileggo levostre parole...cerco di carpirne la forza,il vigore...ma sono qui...senza altre parole...senza quella forza...
    solo il vigore ed il livore di una nuova vergogna...di mille passi indietro...della visione lontana di una luce che non si avvicina...
    comeda una spirale a cui non so sottrarmi...come da un amore a cui so solo sottrarmi...
    non provo altro che vicinanza al vuoto che resta e avanza...non c'è com-passione,non c'è con-divisione
    non sento il contatto con un calore che possa scaldarmi...non sento me...
    e questo gelo mi imbriglia nella ripetizione di comportamenti inaccettabili...da tutti...
    vorrei avere altre parole...altre energie..
     
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  14. alanisluce
     
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    ....................
    "Il viso
    lascia il peso
    su palmi aperti
    a disperdere
    il calore

    nella scia
    di un chiarore
    che sa solo
    ricordare

    vinta
    da un gelo
    che sbaraglia
    la memoria

    ...."

    Tiziana
     
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  15. marinoni
     
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    Sembra dolce anche il soffrire, le parole pensate, masticate sembrano tirate fuori da una carne che duole.
    Come vorrei essere una pausa, un guanciale caldo, un piccolo sorriso, un tenero fiore, uno sguardo semplice, una lacrima che incanti in un giorno di silenzio.
    Sono qui seduto sul bordo del silenzio, penso al moto perpetuo della vita, al sole che si presenta in orario tutti i giorni, al senso di impotenza della comunicazione, alla difficoltà del dire, alla vergogna di mostrarmi nudo per paura del giudizio.


    Con Amore Renzo
     
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16 replies since 23/6/2006, 05:39   1140 views
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