Benedetta introversione

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  1. marinoni
     
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    Giorno dopo giorno, ogni giorno, comprendo che non so niente dell'Amore, che non lo conosco, eppure è la parola forse più usata nel mondo e quindi, spesso, a sproposito.

    Pensavo ci fossero vari tipi di amore.

    Pensavo che l'amore fosse dei genitori per i figli, dei figli per i genitori, ma che razza d'amore è quello?
    Nasce da un vincolo di sangue, a volte solo dal dovere, dal pensare che è normale, scontato e quindi necessario, provarlo.

    Pensavo che l'amore fosse quello degli uomini per le donne e quello che le donne provano per gli uomini. Quello che ti fa star male, quello che non ti fa star solo.

    Pensavo che all'amore si potesse mettere delle etichette.

    Ma ora, ora che in me non lo sento, ora che so che non lo conosco, dov'è?

    Forse solo in questo cielo, in questa luce della sera.
    Forse quando sento che il mio respiro diventa uno con quel respiro infinito del Tutto, dell'Universo, di ciò che non trascende.

    Forse semplicemente quando sono, quando guardo gli abissi bui che sono in me, quelli dove non voglio che la luce penetri, quelli che solo un altro sembra poter spalancare per me.

    Allora forse, quando sono... semplicemente, allora un vago sapore tenero e dolce mi accoglie.

    Licia
     
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  2. licia17
     
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    E’ quasi mezzanotte, ho parcheggiato l’automobile, sto tornando a casa.
    Mi fermo ad osservare, con il capo rivolto verso l’alto, il cielo scuro e stellato, mi sento toccare, come sempre, da questa meraviglia, spettacolo che si è ripetuto milioni di volte, anche per me. Eppure mi emoziona ancora, sempre.
    Rivolgo una muta preghiera all’universo, che mi ricorda di essere piccola cosa, ma comunque importante e parte del Tutto, respiro nel respiro, cellula in un organismo multicellulare infinito.
    Cammino verso casa, mancano pochi metri, alcuni alberi fiancheggiano il marciapiede ed ecco qualcosa di inaspettato: un usignolo sta cantando, un altro gli fa eco.
    Il silenzio è profondo, sono in mezzo alle case, ma mi sento lontana dal mondo ed in un tempo senza tempo.
    Lì, in mezzo al marciapiede, pochi passi da casa, rimango per un attimo come sospesa, poi arrivano le lacrime, lascio che scorrano, aumentano, ascolto e riprendo a camminare… un altro usignolo… altri alberi, sotto casa.
    Entro nel cortile e l’emozione diventa singhiozzo nel pianto, quando arrivo alle scale mi rendo conto di quante volte in passato le ho salite piangendo, in mezzo alla disperazione, quante volte ho sperato che qualcuno poi asciugasse le mie lacrime o almeno le potesse vedere, quante volte pregavo perché qualcosa cambiasse, come per magia.
    Avrei voluto entrare in casa e per una volta tanto non dover far finta di niente, magari ascoltare una parola d’accoglienza, trovare la presenza di un essere umano che condividesse il mio sentire.
    Non era mai così… dovevo essere “forte”, la sofferenza dell’altro era maggiore della mia, ammesso che “l’altro” fosse in grado di “vedermi”.
    Quante volte era solo il cane, che avevo appena portato a passeggiare, ad esplorare il mio viso.
    Se ero sicura che nessuno mi sentisse, magari chiusa in bagno o quando la casa era vuota, potevo abbandonarmi alla disperazione, implorando che quello che provavo non fosse più ciò che era. In terra, piegata in due, come una bambina ferita ed abbandonata, non volevo sentire più nulla.
    Fu così, per lungo tempo rafforzai un muro che tenesse fuori tutte le sensazioni, tutte le emozioni, naturalmente non funzionava, il dolore, la disperazione, l’angoscia continuavo a viverle, ma in compenso non sentivo amore, gioia, speranza. Se provavo il cosiddetto amore che una moglie prova per il marito, la sua sofferenza mi invadeva, in una sensazione empatica devastante, avevo potuto scegliere… sentire solo la mia sofferenza per una situazione insopportabile ed ingestibile da sola.
    Ci volle un sacco di tempo per uscirne, ma la svolta avvenne molto prima, avvenne quando, quasi per una sorta di illuminazione, chiusa in bagno, mi resi conto che “ma io esisto lo stesso, io esisto comunque”. Il pensiero fu folgorante ed ora posso completarlo: ESISTO anche se intorno a me tutto sta andando a pezzi, anche se la persona con la quale ho deciso di dividere la mia vita dovesse non essere più accanto a me, dovesse suicidarsi, dovesse dipendere per sempre dagli psicofarmaci, non dovesse più alzarsi dal letto... ed anche ora, quando vorrei non essere più, quando il desiderio di essere "altrove" sembra più forte di tutto il resto, io ESISTO.
    Questa sera, salendo le scale, le sensazioni erano molto forti, quasi identiche a quelle di anni fa, ma oggi salivo con un profondo senso di gratitudine, di consapevolezza, non importa se nessuno mi accoglie, se qualcuno può oppure no guardare il mio viso sofferente, bagnato di pianto.
    Questa sera mi accolgo io stessa, mi accolgono tutte le mie sensazioni, le mie emozioni, nessuna esclusa: sono mie, me le voglio tenere, vivere, sentire.
    Mi ripromisi molto tempo fa che è molto meglio sentire il dolore, la disperazione, piuttosto che non sentire nulla… mai più lascerò fuori dal mio animo qualcosa che posso accettare perché umano.
    Accadrà ancora che seduta in terra piangerò e mi sentirò senza fiato per la sofferenza, ma sarà solo per un po’, solo perché mi permetterò di sentire.
    Ci saranno ancora cieli stellati, usignoli notturni, silenzi della notte e la mia anima, intatta, ricolma di gratitudine, che reclamerà il suo diritto ad essere anche forte e pronta a lottare, per il suo sentire ed il suo bisogno di manifestarsi in pienezza e verità.
    Licia
     
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16 replies since 23/6/2006, 05:39   1140 views
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