Video della conferenza "Mistificazione: trucchi, trappole e trabocchetti della mente"

23 maggio 2009

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    Come anticipato nel post La LIDI su Youtube, ... visionate... ma nel contempo partecipate!, pubblico anche sul Forum il video integrale della conferenza sulla mistificazione tenuta dal dott. Anepeta il 23 maggio 2009 presso la sede della LIDI.

    Il video è suddiviso in 10 parti, cliccate sulle frecce destra e sinistra per passare dall'una all'altra. Buona visione!


     
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  2. francescoburich
     
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    Ho avuto il piacere e la fortuna di poter assistere a tutte le conferenze su "Darwin" donateci dal Proff. Anepeta, in un ambiente sereno e partecipe. Grazie infinite...e grazie anche a te sonia per darci la possibilità di poterlo riascoltare e rielaborare.
    Cordiali saluti
     
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  3. francescoburich
     
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    Un aspetto che mi ha profondamente colpito (e reso pesantemente ansioso) sono le 2 possibili combinazioni dell'evoluzione: il "catastrofismo" e il "gradualismo".........
    buona giornata
     
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  4. francescoburich
     
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    Sono giunto all'età inaspettata di 40anni entro i quali ricordo solo la vita drammatica a cui ho pagato l'essere venuto al mondo. Da principio, il mondo l'ho amato e lo desiderato nella "speranza"perpetuante che tra me ed Egli, vi fosse una sana e reciproca comprensione. M ann sono mai stato una persona rilassata, ho lottato come un disperato per imparare ad esserlo, ma soggiunti i 40anni mi è caduto il mondo adosso. Quante bugie, quante falsità compromettevoli pur di ricavarmi uno spazio audace nella società che nn è la mia. Tutto per un nulla, per sconatre nel mio cuore pesanti e incessanti sensi di colpa che nn sono, purtroppo, riuscito a spormontare. La vita, per come l'appartenenza sottesa ad un codice invisibile, ma funzionante quanto e più della banca dati dell'economia mondiale, ha esattamente lo scopo fittizio del dare un "senso" alla vita stessa, alle sue abitudini, alle sue manie che rendono giorno dopo giorno tutti noi, e i più fragili ancor di più, esseri insensati. Sin da bambino mi dicevano che ero un "sognatore", respingendo la realtà nei suoi vari aspetti. con il tempo, la mancanza di rilassatezza pressocchè costante ha dato luogo, senzza che mme ne rendesssi minimametnte coonto a una struttura di tipo ossivo che si è radicada dentro me e cjhe mi porterò finchè il "Buon Dio " nn mi chiamerà tra le sue braccia. Ma oggi comprendo un po' di più di quanto sono stato trattato male senz ache in verità lo meritassi. La possibbilità di divenire un'uomo normale e accettato è svilita man mano che diventassi più adulto nel farmi carico di alcune intiuizioni che mi hanno sempre pressato la mente fino a sfinirmi e a farmi sentire un senso d'abbamndono, d'isolamento perpetuante e malifico. Essere un'introverso oppositivo è l'ennesima condanna che la natura stessa mi pone dentro me e mi costringe a scelte pericolose, inesatte, e nn comprensibili nell'immediatezza. NN sono mai riuscito a darmi una defoinizione di uomo, ho raccolto dati su dati a riguardo della mia esistenza, e sono soggiunto a intuire che sin da quando ero bambino, uscendo ìfuori dalle verrgognose bambagie che la cultura educativa racconta...nella realtà dei fatti il mio istinto nn tangibile, ma decisamente efficace mi ha conseganto un sentire verso di me più onesto. Sono e rimmarrò un'uomo complesso e ambivalente fino a quando lo scarto tra me e la percezione del "senso" nn divverrà che una sottigliezza...forse allora mi sarà possibile sentire di aver agito sempre ecomunque per l'onesta che mi contraddistingue un'animo lacerato, ma dove, le scorie di un mondo falso e falsificato nn avrà più alcuno accesso. Ciao Francesco
     
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  5. francescoburich
     
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    La struttura-ossessiva fa sempre riferimentoa una condizione perpetuante del pensiero che si realizza su di un registro alienato. Ma se vi è, causa la natura stessa, un'incoerenza intrinseca in ogni "organo", altrettanto la cultura posticcia ha confluito ancor di più, se nn in maniera dilaniante lo stesso apparato mentale di per sè compromesso. Vivere la proria singolare esistenza per dare un "senso"alla vita stessa, senza dubbio, pregiudica inevitabilmente la possibilità di poter divenire con se stessi più autentici e più belli. Un tempo, dotatoci dalla Natura di una dote comune, ma nn troppo rispetto agli altri animali decisamente inferiori a noi umani, e mi riferisco agli istinti che un tempo hanno così salvato e reso l'uomo partecipe vivamente rispetto all'immensa natura e ai suoi splendidi contorni variopinti. Ma la cultura stessa, la cultira con la c minuscola, la cultura posticcia a cui facevo riferimento prima, sono la causa principale delle tante forme di disparità e di disuguaglianza che lacerano la stamaggioranza delle anime del passato, di adesso edi coloro che verranno. Di riflesso, mi viene da sentire quanto ho avuto bisogno delal struttura-ossessiva, che inconsciamente, nonostante la sofferenza immensa a cui mi sottopone, va comunque a sopperire a una sofferenza ancora più forte e meno marginale. Meglio un carcere penitenziario (la struttura-ossessiva) piuttosto che un'espansione sensoriale alla quale ogni uomo viene condannato amorte. All'interno di un penitenziario, anche il più angusto che vi sia, nn ha alcun potere verso l'animo umano. Può trattenere a se il corpo, scalfirlo, maltrattarlo, renderlo inerme, ma lo spirito che vi è all'interno di ogni animo rimane indelebilmente "libero".
     
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  6. francescoburich
     
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    L'uomo nn è un animale semplice da comprendere, ne è un'animale che si adatta facilmente ai costumi. Di per se è definito un'animale "pigro", ma la pigrezza nn fa che riferimento alla vita di tutti i giorni entro il quale ci si adatta al vivere comunitaristico, accettando le regole, accettando le comprensioni e le incomprenxsioni che si stabiliscono all'interno dei legami e della loro versatilità. Ma le leggi, quelle no. Sono il divieto di essere e di poter esprimere quelloc he uno è realmente, senz adoiversene vergognare, sensa dover pagare il dazio che vige tra lo scarto incomparabile che vi è tra coscienza e inconscio. Essendo una specie precaria, l'uomo ha dovuto dalla sua comparsa (circa 150 mila anni fa) cooperare l'uno verso l'altro, per nn soccombere alle avversità che la "grande natura" ci ha proposto nel suo menù. Privileggiando il bisogno d'appartenenza, la soggettività era sicuramente di meno, e l'Io era senza dubbio catturato dai "particolari"in minor misura rispetto all'epoca post-moderna che apre le sue danze con la venuta dell'epoca borghese. M ae anche vero che il bisogno d'appartenenza stesso poneva l'uomo a una diversificazione e a un riconoscimento del proproio e singolare quadro interiore che si riduceva ai minimi termini, e coloro che nn potevano e si contarevano per il bisogno di esplicitare il proprio essere, era ritenuto un eretico in quanto andava a negare la "verità" epocale che la storia stessa ci ha messo, direttamente o indirettamente, davantoi a noi. Poi che la verità fosse una delle tante falsità con cui il mondo si è sorretto sino ad oggi, facendo passare i più sapienti. i più istintivi, come coloro che nn avendo la pragmaticità che è l'ago della bilancia che contraddistingue l'essere intelligenti e-o l'essere dei semplici mediocri. Il dazio profondo che ogni uomo deve scontare per il semplice fatto di nn riuscire, nonostante gli sforzi, ad accettare il mondo per come è fatto. UN tempo, nella mia vita mi riconoscevo come una persona allegra, felice, variopinta nelle espressioni facciali che lasciavano trasparire una umanità più fluida. Oggi nel mio volto nn vi è aklcuna traccia di rilassatezza, il mio carattere è divenuto sempre più complesso e talvolta scorbutico verso il mondo che mi circonda. Mi sento bene tar gli mmalati, tra gli handicappati, tra gli emarginati nel loro inetriore, e nn nei soli che lo vogliono essere percorrendo il loro sentiero di vita. Vi sono persone che amano l'essere anafettivo atraverso una soglia di coscienza (alienata e senza dubbio sottile) ma che nn fa sempre riferimento a uno star male. male si sta quando nn riesci a condividere il mondo interiore esplorandolo con mondi interoiore che hanno una qualche affinità nell'animo. E sono tanto pentito, tanto amareggaito con me-medesimo per essermi prodstituito per così lunghi hanni, addirittura vantandomi di ciò che ero e di cio che proponevo a me e agli altri.
     
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  7. francescoburich
     
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    un po' tutti gli esperti che si studiano l'uomo, sono più o meno d'accordo che durante i 9 mesi in cui il bimbo in gestazione si nutre e respira attraverso i vasi sanguigni della propria madre, sembra che già percepisca una qualche flusso emozionale. Cio dovrebbe stabilire il primato dell'emozioni rispetto agli aspetti cognitivi, e con ciò, sembra che stia tramontando definitivamente il percorso della "psicologia congitivista". Un tempo...furono fatti da parte di uomini-ricercatori degli esperimenti che attestarono quanto scrivo: furono messe due gabbie una accanto all'altra e in una fu messo dentro uno scimpanzè (credo il padre) e nell'altra gabbia vi erano la madre e i cuccioli(i figli). Nella gabbia dove era contenuto il padre, furono applicati delle scariche elettriche che contraevano pesantemente la scimmia. Le scariche furono ripetute più volte e poi interrotte. Dopo un po, nella gabbia accanto dove vi erano i cuccioli e la madre dei cuccioli, fu messo del cibo. i cuccioli spaventatissimi e attaccati alla madre, e anche la madre stessa, nn toccarono il cibo neanche se uno li avesse costretti...Da dove parte il rifiuto del cibo?? Da una solidarietà, da un forma di empatia che fa riferimento al sentire la sofferenza altrui, come si trattasse della propria. Successivamente fu aftto un esperimento simile ad un uomo al quale, legato braccia e gambe, fu simulata una sedia elettrica. I partecipanti, rimasti assai perplessi...presero e se ne andarono. L'emozioni, sono a mio avviso il nodo veicolante delle esperienze tra specie animali viventi. Esse producono sentimenti variopinti che vanno dalla rabbia, alla felicità, all'amore, al dolore, alla vergogna, al risentimento e via dicendo, ma configurata su orientamenti diversi tra animali e esseree umano. Diceva il Proff. che la presenza dell'IO e il riconoscimento di Esso, nn può nn essere dovuto al riconoscimento, come impatto, di un qualcosa simile che è esterno a noi. Altrimenti, forse, nn saremmo arrivati al riconoscimento delle funzioni inconscie. Tale impatto, per migliaia di hanni, prima ancora che la psicologia prendesse piede, questi automatismi nn erano esplicitati scentificamente parlando, ma erano agiti in nome dell'altro che poi era anche sè stesso, e viceversa...Di riflesso questa è l'empatia. Avendo il "dono" di sviluppo intrinseco dell'organo del cervello, in un tempo lunghissimo rispetto ad altri animali (23 anni che vanno a contrastare i 6 mesi in cui la grandezza del cervello di un animale è pressacchè esaurita), va a pregnarsi di simboli che determinano un'aspetto ridondante"delle emozioni stesse. Basti pensare ad un esempio banale, ama sufficientemente logico...un animale monta...il momento che ne sente il bisogno sessuale. Ma nn scieglie la compagna con la quale fare del sesso. Quanado ha finito, ogniuno torna nei prori pascoli...Per l'essere umano ovviamente è differente.
    Un'altro esempio banale ma sufficiemntem,ente logico: L'animale preda il momento che ha fame, e la fame morde.... L'uomo uccide. Uccide per mangiare, poi uccide per fare cassetta...(oggi ci sono più supermercati che case), poi uccide per passione (la stramaggioranza dei delitti sono dovuti ai sentimenti amorosi ), poi uccide per ideologia, poi uccide per detenere il potere. Insomma..dovremmo cercare di comprendere che se nn s'impara a mettere al primo posto l'emozioni e poterle comprendere meglio ed equilibrare rispetto nn ai bisogni, ma bensì rispetto ai "diritti" di ogni essere umano, che fosse e venisse rispettato come sento che venga rispettato il mio, il mondo forse andrebbe su di un'altra direzione....
     
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  8. ldaniela
     
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    infatti nn vedo l'ora che esca l'ultimo saggio del doc "il mostro di belle speranze" di cui c'è un assaggio su nilalienum. l'educazione al riconoscimento e all'espressione consapevole delle emozioni, secondo me, è molto importante, perchè, nonostante la cultura ci abbia insegnato a sopprimerle valorizzando aspetti della vita molto superficiali che ci distraggono, agendole così in modo anarchico, le emozioni rimangono il motore della nostra esistenza...
    resamene conto anch'io da poco, mi sono trovata a rimboccarmi le maniche a fatica leggere libri di letteratura in cui queste sono espresse, filosofia per conoscere pensieri che aiutano e saggi del doc dove finalmente ho scoperto che nn ero tutta quella mostruosità che mi avevano attribuita bempensanti un po' ignoranti. i miei eccessi nn sono così terrrificanti e le mie emozioni sono parte di me da esprimere con orgoglio. per me perchè mi sento viva e per gli altri che possono rendersi conto che la follia della perfezione è in realtà una grande mistificazione della cultura...
    sulla newsboard ho proposto di pubblicare una raccolta di nostri vissuti emotivi commentati, se è possibile, dal doc. da pubblicare e diffondere nell'ambiente dei bambini e dei giovani introversi e non, affinchè possano imparare dai nostri tentativi...spesso approssimativi ma tanto tanto umani di difesa da tutto quello che il nostro vissuto ed il mondo ci hanno proposto...
    raccontare a ragazzi indotti alla logica della follia sociale come persone fragili e vulnerabili come noi si siano smarrite ed in parte, forse, ritrovate in un lavoro di ricerca che durerà tutta la vita, secondo me li rende più aperti al dialogo e meno spaventati...
    se solo qualcuno allora mi avesse accolta senza spaventarsi o senza tentare di violentarmi normalizzandomi..

    Edited by ldaniela - 22/6/2009, 17:30
     
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  9. francescoburich
     
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    Si c'è una forma di analfabetismo emozionale che fa spavento. ma poi..nello stesso tempo..l'emotività nella attuale società, nn è una carta di credito a favore, ma bensì un discredito. Le "carriere", da quelle sociali a quelle impregnate nel lavoro a quelle interpersonali, autoescludono matematicamente l'essere emotivo. E che uno dovrebbe imparare ad equilibrarsi, solo che se nn si è capaci o nn lo si è mai imparati, il rischio di debordare è ernorme. Arrivati a un punto della proria esistenza, tutto diventa più difficile...uno è una vita che vive in un modo e cambiare autenticamente è quasi impossibile. ma ai giovani d'oggi andrebbe cancellata dalla testa tutto cio che fa riferimento al "devo" e sostituirlo con il "sento"....
     
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  10. francescoburich
     
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    Ricordo il macabro delitto che ha tolto dal mondo il piccolo Tommy. Rimasi molto colpito dagli aspetti psico-dinamici che portarono i due balordi a fare il peggio del peggio. Quando i due erano sulla motoretta e tenevano in mezzo il piccolo, videro dall'altra parte della carreggiata le luci della polizia. Probabilmente in quel momento hanno sentito un'emozione forte che forse si riferiva alla vergogna di cui si sentivano strozzati...dal giudizio universale che tutto il resto dell'italiani gli avrebbero affibbiato senza alcuna pietà, forse si saranno sentiti dei maledetti porci abusatori dei più fragili, quindi dei bimbi. Se avessero lasciato scorrere l'emozioni che provavano e che sicuramente li avrebbe fatti soffrire e vergognare come due ladri...bè, mi viene da pensare che avrebbero abbandonato il bimbo in mezzo ai boschi, dietro qualche macchina, in riva al lago...ma oggi sarebbe ancora vivo e loro avrebbero scontato la giusta pena. L'amputazione dell'aspetto emozionale, è coinciso con l'eliminazione del soggetto in causa. Molto spesso gli aspetti più abberanti che compiamo noi esseri umani, fanno riferimento a quel qualcosa di noi stessi che ci fa vergognare. Spesso mi succede che mi vergogno solamente per aver pensato un qualcosa, un sentimento che nn avevo mai sperimentato. Mi succede per esempio che mi trovo coinvolto in un sentimento e in quel momento, senza volerlo, ascolto di me solo un'aspetto, il più delle volte quelloc he mi fa stare bene. ma se elimino quello che mi fa stare meno bene, o addirittura male, solo perchè me ne vergogno oppure perchè va ad ostruire il "senso" dell'aspetto che mi fa stare bene, succede che lo stare bene nn emerge mai definitivamente. Emerge solo a livello di potenziale esplosivo, che in genere..produce momenti di esaltazione e cambi repentini che mi dirigono in forti depressioni.
     
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  11. francescoburich
     
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    Nell'ambito degli introversi, il problema delle "emozioni" diviene ancora più consistente. Parto da un presupposto che fa riferimento a statistiche dell' OMS che rivelano un dato agghiacciante di un numero di circa 5 milioni di bambini sotto i 12 anni che vivono nelle tre-quattro principali città degli Stati Uniti. Considerando che 4 citta americane hanno un potenziale di popolazione di circa 50milioni, la percentuale di bambini che soffrono dell'HDAP (mi sembra che sia questa la sigla) che comunque fa riferimento ad una iper-attività motoria, è del 10 per cento circa. Questi bimbi, vengono sottoposti di già a delle cure "normalizzanti" a base di neurolettici. Si può ritenere, facendo un calcolo matematico che, i farmaci essendo degli inibitori, delle camicie di forza convenzionali, quindi che nn danno alcun risultato di guarigione...bè, se solo un 1 per cento di questi bambini divenissero potenzialmente delle persone socialmente pericolose, gli americani si troverebbero dentro casa circa un milone di persone che possono uccidere, violentare, far saltare qualcosa per'aria, delinquenti quindi.. Ma ciò nonostante, l'emozioni, per riagganciarmi a cio che dicevo prima, nn solo nn vengono riconosciute come il motore trainante (citazione di daniela), ma soprattutto come un cattivo costume da presentare... Darwin, pensava che gli aspetti emotivi tra gli esseri viventi fossero simili, e in parte lo sono, ma, il cervello avendo di per sè quella "plasticità" che carratterizza l'uomo, gli aspetti emozionali sono un potenziale ridondante. Il cervello è pregno di simboli che per migliaia di anni sono stati utili agli esseri umani e che da una parte servivano per esorcizzare le paure (i lampi per esempio e l'arcobaleno dall'altro....il primo mette in moto la percezione di un qualcosa che si abbatte...il secondo del ritorno alla vita "nei sogni viene rappresentato come sormonto al colore nero", del fatto che la burriana è passata) Poi...se uno nn interpretasse, scoprirebbe che i lampi vengono da... e l'arcobaleno viene da.... (francamente nn lo so)
    Un tempo, attraverso l'attività onnirica che nn era conoscxiuata ma agiva lo stesso, se uno per esempio sognava un defunto, inizialmente gli piava un colpo....e poi lo interpretava in un qualche modo (la riccorrenza dei defunti che tutt'oggi si pratica). Ma in realtà è l'emozione che si lega al sentimento e emana il flusso che si riconduce al cervello, alla parte che contiene l'archivio delle memorie lunghe, appunto quelle legate alle emozioni. Quando per esempio sogniamo, sognamo qualcosa che si rappresenta sotto forma di un simbolo (il mare, il vento, un colore ben preciso, un luogo, nn so e tante altre cose, che ci appaiono e che noi interpretiamo a "getto") Mamma mia che brutto sogno che ho fatto?? O Dio che incubo che ho fatto?? Da una parte la "simbologia" è stata indispensabile per riuscirea capirci...
     
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  12. francescoburich
     
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    Altrimenti sarebbe stato impossibile che le persone trovassero un qualche punto in comune...ma poi, con il prodotto della cultura, il cervello si è impregnato di simboli. Gli introversi, per il gene che li determina, sono al culmine dell'inibizione. In quel 10 per cento che citavo prima, nel mostro che in austria ha fatto quel che ha fatto, la stamaggioranza è degli introversi. Quindi di potenziali "Angeli" che la società post-moderna li ha veicolati e li veicola, all'interno del codice normalizzante che prevede tutto quello che è stato detto e ridetto: la cinicità, quindi essere dei spietati calcolatori...e dare sempre un "senso" atutto quelloc he uno fa. Da alcuni anni, tanti amici e colleghi di lavoro vedendomi sempre scrivere, studiare (a modo mio le scienze umanistiche) mi dicono d'iscrivermi all'università. Io sorrido e dico...mo ci penso... Ma dentro di me so che se m'iscrivessi all'università e din particolare a studiare psicologia, mi nascerebbe dentro un rifiuto talmente violento che nn aprirei più un libro. Con cio, per concludere le mie personali convinzioni sulle tematiche che il Proff ci ha offerto riguardo al "Grande Darwin" e che lui senza dubbio era un'uomo intelligente. Ma se nn avesse avuto, sentito, quel bisogno intrinseco d'esplorare il mondo, imbattendosi alle volontà del padre che gli dava del fallito, al rompimento di coglioni a cui i preti lo avranno sottoposto durante la sua malinconica esperienza monesteriale, e se nn si fosse imbarcato per quei meravigliosi 5 anni all'avventura...oggi l'umanità nn avrebbe la possibilità di stabilire alcuni "primati" che hanno la provenienza dei geni come lui, ci sarebbe pressocchè impossibile liberare il cervello da scorie prodotte dalla cultura posticcia, e Noi della Lidi nnavremmo la fortuna di vivere momenti intensi di riflessione, insieme al Nostro Maestro :rolleyes:
    Questa è stata la mia particolare esperienza che ho vissuto nel viaggio su Darwin...
     
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  13. ldaniela
     
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    CITAZIONE
    Spesso mi succede che mi vergogno solamente per aver pensato un qualcosa, un sentimento che nn avevo mai sperimentato. Mi succede per esempio che mi trovo coinvolto in un sentimento e in quel momento, senza volerlo, ascolto di me solo un'aspetto, il più delle volte quelloc he mi fa stare bene. ma se elimino quello che mi fa stare meno bene, o addirittura male, solo perchè me ne vergogno oppure perchè va ad ostruire il "senso" dell'aspetto che mi fa stare bene, succede che lo stare bene nn emerge mai definitivamente. Emerge solo a livello di potenziale esplosivo, che in genere..produce momenti di esaltazione e cambi repentini che mi dirigono in forti depressioni.

    questo mi interessa perchè capita anche a me quindi cerco di capire con te: a volte capita che arrivi qualcosa che mi vorrebbe guidare in una direzione differente da quello che vorrei realizzare e questo mi succede soprattutto nei rapporti umani.
    mi sento un tumulto dentro che io non riesco a gestire nè a comprendere ed esce tranquillo facendo di me e del mio rapporto ciò che vuole ma differentemente da te io nn riesco a fermarlo, è la mia fragilità? sono le emozioni che ancora nn conosco o quelle che inevitabilmente ogni sacrosanta volta rovinano i miei rapporti anche quelli a cui tengo di più?
    infatti, dopo, mi accorgo che quell'emozione feriva la persona in questione quindi, siccome allontanando da me un rapporto a cui tengo faccio si del male all'Altro ma soprattutto a me stessa, ho capito che è la punizione che mi infliggo, quella vecchia convinzione che io nn sono meritevole di un bellissimo rapporto umano. ecco fatto! a questo punto, per farla breve, e per dirla tutta a tutto il forum, quando mi rendo conto del meccanismo subdolo di autopunizione ed essendo a questo punto depressa ed essere arrivata a piangere, comprendendo il valore che sto mettendo in gioco e a cui tengo, mi armo di coraggio e chiedo scusa raccontandomi e offro la mia precarietà sperando di venir compresa...beh! certo che i santi in terra nn ci sono e temo anche che mi si mandi gentilmente in quel sito, il rischio c'è. ma davanti a tanta sincerità ed umanità forse crollano anche le rocce più forti...e comunque dopo aver pianto e valutato il rischio corso di certo riesco a gestire meglio quel tipo di emozione che si era intrufolata cambiando aspetto ma col solito veccchio scopo di tener lontane le persone a cui tengo. secondo me, quindi, prima di capire i meccanismi che scattano dietro alle emozioni abbiamo necessità che esse scorrano, abbiamo necessità di agirle per elaborarle, purtroppo "sbagliando" dove errore è rischiare di nn ottenere quello che si è prefissati ma correre il rischio di deviare una circostanza a favore della propria conoscenza. nascondersi secondo me, almeno per le sensazioni che avverto io nel rapporto, serve davvero a peggiorare, nella mia fantasia, ciò che mi si sta nascondendo che se naturalmente palesato rende chiarezza alle sensazioni che nella metacomunicazione percepisco e che mi sviano da quello che vedo...
    nn so se mi sono espressa chiaramente, ma ho parlato delle mie sensazioni..

    Edited by ldaniela - 23/6/2009, 15:54
     
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  14. francescoburich
     
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    Le difficoltà sono di diverse cose, alcune oggettive, altre soggettive. Quelle oggettive fanno riferimento al mondo organizzato in modo duro, cinico, pesante da sopportare e da accettare. L'altro aspetto, si riferisce alla nostra infanzia, più o meno disastrosa, che in un qualche modo la si prova ad impugnare, a comprendere, ad elaborare, ma poi....e un'altro aspetto più generale e che gl'introversi, più o meno, hanno delle enormi difficoltà a relazionarsi. La vita purtroppo è questa, piena di amarezze e di contrarietà, vuota di tante altre cose. Ma la nostra è anche una fase epocale drammatica, io sono del 69 e con chiunque parlo che è del 69 la vita nell'insieme è un mezzo disastro. Nn è una persona ne una situazione che la può cambiare, ma essendo polivalenti, la vita dovrebbe essere bella nei suoi vari aspetti variopinti. Ma dovunque uno si gira, vede grigio...e per ciò tende a colpevolizzarsi confrontandosi (sbagliatamente) con gli altri. Ma tutto nn è eterno, sento che arriverà un momento in cui l'animo si rasserenerà di per sè. Qualunque sia la vita che nn si può ne prevedere ne prendere per mano più di tanto... NN demordere mai! neanche quando tutto ti sembra brutto, insensato altro... NN capisco granchè, ma di esperienza di vita ne ho da vendere... stai bene :)
     
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  15. LaMaduninaEintroversa
     
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    Buongiorno, una domanda per il dottore.
    Sentendo la prima parte della conferenza mi viene una domanda (mi riferisco a quando si parla di spirito di gruppo e tendenza continua della mente a mistificare): è possibile che la mente umana portatrice di mistificazione agisca così semplicemente per paura? Intendo...se uno si abbandonasse alla verità, alle cose come stanno nella realtà, se usasse l'immaginazione eliminerebbe completamente la parte illusoria della vita. così facendo la vita sarebbe un inferno o piatta o grigia o senza sali scendi, senza niente. sarebbe razionale (una sequenza di avvenimenti che al massimo sarebbero semplici azioni) oppure completamente irrazionale (una serie di sensazioni non canalizzate che quindi tenderebbero al tantra/nirvana o qualcosa di vagamente turbolento, comunque pauroso). La ricerca stessa di un senso è una mistificazione, in termini assoluti, se prendiamo per vera la definizione di verità di queste ultime righe. La mia domanda è, anzi sono perché ne ho 2: a che punto si può parlare di mistificazione sana e quando di mistificazione malata? 1a: quasi una affermazione: la cultura mistificata crea un salto così grande tra consapevoli e cultura di riferimento cui continuamente tendiamo così tragicamente per appartenere? Qui personalmente aprirei un discorso sui mezzi di comunicazione.
    Domanda 2: anzi affermazione: siamo una mutazione genetica casuale scappata di mano al signore con la barba, è chiaro come la luce ke non riusciremo mai a racapezzare una quantità di informazioni così grandi...forse la risposta per una vita + degna sarebbe nella lentezza e nella comprensione profonda anzike questa corsa a ostacoli arbitrariamente costruita da altre persone che chiamiamo vita...e non sto scherzando! Altrimenti perché così tante generazioni di sofferenze millenarie? Non sono dei e dio una mistificazione anche loro? Non è la mistificazione irrazionale e inspiegabile ma che fonda le sue basi su fiducia e speranza, motori della vita? non è pericoloso demistificare troppo (Nietzsche è impazzito, come altri...)
     
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15 replies since 18/6/2009, 12:31   489 views
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